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In alcuni antichi documenti , risulta che in epoca medievale era presente nella nostra città una lunga , ripida, stradina di campagna che collegava le terre di lavoro di un casale appartenente alla famiglia« Secundilla » all’antica Piazza Mercato .
Il cammino lungo l’aspra tortuosa salita era piuttosto lungo e le persone ma sopratutto gli animali dovevano percorrere un faticoso tratto di campagna che sopratutto sulla via del ritorno risultava veramente stancante . Purtroppo questo tratto di strada che da un colle scendeva in città era la sola possibile via d’uscita/entrata per chi come i vari contadini avevano necessità di recarsi nella capitale ed il luogo per questo motivo era indicato come “caput … de clivo dal quale ebbe poi origine le denominazione Capodichino.
Fu questo quindi il vero motivo per il quale nel 1812 re Gioacchino Murat, al fine di rendere più facile il raccordo della città con le strade di Caserta ed Aversa, sulla via di Roma, ordinò di costruire una strada che da Via Foria arrivasse alla sommità del colle di Poggioreale. La strada, ampia e con larghi tornanti, fu chiamata Via del Campo perchè terminava al Campo di Marte (oggi aeroporto) il quale era adibito all’esercitazioni militari.
A questo punto per coloro che avevano necessita di superare l’aspra salita che cominciava da Piazza Ottocalli per raggiungere la sommità della collina fino al suo punto più alto, per poi discendere nuovamente verso l’area pianeggiante dove oggi sorgel’Aereoporto Intenazionele di Napoli, vi erano due possibilità .
O percorrere la nuova strada strada di Capodimonte da poco costruita, oppure la vecchia faticosa strada« Caput de clivi »
Scegliere la strada« Caput de clivi » significava superare l’aspra salita che cominciava da Piazza Ottocalli, ma percorrere la nuova strada , seppur meno ripida , significava fare sicuramente un tratto di strada molto più lungo che sboccava tra l’altro alla fine di Secondigliano, quindi non conveniente per coloro che dalla città dovevano raggiungere i casali ed i villaggi della zona casertana.
CURIOSITA’:Una breve parentesi per spiegare il nome di Secondigliano. Per alcuni la denominazione deriva dal fatto che la località era al « secondo miglio» della Via Atellana, per altri il nome è derivato dalla famiglia « Secundilla »
alla quale il casale apparteneva. Un’altra spiegazione, veramente poco corretta e che qui viene citata a puro titolo aneddotico, era fornita dagli abitanti del luogo quando si chiedeva loro il perchè del nome: « Perchè», rispondevano, « qui abbiamo quel che abbisogna secondo gli ani ».
Ovviamente molti continuarono a a preferire l’antica via piu breve anche se più difficile, tanto più che si poteva contare sull’aiuto dei « bilancini» che si trovavano sul posto.
Ai piedi della salita, infatti, c’era, come nelle stazioni di posta, un servizio di cavalli (ed anche di buoi, nel caso che si doveva trainare un carro pesante) uno o due dei quali, secondo il bisogno, venivano attaccati con tirelle davanti al veicolo che era trainato fino al termine della salita.
La sede principale di questa stazione di ” posta ” era Piazza Ottocalli era dunque la sede di questa « stazione di posta » e cpsa che no tutti sanno , essa diede origine al nome stesso della piazza , della quale, si hanno due versioni diverse.
La prima afferma che, siccome nella piazza c’erano sempre 8 cavalli di « posta » questi, per corruzione di parola, divennero « 8 calli»; a sostegno di questa tesi si fa presente che i carrettieri la parola – cavallo – la pronunciavano « caallo ».
Per la seconda versione, la più attendibile, bisogna premettere che nell’epoca borbonica tra le monete come i ducati, le piastre, i carlini, i tornesi e le grana, c’erano anche delle monetine chiamate « cavalli » perchè sopra una faccia di queste c’era, appunto, inciso un cavallo.
In una certa epoca e per un certo spazio di tempo la tariffa per il servizio di tràino, lunga la salita, era di 8 cavalli, quindi, siccome queste monetine erano comunemente chiamate « calli», il luogo del « servizio di posta » divenne la piazza degli « Otto calli ».
N.B. A tale proposito bisogna dire che fino ai primi decenni di questo secolo si trovava, nelle strade popolari della città, un uomo oppure una donna che, seduti ad un banchetto, davano, per un piccolo aggio, spiccioli in cambio di monete di maggior valore.Era una tipica figura napoletana chiamata « cagnacavallo »
Ma a tutto questo mancava ancora qualcosa ….
La salita era piuttosto lungo e gli animali avevano bisogno di un punto di ristoro a metà strada, in modo da bere e riposarsi….mancava un abbeveratoio ..
A questo ci pensò, nel 1943, con una donazione spontanea la Duchessa Elena D’Aosta, discendente della nobilissima famiglia dei regnanti francesi D’Orleans.
Amatissima dai napoletani,la duchessa ricambiava l’affetto della popolazione finanziando la costruzione di opere pubbliche, fra cui proprio questa fontana ed altre, come quella più famosa di Capodimonte,
Ancora oggi residenti più anziani di Secondigliano e Capodichino ricordano i propri nonni che portavano gli animali ad abbeverarsi alla fontana, prima di scendere al mercato a vendere i prodotti della terra.
Poi finì la guerra, arrivò il benessere, i palazzi, l’urbanizzazione: le campagne diventarono cemento e gli animali nelle stalle furono sostituiti dalle autovetture nelle autorimesse, che cominciarono ad essere sempre più diffuse tra i cittadini di Napoli, una tendenza che tutt’ora è in crescita e che, chiaramente, ha sottratto sempre più spazio alle aree rurali entro i confini cittadini.
E la fontana, dopo gli anni ’80, fu definitivamente lasciata fra le erbacce e la spazzatura. Oggi il muro sul quale è posizionata è in pessime condizioni e rischia di trasformarsi nella lapide di una piccola parentesi della storia umile di Napoli.

