La nostra città per come si è sviluppata nel corso dei secoli è incredibilmente sempre pronta a sorprenderci ed anche attraverso una semplice passeggiata rischiate di inciampare in  qualcosa di insolito che certo non vi aspettate .

Ed è esattamente quello che qualche tempo fa, mi capitò quando decisi di inoltrarmi per quella famosa strada che un tempo era spesso  attraversata nel suo passeggio dalle carrozze reali che trsportavano il re e la regina  dal centro della città verso la Reggia di Capodimonte.

Mi trovavo nell’affascinante Rione Sanità che come sapete  ha dato i natali a Totò e ispirato Eduardo De Filippo, ed ero molto incuriosito dalla presenza in questo antico vallone dei tanti  luoghi sacri presenti e la presenza nel sottosuolo di quei storici palazzi di  un patrimonio storico ed artistico  di inestimabile  valore rappresentato da ipogei di origine ellenica rimasti quasi del tutto  immutati nel tempo.

Avevo letto in uno dei tanti libri della a bibliotaca che in questo quartie­re gli speleologi hanno rilevato quasi 200mila metri quadrati di vuoto, cioè in pratica una media di 4 metri di grotta per ogni abitante.  Possiamo pertanto considerare l’intero borgo come una grande valle («Valle delle tombe» ) delimitata dalle pareti di tufo  della collina di Capodimonte dove le famiglie dell’aristocrazia greco-napoletana di 2400 anni fa fecero costruire i loro ele­ganti sepolcri e venivano a dare l’estre­mo saluto ai loro cari.

Una straordinaria necropoli greca che è difficile trovare altrove nel resto d’Europa ( per ritrovare tombe di questo genere occorre andare in Asia Minore ) e  quell ‘ipogeo dei Cristallini , risalente tra la fine del IV secolo e gli inizi del III secolo riservato alle classi dominanti e alle famiglie più ricche e degne di memoria dove troviamo scolpita in rilievo nel tufo una  incredibile testa di Medusa , era qualcosa che dovevo assolutamente vedere.

Una meraviglia archeologica  in cui hanno riposato per millenni i resti degli antichi abitanti della nostra città, quando questa faceva ancora parte della Magna Grecia.

Monumenti di straordinaria ri­levanza storico-artistica anche per la fusione di elementi orientali nelle decorazioni, come il fiore di loto e la sfinge quasi tutti realizzati tra la fine del IV e gli inizi del III sec. miracolosamente scampati dapprima al devastante effetto dei corsi d’acqua alluvionali  ( vedi lava dei vergini ) che ha comportato solo un loro progressivo interramento,  e successivamente , nel XV secolo, alla intera urbanizzazione dell’ area che  provocò nuovi scavi,  per estrarre  pietra da costruzione e  creare  cisterne di acqua potabile.

I segni in verità delle varie trasformazioni , prima cisterna per l’acqua, poi rifugio antiaereo quin­di cantina appaiono comunque  evidenti e sebbene abbiano prodotto danni terribili da un punto di vista archeologico restituiscono tuttavia uno spacca­to importante dell’utilizzo del sottosuolo, sen­za soluzione di continuità per secoli da parte dei napoletani .

L’intera area del rione sanità anche se può oggi apparirvi quantomeno strano ,era nel XV secolo   un ambiente di campagna considerato salubre e incontaminato, ma sopratutto  miracoloso (sovrannaturale ) per le miracolose guarigioni attribuite alle vicine catacombe .        Per tale motivo presso la basilica di San Gennaro venne successivamente collocato un  lazzaretto che dopo la peste fu ampliato e divenne con il tempo l’ attuale ospedale di San Gennaro dei poveri .
La vicinanza a luoghi sacri e miracolosi porto’ alla costruzione di sempre più’ dimore in questo luogo di importanti famiglie nobiliari e facoltosi borghesi della citta’ ( vedi i maestosi Palazzo Sanfelice e Palazzo dello Spagnolo ).
Si sviluppò del tutto urbanisticamente dal XVII secolo, diventando l’area prescelta da nobili e borghesi napoletani per le proprie dimore e le sue strade vedevano, spesso, il passaggio dei reali, che dal centro della città si spostavano verso la Reggia di Capodimonte.
Il percorso pero’ risultava particolarmente tortuoso, e per questo si ritenne necessaria la costruzione di un collegamento diretto, il Ponte della Sanità, causando in questo modo l’isolamento del quartiere.
I lavori per il Corso Napoleone , la strada che avrebbe unito la Reggia di Capodimonte e il centro di Napoli, cominciarono a inizio Ottocento con Giuseppe Bonaparte e continuarono con Gioacchino Murat.
La costruzione della strada comporto’ la costruzione di un ponte ( Ponte “Maddalena Cerasuolo”Intitolato nel 2012 alla partigiana che lo salvò dalla distruzione ).
Il risultato in termini di viabilità fu notevole, ma fu disastroso per il quartiere, che iniziò via via ad essere tagliato fuori dalla vita della città, pur essendo così vicina. Non solo, la costruzione del ponte provocò l’abbattimento del chiostro principale della Basilica di Santa Maria della Sanità e deturpò il chiostro minore.
L’isolamento ha fatto sì che il quartiere vivesse sempre più per sé stesso, con pochi scambi con il resto di Napoli. Questo ha causato, nei casi più gravi, situazioni di degrado e criminalità che hanno portato alla sua ghettizzazione.

Da lì una lunga storia che oggi fortunatamente oggi sembra lasciare il posto ad una felice  rivalutare di un  territorio nato inizialmente come un alveo per acqua piovana,che si trovava lungo il percorso di un torrente che scendeva dalla collina di Capodimonte e dai colli Aminei e per questo periodicamente veniva invaso dalla grande massa di acqua che scendeva dalle colline.

CURIOSITA’: All’epoca dalla collina dei Camaldoli ( 450 metri di altezza ) si formava un torrente piovano che seguendo burroni e pendii sboccava a mare in tre punti diversi, lambendo le mura della città.

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Borgo vergini

Un primo torrente percorreva la discesa dell’arenella, seguiva il Cavone, piazza Dante e per il tracciato di Monteoliveto sboccava a mare.
Un secondo torrente scendeva per S. Rocco, Miano, i Ponti Rossi, Arenaccia e sfociava a mare presso il ponte della Maddalena.

Poco prima dei Ponti Rossi all’altezza di Capodimonte questo ramo si biforcava dando origine al terzo torrente di acque: questo scendeva per la sanità, i vergini, via Carbonara e raggiungeva il mare presso la porta del mercato.

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Rione Sanità, via dei Vergini

Fino a quando i luoghi vicini a questi torrenti erano disabitati i danni non si avvertirono ma con il formarsi del borgo della sanità il torrente divenne un flagello perchè una vera e propria fiumana invadeva le strade trascinando con se tutto quanto incontrava nel suo percorso e scaricandolo a mare.

La zona dei Vergini era una zona che si trovava lungo il percorso di un torrente che scendeva dalla collina di Capodimonte e dai colli Aminei e per questo periodicamente veniva invaso dalla grande massa di acqua che scendeva dalle colline.

Ora immaginate un grosso canale  naturale formato dal fluire delle acque scavato nel grosso banco di tufo della collina dei camaldoli e la contemporanea necessita di mettere in comunicazione il rione sanità con la parte alta della collina dove si trovava la reggia di Capodimonte . Inizialmente questo canalone era stetto e poco percorribile da carrozze ed ecco che per necesità virtu questo venne allargato  sfruttando proprio le caratteristiche del costone tufaceo facilmente modellabile e  alle intemperie

N.B. : Addirittura scavando nel resistente materiale taluni residenti in qualche caso hanno letteralmente costruito delle vere e proprie abitazioni  abitazioni con  i primi due piani fuori terra e scale d’accesso ripidissime.

CURIOSITA’: Anticamente e per secoli, prima ancora dell’esistenza di Funicolari e Metropolitane,  le parti alte della nostra  città erano collegate alle parti basse da strade, “Pedamentine”, “Gradini”, “Gradoni” e tutta una serie di scale, vie e vicoli che arrivavano nelle zone collinari della città antica.

Come potete notare il luogo è affascinante e misterioso ma non finisCe qui…

Pensate solo che in questo comparto urbano il vico Tronari, sulla pianta del Duca di Noja detta via di Centagrada, e dai napoletani meglio nota come il Monte dei Cristallini, sede delle più antiche fabbriche di fuochi d’artificio in città, da cui, appunto l’appellativo di tronari dalla storpiatura napoletana per indicare tuoni.

Un luogo magico , tranquillo e misterioso che avevo già percorso altre volte ma quel girono fu speciale perchè notai qualcosa che precedentemente non avevo mai notato.

Quel giorno preso dalla bellezza del luogo mi ritrovavo inoltrato  nella Via dei Vergini” e pe r puro caso una volta  alla biforcazione decisi di tenermi  sulla  destra per incominciare ad  incamminarmi  nella Via dei Cristallini per poi trovarmi in quel suo prolungamento chiamato  Salita Capodimonte, un luogo incredibile dove la pendenza della strada mostro molto più chiaramente come il tratto di starada  serrato abbia  sfruttato in pieno  l’essenza del costolone tufaceo per scavarci, nella sostanza, le abitazioni.

Ed ecco che improvvisamente il mio sguardo venne  attratto da un edificio unico , fino ad allora a me sconosciuto  che mostrava  uno di quei portali maestosi ed  eleganti impreziositi da una volta con una vecchia  epigrafe.

Ero decisamente emozionato nello scoprire durante la mia passeggiata un edificio che fino ad allora non conoscevo . ero avvolto  in un vortice di emozioni e decisi di voler saper la storia di questo edificio .

Tra racconti della gente locale ed una scappata nelle biblioteca nazionele fatta nei girni successivi , presto tornai sul luogo per vedere da vicino la parte interna di questo incredibile antico palazzo.

Il Palazzo Santoro  – De’ Liguoro, fu costruito appoggiato al costone giallo della collina di Capodimonte nel XVI  secolo  ed  è conosciuto dai residenti anche come Palazzo degli Spiriti (ma non perché fosse abitato da spiriti, quanto perché un vecchio residente si chiamava Spirito di cognome).

Si tratta di un monumentale edificio trasformato, poi, intorno alla seconda metà del Novecento con un’opera di ristrutturazione  che ne ha però eliminato del tutto  le decorazioni originarie. Tuttavia, attualmente, è possibile ammirare il bellissimmo portale in piperno che ostenta lussuose semicolonne di stile corinzio  corinzie scanalate le quali poggiano su dei piedistalli, caratterizzato da un’epigrafe marmorea sistemata all’ingresso dell’edificio che fa risalire il palazzo al 1746.

N.B. Ad essere rimasto indenne vi è rimasto anche il cortile interno nel quale  vi è un loggiato coevo alla fondazione dell’edificio.

Il palazzo, sito in via salita Capodimonte 8/10 è caratterizzato da due diversi ingressi . Dal civico dal numero 10 si accede ad un lungo androne semioscuro  totalmente scavato nel tufo, superato il quale ci  troviamo di fronte a noi a sinistra una porta (ora chiusa) che dava accesso ad alcuni vecchi cimiteri scavati nella roccia; al centro c’è un’edicola votiva; mentre a destra si arriva alla prima rampa di una scala illuminata da un’apertura ricavata nella parete tufacea che conduce ad un ambiente singolare e sconosciuto.

A destra del primo gradino troviamo  un pilastrino in piperno decorato con una graziosa balaustrina. Ed è proprio subito dopo di essa che dinanzi ai miei occhi stupiti è poi apparsa  una perfetta scala monoblocco a chiocciola di forma elicoidale che snodandosi man mano, sale sinuosa e leggera , creando una serie di volute nel costone di tufo trasformando il tutto i  un vero e proprio capolavoro di architetturaun insospettato gioiellino mai visto prima che è possibile ammirare da diverse prospettive.

La chiocciola, rampa bianca a sbalzo, continua a gradini in pietra lavica; è completamente scavata  nel  tufo e rappresenta  una rampa a sbalzo continua, con pianerottoli triangolari, che danno alle rispettive abitazioni. Da una di queste si accede a ciò che resta di un giardino pensile panoramico con  un’edicola votiva. La scala, tra giochi di luce e chiaroscuro, grazie ai raggi che filtrano, conduce a un bellissimo giardino pensile dal quale si gode una splendida vista sulla città.

Ogni curva continua in quella vicina e nell’altra ancora, mostrando  un potenziale esoterico intriso di passione e mistero.

I gradini sono in pietra lavica. Alla sommità si chiude con un tamburo, dove si ammira ancora il timpano dell’ingresso padronale e colonne tuscaniche, ricavate nel tufo.

Il palazzo, che inizialmente dal nome del proprietario si chiamava solo con il nome di PALAZZO SANTORO, fu poi ribatezzato alla sua vendita dal nuovo proprietario come PALAZZO SANT’ALFONSO ,  in quanto fu ereditato da Francesco De Liguoro, principe di Presicce e cugino di Francesco De Liguoro, padre di Sant’Alfonso Maria de’Liguori che come tutti sapete scrisse la famosa canzoncin  Tu scendi dalle stelle ideata durante la missione a Nola  nel dicembre del 1755 . La canzone  è infatti solo un derivato del canto ” Quando nascette Ninno ” , composta  (scritto e musicato )  con testo in napoletano durante la sua permanenza a  Deliceto in provincia di Foggia nel convento della Consolazione.

 

Egli  trovandosi in un’atmosfera idilliaca, compose il celebre testo  in dialetto napoletano. Lo fece proprio per quegli incolti fedeli, affinché anche loro potessero comprenderne il significato, d’altra parte il prete abituato al contatto con i poveri, ne conosceva anche i limiti. Solo successivamente, Lo stesso Sant’Alfonso compose poi anche la stessa “Tu scendi dalle stelle”, come versione in lingua italiana della prima ed originale composizione in dialetto.

Ancora oggi, a Palazzo De Liguoro risiede  una discendente diretta di Sant’Alfonso, tale Paola de Liguoro di Presicce, chiamata la “principessina”, la quale ha scelto di aprire la propria casa ad associazioni giovanili che si occupano di teatro, cultura e musica, per dare adito ad una promozione culturale rivolta alla valorizzazione del quartiere e dell’arte alla quale i giovani dei quartieri più  popolari della città si stanno avvicinando, In tal modo tale risollevare il Rione Sanità da uno stato atavico di degrado, iniziando appunto  dai più giovani.

 

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