Tanto tempo fa secondo un’antica leggenda esistevano nel golfo di Napoli tre  bellissime sirene che abitavano un piccolo arcipelago oggi denominato ” Li Galli ” che si trova al largo di Positano .Le tre sirene avevano dei nomi bellissimi : erano infatti chiamate Ligeia , Leucosia, e Parthenope .

Queste sirene rappresentavano un grosso pericolo per i marinai che navigavano in quelle acque poiche’ con  il loro bellissimo canto ammaliatore e con la  loro bellezza puntualmente attiravano verso di loro gli uomini per poi abbandonarli morti sugli scogli .

Secondo la leggenda queste sirene erano dotate di un canto melodioso bellissimo capace di rilevare tutti i segreti della conoscenza e tutto ciò che sarebbe avvenuto in ogni tempo ed in ogni luogo della terra  , ma chiunque lo ascoltava  perdeva poi la ragione e l’intelletto .

Come certamente sapete dall’Odissea ,l’eroe Ulisse di ritorno dalla guerra di Troia verso la sua Itaca venne messo in guardia dalla maga  Circe dalla incantevole e pericolosa voce delle sirene nel golfo di Napoli ma  nonostante tutto egli non volle rinunciare di godersi del loro ammaliante canto . Una volte tappate le orecchie dei compagni con dei grumi di cera , si fece saldamente legare all’albero maestro della nave e ordino’ ai suoi uomini di non slegarlo per nessun motivo , neanche sotto sua supplica .

Le sirene  affrante per non aver saputo ammaliare con il loro canto l’eroe Ulisse si gettarono suicidandosi  dall’isola di  Capri  .
I loro cadaveri vennero trasportati dalle onde in vari punti del golfo .
Si racconta che il corpo di Parthenope senza vita , trasportato dalle onde , si fermò  sulla riva dell’isolotto di Megaride dove fu ritrovato dagli abitanti del posto . Nel luogo dove ora si trova il Borgo Marinaro.

Gli abitanti del luogo  che ritrovarono il corpo della bella sirena , convinti che questa fosse una creatura divina ne deposero il corpo in un grandioso sepolcro e cominciarono a venerarla  ed onorarla  come protettrice della citta’ che prese il nome di Partenope .

 

La Storia :

Abbiamo raccontato della leggenda di come sia nata la nostra città ,  se invece vogliamo solo considerare la storia dobbiamo necessariamente farvi un piccolo riassunto sperando di non annoiarvi .

La storia della nostra citta’ ha inizio all’incirca sul finire de IX secolo a. c. , quando dei navigatori provenienti da Rodi , un’isola greca ,crearono uno scalo di appoggio per il commercio lungo la nostra costa proprio nel nostro golfo ; si trattava di mercanti e viaggiatori che avevano bisogno di un punto di appoggio per le loro lunghe imprese marinare e commerciali .

 

Intorno al 470 a.C. accadde poi che alcuni coloni greci provenienti da Rodi ,  vennero a  stabilizzarsi sull’isolotto di Megaride e sul monte Echia creando  una colonia commerciale ; essi costruirono nel luogo, semplici abitazioni ,piccoli templi adibiti al culto  e nessuna cinta muraria visto che la morfologia della costa svolgeva una naturale funzione protettiva .

Tra questi e i preesistenti abitanti delle zone litoranee  ( chiamati Opici ), vi fu certo una lunga fase di incontro e scontro di culti , credenze , conoscenze  civiltà ed abitudini alimentari su cui incisero anche influenze etrusche e sannitiche. In particolare essi trovarono, perchè  praticato dalle genti del posto , un particolare culto ,legato ad una sirena che secondo i loro racconti era venuto a morire in questi luoghi .

 

Piu’ tardi intorno alla metà del VII secolo a.c. furono poi dei coloni greci provenienti da Eubea a fondare prima  Cuma, e poi una  città che chiamarono Partenope , nella zona di Pizzofalcone , sulle sponde di un fiume chiamato Sebeto oggi scomparso.

N.B. : In questo luogo i Cumani trovarono più diffuso che mai il culto  quello di sirena, che diede il nome alla citta’: PARTHENOPE ( secondo la leggenda fu proprio Apollo , nel suo Tempio innalzato a Cuma , a consigliare ai Cumani di costruire attorno al sepolcro di Partenope la nuova città ).

Parthenope divenne lentamente un’importante citta’ dove era completamente rispettato il modo di vivere dei greci ed il loro modo di fare risentendo fortemente  dell’influenza di Atene. Ci furono infatti grandi traffici commerciali tra le due citta’ e questi continui contatti favorirono e portarono grandi vantaggi in crescita culturale e civile.
Nei due secoli successivi ,Parthenope , fu pesantemente minacciata dai vicini  Etruschi e  Sanniti che  occupavano  tutta l’entroterra campana. Dopo  tante battaglie gli Etruschi ed i Sanniti furono definitivamente battuti ed   i Cumani decidendo  di espandersi iniziarono ad  edificare una nuova più grande città per avere il pieno controllo di tutto il golfo e dei suoi traffici.
Fondarono quindi  a poca distanza da Partenope , cioè dal lato opposto del fiume un’altra citta’, che fu chiamata Neapolis , ” la città nuova “.

La piccola Partenope divenne così di conseguenza la città vecchia cioè  Palepolis .

Il periodo greco duro’ circa 350 anni , poi arrivo’ quello romano che duro’ circa sette secoli , durante il quale i napoletani conservarono la civiltà e tutto il carattere greco .

I romani furono affascinati dalla cultura greca dei napoletani e scelsero Neapolis come luogo di educazione e formazione per i figli della loro classe dirigente .I patrizi stregati dalla bellezza dei luoghi scelsero la città ed i suoi dintorni come luogo di soggiorno e di relax costruendo famose terme e lussuose ville nella città e nei suoi dintorni . La costa in quel periodo era ricca di ville  tra cui particolarmente famose perchè enormi erano  quella di Lucullo e quella di Vedio Pollione .Nei dintorni invece costruirono favolose residenze estivi molti  noti famosi personaggi  come  L’ Imperatore Tiberio a Capri , Bruto a Nisida , Pompeo , Cicerone ,Agrippina e Cesare a Baia.

Neapolis divenne un importante e prestigiosa  città romana ed il suo declino coincise con quello della fine dell’Impero Romano d ‘Occidente .

L’ultimo imperatore romano , Romolo Augustolo , espropriato della sua autorità fu infatti esiliato dove poi morì, da Odoacre , nella splendida villa del patrizio Lucullo ( dove oggi si trova  Castel dell’ Ovo  ).

Odoacre, capo della tribù germanica degli Eruli , fu poi sconfitto dal re ostrogoto Teodorico e questi infine da Belisario che comandava l ‘esercito Bizantino di Giustiniano I, ( Imperatore romano d’Oriente )  che in qualche modo cercava di riprendersi i territori persi in Italia.

CURIOSITA’: Il generale Belisario con il suo esercito accampatosi di fronte alle porte di Napoli , pose per lungo perioso la città sotto assedio nel tentativo di riconquistarla .

Il lungo assedio di Belisario non riusciva  comunque a scalfire la forte determinazione della popolazione napoletana forte anche delle alte ed inespugnabili mura . Nonostante gli incessanti attacchi la città resisteva e quando Belisario sembrava quasi sul punto di rinunciare, egli venne a sapere dell’esistenza di un vecchio acquedotto abbandonato da cui si poteva  entrare in città; la notte dopo, circa 400 soldati bizantini scesero da un pozzo fuori le mura e attraverso un ramo dell’antico acquedotto greco (detto della Bolla) riemersero da un pozzo dentro le antiche mura nel cuore di Napoli riuscendo  nell’impresa di aprire la porta della città  ai loro compagni con i quali poi saccheggiarono e massacrarono la popolazione.

Sotto la protezione di Bisanzio , nacque poi il Ducato di Napoli che durò fino al 1139.Napoli fu inizialmente una vera e propria provincia bizantina ma poi lentamente divenne uno stato autonomo . Il ducato napoletano  durò per circa cinque secoli dove si successero 37 duchi. Possiamo considerare l’inizio del periodo autonomo vero e proprio con la nomina a duca di Sergio I, conte di Cuma che donando molte delle sue ricchezze a favore dei cittadini bisognosi acquisì tra il popolo grande popolarità.
Fu lui a dichiarare ereditaria la successione del ducato e da quel momento Napoli divenne un vero e proprio stato autonomo.

Il duca aveva tutto il potere di un sovrano assoluto: dichiarava la guerra e concludeva la pace senza consultare nessuno, imponeva ed aboliva le tasse, dettava leggi, arbitrava liti, sceglieva e nominava i funzionari e i magistrati.

 

Da questo momento in poi la storia di Napoli proviamo a raccontarvela attraverso le otto statue dei re che si trovano nella facciata del Palazzo Reale di Piazza del Plebiscito.

Il primo re che vediamo in alto a sinistra ,è Ruggiero il Normanno e rappresenta il periodo Normanno a Napoli.

I normanni  erano un gruppo di forti guerrieri mercenari con a capo Rainulfo di Drangot che mentre si trovava a Gaeta di passaggio fu contattato dal duca di Napoli Sergio IV che gli chiese il suo aiuto per riconquistare la città di Napoli, momentaneamente occupata dai longobardi.

In compenso del suo aiuto Rainulfo ebbe da Sergio la povera borgata di Aversa ed il titolo di Conte. Essendo a metà strada tra Napoli e Capua, la borgata occupata dai normanni poteva costituire nelle intenzioni di Sergio, un valido baluardo tra lui e il suo nemico.I calcoli di Sergio però si rivelarono ben presto inesatti. Rainulfo, dopo aver circondato Aversa di fossati ed averla munita di mura e torri facendone una vera e propria fortezza, incominciò a chiamare altri compatrioti a popolarla allettandoli con promesse di facili conquiste e decantando l’amenità dei luoghi.

La povera borgata di Aversa divenne in questo modo , pochi anni una città forte ed un’importante base militare strategica da cui i normanni furono in grado in poco più di due decenni ,di sottomettere e conquistare  tutto il meridione dando così vita al Regno di Sicilia. La città di Napoli fu l’ultima a capitolare . Essa resistette ben 60 anni e cadde  dopo numerosi assedi solo quando già tutto il meridione era stato assoggettato ed il regno già proclamato.

Durante il regno normanno, la città di Napoli vide innalzarsi sull’isolotto di Megaride il Castel dell’Ovo e nei pressi della porta che conduceva a Capua, Castel Capuano  che usato come fortezza, divenne la residenza dei reali normanni.

Durante la monarchia normanna che scelse come capitale Palermo , a distinguersi particolarmente fu la famiglia Altavilla ed in particolare proprio  Ruggero che riuscì a scacciare dalla Sicilia  i musulmani che vi avevano dominato per 240 anni.

Passiamo ora alla seconda statua :Si tratta di uno dei più grandi uomini della storia:  Federico II di Svevia soprannominato “Stupor mundi ” .

Durante il suo regno che ebbe come capitale  Palermo , la sua corte  divenne il centro culturale e scientifico di quei tempi. Egli amava circondarsi di uomini dotati di grande cultura e di conseguenza chiamò alla sua corte i maggiori dotti dell’epoca. Dotato di grande fascino, di abile dialettica e di raffinata diplomazia era oltre che un gran guerriero e stratega, anche un abile statista,   poeta,  architetto, astrologo ,matematico e poliglotta (parlava sei lingue).  Traduceva dall’arabo e dall’ebraico e scrisse un  celebre trattato sulla caccia sui falconi .

Egli fu  perennemente  in contrasto con i papi che non mancarono di scomunicarlo continuamente sopratutto per i suoi amichevoli rapporti con i musulmani che frequentavano la sua corte e della sua guardia del corpo composta esclusivamente da saraceni.

A conclusione della sua crociata egli fu  scomunicato perchè concludendo un accordo con Al Kamil ( figlio del famoso Saladino)   ebbe il possesso dei luoghi santi e di Gerusalemme senza aver ucciso un solo musulmano e sparso neanche una sola goccia di sangue.

Il suo capolavoro fu  LA COSTITUZIONE DI MELFI in cui smantellò il sistema feudale allora in auge . Egli accentrò il potere dello stato nelle mani del sovrano garantendo uguaglianza e giustizia per tutti.
Fondò la prima l’università laica nel Regno che ebbe sede a Napoli .
A Napoli ingrandì Castel Capuano e Castel dell’Ovo .

N.B. Federico di Svevia amo’ molto la Puglia dove edifico’ e ristrutturo ‘ castelli e fortezze come quello famoso di Castel del Monte.

Federico II e il sultano

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Prima di parlarvi del terzo re vi voglio solo ricordare il povero Corradino di Svevia , ultimo discendente della casa Sveva che nella battaglia di Tagliacozzo alla sola tenera età di 16 anni combattè la sua ultima battaglia per riconquistare il trono dei suoi avi.

Catturato e tenuto prigioniero fu poi decapitato sotto lo sguardo di una folla muta e angosciata nella attuale Piazza del Mercato . Il suo sepolcro con la sua statua si trova nella vicina chiesa di Santa Maria del Carmine.

Le sue spoglie non ebbero alcuna onoranza funebre e furono sepolte poco distante dal luogo dell’esecuzione.

La povera madre di Corradino , saputo della sua cattura ,si precipitò dalla lontana Germania a Napoli, portando con se un enorme quantità di oro e pietre preziose nella speranza di pagare il riscatto del figlio .

Ma purtroppo arrivò a Napoli in ritardo quando la manna del boia si era già abbattuta sul povero capo biondo del figlio. Donò a quel punto il suo carico prezioso ai Carmelitani con la promessa di costruire con quella somma, l’attuale chiesa del Carmine , dove portare la salma  del figlio ed ogni anno dedicargli una messa di suffragio.

 

CURIOSITA’:Piazza del Mercato e’ stata per lunghi anni il palcoscenico delle pubbliche esecuzioni dove si son consumati crimini terribili, come la decapitazione del giovane Corradino, l’esecuzione dei congiurati delle rivolte baronali , e  l’impiccagione dei rivoluzionari della repubblica partenopea .
Corradino di Svevia inaugurò tristemente la piazza come luogo di esecuzioni capitali  e da allora in poi venne messo fisso in permanenza al centro della piazza un palco per la decollazione dei nobili , una forca per la gente comune ed il trave per la corda , pena riservata ai delitti minori .

La terza statua è quella del re Carlo d’Angiò e rappresenta il periodo Angioino in città
Carlo d’Angio trasferì la capitale del regno di Sicilia da Palermo a  Napoli . Egli si stabili’ a Castel Capuano , ma uno dei suoi primi atti , fu quello di edificare una nuova reggia rispondente alle esigenze della famiglia reale e della corte.

Fece quindi costruire il Maschio Angioino che divenne la nuova residenza reale.

CURIOSITA’ :

Si chiama ‘Maschio ‘ perche’ con tale nome viene indicato il torrione piu’ importante di un castello e per traslato e’ da intendersi “castello” mentre “Angioino” perche’ fu fatto edificare da Carlo I di’ Angio’.

IL Castello venne chiamato Castel Nuovo per distiguerlo da Castel  Capuano che fu considerato quello vecchio.

Durante il periodo Angioino ( dinastia francese ) vennero costruite in città palazzi signorili e numerose  bellissime chiese gotiche : il Duomo , la chiesa di Santa Chiara ,la Basilica di San Domenico Maggiore ,la Basilica di San Lorenzo Maggiore .

La città fu abbellita , le strade furono lastricate e venne costruito sulla collina del Vomero il Castel Sant’Elmo che serviva per controllare dall’alto le vie di accesso alla città.

Boccaccio definì uno dei re Angioini , Roberto d’Angiò , come il più colto dei re dopo Salomone . Egli si circondò di grandi uomini di cultura come Tommaso d’Aquino ,Francesco Petrarca,Giovanni Boccaccio,Simone Martini e Giotto che abbellì con molti dei suoi bellissimi affreschi il Maschio Angioino. 

La politica degli Angioini costrinse il popolo a pagare tasse enormi e per questo motivo non furono molto amati , ad eccezione della prima vera unica regina completamente napoletana : Giovanna d’Angiò.

Durante il suo regno ci furono comunque molte battaglie e lotte per la successione del regno e tre grandi epidemie di peste che non riuscirono a garantire nonostante tutto quiete e tranquillità al suo popolo.

 

La quarta statua raffigura  Alfonso d’Aragona ed ovviamente rappresenta il periodo aragonese a Napoli.

Gli aragonesi ingrandirono ed abbellirono la città rendendola una delle delle principali capitali dell’Italia rinascimentale.  Furono restaurati gli acquedotti ,furono bonificate le paludi e furono ristrutturati i castelli . In particolare furono apportate importanti modifiche al Maschio Angioino , il cui Arco di Trionfo fu realizzato proprio per ricordare il trionfale ingresso di re Alfonso in città.

Il re Alfonso introdusse nel regno la lavorazione della lana e della seta e grazie a questo  ci fu una notevole ripresa economica della città . La lavorazione della seta in particolare diede da vivere a quasi la metà della popolazione.
Amico e protettore di poeti, musicisti e umanisti, fu elogiato dai contemporanei come sovrano illuminato e generoso, che seppe fare del regno un centro artistico e culturale tra i primi in Europa; egli spese molto danaro per il mantenimento a corte di numerosi artisti e letterati dei quali lui amava circondarsi. La sua corte fu il punto di incontro di alcuni dei più illustri umanisti del tempo: Antonio Beccadelli detto ‘ il Panormita ‘, Giovanni Pontano, e Jacopo Sannazzaro, sono solo alcuni dei grandi personaggi che frequentarono a sue spese la sua corte.

CURIOSITA’ :

Dallo  stesso pozzo che secoli prima avevano visto entrare in città l’ esercito di Belisario  entrò anche l’ esercito Aragonese di Alfonso secoli dopo . Anche in questo caso il potente  esercito rimaneva inchiodato fuori le mura di Porta Capuana e non riusciva ad andare oltre .
Alfonso venne a conoscenza dell’esistenza del vecchio acquedotto in disuso attraverso il cui condotto era entrato  il bizantino Belisario nove secoli prima e proprio come Belisario anche le truppe spagnole  scesero quindi da un pozzo fuori le mura e uscendo dall’acquedotto entrarono in città riemergendo da un pozzo dentro le antiche mura , riuscendo cosi’ nell’impresa di aprire la porta di Santa Sofia ai loro compagni( la vecchia porta della città ). Una volta entrati incominciarono gli scontri con le forze angioine ed i combattimenti avvennero un po’ ovunque in città.
Gli aragonesi ebbero la meglio e saccheggiarono i resti di quello che rimaneva della città sotto gli occhi inerti della popolazione.

Il successore di Alfonso , Ferrante d’Aragona fece erigere Porta Capuana in seguito ai lavori di allargamento delle cinta murarie.della città. Egli però è rimasto famoso sopratutto per la Congiura dei Baroni ed il modo con cui egli si sbarazzò dei suoi nemici politici che minacciavano il suo regno.

CURIOSITA’: Alcuni potenti baroni, considerandolo troppo accentratore  organizzarono una congiura contro di lui . I baroni, poichè volevano conservare i privilegi feudali derivati da conquiste,  usurpazioni e forzate donazioni chiedevano maggiore autonomia e indipendenza e non volendo  più obbedire all’autorità centrale volevano  eludere gli obblighi di vassallaggio. In quell’epoca nel regno di Napoli il potere dei baroni era molto forte e protetto dal potere papale.  Essi si ribellarono quindi continuamente al nuovo re che non mancò di attaccarli  con le armi . Dopo alcune  sconfitte subite prepararono un’imboscata per uccidere il re. Durante un incontro per tentare di concordare una pace , due uomini quindi tentarono di pugnalarlo .

L’attentato fallì, ma la successiva vendetta fu atroce .

L’allora papa che difendeva i baroni costrinse le due fazioni a stipulare una pace .Ferrante però non aveva dimenticato e con il pretesto delle nozze di una sua nipote , invitò tutti i nobili nel suo castello per festeggiare . Li accolse festosamente nella grande sala e poi quando tutti erano presenti fece chiudere le porte facendoli arrestare ed imprigionare nelle fondamenta del castello per  poi condannarli a morte . Tutti gli averi dei condannati, beni mobili ed immobili vennero confiscati a beneficio della corona.
Questo episodio diede il nome alla sala che tuttora si chiama “Sala dei Baroni “.

Gli aragonesi non furono comunque molto amati dai napoletani sopratutto perchè esclusero dalle grosse cariche le persone locali  circondandosi solo di collaboratori  catalani. 

Tutti gli uffici della corte erano infatti dominati da connazionali del sovrano i quali occupavano i posti più retribuiti, mentre i napoletani avevano solo cariche onorifiche.

Questo stato di cose comportò un continuo malcontento ed una crescente insofferenza in tutti gli strati della cittadinanza e per i napoletani , Alfonso , fu sempre e comunque solo uno straniero che a malapena parlava la loro lingua.

Al periodo aragonese successe quello spagnolo che durò  circa due secoli durante i quali il regno di Napoli da  importante potenza europea divenne di fatto solo una provincia spagnola gestita da dei vicerè nominati dal re di Spagna. A gestire il regno si avvicendarono ben 40 vicerè che ovviamente  preoccupandosi di curare i soli interessi spagnoli determinarono  uno dei periodi più bui della storia della  città e dell’intero regno.

Il male più  grande che derivo’ da questo suo ridimensionamento a provincia spagnola , fu quello di essere tagliato fuori dal resto dell’Europa proprio in un momento di forte sviluppo  economico e sociale .
Durante i due secoli di viceregno la citta’ conobbe periodi di carestia , nubifragi , pestilenza , siccita’, terremoti ,  eruzioni ed inquisizione. Aumentò  la miseria e aumentarono le tasse  che provocarono grossi tumulti spesso soppressi con incredibile violenza  che finirono per sfociare nella famosa rivoluzione  del popolo guidata da Masaniello.

La maggior parte dei vicere’ non ha lasciato di se alcuna traccia , essendo risultati impalpabili e completamente incapaci , anzi alcuni di essi  hanno depredato la nostra citta’ e rubato importanti monumenti  portati in Spagna come le tante fontane che un tempo erano presenti   .

Un’ unica eccezione fu il vicerè  Don Pedro de Toledo , il quale avviò la pavimentazione delle strade ed allargò i confini costruendo nuove ed eleganti residenze.

Napoli era appena guarita dalla peste del 1529 che aveva ucciso 60000 persone e la sua prima preoccupazione fu quella di migliorare le condizioni igieniche sanitarie dei vari quartieri. La bellezza della città si arricchì di chiese barocche sempre più maestose . In questo periodo , pensate , furono costruite più di cento chiese barocche e Napoli venne definita in quel periodo ” città barocca per eccellenza “. Tra queste ricordiamo la chiesa del Gesù Nuovo , di San Gregorio Armeno ,la Basilica di Santa Maria degli Angeli a Pizzofalcone , la chiesa di Santa Maria Regina Coeli , e la chiesa di Santa Maria delle anime del Purgatorio .  Fece costruire Via Toledo e a monte di essa gli alloggi delle truppe spagnole ( quartieri spagnoli ).

In questi quartieri piu’ di ogni altro luogo della citta’ si affermo’ lo stile di vita ed il carattere dello spagnolo ; litigioso , arrogante , spaccone e donnaioli. Il popolo subi’ in questi luoghi la negativa influenza del dominatore assimilandone gli aspetti  peggiori .
Nei quartieri il popolo imparo’ dai soldati essi  l’abitudine ad un usare un linguaggio osceno e blasfemo intercalato dall’utilizzo di imprecazioni, parolacce e bestemmie,  oltre che volgare , offensivo e irriverente .
Le truppe spagnole importarono anche la vanagloria , la spavalderia , la superbia  , l’arroganza , la  menzogna , e la spacconeria.

Per gli spagnoli e in seguito per i napoletani dominati dai spagnoli , ( anche per alcuni  di oggi  ) era più importante la forma che la sostanza . Divenne importante in quell’epoca , sopratutto nei ceti più ricchi  essere ammirato per un particolare abito o carrozza o invidiato perche’ si occupava  un posto di maggiore prestigio nelle cariche pubbliche .
Si e’ creato in quell’epoca quindi il termine di ” Spagnolismo ” cioe’ la diffusione della vanagloria anche senza ragione , e  l’altezzosità anche nella miseria .
Questo modo di fare lascera’un segno indelebile sul carattere del popolo napoletano lasciando impresso un segno che non scomparirà mai piu’.
I due secoli del regime vicereale saranno caratterizzati dagli usi e dai costumi dei spagnoli che non trascuravano mai la forma sacrificando il benessere materiale a vantaggio dell’esteriorità che aveva un ruolo determinante per quello che loro consideravano la propria dignita’ .
Un dato dimostrativo di come ben siano state assimilate le usanze spagnole da parte dei napoletani e’ il ” don “cosi ‘particolarmente usato tra il popolo .
I napoletani fino ad allora venivano da dominazioni fatte da greci , normanni,  svevi , francesi , aragonesi ed il loro modo di parlare  era molto più fine  e spesso cadenzato dalla dolcezza propria delle lingua francese o del nord Europa .

Essi  usavano un linguaggio corretto e raramente ricorrevano all’inganno o alla menzogna ; furono i soldati spagnoli ad importare insieme al gioco , l’imbroglio , la falsita’ , la boria , la mania di grandezza ed il linguaggio scurrile .E furono gli stessi soldati spagnoli ad  istruire il popolo nella sottile arte dell’inganno , della frode e della rapina.
Bisogna anche dire , pero’, ad onor del vero , che il popolo si adatto’ presto a tali maniere e talmente bene da superare gli stessi ” maestri ” che spesso erano raggirati con gli stessi metodi da loro importati ma dai napoletani perfezionati .
I quartieri spagnoli  furono  costruiti  per acquartierare l’esercito spagnolo in una posizione strategica vicino al Palazzo del Viceré e di fronte al porto. Essi ospitavano abitazioni per la guarnigione ed erano affollati di taverne malfamate e di case di prostitute .

In questo posto nacquero i ” bravi ” o ” sgherri “, personaggi che a pagamento compivano le azioni più scellerate .
I primi rapporti del popolo con i soldati spagnoli non  furono dei migliori . I soldati non immaginando con chi avevano a che fare , con un atteggiamento tipico dei conquistatori , si comportarono con arroganza e spesso con violenza per cui non era raro trovare al mattino per le strada cadaveri di soldati uccisi durante la notte da mariti offesi o vittime di soprusi . Per omerta’ diffusa i vari assassini non furono mai trovati .
In questo luogo il popolo imparo’a vivere nel bene e nel male tramandando nel tempo atteggiamenti e costumi ancora oggi tristemente attuali .
In questo luogo ha avuto origine infatti  un’altra pesante eredita’ che ci hanno lasciato i spagnoli : la camorra .
La  parola camorra deriva dallo spagnolo  ” camora” e significa rissa e prepotenza .
La parola indica anche una cortissima giacca di tela che i loschi individui indossavano .
Questi loschi figuri (  “camorristi ” ) furono ben tollerati dagli spagnoli in quanto si servivano di essi , quasi come di poliziotti , per mantenere l’ordine tra il popolo .Essi  usavano come sistema per il controllo dei luoghi ,armi  violenza, estorsione e  paura .

La dominazione spagnola è stata forse quella che nel tempo ha maggiormente lasciato un’impronta nell ‘aspetto della città e nel carattere del popolo .

Napoli infatti anche se modificata da demolizioni e da nuove costruzioni nelle sue linee essenziali possiamo dire che è quella venutasi a creare durante i due secoli del periodo vicereale e ancora oggi molti nomi delle strade della città ricordano la Napoli spagnola.

Rimanendo emarginato dal resto dell’Europa , dovette da quel momento attendere ben piu’ di 200 anni prima di essere di nuovo un vero Regno ed avere un proprio re ( Carlo di Borbone ). Quindi nonostante la bellezza e l’apparente eleganza della città , Napoli purtroppo era sempre più povera ed il popolo sempre più affamato e meno tollerante nei confronti delle gravose tasse che la corona spagnola aumentava continuamente agli stati appartenenti al suo impero , perchè versante in una grave crisi economica dovuta alle sue continue e dispendiose guerre  .Tutto questo portò ad un ingravescente  malcontento popolare che esplose poi nella famosa rivolta del 1647 quando giunse da Madrid  a Napoli la richiesta di un ulteriore milione . Il vicerè approvo’ per fare richiesta a questa ulteriore richiesta 4 nuove imposte di cui una sulla frutta .

MASANIELLO

Bisogna subito sottolineare che la gabella sulla frutta era stata abolita dal primo vicere’ duca di’ Ossuna nel 1606. Il malcontento si manifesto’ dunque immediatamente sopratutto tra i lazzari.
La domenica del 7 luglio giunsero in piazza i venditori di frutta provenienti da Pozzuoli . Essi si rifiutarono di pagare la nuova gabella sulla frutta . Iniziarono tafferugli tra urla e schiamazzi . L’ eletto del popolo Andrea Naclerio schiaffeggio’ il cognato di Masaniello , il grossista Maso Carrese , il quale reagi’ buttando a terra la frutta . Intervennero subito i lazzari  che incrementarono i disordini ; il Naclerio fu colpito ; la folla si ingrosso’ a vista d’ occhio e individuato in Masaniello il proprio capo si avvio’ in corteo verso il palazzo del vicere’ . Questi impaurito fuggi’ e si rintano’ nella chiesa di San Luigi .
Il giorno successivo i disordini continuarono piu’ violenti che mai . La folla equipaggiatisi con armi sottratte alle caserme e ai soldati  con a capo Masaniello si riversò in strada . L’ira popolare si abbattè subito inizialmente contro i nobili e contro i gabellieri .Molti palazzi nobiliari signorili furono dapprima depredati di ogni bene e poi dati alle fiamme .
La rivoluzione si rafforzo’ e Masaniello da seplice iniziale pescivendolo , venne proclamato e acclamato Capitano Generale del popolo di Napoli. Al suo fianco vi erano il fratello Giovanni , l’ amico Marco Vitale , il nuovo eletto del popolo , antonio Arpaia ( nipote di Genoino ) e la vera mente della rivoluzione Giulio Genoino .
I tentativi di corruzione cadono nel vuoto : Masaniello riferì al popolo di aver rifiutato  l’ offerta del vicere’ di un vitalizio di 200 scudi al mese e alla testa di centinaia di giovani laceri e scatenati , arringando la folla osannante devastò il mercato della frutta , irruppe poi  negli edifici del dazio mettendoli a ferro e fuoco  .
Preso coscienza del potere di cui disponeva  impose prezzi onesti alle botteghe di generi alimentari , e ridusse il prezzo del pane , della farina e di ogni genere di prima necessita’ .

Il vicerè visto il volgere della situazione si trovò a quel punto  costretto a trattare con i ribelli  . Questi capeggiati da Masaniello che era consigliato dal letterato Giulio Genoino chiedevano  ed ottennero poi la concessione di una costituzione popolare .
Genoino , ormai ottantenne , vide la possibilita’ di realizzare finalmente il suo sogno vecchio di decenni ; il progetto di riconcedere al popolo il privilegio di Cola Quinto concesso da Ferdinando il cattolico , e confermato poi da Carlo V, consistente nell’abolizione di tutte le gabelle e nella parita’ di nobili e popolani nelle votazioni.
La ricerca del vecchio documento non fu facile , ma infine fu trovato negli archivi del convento di San Paolo.
Ma don Genoino voleva di piu’. Cosi’ indusse Masaniello a spiegare al popolo che l’ originale era custodito in Spagna e che Genoino lo stava riscrivendo .
Genoino nel rielaborare il documento , inseri’ cio’ che aveva sognato per tanto tempo : uguaglianza di voti e di poteri tra nobilta’ e popolo , e voto preventivo per le donazioni richieste dal re . Il documento fu dapprima approvato dalle assemblee popolari nella chiesa del Carmine , alla presenza del cardinale Filomarino , poi Masaniello , indossato un abito laminato di’ argento regalatogli dal vicere’ , montato a cavallo e seguito dal cardinale e da Genoino in carrozza , si reco’ a palazzo continuando ad arringare il popolo che faceva ala al suo passaggio , raccomandandogli di incendiare la citta’ qualora gli si giocasse un brutto scherzo .

Giunto al palazzo , professo’ la sua fedelta’ al re promettendo un contributo straordinario di un milione di ducati . I documenti furono firmati ed egli bacio’ i piedi al vicere’ , il quale gli dono’una collana preziosa che egli si fece autorizzare dagli amici del Mercato ad accettare , e gli conferi’ il titolo di capitano generale . Poi si affacciarono alla terrazza ed egli parlo’ ancora una volta al popolo annunciandogli la apposizione della firma , e facendosi promettere con alzata di mano effettuata da tutti i presenti fedelta’ al re di Spagna ed al vicere’ .
Nei giorni successivi , sempre dal suo ‘ basso’ al vico rotto al Mercato al Mercato in cui continuava a vivere , imparti’ ordini di racimolare quanto promesso al re ricavandolo dai saccheggi delle abitazioni lasciate incustodite dai nobili fuggiti , quindi si procedette al giuramento dei capitolari in cattedrale , dove lui pero’ si lascio’ andare ad azioni sconsiderate e sconce in presenza del cardinale e del vicere’. Al ritorno il vicere’ volle passare avanti al basso, al Mercato per omaggiare la moglie Bernardina .
Da questo momento , con abiti non piu’ da pescivendolo ma da nobiluomo egli frequento’ la corte spagnola e fu coperto di onori dai nobili e dallo stesso vicere’ (duca di’ Arcos) . Fu piu’ volte ricevuto a palazzo con la moglie Bernardina e la sorella Grazia .
Nei giorni seguenti , il delirio del potere , giunto troppo repentinamente in un personaggio di troppe umili origini esplose nella maniera piu’ scomposta . I suoi comportamenti denotarono una crescente pazzia : tuffi notturni in mare completamente vestito , lancio di coltelli tra la folla , deliranti progetti di costruire un ponte tra Napoli e la Spagna , il progetto di trasformare piazza del Mercato in un porto e infine diverse sommarie esecuzioni dei suoi oppositori, compresa quella di un bandito cui Genoino chiedeva clemenza . Ormai anche costui era consapevole di aver perso l’ influenza su di lui , e la stessa popolazione inizio’ a credere alle voci sulla pazzia di Masaniello .
Secondo molti la sua presunta pazzia fu causata da qualche allucinogeno somministratogli durante un banchetto nella reggia.
In sua assenza si tenne una riunione tra i maggiorenti della citta’ , compreso Genoino e il cardinale Filomarino , dove , preso atto che Masaniello era diventato pericoloso , si stabili’ che dall’ indomani gli ordini di Masaniello non avrebbero avuto piu’ alcun valore , e tutti i poteri sarebbero stati restituiti al vicere’.
L’ indomani infatti egli fu ammanettato dai capitani del popolo e lasciato sotto custodia nella sua casetta . Dopo un’ animatissima discussione , i capi della rivoluzione decisero di tenere Masaniello in fortezza fino alla guarigione dalla pazzia denunciata , e nominare in sua vece l’ eletto del popolo Arpaia , nipote di Don Giulio, risoluzione approvata dal vicere’ .
Poi la tragedia si compie nella cattedrale , dove lui , riuscito a sfuggire ai custodi , va ad arringare ancora il popolo , ma i maniera sconclusionata, fino all’ epilogo in cui si denuda . Alcuni monaci lo indussero a lasciare la chiesa e lo condussero nel chiostro . Trasportato nel dormitorio , viene qui’ raggiunto dai congiurati che lo fucilarono a bruciapelo . Viene poi decapitato e la sua testa mostrata a vicere’ . Quindi col capo mozzato chiuso in una gabbia che fu appesa alle mura . Il corpo mutilato fu trascinato per le strade e poi gettato nella fossa comune tra Porta del Carmine e Porta Nolana .
Tutti trassero un sospiro di sollievo , dal vicere’ al cardinal Filomarino , dal Genoino , al popolo.
Ma lo stesso popolo , il giorno dopo , si trovo’ di fronte al prezzo del pane identico a quello precedente la rivoluzione, e fu per esso la prova che si voleva ritornare alle vecchie precedenti condizioni .
Il popolo allora capi’ subito quanto si perdeva con la fine del giovane capopopolo, ne ricompose il corpo e mostro’ segni di ribellione , chiedendo solenni onoranze funebri .
Le autorita’ spagnole ritennero di assecondare questi sentimenti ed un funerale imponente attraverso’ tutta la citta’ seguito da migliaia di persone . Le spoglie furono tumulate solennemente nella Basilica del Carmine dove restarono fino al 1799, quando Ferdinando IV dopo la rivoluzione ne ordino’ la rimozione e la dispersione .
Una lapide ed una statua nella chiesa del Carmine ed una piazzetta nei pressi di Piazza Mercato ricordano oggi Masaniello. Molto miserevole fu anche la sorte della moglie di Masaniello, Bernardina che rimasta sola dovette prostituirsi per campare. Morì poi di peste, nel 1656.

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Come già precedentemente detto, la città attraversò in questo periodo grandi momenti  di carestia e miseria che unito al gran numero di abitanti presenti ( a quell’epoca Napoli era la seconda città europea per numero di abitanti ) , l’insufficienza  di acqua  e la conseguente sporcizia delle strade , certamente favorì la peste.

Dopo una prima pestilenza avvenuta nel 1529 che uccise 60.000 persone , giunse in città importata da soldati provenienti da una zona già infetta ,  imperversò nel 1656 ,un’altra terribile epidemia che arrivò a fare danni addirittura peggiori della precedente .La terribile accoppiata ” peste ” ed  “eruzione del Vesuvio ” avvenuta precedentemente  portò addirittura a stringere un solido patto messo su carta da un vero notaio firmato e controfirmato dai rappresentanti del popolo con il santo protettore San Gennaro  in cambio del quale  se li avesse protetti dal terribile binomio loro gli avrebbero eretto una nuova e più ampia cappella all’interno del Duomo.

SAN GENNARO

 Nacque a napoli ( secondo altri a Benevento ) e
fin nei primi anni della sua vita oltre a sentire un  forte il bisogno di appartarsi per pregare, aveva  un naturale senso di carita’ lo portava ad offrire ai poveri tutto quello che aveva . A solo 7 anni andava a visitare i prigionieri cristiani portando loro cibo e vestiti , curando i loro corpi martoriati da ferite e li assisteva durante l’agonia provvedendo poi alla loro sepoltura .
Era dotato di un forte carisma : aggregava intorno a se molti amici che si lasciavano condurre nelle catacombe a pregare .
Trasformo’ il palazzo di famiglia , in un ospizio per malati dove  ospitava le persone   piu’ povere che eglistesso andava cercando
A 16 anni entro’ in un ordine religioso che si andava costituendo e incomincio’ molto presto a dar prova delle sue capacita’ taumaturgiche : furono molti i miracoli e molti quelli che si convertirono alla sua dottrina .
La fama di Gennaro giunse fino a Benevento e la città chiese che diventasse suo vescovo .
L’ innata modestia non gli consenti’ di accettare una cosi’ alta carica che rifiuto’per ben tre volte. Poi gli fu detto che non poteva continuare a respingere le richieste di un popolo che lo invocava e accetto’ dopo aver chiesto consiglio a papa Marcellino , diventato poi santo .
Proprio in quel periodo Diocleziano aveva inaugurato una nuova e piu’ crudele stagione , andando scovando e perseguitando i cristiani ovunque fossero .
Avendo saputo che il Diacono di Pozzuoli , Procolo e altri cristiani erano torturati per non volere abiurare la loro fede , Gennaro corse a Pozzuoli per supplicare il loro rilascio.
Fu allora che il Proconsole Timoteo , succeduto in Campania al feroce Drecone Labiano , comincio’ a perseguitare Gennaro .
Dopo aver provveduto al suo arresto , ordino’ che fosse bruciato vivo .
I centurioni del proconsole tentarono di eseguire l’ordine ma le fiamme tra le quali venne gettato non lo lambirono neanche un po’ .
Timoteo si accani’ nei confronti di Gennaro con ogni sorta di supplizio , ma tutto fu inutile e il Santo ne usciva sempre indenne .
Ordino’ quindi che fosse dato in pasto alle belve nel circo di Pozzuoli ma ad un cenno di Gennaro i feroci animali si fermarono .
Il miracolo comporto’ la conversione di migliaia di pagani . Timoteo allora , infuriato , ordino’ che fosse decapitato insieme con i suoi compagni reduci dall’arena.
L’esecuzione avvenne il 19 settembre 305 alle ore 12 .00 .
Il sangue restato sulla pietra fu raccolto dalla nutrice del santo , Eusebia , che con l’aiuto di un ramoscello lo fece gocciolare in due ampolle di vetro: in una distillando il piu’ limpido e nell’altra quello misto a polvere , paglia e fili di erba .
Il giorno dopo il corpo del martire fu preso e deposto nel campo Marciano ( presso la solfatara ) , fu poi dissotterrato e trasportato in processione solenne , accompagnato dal vescovo di Napoli , Cosma , nelle catacombe in un luogo chiamato il ” cimitero di mezzo ” .
Durante il trasporto delle reliquie di s. Gennaro a Napoli, Eusebia consegnò al vescovo le due ampolline contenenti il sangue del martire.
Oltre un secolo dopo, nel 431 (13 aprile) si trasportarono le reliquie da Pozzuoli nelle catacombe di Capodimonte a Napoli, dette poi “Catacombe di S. Gennaro”, per volontà dal vescovo di Napoli, s. Giovanni I e sistemate vicino a quelle di S. Agrippino vescovo ; a ricordo delle tappe della solenne traslazione vennero erette due cappelle: S. Gennariello al Vomero e San Gennaro ad Antignano.
Il culto per il santo vescovo si diffuse fortemente con il trascorrere del tempo, per cui fu necessario l’ampliamento della catacomba. La tomba divenne meta di continui pellegrinaggi per i grandi prodigi che gli venivano attribuiti; nel 472 ad esempio, in occasione di una violenta eruzione del Vesuvio, i napoletani accorsero in massa nella catacomba per chiedere la sua intercessione, iniziando così l’abitudine ad invocarlo nei terremoti e nelle eruzioni, e mentre aumentava il culto per S. Gennaro, diminuiva man mano quello per San Agrippino vescovo, fino allora patrono della città di Napoli; dal 472 S. Gennaro cominciò ad assumere il rango di patrono principale della città.
Durante un’altra eruzione nel 512, fu lo stesso vescovo di Napoli, S. Stefano I, ad iniziare le preghiere propiziatorie; dopo fece costruire in suo onore, accanto alla basilica costantiniana di S. Restituta (prima cattedrale di Napoli), una chiesa detta Stefania, sulla quale verso la fine del secolo XIII, venne eretto il Duomo; riponendo nella cripta il cranio e la teca con le ampolle del sangue.
Questa provvidenziale decisione, preservò le suddette reliquie, dal furto operato dal longobardo Sicone, che durante l’assedio di Napoli dell’831, penetrò nelle catacombe, allora fuori della cinta muraria della città, asportando le altre ossa del santo che furono portate a Benevento, sede del ducato longobardo.
Le ossa restarono in questa città fino al 1156, quando vennero traslate nel santuario di Montevergine (AV), dove rimasero per tre secoli, addirittura se ne perdettero le tracce, finché durante alcuni scavi effettuati nel 1480, casualmente furono ritrovate sotto l’altare maggiore, insieme a quelle di altri santi, ma ben individuate da una lamina di piombo con il nome.
Il 13 gennaio 1492, grazie alla potente famiglia Carafa , dopo interminabili discussioni e trattative con i monaci dell’abbazia verginiana, le ossa furono riportate a Napoli e come degno luogo per ospitarle il cardinale Oliviero Carafa fece costruire nel Duomo di Napoli, al di sotto dell’altare maggiore , una cripta d’eccezione in puro stile rinascimentale: la cappella del succorpo . Intanto le ossa del cranio erano state sistemate in un preziosissimo busto d’argento, opera di tre orafi provenzali, dono di Carlo II d’Angiò nel 1305, al Duomo di Napoli.
Successivamente nel 1646 il busto d’argento con il cranio e le ormai famose ampolle col sangue, furono poste in una nuova  Cappella  più grande ricca di capolavori d’arte d’ogni genere, che il popolo napoletano aveva promesso al santo  in cambio della grazia per averli liberati dalla peste.

Le ampolle vennero  incastonate in una preziosa teca d’argento fatta realizzare da Roberto d’Angiò : una più grande di forma ellittica schiacciata, ripiena per circa il 60% di sangue e quella più piccola cilindrica con solo alcune macchie rosso-quindi semivuota , perché parte del suo contenuto fu sottratto da Carlo di Borbone che lo porto’ con se in Spagna ; la liquefazione del sangue avviene solo in quella più grande.
Tre volte l’anno , il sabato precedente la prima domenica di maggio ( in ricordo della prima traslazione da Pozzuoli a Napoli ) , il 19 settembre ( ricorrenza della decapitazione ) e il 16 dicembre ( in memoria della disastrosa eruzione del Vesuvio nel 1631, bloccata dopo le invocazioni al santo) durante una solenne cerimonia guidata dall’arcivescovo , i fedeli accorrono per assistere al miracolo della liquefazione del sangue di San Gennaro.

Oltre alla cappella di San Gennaro nel  Duomo, appartiene al santo e quindi alla città di Napoli anhe il tesoro di San Gennaro  che si trova in un  Museo presente appena fuori le mura del Duomo.

N.B: Sia la preziosa cappella  che il tesoro di San Gennaro non appartengono  né allo Stato nè alla Chiesa ma a tutti i cittadini di Napoli che  sottoscrissero un atto ufficiale davanti ad un notaio il 13 gennaio 1527.

Il Museo presente appena fuori il Duomo ,  ospita numerosissime opere d’arte, gioielli, e argenti donati nel corso dei secoli in segno di devozione al santo patrono  da imperatori , re , regine  , papi , e semplici gente del popolo. La magnifica  collezione di 21.610 capolavori è  la terza come importanza e valore nel mondo dopo quella della corona inglese  e quello di Mosca appartenuto ai Zar russi ma è l’unica ottenuta senza versare una sola goccia di sangue in quanto costituito da sole donazioni di fedeli e reali  o perchè devoti o solo  per ingraziarsi il popolo.
Tra le opere d’arte , piu’ belle e preziose sono da menzionare certamente la splendida mitra gemmata con 3694 pietre preziose realizzata dall’orafo Matteo Treglia  nel locale Borgo degli Orefici ( la mitra, che serviva da copricapo alla statua di san Gennaro durante le processionie) e la leggendaria famosa collana realizzata con 13 grosse maglie in oro massiccio e argento con appese croci tempestate di zaffiri , e smeraldi  fatta da Michele Dato nel 1679 . Questa collana e’ stata arricchita fino al 1879 di varie pietre preziose con le donazioni di regnanti di tutta Europa.
Entrambe le opere furono fatte su commissione della Deputazione della Cappella del Tesoro di San Gennaro per il busto Reliquiario del Santo.

Il prezioso tesoro ha sempre fatto gola al Vaticano che più volte ha tentato di appropriarsi  dello stesso . Durante la Seconda guerra mondiale una bomba cadde sul duomo di Napoli e per proteggere il tesoro questo fu  custodito al Vaticano.
Terminata la guerra, il Vaticano era riluttante a restituirlo. Al cardinale di Napoli si presentò un uomo di nome Giuseppe Navarra, molto famoso per le sue attività nel mercato nero. Era soprannominato il re di Poggioreale, era un malavitoso insomma, e disse: «Il tesoro ve lo recupero io». Il cardinale, allora, gli diede l’incarico ma non fu così facile.
Dopo dieci giorni si seppe che era riuscito a riprendere il tesoro ma Navarra sparì nel nulla e a Napoli si disperavano chiedendosi come avessero potuto fidarsi di lui. Dopo dieci mesi, invece, Navarra si presentò davanti al Duomo con tutto il tesoro intatto. Non aveva preso niente e spiegò che conoscendo le bande di sbandati che c’erano al tempo aveva dovuto viaggiare solo di notte e per strade secondarie facendo un giro lunghissimo per raggiungere Napoli. Quando gli chiesero cosa voleva in cambio disse: «Niente, voglio solo avere l’onore di essere riconosciuto come colui che ha riportato il tesoro di san Gennaro a casa». Questa la dice lunga di come il vero antifurto per questo enorme tesoro siano gli stessi napoletani  che, indipendentemente dal tipo di morale , lavoro o ambiente sociale essi appartengono  , nutriscono  un affetto verso il Santo protettore che va  ben oltre il semplice aspetto devozionale   della propria fede.

Il Santo è come uno di famiglia e proprio per questo motivo non si tocca . Guai a toccarlo o a parlarne male ……..

Alla  chiesa allora non restava altro che mettere in discussione lo stesso San Gennaro  ( niente santo , niente tesoro ) e a tal proposito dovete sapere che dopo il Concilio Vaticano II, una specifica commissione, mettendo in dubbio la reale esistenza nel passato della figura di San Gennaro  decretò che questi non poteva essere più santo . La riforma liturgica del 1969 decretò quindi che per ordine papale , San Gennaro non era più santo.

Ovviamente la notizia destò grande clamore a Napoli , dove la Curia ed i napoletani incominciarono ad insorgere contro questa folle decisione . Mettere San Gennaro in dubbio con i suoi miracoli ed il suo sangue era come offendere  una persona di famiglia e tutti ne furono risentiti . Le proteste si levarono altissime ma il Vaticano fu irremovibile e fece solo la modesta concessione  di stabilire che Gennaro poteva essere ancora venerato come Santo , ma solo a livello locale .

I napoletani videro questa decisione come un declassare il proprio patrono in una serie inferiore di Santo ( dalla serie A alla serie B ) . Qualcuno era addirittura preoccupato che il Santo potesse offendersi per questa decisione e incominciò  a temere  eruzioni e catastrofi naturali scatenate dalla sua  rabbia   .

Successivamente come si fa per un buon amico in difficoltà si cercò di consolarlo e  fu questo il motivo per cui sui muri della città incominciarono a comparire una serie di scritte  inneggianti il Santo . I napoletani in quella circostanza non fecero mancare il loro conforto ed il loro affetto , il loro amore e  la loro fede infinita verso San Gennaro con scritte e striscioni vari apparsi in città in tutti i quartieri.

Uno di questi striscioni affisso fuori il Duomo fu poi destinato a rimanere  famoso nella storia : ” San Gennà ,futtatenne “.

E così deve essere stato , visto che ultimamente una recente ricerca ha stabilito in Vaticano che San Gennaro è il Santo più amato del mondo .

La peste arrivò  prima in Spagna e poi in Sardegna dove si trovava il  quartier generale delle truppe del vicerè di Napoli. Da questo luogo  una delle navi infette partita dall’isola sarda , giunse al porto di  Napoli . Uno dei soldati presenti sulla nave , sentitosi male durante il viaggio, una volta sbarcato,  fu ricoverato nell’ospedale dell’Annunziata, dove gli venne diagnosticata la peste dal medico Giuseppe Bozzuto. Il medico quando diede l’allarme, fu però messo a tacere e successivamente imprigionato perché, a parere del vicerè aveva diffuso false notizie ( la notizia doveva restare segreta ). Il povero medico morì poi di peste in carcere, ed i suoi colleghi, onde evitare di finire anch’essi imprigionati, non solo non denunciarono la malattia, ma non  provvidero nemmeno a distruggere tutto ciò che era appartenuto ai deceduti. Di conseguenza la popolazione continuò ad essere tenuta all’oscuro di tutto, e  nessun provvedimento venne preso.

 A quel punto il contagio iniziò a diffondersi  a macchia d’olio in tutta la città e incominciò a farsi sentire sopratutto nei quartieri più affollati e più degradati da un punto igienico- sanitario come quelli del Porto , della Vicaria ,del Lavinaio e del Mercato .Non potendo più nascondere l’evidenza la colpa dell’epidemia fu data alle spie francesi e ai loro alleati che per sterminare i napoletani  con il micidiale morbo ,spargevano in città misteriose polverine  . La spiegazione alternativa  era quella religiosa : il morbo era la punizione divina  , già tempo prima annunciata , contro il degenere popolo dei peccatori napoletani che non aveva rispettato la legge del signore e per questo doveva essere castigato . Quando infatti la paura cominciava a farsi panico , un  misterioso frate mostrò una lettera  scritta da Suor Orsola Benincasa , morta 40 anni prima che minacciava la popolazione napoletana con un terribile flagello venuto dal cielo , se gli stessi non avessero provveduto all’edificazione di un nuovo eremo per le proprie consorelle alle pendici di Sant’Elmo . Una palese minaccia che annunciava una feroce rappresaglia . I traumatizzati napoletani allora  , accorrendo da tutti i quartieri , innalzarono rapidamente il nuovo edificio ma a nulla valse il sacrificio anzi , il contatto di più persone provenienti da diversi quartieri ed il loro affollarsi in un unico luogo portò solo a diffondere più rapidamente il morbo in città prima ristretto a solo poche borgate .  Il  terribile flagello che durò sei lunghi mesi di 350 mila abitanti la peste ne aveva ucciso 250 mila , cioè 7 su 10 .Si raccontò che chi venne a Napoli dopo la terribile epidemia , paragonò la città ad un deserto .Dai cento decessi al giorno del mese di maggio in cui scoppiò la peste si 1100 morti al giorno nel mese di giugno , 2000 a luglio e 4000 vittime al giorno nei mesi successivi . Con il dilagare dell’epidemia i luoghi di interramento e i lazzaretti non furono più sufficienti a contenere i morti e gli ammalati per cui il vicerè fece liberare gli schiavi e i galeotti per adibirli allo scavamento delle fosse  ed il trasporto delle troppe vittime che venivano accumulate in grossi slarghi come il Largo delle Pigne ( Piazza Cavour ) , Piazza Mercato e Largo Mercatello ( Piazza Dante ) .Di questa ultima Piazza ,un quadro di Gargiulo Domenico detto ” Micco Spadaro ( Micco diminutivo di Domenico e spadaro perchè era questo il mestiere del padre )custodito nella certosa di san Martino , ne dà una sconcertante rappresentazione .

Nelle strade venivano bruciati gli oggetti appartenenti agli appestati per distruggere l’infezione e violenti  episodi della caccia agli untori che nell’ignoranza popolare e superstiziosa fantasia popolare erano responsabili di quanto accadeva perchè ” ungevano ” le porte delle abitazioni per propagare il male. Nel mirino finirono anche gli animali considerati a rischio : vennero uccisi molti cani e sopratutto presi di mira gli immondi maiali ( perchè fornitori di grasso per ungere ) . Molti di questi protetti dai monaci di Sant’Antonio riuscirono a salvarsi perchè accompagnati in esilio sul monte Tifata . A luglio la situazione era completamente fuori controllo . Gli spagnoli non sapevano più cosa fare , gli altri stati chiusero i confini ai napoletani e la folla impaurita continuava a rifugiarsi nelle processioni e nelle chiese ( aumentando il contagio ) per chiedere il sostegno dei Santi .

Alla metà di agosto , dopo un acquazzone purificatore , la mortalità cominciò a scemare e alla fine di ottobre il morbo cessò di mietere vittime . A parte lo spopolamento la condizione in cui Napoli si trovò dopo l’epidemia era delle più spaventose . Fortemente intaccata nella struttura economica e sociale perchè non si era lavorato , prodotto e quindi nulla guadagnato , si ebbe un totale scompaginamento sociale. Compiendo abusi di ogni genere , beni d’intere famiglie erano passati nelle mani di persone che non ne avevano diritto ; vicini senza scrupoli avevano trafugato oro e oggetti preziosi di nuclei familiari estinti e talvolta si era ricorso anche all’omicidio per affrettare la fine di moribondi per compiere il furto . Si videro così persone che nulla possedevano prima dell’epidemia improvvisamente arricchiti e superstiti di ricche famiglie ridotti in povertà . Poichè la scomparsa della peste secondo non era attribuibile ad opera umana , il ringraziamento fu rivolto a Dio e sopratutto ai Santi a tal punto che si accese in città un’aspra polemica tra gesuiti e teatini per stabilire chi aveva più merito , San Francesco Saverio o San Gaetano Thiene . Arrivarono addirittura ad appellarsi al papa per fare nominare il prescelto che salomonicamente attribuì uguale merito ai due santi .Nel periodo vicereale ( 1538 ) ci fu anche un’importantissima eruzione dei campi flegrei che diede luogo al Monte Nuovo ma portò gli abitanti di Pozzuoli ad abbandonare la città. Il vicerè Don Pedro de Toledo per evitare che la zona si spopolasse del tutto a causa dei fenomeni vulcanici , fece costruire la sua villa a Pozzuoli ( attuale Villa Avellino ) , con la speranza che la nobiltà napoletana fosse indotta a seguire il suo esempio .Fece inoltre restaurare la Crypta neapolitana per consentire i traffici tra Napoli e Pozzuoli e riattivò infine per incoraggiare il ripopolamento il famoso acquedotto romano.

La quinta statua  presente nel porticato è quella Carlo V d’Asburgo-Spagna.

Mentre a Napoli i vicerè affannavano tra epidemie , e rivoluzioni in  Europa era intanto scoppiato un nuovo conflitto che vedeva stranamente la Francia e la Spagna questa volta alleati contro l’Austria .

Il conflitto porto’ alla vittoria del potente esercito Austriaco e la sconfitta della Spagna . Questo comportò per Napoli la fine del periodo vicereale e l’entrata nella cittadina di Capua nel luglio 1707 , delle  forze imperiali  dell’Imperatore Giuseppe I  .

L’ultimo vicerè lasciò la città imbarcandosi per Gaeta e lo stesso  giorno un nuovo viceré’, ma questa volta austriaco , il conte Giorgio Adamo von Martinitz , entro’ in Napoli .
La dominazione austriaca duro’ solo 27 anni , fino a quando cioe’ fu fondata la dinastia dei Borbone che ebbe inizio con Carlo , figlio di Filippo V , re di Spagna e di Elisabetta Farnese . Con lui i napoletani riebbero finalmente di nuovo un proprio Regno ed un loro re.

Ci troviamo così dinanzi alla sesta statua , quella di Carlo di Borbone .

La sua venuta fu favorita dai napoletani che male avevano sopportato gli austriaci ed infatti egli entrò nella città da Porta Capuana il 10 maggio 1734 tra la folla che lo applaudiva . Napoli aveva finalmente di nuovo un suo re .

Carlo di Borbone era un uomo colto , che amava l’arte ed aveva uno spirito illuministico . Napoli torna con lui una capitale culturale , meta di tantissimi artisti ed intellettuali .Quando si insediò a Napoli , la città era una delle più popolose d’Europa e certamente la più popolata d’Italia contando 300 mila abitanti e furono urgenti alcune riforme per le quali si fece aiutare dal ministro Bernardo Tanucci con il quale si impegnò a rilanciare e rinnovare l’economia rendendo più efficiente l’amministrazione.

Sotto re Carlo , la città di Napoli ritorna finalmente di nuovo ai suoi antiche splendori e diventa luogo visitato da molti stranieri , tra cui il famoso poeta tedesco Goethe che nel suo libro intitolato ” Viaggio in Italia ” descrive Napoli come un posto dove ” basta girare per le strade e aprire gli occhi per vedere spettacoli inimitabili .

Il re fece ampliare la Reggia e al contempo ordinò la costruzione di nuove residenze reali : la reggia di Capodimonte dove provvisoriamente depose la bellissima collezione Farnese ereditata dalla madre,  quella di Portici la cui direzione dei lavori  fu affidata inizialmente a Giovanni Antonio Medrano e in seguito ad Antonio Canevari ma alla cui realizzazione lavorarono anche Luigi Vanvitelli e Ferdinando Fuga e quella  meravigliosa ed immensa di Caserta che affidò all’architetto Luigi Vanvitelli  con l’intento di creare  un palazzo che potesse competere con le grandi residenze dei sovrani europei e addirittura superiore a Versailles .

Venne costruito il maestoso Albergo dei poveri (  affidato nella costruzione a Ferdinando Fuga )  ed il Teatro San Carlo completato in soli otto mesi , avviati i lavori per la Biblioteca Nazionale , per la sistemazione del Museo Archeologico e per l’Orto Botanico e diede sopratutto inizio agli scavi archeologici di Ercolano prima e Pompei dopo , costituendo l’Hercolanum Museum , che divenne meta privilegiata del Gran Tour, un lungo viaggio per l’Europa intrapreso in genere da ricchi giovani dell’aristocrazia europea a partire dal XVI secolo e destinato a perfezionare il loro sapere con partenza e arrivo in una medesima città. Poteva durare da pochi mesi fino a svariati anni, e di solito aveva come destinazione sopratutto l’Italia .  In questo senso il Museo che si trovava nella Reggia di Portici , divenne ben presto meta obbligata di studiosi, intellettuali e amanti dell’arte. Nel suo “Viaggio in Italia”, del 1787, Goethe lo definì “l’alfa e l’omega di tutte le raccolte di antichità”.  La costruzione della Reggia di Portici di dimensioni non vastissime, non poteva ospitare pienamente la numerosa corte reale e pertanto molte famiglie gentilizie, per essere vicine ai sovrani, costruirono anch’esse lussuose ville che finirono per costituire il cosiddetto “miglio d’oro “.
Il re per valorizzare la sua residenza estiva e accrescere tutta la zona sancì il privilegio dell’esenzione fiscale; vantaggio che allettò la nobiltà e il clero partenopeo a stabilirsi nella campagna vesuviana o lungo la zona costiera ai piedi del Vesuvio.

Il prestigio della presenza della dimora reale, il fascino delle vestigia dell’antichità, e la bellezza del luogo che tanto piaceva ai sovrani, fecero sì che l’intera corte napoletana e molti altri nobili decisero, per essere vicine ai sovrani, di trasferirsi nel luogo vesuviano, facendosi costruire lussuose ville cortigiane e giardini rococò e neoclassici da architetti del calibro di Luigi Vanvitelli, Ferdinando Fuga, Ferdinando Sanfelice, Domenico Antonio Vaccaro, Mario Gioffredo.

Carlo di Borbone amava Napoli e si adoperò molto per rimodernare la città dandole nuove strutture architettoniche . Vengono effettuati nuovi interventi di urbanistica come per esempio quelli a Piazza Dante ad opera di Luigi Vanvitelli , che venne chiamata  Foro Carolino. Si adoperò per dare nuova economia alla città con la creazione per esempio della fabbrica di Porcellana di Capodimonte ed il rilancio e l’ammodernamento dell’industria della seta di San Leucio presso Caserta.

Carlo purtroppo dopo 25 anni di regno  dovette poi lasciare il trono di Napoli  per farne altri 30 come re di Spagna .

Prima di partire per la Spagna, in un addio commosso e commovente dove tutti piangevano  (i napoletani erano ben consapevoli  di perdere un grande re) Carlo nominò Ferdinando, suo erede al trono di Napoli e di Sicilia  (Ferdinando IV come re di Napoli e III come re di Sicilia e solo successivamente con l’unione del Regno di Napoli ed il Regno della Sicilia, che si ebbe dopo il trattato di Vienna, Ferdinando I di Borbone, re delle due Sicilie).
Il 6 ottobre Carlo di Borbone, dopo aver sottoscritto l’atto di abdicazione in favore del figlio, s’imbarcò per raggiungere il nuovo regno, dove l 11 settembre 1759 fu incoronato a Madrid nuovo re di Spagna.

Al suo posto sul trono di Napoli , re Carlo , lasciò il piccolo Ferdinando che aveva appena 9 anni e fu questo il motivo per cui il regno ebbe un Cosiglio di reggenza presieduto da Bernardo Tanucci .

Ferdinando, soprannominato dal popolo , ” Re Nasone “( per le evidenti grosse proporzioni del suo naso) o ” Re Lazzarone ” ( perche fin da piccolo amava stare in strada tra il popolo e vestirsi da popolano  ) , non fu certo un uomo di cultura come il padre.

Egli era il  il terzo maschio nato in famiglia e quindi non aveva almeno inizialmente nessun dovere politico. Nessuna immaginava per lui un domani come re e pertanto non venne cresciuto secondo i canoni che avrebbero dovuto formare un futuro regnante.
Non ebbe al suo servizio nobili dame, ma fu invece affidato a una popolana, una certa Agnese Rivelli, madre del piccolo Gennaro, un ragazzo con cui Ferdinando da piccolo  trascorse tutta la sua fanciullezza assimilando dal suo coetaneo non solo la partenopea allegrezza ma anche il dialetto napoletano e il modo popolano di vestirsi.
Da piccolo amava vivere per strada, libero da impegni di educazione a corte, nei vari quartieri della città, vestito come un popolano e circondato da compagni di gioco suoi  coetanei con i quali crebbe parlando il dialetto napoletano. Si sentiva uno del popolo ed il suo amore per le strade, gli usi ed i costumi della gente comune gli rimase dentro anche quando da adulto divenne sovrano al punto che  spesso, appena poteva, continuava a fare vita libera nei vari quartieri dove amava mischiarsi con la gente comune con cui  parlava benissimo il dialetto napoletano.
Egli era per volere reale destinato alla carriera ecclesiastica , ma improvvisamente alla sola età di nove anni, inaspettatamente per lui però le cose cambiarono.
La sua designazione come sovrano di Napoli fu dovuta al fatto che il primogenito, Filippo, affetto da infermità mentale era inabile al trono in quanto soffriva di gravi convulsioni epilettiche.
Il secondogenito Carlo (con il titolo di erede di Spagna ), dovette invece seguire il padre per succedergli sul trono di Spagna.
Il diritto di ereditare quindi il Regno delle due Sicilie passò al terzo maschio Ferdinando.

In attesa dei suoi 16 anni a gestire il regno vi fu  un Cosiglio di reggenza presieduto da Bernardo Tanucci .

A 16 anni egli sposò Maria Carolina d’Austria , sorella di Antonietta , regina di Francia .

Durante il suo lungo periodo in cui regnò su Napoli , egli dovette affrontare tra le altre cose , anche nel 1789 , lo scoppio della Rivoluzione francese ( che portò alla decapitazione della sorella  della moglie ) ed il successivo avvento in città delle truppe francesi , che lo costrinse ad una forzata fuga in Sicilia .

In città venne invece proclamata , ispirata da idee e ugualianza ,la Repubblica Napoletana , una breve parentesi di libertà e progresso che dopo il ritorno dei borbone sul trono ( avvenuto con l’aiuto del cardinale Ruffo ) vide la morte in Piazza del Mercato, di molti patrioti ta cui Mario Pagano, Domenico Cirillo ,Francesco Caracciolo,  Eleonora Pimental Fonseca , ed il giovane Gennaro Serra di Cassano che abitava nel palazzo attualmente sede del celebre istituto italiano per gli sudi filosofici( il suo ingresso principale , in via Egiziaca a Pizzofalcone che guardava sulla reggia e residenza del re ,  fu da quel giorno chiuso dal padre  in segno di protesta e offesa ).

 

 N.B. La Repubblica Napoletana durò soltanto pochi mesi ( circa sei ) perchè guidata da soli  intellettuali e da una borghesia debole e mal organizzata ma sopratutto priva dell’appoggio del popolo.

Con il suo ritorno sul trono del regno , la politica di Ferdinando  ( e dei futuri borbone ) , per paura di perdere il trono , cambiò radicamente e da riformatore illuministico si traformò in persecutore delle idee progressiste .

Ma il  23 gennaio del 1806 Ferdinando , con l’invasione delle truppe francesi guidate da Giuseppe Napoleone , fu costretto  per la seconda volta a scappare a Palermo, dove questa volta vi rimase in esilio per lunghi dieci anni .

Napoleone con un decreto datato 30 marzo 1806  nomino’ quindi il fratello Giuseppe Bonaparte nuovo re del Regno di Napoli.
Questi resto’ solo due anni e mezzo sul trono per poi passare su quello di Spagna.
Il successore fu Gioacchino Murat , cognato dell’Imperatore .

E’ lui il personaggio raffigurato con l’aria divertita ed un pò panciuto nella settima statua .

Di carattere spiccatamente teatrale, entrò in Napoli splendidamente vestito di una sfolgorante uniforme di generale francese.  La sua bellezza, illuminata da un sorriso cordiale accompagnato da un comportamento fiero ma disinvolto gli valse subito la simpatia del popolo che venuti a conoscenza delle sue avventure e della sua meritata rapida carriera, l’applaudi festosamente e con molto calore.
Egli piacque subito ai napoletani che si rispecchiavano anch’essi in quell’estroso personaggio, molto simile a loro.

Durante il suo regno egli attuò molte riforme da un punto di vista sociale ed alcune importanti opere pubbliche come  il colonnato di Piazza Plebiscito ed il vicino slargo per mettere in comunicazione la Piazza con Via Chiaia, che in onore della moglie fece chiamare Largo Carolina.

N.B. Il progetto del colonnato prevedeva un vero e proprio FORO da chiamarsi ” FORO MURAT ” ma questo non potè essere completato e alla fine del  suo regno  era stato solo finito il porticato. Quando Ferdinando IV rientrò a Napoli pensò bene di sfruttare l’opera del suo predecessore e volle che nel centro del portico sorgesse la chiesa che aveva promesso in voto se avesse riavuto il trono. Nacque cosi la chiesa di San Francesco di Paola.

Fece inoltre costruire una  strada che potesse collegare il Museo con Capodimonte che chiamò ” Corso Napoleone ” ( attuale Via Santa Teresa ) e per fare questo dovette creare un ponte per superare il vallone della Sanità.
Iniziò i lavori per la costruzione dell’Osservatorio Astronomico di Capodimonte ( che fu portato a termine poi dai Borbone ) e  dell’Orto Botanico.
Si crearono nuove strade come quella di Foria e Bagnoli e di Posillipo.

Il suo regno ebbe fine quando dopo la sconfitta di Lipsia del 1813, quando Napoleone fu deposto ed arrestato ed il  Congresso di Vienna,  restituì il regno delle due Sicilie  ai Borbone .

Murat ,  costretto a fuggire da Napoli , una volta individuato  fu catturato, processato per direttissima e quindi  fucilato.
Morì con dignità rifiutando la benda sugli occhi e comandando il suo plotone di esecuzione avendo tra le mani i ritratti della moglie e dei figli.

Il congresso di Vienna  reinstallò nel frattempo in tutta Europa le vecchie caste monarchiche riportando  il fratello di Luigi XVI  sul trono di Francia con il nome di Luigi XVIII, il trono di Spagna ai suoi legittimi sovrani e il Regno delle due Sicilie  a Ferdinando.
Il 9 giugno del 1815, Ferdinando torna quindi finalmente e nuovamente a Napoli  ed in conseguenza di un atto decretato l’anno prima che unificava i due regni del mezzogiorno egli dal titolo di Ferdinando IV di Napoli e III di Sicilia , prende il  titolo di Ferdinando I, Re del Regno delle due Sicilie.

Alla morte di Ferdinando , successe sul trono del regno il figlio Francesco che aveva già 47 anni, il quale rimase sovrano del Regno  solo 6 anni durante i quali non lasciò nessun segno di vitalità o energia.

Egli arrivò al trono in età avanzata, non bene in salute ma sopratutto stanco per le responsabilità che si era dovuto assumere durante il difficile periodo delle reggenze cui lo aveva costretto il padre.  Una delle reggenze più difficili e stancanti fu quella in cui dovette reggere  il regno come vicario durante i moti del 1820.

Dopo di lui a salire sul trono del Regno delle due Sicilie fu  Ferdinando II , soprannominato ” re bomba ” a causa di un tremendo bombardamento a cui sottopose la città di Messina per stroncare un movimento rivoluzionario .

Egli  non solo promise e poi concesse la costituzione , ma dovette poi  fronteggiare con la forza una grossa rivolta avvenuta in città  (  gestita secondo alcuni , da un subdolo  vero complotto politico inglese, francese e sabaudo che tramava alle sue spalle) e addirittura subire un attentato che un patriota mazziniano arruolatosi come soldato , riuscì a sferrare riuscendo però  con una baionetta soltanto a ferirlo.

Tra le sue principali colpe durante il suo regno va certatamente  annoverata quella di non aver saputo approfittare dell’occasione avuta di essere lui il trascinatore e la guida della nuova nascente nazione italiana permettendo ai Savoia di cogliere un’occasione unica per conquistare Regno, fama e sopratutto denaro per pagare i propri debiti.

N.B. Prima di morire, il 22 maggio 1859, confessò infatti  di aver rifiutato nel 1832 la corona d’Italia per non vivere con il rimorso di aver fatto un torto agli altri sovrani italiani ed in particolare alla chiesa. Egli era  un fervente e rispettoso cattolico e mai avrebbe fatto un torto alla chiesa (era solito dire “che il Regno era difeso per tre lati dall’acqua di mare e per il quarto dall’acqua santa”).D’altronde in quel periodo , nel regno la  chiesa possedeva  la gran parte dei terreni ed esercitava di conseguenza un potere enorme e incondizionato, basti vedere alcuni suoi decreti dove egli consegnava l’istruzione primaria nelle scuole alla esclusiva direzione del clero.

Fu un re molto amato dal  basso ceto sociale e certamente invece non amato dalla  borghesia  e gli intellettuali che lui disprezzava e dispregiativamente chiamava ” pennaioli “

 

Dopo la sua morte ad ereditare il Regno fu il figlio Francesco II (chiamato comunemente dai napoletani Francischiello) .Egli soprannominato dal padre” lasa”  (da lasagna)  per la sua debolezza  a tavola,  era caratterialmente schivo, apatico, privo di carattere, poco energico ed estremamente religioso (bigotto).

Ma  nonostante i suoi molti lati caratteriali negativi non mancò comunque durante il suo regno di dare un notevole impulso industriale e tecnologico alla città inaugurando la prima ferrovia d’Italia a vapore ( napoli -Portici 1839 ) , lo stabilimento ferroviario di Pietrarsa , ed il monumentale ponte di ferro sul Garigliano.

In città si andarono inoltre sviluppando numerosi  quartieri operai  ed una nuova trasformazione abitativa dei palazzi che portava ad utilizzare i vari piani secondo i diversi gradi sociali : al primo piano le famiglie più ricche e nobili, al secondo ed al terzo piano quelle della media borghesia , ed ai piani alti artigiani e negozianti .

N.B. Il popolo  si doveva invece adattare nei locali che prima erano adibiti a scuderie o magazzini , facendo così nascere  i cosidetti ” bassi ” , tipiche abitazioni napoletane buie e umide che davano e danno tutt’oggi  direttamene sulla strada e per tale motivo spesso codannate  costrette quindi a disastrose condizioni ingieniche:  In tale promiscuità sociale ed abitativa nacque così quella particolare forma di sopravvivenza produttiva denominata ” economia del vicolo “dove uno o due stipendi mensili  bastano ancora oggi , a garantire la sopravvivenza di tanti nuclei abitativi , grazie anche ad una fitta di tanti piccoli scambi commerciali e favori sociali che nascono  dietro pericolosi rapporti clientelari fatti di piccolo contrabbando, usura, e omertà nei confronti del camorrista di turno ( mali che ancora oggi subiamo come pesante eredità ) .

Il  regno di Francesco II , durò appena 18 mesi, travolto dal ciclone garibaldini che approfittò della sua inconsistenza sul trono. Il giovane re aveva infatti un carattere totalmente opposto a quello risoluto e determinato del padre e si trovò ad affrontare una realtà politica allora estremamente critica.

Il diabolico Cavour che accordandosi ufficialmente con Francia ,  Austria ma segretamente con gli inglesi progettava con i soldi della massoneria anti papista inglese e scozzese  (3 milioni di franchi francesi in ‘piastre’ oro turche) non solo una  spedizione di mille soldati da far sbarcare in Sicilia ma addirittura stanziare una cifra enorme da usare poi per corrompere i comandanti dell’esercito Borbonico e finalmente liberarsi del”  fastidioso ” regno Borbonico .

Il risultato fu che appena 1000 uomini  improvvisati e mal addestrati, riuscirono non si sa come ad annientare  ben 14 navi di una delle  piu potenti flotte militari europee, sotto la supervisione e protezione di  di due navi da guerra inglesi che presiedevano e  circolavano nel porto.

La battaglia finale avvenne a Calatafimi  dove il generale borbonico Francesco Landi comandava ben 4000 soldati ed era dotato di una possente artiglieria mentre l’esercito garibaldino era formato da appena 1000 uomini male armati e poco formati alla guerra.
Dopo un’intera giornata di fuoco, quando oramai i garibaldini erano esausti e quasi senza più munizioni, inspiegabilmente il generale Landi, tra lo stupore dei suoi uomini ordinò la ritirata e lasciò la via libera per Palermo.

Il resto della storia è quella scritta sui vostri libri di scuola ma sappiate che non è la verità .

La storia la scrivono i vincitori …..

Ma una cose è certa , con Francesco II , termina comunque il regno delle due sicilie .

E passiamo così all’ultima statua che come vedete ha un’aria trionfante .

Il personaggio è Vittorio Emanuele II , primo re d’Italia.

Con i Savoia che regnarono fino al 1945 , le  strutture economiche e sociali in città ,  rimasero immutate e molti ordinamenti come  il funzionamento della  Giustizia, della scuola, delle poste, la stampa, la corte dei conti, la zecca e tante altre istituzioni passarono sotto la diretta dipendenza di Torino, che avendo il
governo centrale a  Torino, e quindi lontano da Napoli e dai suoi problemi impose le sue leggi  portando  allo smantellamento di molti uffici con il conseguente licenziamento o la messa in riposo degli impiegati che dopo anni di lavoro si videro messi in strada.
Il governo era lontano e non poteva rendersi conto dei veri problemi del popolo e a tutti sembrava di essere tornati ai tempi dei viceré.
Molte delle industrie vennero trasferite al nord e le poche che rimasero furono costrette a chiudere per la concorrenza delle stesse fabbriche settentrionali che potevano contare su una più facile ( maggiore sviluppo della rete viaria ) e vicina importazione di materie prime.
Inoltre molte  terre che appartenevano al clero furono confiscate procurando allo stato centrale un’enorme quantità di capitale ma contemporaneamente un grosso danno  ai contadini che non potendo più contare sui  frutti relativi al raccolto ed ai pagamenti immediati che esso comportava , furono ben presto costretti ad abbandonare la loro terra di lavoro migrando  all’estero.

Quegli anni furono infatti caratterizzati da un grande flusso migratorio dei meridionali all’estero che vide tra le sue pricipali cause anchel’obbligo della ferma di leva militare per 7 anni che sottraeva le braccia dei figli al lavoro della terra ai contadini.

Coloro che invece non migrarono ,diedero luogo ad una vera e propria ribellione armata che fini per rappresentare il  cosidetto fenomeno del brigantaggio poi brutalmente soppresso dal generale Cialdini ,uno degli uomini più cattivi e  violenti  che la nostra storia ricordi .

Con i Savoia insomma c’e sicuramente stato un peggioramento delle condizioni di vita dei contadini e degli operai di tutto il meridione perchè non ci  furono programmi per una crescita uguale dei due territori che ben presto comportò una disuguale distribuzione del benessere e della ricchezza, ma sicuramente il suo avvento  comportò un miglioramento culturale del popolo (l’analfabetismo nel Sud colpiva l’87% della popolazione ) che avvenne grazie alla costruzione di molti asili infantili ,  e un  solo in parte un certo miglioramento delle scarse condizioni igieniche in cui una grande  quantità di poverissimi vivevano e abitavano nella nostra grande capitale.   La  plebe e molta povera gente in epoca borbonica si ammassava infatti in fondaci e bassi quasi tutti sprovvisti di acqua e luce . Le strette strade ed i vicoli , nel loro continuo rivolo di acqua sporca , oltre che contenere l’acqua piovana , spesso conteneva anche i resti dei miseri pasti , la lisciva del bucato ed anche a volte i propri residui organici . Gli effluvi dei bassi erano della peggiore specie ,ed  i rifuiti si accumulavano negli angoli  per giorni e giorni .

Vennero per risolvere questo problema , costruite molte case popolari per i ceti più  bisognosi ma certamente molta gente del popolo finì per non  non cambiare la propria destinazione e situazione economica con l’avvento dei Savoia . Le proprie condizioni di miseria non ebbero alcun alleviamento .

Con l’arrivo dei Piemontesi  insomma si concluse per sempre solo la storia di Napoli come capitale autonoma di un regno dando inizio alla sua vicenda di città meridionale solo inserita  come tante altre nel nuovo Regno d’Italia.

Napoli , con i suoi cinquecentomila abitanti ,nonostante fosse la più popolata d’Italia e la quinta d’Europa ( dopo Londra , Parigi , Vienna e Pietroburgo ),  divenne solo una piccola parte di quell’unità d’Italia tanto propugnata da Mazzini ,Gioberti ed il furbo Cavour, anche se addensava nelle sue visceri ben 61 mila abitanti per chilometro quadrato e vedeva nei suoi” bassi del centro urbano ” dormire anche cinque o sei persone stipate in un’unica camera .

Nulla quindi cambiò con la famosa unità d’Italia e molti continuarono a vivere , privi di impianti igienici e di acqua potabile , nei bui bassi dei loro stretti vicoli , attingendo la loro acqua da pozzi esterni spesso in gran parte infetti e coperti da da montagne di rifiuti.

Risultato finale ?

 Due grandi epidemie di colera ( 1886 e 1837 ) che porteranno 15 mila vittime su 30 mila casi accertati ed un conseguente   cosidetto ” Risanamento “, cioè un vasto programmo urbanistico che aveva l’intento   di sventrare e finalmente mettere fine al degrado abitativo di certe zone della città.

OVVIAMENTE TRA RITARDI E SCANDALI, il programma non riuscì del tutto a rispettare il suo intento iniziale . Venne infatti realizzato un Rettifilo che partendo dalla stazione centrale sventrava tutto l’antico tessuto medioevale della città , sacrificando alcuni storici edifici e parte di antiche chiese , lasciando però , ai due lati della nuova strada , la stessa situazione abitativa, igienica e sociale.

Un vero e proprio paravento che serviva sopratutto a giustificare le ingenti somme stanziate e non tutte utilizzate a tale scopo che vide alla fine solo la costruzione di una nuova grande arteria stradale dove vennero allineati edifici a 5 piani destinati sopratutto alle classi privilegiate e solo un piccolo quartiere chiamato ” il vasto ” destinato invece ad accogliere le varie persone sloggiate che secondo alcune stime pare risalisse a circa 80 mila persone .

Abbandonate a se stesse , questo enorme numero di persone , finì per andare ad occupare nuove case ugualmente fatiscenti ,ritrovandosi comunque più povere di prima perchè private di quella minima fonte di sopravvivenza rappresentata ” dall’economia del vicolo “.

Tutto questo , tra fine ottocento ed inizio novecento fu una delle principali cause che diede luogo alla seconda vera grande emigrazione dei napoletani in cerca di lavoro e sostegno economico  verso l’estero .

N.B. Ad emigrare per le Americhe furono circa novantamila napoletani ,cioè circa un quinto dell’intera città .

Tutto questo, grazie alla spinta di grandi intellettuali come Francesco Saverio Nitti, Giustino Fortunato, Gaetano Salvemini , Pasquale Villari ed il grande Benedetto Croce , portò il governo centrale presieduto da Giolitti a varare una legge per l’industrializzazione ed il rilancio della città che prevedeva anche agevolazioni fiscali e doganali

Nacquero  cosi’, con l’intento di risolvere il dilagante problema della disoccupazione , le ciminiere dell’Italsider a Bagnoli e numerose fabbriche  capannoni industriali nella zona orientale della città .

Il progetto di industrializzazione della città che voleva nelle sue intenzioni porre le condizioni ideali per rendere il territorio competitivo sollecitando le iniziative locali e mettere un argine alla dilagante disoccupazione locale , si rilevò putroppo nel tempo un vero e proprio fallimento . Questo progetto che delegava ai margini del perimetro della città le attività industriali  ha infatti solo portato nell’area di Bagnoli , inquinamento e presenza di  un ecomostro derivante dal grande complesso siderurgico a ciclo continuo denominato Italsider e a Gianturco enormi ed inquinanti impianti di raffineria .

 

 

 

A peggiorare le cose , ci furono ovviamente per lo mezzo anche le due guerre mondiali che non solo portò lutti e deprivazioni ma anche una notevole diminuzione di tutte le attività commerciali con conseguente  altra  miseria .

N.B. Durante il  ventennio fascista ( 1922-1943 ) , paradossalmente , la città si arricchì di nuove opere pubbliche come il palazzo delle Poste , la stazione Marittima e la Mostra d’Oltremare a Fuorigrotta.

Dopo la seconda guerra mondiale , la città , ne esce completante distrutta tra macerie e persone morte. La povertà e la fame venivano ingigantiti dal dolore della morte dei propri cari che avveniva sotto gli assidui bombardamenti che distruggevano case e affetti. Il dolore e la mancanza di tutto ( case ed alimenti ) alimentarono lentamente tra la popolazione un forte sentimento antifascista.

Dopo l’avvenuto sbarco degli alleati in Sicilia avvenne da parte dei tedeschi una intensificazione dei bombardamenti sulla nostra città . Una di queste ( la novantaseiesima dall’inizio della guerra ) in particolare fu quella che più colpì al cuore i napoletani : 400 bombardieri alleati scaricarono purtroppo  il 4 agosto 1943 una valanga di bombe sulla nostra città martoriandola definitivamente nelle vittime dei crolli e nei nostri monumenti e famose e antiche chiese come per esempio quella di Santa  chiara  fu addirittura rasa al suolo . Napoli venne ridotta ad uno scheletro e messa letteralmente in ginocchio.  Il porto fu raso al suolo e i monumenti risultarono gravemente danneggiati.  Persino la Reggia di Caserta e gli scavi di Pompei furono ripetutamente e selvaggiamente colpiti  perdendo preziosissimi  reperti e antichi dipinti.

Ma lo spirito napoletano , lo stesso che secoli prima non aveva permesso all’inquisizione spagnola  di insediare un tribunale, non permise con la stessa forza ulteriore abusi ed imposizioni.

L’intera popolazione , stanca  ed in preda alla miseria insorse a questo punto da sola  contro i tedeschi per ben quattro giorni  ( dal 27 al 30 settembre 1943)  per liberare la città’ e l’intera nazione dalla loro occupazione .

Imbracciarono in questa circostaza il fucile insospettabili professori e intellettuali , ma anche casalinghe , operai e sopratutto giovani scugnizzi . Tutti insieme con un’unici intento : cacciar via fascisti e tedeschi.

Combatterono tutte le fasce sociali della popolazione e con tutti i mezzi a loro disposizione   : armi, mobili , materassi ed anche vasche da bagno che pur di sbarrare la strada ai tedeschi   venivano gettate dai balconi e poste come barriera  .

 

 

La storia successiva alla liberazione vide  un triste periodo  fatto di mercimonio di prostitute , mercato nero e  contrabbando purtroppo fortemente alimentata dalla ingombrante presenza degli “alleati americani ”  .

Ma al male segue sempre il peggio e presto la città si ritrova con un sindaco di nome Lauro che conosceva una solo filosofia : abbattere e ricostruire , perchè l’edilizia da’ lavoro e poco importava se le colline ( Vomero e Posillipo ) ed il verde venivano  saccheggiate da costruttori senza scrupoli .

La speculazione edilizia di quegli anni è ancora oggi purtroppo uno dei grandi scempi che deturpano la nostra città nei suoi quartieri e nei suoi paesaggi .

E’ intile aggiungere che la storia della nostra città vede tra i suoi carnefici come protagonisti assoluti anche la famosa camorra e numerosi politici locali che hanno retto in malo modo negli ultimi decenni le sorti della nostra città .

Napoli , come avete avuto modo di vedere ha cambiato molte volte  aspetto ed ha sempre conservato contrasti forti ma quello che presto scoprirete nella nostra città , camminando per le sue strade è sopratutto un modo diverso dei suoi abitanti di socializzare e di amare diverso da tutti gli altri.

In questa città valori importanti come amore, amicizia e solidarietà, per una strana magica alchimia sono rimasti immutati e felicemente ingabbiati dal pensiero ellenico di Epicuro e delle sue due scuole che egli teneva nella nostra città (a Posillipo ed Ercolano ).

Per secoli indottrinati da tale filosofia di vita , i napoletani , praticando il culto della felicità, hanno dato poca importanza a cose che da altre parti sarebbero vitali e tantissima rilevanza a cose invece per alcuni ritenute superflue .

Questo non è da considerarsi un pregio e nemmeno un difetto ma  solo un modo diverso di vivere e vedere la vita dove ancora certamente conta tantissimo la solidarità e l’amicizia.

La forza del popolo napoletano che gli ha permesso di superare tante avversità per secoli è stata proprio  questa filosofia di vita  dettata da Epicuro , cioè quella di concepire  l’esistenza come tesa alla ricerca del piacere sia del corpo che dello spirito. 

Un diverso  modo di intendere la vita che oggi  chiamiamo  napoletanità ma un tempo era solo e semplice epicurismo.

Un semplice modo di stare al mondo in maniera diversa dagli altri . Un diverso modo di raccontare , ricordare , amare , conversare , sorridere e chiacchierare .

Il  carattere dei napoletani non a caso è riconosciuto in tutto il mondo come amichevole ed ospitale. Non importa da quale posto del mondo si provenga , il napoletano  ti stringe subito la mano , ti sorridere e ti fa sentire subito a tuo agio .

Napoli , come spero avrete capito alla fine di questo racconto è una straordinaria città stratificata, unica nel suo genere, dove il passato è sempre presente.

Se un giorno magari deciderete di visitarla vi avventurete in un viaggio nel tempo alla scoperta non solo di persone diverse ma di edifici secolari facendo un vero e proprio tuffo nella storia.

Scoprirete luoghi dalla bellezza e ricchezza architettonica unica al mondo dove il popolo vive con naturale disinvoltura in luoghi precedentemente vissuti da antichi cavalieri, re e regine . Le sue chiese , i suoi monumenti ed i suoi palazzi sono vere opere d’arte ed i suoi vicoli stretti e misteriosi rappresentano il posto dove potrete incontrare la cultura di un antico popolo, con la sua  lingua ( riconosciuta non solo come  lingua ufficiale dall’UNESCO, ma anche come seconda lingua ufficiale in Italia)  la sua  musica famosa in tutto il mondo, la sua  storia, le sue opere d’arte, ed  infine anche assaporare il gusto  del suo  cibo con i suoi odori ed i suoi  colori.

E’ l’occasione per abbinare storia, arte e cultura alla conoscenza  del popolo napoletano più genuino e provare a carpire  la NAPOLETANITA’ che capirete rappresenta una vera diversa filosofia di vita.

 Scoprirete passeggiando in questi luoghi che  l’attuale centro antico della città ha conservato lo stesso impianto viario della vecchia Neapolis greco-romana poichè  le frane , i vari terremoti, le alluvioni e le varia eruzioni hanno con il tempo coperto il vecchio tracciato stradale greco-romano che oggi perfettamente conservato ,si trova solo tre metri più in basso rispetto all’attuale livello stradale .  Se solo infatti per qualche motivo  scaviamo per qualche metro al di sotto di questo attuale manto stradale , scopriremo in perfetta corrispondenza , le larghe lastre di pietra che caratterizzavano le strade romane. L’antico calpestio si trova quindi esattamente sotto il moderno tracciato viario , sorto proprio in corrispondenza con quello antico.

Questa  perfetta corrispondenza dei luoghi tra l’antica strada e quella nuova la riscontreremo anche percorrendo i caratteristici vicoli del nostro percorso . Vedremo infatti che questi  stretti vicoli con i loro panni stesi e animati dai famosi “bassi “non sono altro che gli antichi cardini che intersecavano  i vecchi decumani .

La cosa interessante è che non si tratta solo di una sovrapposizione di strade poichè troviamo  anche una perfetta corrispondenza della funzione dei luoghi  .Dove in passato si trovava infatti l’area del mercato si è oggi riproposta nello stesso luogo con uguale funzione un’area commerciale  e dove  nell’antichità c’era un tempio è sorta prima una Basilica Paleocristiana e poi con il tempo una chiesa. Dove prima vi era un palazzo o un monumento ora ne sorge un’altro costruito spesso con le stesse pietre e mura in quanto era comune abitudine  in passato  riutilizzare i materiali di spoglio che si trovavano sul luogo per costruire le nuove opere .Sono così giunti a noi edifici, chiese o campanili molto originali che conservano incastonati nella loro mura colonne greche o marmi romani con antiche iscrizioni.

Napoli come vedete è una città paragonabile ad un bel fiore che ha un profumo più intenso degli altri, ma ha anche molte spine. Bisogna solo saperlo maneggiare. 

Napoli , se la conoscete bene , presto scoprirete che non è solo una città, ma una piccola civiltà che portata in un’altra parte del mondo resterebbe uguale. È un posto che ha mantenuto intatte le sue tradizioni, che riconosce ancora il valore della famiglia, dell’importanza delle relazioni, del parlare. La lingua napoletana è un modo per riconoscersi, per proteggersi, per dire Noi siamo qui”.

ARTICOLO DI ANTONIO CIVETTA

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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