Dal 1600 al 1946 il Palazzo Reale è stato ininterrottamente la sede del potere monarchico a Napoli e nell’Italia meridionale: suoi inquilini furono dapprima i viceré spagnoli e austriaci, poi i Borbone e infine i Savoia.
La sua costruzione fu iniziata nel 1600 dal viceré don Ferrante Ruiz de Castro per ospitare l’arrivo a Napoli del re Filippo III (che non avvenne mai).
Il progetto fu affidato a Domenico Fontana, comasco, che venuto a Napoli nel 1529, era stato nominato dal vicerè Juan de Zunica, conte di Miranda, ingegnere maggiore del regno.
I lavori per la costruzione del palazzo si prolungarono fino al 1631, anno del suo completamento e bisogna poi aspettare altri venti anni prima che vi siano altre modifiche interessanti.
Nel 1666 terminarono i lavori alla grande scalinata come ancora oggi è visibile.
Nel XVIII secolo, la reggia dà preoccupazioni per la sua staticità e con l’avvento dei Borboni si decise di potenziare il fabbricato.
I lavori di ristrutturazione e ampliamento furono voluti dal re Carlo, nonostante questi avesse anche commissionato la costruzione sulla collina di Capodimonte di un nuovo palazzo reale.
I lavori ebbero inizio nel 1734 e in tale occasione fu rifatta totalmente la facciata del palazzo. Tale incarico fu dato al Vanvitelli che era stato chiamato da Carlo per costruire la reggia di Caserta.
L’architetto modificò radicalmente la facciata chiudendo alternativamente gli archi voluti dal Fontana e creando delle nicchie che dovevano ospitare delle statue. Gli archi non murati furono chiusi con delle cancellate. In tal modo la funzionalità del porticato, concepito dal Fontana come filtro tra il palazzo ed il popolo in un contiguo rapporto tra loro, venne meno.
Solo un secolo dopo e per volontà di Umberto I, nelle nicchie furono collocate le otto statue dei re di Napoli che oggi vediamo:
Ruggiero il normanno
Federico II di Svevia
Carlo d’Angio
Alfonso d’Aragona
Carlo V d’Asburgo
Carlo di Borbone ( primo di Napoli e terzo di Spagna )
Gioacchino Murat
Vittorio Emanuele II
Molti sovrani che hanno avuto un ruolo importante nella storia di Napoli sono stati dimenticati come re Ladislao, la regina Giovanna, Ferdinando IV mentre altri, immeritatamente, hanno avuto la loro statua …
Nei giardini reali (alle spalle dell’edificio) re Carlo III fece impiantare un piccolo laboratorio per la fabbricazione della ceramica e costituì il primo nucleo della Reale Fabbrica di Capodimonte. Tale fabbrica nacque su desiderio della regina che amava le porcellane (di Maissen), e quando Carlo partì per cingere la corona di Spagna fece chiudere la fabbrica e trasferire a Madrid tutti i macchinari. Per fortuna dopo la sua partenza la fabbrica fiorì ancora più rigogliosa.
Re Carlo, quando partì per la Spagna, portò con se molte cose a lui care a Napoli compreso una parte del sangue di San Gennaro; infatti delle due ampolle presenti nella cappella del Duomo una è piena per circa il 60% di sangue ed un’altra più piccola contiene solo alcune macchie rosso ed è quindi semivuota, proprio perché parte del suo contenuto fu sottratto da Carlo di Borbone che lo portò con se in Spagna; la liquefazione del sangue avviene solo in quella più grande.
Il palazzo fu residenza reale e centro del potere borbonico fino al 1860.
Con l’Unità d’Italia divenne sede periferica del Regno unificato, abitato alla corte dei Savoia fino al 1946. Qui nacque Vittorio Emanuele III, principe di Napoli.
Ceduto con gli altri Palazzi Reali Italiani al Demanio dello Stato nel 1919, parte del palazzo fu destinato ad ospitare la ricchissima Biblioteca Nazionale di Napoli, sita nella parte posteriore del complesso, che ospita una raccolta di un milione e mezzo di volumi, tra cui rari manoscritti medievali e i famosi papiri di Ercolano.
Possiamo oggi visitare ben trenta sale che conservano ancora l’arredo e le decorazioni delle famiglie reali qui succedutesi.
Varcando l’ingresso principale, attraverso il cortile d’onore, e salendo lo scalone monumentale si accede al Museo dell’Appartamento storico di Palazzo Reale, che conserva l’arredo e le decorazioni del piano nobile; incantevole è lo scalone di ingresso del palazzo, rivestito di marmi e stucchi, e molto interessanti sono il Teatro di Corte in stile rococò, la Sala degli Ambasciatori, la Sala del Trono, la Sala d’Ercole e la Cappella Reale.
Enorme ovviamente il patrimonio artistico , presente con tele ed affreschi dei migliori artisti dell’epoca .
Nel teatro di corte ben fatto da Ferdinando Fuga, che ospitò le opere di Paisiello e Cimarosa , le statue di cartapesta di Angelo Viva,sono collocate in edicole di stucco , e raffigurano Minerva , mercurio e Apollo con le nove musa . Sul suo soffitto a padiglione vi erano un tempo antichi affreschi di Antonio Domenici , perduti purtroppo con il bombardamento dell’ultima guerra e poi rifatti nel 1950 .
Da esso si accede alle tre anticamere che precedono la sala del trono , facente parte dell’appartamento reale. Nella prima , chiamata sala diplomatica è possibile ammirare un bellissimo soffitto affrescato da Francesco De Mura con alle pareti due arazzi della manifattura dei Gobelins degli inizi del settecento. Nella seconda anticamera , sono invece presenti sul soffitto affreschi di Belisario Corenzio ed una vestizione di Sant’Arpino di Massimo Stanzione , contornati da arredamenti costituiti da consoles napoletane del 1780 e porcellane cinesi. Nella terza anticamera sul soffitto stavolta troviamo un affresco di Giuseppe Cammarano ed un bellissimo arazzo di Pietro Duranti eseguito nel periodo in cui operò Luig Vanvitelli che curò anche gli apparati decorativi .
Nella sala del trono , sul baldacchino settecentesco proveniente dal palazzo reale di Palermo , troviamo collocato il trono in stile impero , del 1845-1850 , sul quale un’aquila sabauda fu aggiunta successivamente.
Sul soffitto di questa sala che prima del XIX secolo veniva utilizzato come Camera da Parata è possibile ammirare una bellissima allegoria dell’estensione del regno delle due Sicilie con le figure femminili delle dodici provincie e il cavallo e la Trinacria , rispettivamente rappresentanti Napoli e la Sicilia. .Alle pareti troviamo ritratti di personaggi di corte e di ambasciatori .
Nel contiguo passetto del generale , prima di giungere alla galleria , è presente un ciclo di affresci di Tommaso De Vivo. Nella galleria , detta anche sala degli ambasciatori troviamo invece scomparti separati da cornici in stucco tutti dipinti da Belisario Corenzio , Onofrio e Andrea de Lione., ma anche un bellissimo dipinto di Artemisia Gentileschi del 1631 intitolato all’Annunciazione.
ll nucleo più antico di tutto l’edificio resta comunque al primo livello , quello dell’appartamento reale , sede dei vicerè spagnoli e austriaci e poi dei re della dinastia borbonica. Qui troviamo l’alcova di Maria Amalia di Sassonia dove un rilevante saggio di roccocò , eseguito da un ignoto stuccatore, sostituisce quella che un tempo era una bella opera di Domenico Antonio Vaccaro , la contigua stanza della regina , il cui soffitto appare decorato con stucchi dal colore bianco e oro e porte decorate con figure fantastiche di animali e conchiglie su fondo dorato, ed infine le due camere da letto di Carlo di Borbone e Ferdinando IV.
Il camerino della sala soprannominato ” la sala del gran capitano “reca sulla volta le Storie di Consalvo de Cordova dipinte da Battistello Caracciolo e vi è esposto anche uno degli arazzi della camera del Belvedere: la Pudicizia di Pietro Duranti.
Questa sala è l’unica stanza affescata a noi giunta del vecchio palazzo vicereale che il gran capitano e poi primo vicerè di Napoli, Fernando Ruiz de Castro , conte di Lemos , decise di far costruire in onore del re Filippo 111 d’Asburgo per ospitarlo in vista di una sua imminente visita ( cosa che comunque non avvenne ) .
L’affresco nella volta a padiglione raffigurano la conquista del Regno di Napoli da parte delle truppe spagnole, guidate da Gonzalo Fernandez de Cordoba , chiamato appunto Gran Capitano .
Battistello Caracciolo , in omaggio al suo maestro , in questi dipinti ha inserito nell’affresco centrale , nella scena dipinta , un volto di un uomo con baffi e pizzetto neri che sporge tra due figure al centro della scena dell’incontro con gli ambasciatori di Napoli.
Nella strana e corrucciata figura di quest’uomo sono riconoscibili i tratti di Michelangelo Merisi da Caravaggio. Essa rappresenta un ultimo omaggio al suo grande maestro ideale che rende la stanza del Capitano , ancora più preziosa.
Questa stessa sala è la stessa dove successivamente era solito spogliarsi Carlo di Borbone quando decise di fare del palazzo la sua residenza reale mentre durante il Settecento la sala fu usata come boudoir ed è proprio a questa funzione che fa riferimento la sistemazione del mobilio di legno pregiato,risalente al XIII secolo , con consoles e divani intagliati da arigiani napoletani secondo lo stile Luigi XVI ( diffuso per le corti d’Europa dall’inesauribile fonte d’ispirazione che fu Luigi Vanvitelli ) .
I dipinti esposti alle pareti provengono invece dalla famosa collezione Farnese e di questi non mancate di ammirare in particolare quello secondo alcuni storici attribuibile addirittura a Tiziano . Si tratta del dipinto di Pier Luigi Farnese, secondo altri studi condotti attribuibile invece alla scuola del Salviati ( ma questo la dice lunga sulla qualità del dipinto ).
Vanno inoltre notati nella stanza una serie di epigrammi figurati sui Proverbi dei Filosofi opera di Otto van Veen , e sopratutto un arazzo proveniente dal demolito lato del Belvedere, precisamente dalla antica camera da letto del re Ferdinando IV di Borbone purtroppo oggi non più esistente, perchè fatta abbattere nel corso dell’Ottocentodopo un incendio che aveva soparatutto colpito quell’ala del palazzo.
L’arazzo che rappresenta l’Allegoria della Castità, fa parte del cosiddetto: paramento delle Virtù Coniugali, ed è stato tessuto nel 1766 , in lana, seta con inseri fili d’argento e argento dorato dalle mani esperte e congiunte dei maestri Luigi Vanvitelli e Ferdinado Fuga, a quel tempo già all’opera nell’allestire il Teatrino di Corte . Il cartone preparatorio di questo arazzo fu opera di Francesco De Mura, un altro grande maestro pittorico della nostra città .
La sala inoltre per completare la sua bellezza permette l’accesso ad un bellissimo ed enorme giardino terrazzato con una vista panoramica sul porto di napoli e sui deliziosi giardini pubblici del Molosiglio ( Müelle = sillo cioe’ piccolo molo ) .
Oltre ad affreschi di Gennaro Maldarelli e di Giuseppe Cammarano , posti in due sale , nelle cosidette stanze della quadreria si possono ammirare poi una serie di quadri appartenenti alla scuola napoletana del seicento e settecento che annovera artsti come Andrea Vaccaro , Luca Giordano, Viviano Codazzi, Antonio Joli , Peter Muller, ,e Mattia Preti.
L’appartamento reale mostra anche un patrimonio di arredi rappresentati da importanti mobili di ebanisteria napoletana appartenti al 700\ 800 napoletano ed una seria di mobiliportati nel palazzo da Gioacchino Murat. Ma anche importanti tappetti e arazzi francesi e napoletani come per esempio quello provenienti dalle manifatture di S. Leucio eseguiti da Fedele Fischetti , destinati inizialmente alla reggia di Caserta ma poi spostati al palazzo Reale nel cosidetto famoso ” salone d’Ercole ” che narrano la tormentata storia di amore di Psiche e Amore.
CURIOSITA’: Il Salone d’Ercole era cosi’ chiamato perche nel corso dell’ottocento venne qui esposta insieme ad altre sculture della collezione Farnese la famosa statua di Ercole , oggi esposta al Museo Archeologico ( erano tutte copie in gesso di quelle marmoree ).
Nel Seicento essa era invece era la Sala del Viceré, dove erano esposti i ritratti di tutti i viceré ed i capitani del regno , dipinti da Massimo Stanzione e Paolo De Matteis.
Con il regno borbonico fu trasformata in una grande sala da ballo adornata da una serie di dieci arazzi realizzati in gran formato tra cui maggiormente spicca proprio quello di ” Amore e psiche “, un bellissimo arazzo oggi finalmente del tutto restaurato che rappresenta una delle piu belle opere di opera di Pietro Duranti . Esso venne realizzata su disegni di Fedele Fischetti e come potete notare riprende il tema della favola di Apuleio, che narra l’amore contrastato tra Psiche e il figlio di Venere, Cupido, che per un incantesimo non può rivelarsi alla sposa e si allontana quando lei lo illumina mentre è addormentato.
Ai lati della sala si possono ammirare interessanti suppellettili, tra cui spiccano un particolare orologio francese che regge il globo terrestre sulle sue spalle , noto come Atlante farnesiano di Thuret , la macchina musicale di Clay del 1730 ed il grande vaso verde a cratere di porcellana, con la scena di Omero nella bottega dei vasai.
N.B. Tra le varie porcellane possiamo ammirare i monumentali vasi di Sevres in stile impero e vari pezzi russi e cinesi provenienti da doni reali oltre ovviamente a prodotti di manifattura napoletana provenietnti dal scuola di Capodimonte.
Nella cappella Reale , ( cappella Palatina ) dove è esposto l’arredo sacro , fa invece bella mostra lo splendido altare barocco di Dionisio Lazzari , realizzato con una decorazione di pietre dure di particolare fattura.da maestranze napoletane e toscane.
Suggestivi sono anche i giardini, che troviamo alle spalle del palazzo nel quale un tempo erano presenti piante rare, magnificenze di ogni genere e persino animali feroci, destinati anni dopo a scomparire per ordine del vicerè don Giovanni d’Austria dopo che il suo paggio era stato divorato dai leoni.
Alla cancellata del giardino reale troviamo oggi collocati due cavalli ‘russi’ che tutti credono di bronzo mentre invece sono di ferro fuso portati in dono nel 1846 dallo Zar di tutte le Russie, Nicola I, in occasione della sua visita ufficiale a Napoli.
Tra le statue più belle che ornano la città furono eseguiti dallo scultore russo Clodt von Jurgensburg e donati a Ferdinando II dallo zar Nicola I nel 1846, per ringraziare il sovrano napoletano che aveva ospitato la zarina alla ricerca di un clima mite per meglio curare un fastidioso malanno.