pure li pisce nce fann’ a l’ammore,
se revotano l’onne de lu mare,
pe la priezza cagneno culore
quanno sponta la luna a Marechiare.
pe’ la passione mia nce tuzzulea,
nu carofano adora int’a na testa,
passa l’acqua pe sotto e murmuléa,
A Marechiare nce sta na fenesta
A Marechiare, a Marechiare,
nce sta na fenesta.
nun sape l’uocchie ca tu tiene nfronte.
Sti doje stelle li saccio io sulamente.
dint’a lu core ne tengo li ponte.
Chi dice ca li stelle so lucente?
quanno maie tanto tiempo aggio aspettato?
P’accompagnà li suone cu la voce
stasera na chitarra aggio portato.
Scetate, Carulì, ca l’aria è doce.
O scetate, o scetate,
scetate, Carulì, ca l’aria è doce.
La canzone “A Marechiaro ” scritta da Salvatore di Giacomo e musicata da Francesco Paolo Tostil ,nasconde però un piccolo segreto che non molti conoscono.
Dovete infatti sapere che nonostante la canzone in quel periodo diede molta fama ed onore a Salvatore Di Giacomo, egli nonostane tutto non amò mai questa canzone che gli diede più successo di tante sue opere teatrali, raccolte liriche e versi di maggiore spessore.
Si racconta a proposito di questo brano infatti che Salvatore Di Giacomo durante una gita fatta con alcuni amici all’Aquarium in città , decise poi di fare un giro nel golfo a bordo di un vaporetto della Stazione Zoologica. Giunti a Marechiaro si ritrovarono tutti in un’osteria situata non lontana dalla celebre “fenestrella”, dove egli pare abbia composto la canzone dopo aver osservato il panorama. In realtà, come sostengono in molti, il compositore scrisse quegli splendidi versi mentre beveva un caffè seduto a un tavolino del prestigioso Gambrinus.
Le cronache narrano che Salvatore Di Giacomo di quei versi , non volesse farne affatto una canzone e che Tosti , per convincerlo a far musicare il testo offrì scherzosamente all’amico il compenso di una sterlina d’oro. I versi vennero così poi musicati da Salvatore Tosti dando luogo alla canzone “Marechiaro ” e la sua melodia diventò presto una delle più popolari dell’epoca divenendo un classico del repertorio napoletano.
Il maestro Tosti aveva ragione perchè il successo della canzone fu enorme dando grande fama oltre che allo stesso poeta Di Giacomo anche ad uno dei posti più belli di Napoli che di conseguenza nel corso degli anni accorsero come turisti da tutto il mondo per visitare quel luogo e la sua finestra.
Al poeta, autore di tante opere ben più impegnate, queste righe ispirate da un luogo mai visto e dedicate ad una normale, banale vicenda d’amore pure inventata apparivano comunque troppo scontate e melense, e mai amò veramente questo brano , tanto che considerando questi versi nulla di più di un’esercitazione letteraria preferì non inserirla neanche nelle varie raccolte da lui stesse curate. Egli in un certo senso rinnegò la sua creatura: criticò qualche suo verso e la escluse definitivamente dalla raccolta di poesie destinata a contenerla.
Ma la canzone ebbe sempre la meglio sul poeta. Fino alla fine. Tanto che lo accompagnò finanche durante il suo funerale (1934): fu infatti suonata da una banda musicale che si unì al corteo funebre.
Ancora oggi per ricordare il luogo che, nella leggenda o nella realtà, ispirò il poeta napoletano, vi è sotto la “fenestrella” di Marechiaro una targa commemorativa a forma di pergamena con il pentagramma della canzone. A rendere ancora più suggestivo il luogo, alcuni garofani rossi riempiono il davanzale per dare vita a una delle storie d’amore più emozionanti della canzone napoletana.
Ma ricordadatevi anche che qui potete affittare sul posto una barca che vi condurra’ lungo un vicino tratto di costa frastagliato
Secondo la leggenda popolare la casa e’ abitata da spiriti e fantasmi antichi . Ne sono testimoni i vecchi pescatori e marinai di Marechiaro , secondo cui di notte attorno alla villa e’ solito ascoltare un dolce lamento proveniente da una figura luminosa che suona la cetra . Accostandosi infatti all’antico rudere , i marinai giurano di aver sentito invocare poesie da questa figura e che l’ abbiano riportate in versi latini pur ignorando la lingua e i poemi . ( VIRGILIO ? )
Il poeta Virgilio pare infatti avesse proprio in questo luogo , durante il medioevo , un edificioche era sede della famosa ” scuola di Virgilio “dove egli praticava ma sopratutto insegnava ai suoi adepti come praticare le arti magiche.
Da allora , questo edificio semi-sommerso dall’aspetto spettrale è sempre stato ritenuto dai napoletani un punta di costa, impregnato da energie occulte, e spesso scelto come luogo di forze per studi esoterici, a causa delle porzioni e filtri versati dal mago Virgilio in quelle acque per lungo tempo.
CURIOSITA’: Qualche tempo fa proprio nei ruderi del palazzo, un gruppo di falsari avevano impiantato una zecca clandestina per coniare monete false in oro e argento. Per nascondere il loro operato illegale e notturno, questi avevano escogitato un piano per far sì che la villa fosse infestata: avevano predisposto alcuni teli bianchi alle finestre, illuminati da torce bianche dal retro per simulare i bagliori e le evanescenze, sprigionando dei fumi per dare l’illusione spettralee allonatanare i curiosi , pescatori compresi.