Il classico  borgo di Napoli era un tempo  soprannominato ” bùvero” ed i suoi abitanti  in genere non erano di bassa plebe ma neanche appartenente alla classe nobiliare . Essi ,per la maggior parte appartenevano alla classe medio borghese .  Il termine «borghesia» e «borghese», deriva infatti dal sostantivo primitivo «borgo», che, generato a sua volta dal germanico Burg, esprime, con riferimento all’età medievale, un agglomerato abitativo ubicato tra le mura più antiche della città e quelle di nuova realizzazione ovvero un centro rurale fortificato, dotato d’autonomia giuridica.

Un tempo la popolazione della nostra città si divideva in nobiltà e  popolo . Tra i due ceti c’erano i mediani con i quali si raffiguravano i militari, i cavalieri e alcuni  nobili di recente data (che l’antica casta rifiutava di considerare alla pari ) . La nobiltà si ripartiva in rioni chiamate “platee”e “piazze” ed i suoi componenti si riunivano in appositi edifici chiamati prima ” tocchi “, poi “seggi “ed infine “sedili” .

Successivamente ( XIV secolo  ), il popolo si divise in popolo grasso ed artigiani contribuendo con tale divisione alla scomparsa dei mediani i quali furono assorbiti dal popolo grasso che era costituito da : notai, giudici, medici ,mercanti, appaltatori ,imprenditori ed altri professionisti . In poche parole quella che poi venne identificata come ” la borghesia “. Gli artigiani si raggrupparono man mano , per arti e mestieri in corporazioni creando nella città quelle zone che dalla loro attività presero il nome e che , ancora oggi , molte strade conservano.

Il borgo Loreto che anticamente era una zona ricca di mulini e poco abitata ,  prende il nome dalla chiesa di Santa Maria di Loreto , edificata probabilmente nel 1565 ed ubicata tra la Porta e l’antico Castello del Carmine da un lato e il ponte della Maddalena dall’altro .A Nord confinava col borgo di San Antonio . Entrambi erano detti solamente ” o buvero “come accade ancora oggi.

Nel  XVII secolo nell’intero borgo era alquanto fiorente l’arte della ceramica grazie ad Antonio Giustiniano , trasferitosi intorno alla metà del Seicento, appena diciassettenne a San Lorenzello, nell’alta Valle Telesina, per intraprendervi l’attività di ceramista, che lo rese famoso. Suo discendente fu Nicola, che riportò quell’attività nella capitale nel 1752, trasferendosi nuovamente nelle stesso rione, in via Marinella.

La chiesa del Loreto aveva un’importante funzione sociale , in quanto ad essa fu aggiunto una struttura dedicata alla cura di  fanciulli d’ambo i sessi abbandonati o poveri che   divenne all’epoca  molto conosciuto in citta’ perche questi piccoli orfanelli  erano spesso visti i in giro per la città ,  con la loro piccola divisa  a chiedere l’elemosina per strada  .La divisa era costituita da una sottana lunga e bianca sormontato dalla ” bizarra’ ( un pesante  soprabito con mantellina) e un particolare cappello a falda larga. Il ricavato della questua fatta da questi piccoli ragazzi era la sola principale fonte di reddito dell’orfanotrofio ( la speranza era qualche lascito di nobili aristocratici ).
Gli orfanelli erano perfettamente organizzati ed i loro compiti ben divisi : Le cosiddette ” paranze ” erano quei gruppi di circa 15-20 bambini che vestiti da angeli ( gli angiulilli ) avevano il compito di  seguire le processioni , vegliare i defunti o assistere i malati .I  ” cercatori de fuora ” erano quelli che dovevano girare per le strade e questuare , mentre i “cercatori de chiesa ” erano quelli che dovevano andare nei  i luoghi di culto per elemosinare .  A tutti i bambini piu’ piccoli era garantita dai padri Somaschi un’ istruzione in scienze , grammatica e religione , mentre ai ragazzi piu’ grandi veniva insegnato un mestiere assegnandoli per l’apprendistato di minimo sei anni ad un artigiano della città’.

La struttura venne poi trasformata nel 1633 , in un importante conservatorio musicale famoso in tutto il Regno , che vide tra allievi e maestri passare tra le sue stanze personaggi come : Domenico Cimarosa, Alessandro Scarlatti, Giovanni Battista Pergolesi, Francesco Durante , Francesco Provenzale , Nicola Porpora , Giovanni Fischietti , Francesco Mancini e tanti altri.

Grazie ai suoi famosi maestri , fu a lungo considerato il miglior posto dove imparare l’arte della musica e incomincio’ ed essere frequentato non piu’ da soli orfani ma anche da giovani allievi che pagavano una retta . Arrivo’ ad ospitare ben 150 allievi all’anno ed i loro concerti sacri attiravano in massa un numero sempre maggiore di ascoltatori.  Tutto questo fino a quando non salì al trono re nasone . Il buon Ferdinando non era così sensibile al buon canto come il padre e la sua intolleranza alla musica e alle questioni artistiche trasformera’ il conservatorio in un ospedale militare  che con il tempo , una volta ampliato dal suo successore diverrà uno dei centri di riferimento per le vittime delle numerose epidemie che sconvolsero la città’ in quei tristi anni  ( nel 1817 San Pietro a Maiella divenne l’unica scuola musicale  della città ) .
L’Ospedale di Santa Maria del Loreto  , che prendeva il nome  dalla vicina chiesa intitolata alla Madonna del Loreto ,nonostante  si trovava  fuori dalle mura della città   divenne presto un importante punto di riferimento per tutti gli ammalati in città. Esso era diviso in due piani ed aveva  nel suo interno un importante reparto chirurgico gestito per un tempo dal grande professore Francesco Petrunti che ebbe tra i suoi pazienti  re Gioacchino Murat , operato di ernia inguinale e re Francesco II.
L’ Ospedale possedeva anche un magnifico Museo di Anatomia che attirava dall’estero un gran numero di medici e curiosi . Esso venne gestito da un altro grande medico di quei tempi , il professore Pietro Ramaglia.
L’ Ospedale Santa Maria del Loreto venne completamente distrutto dai bombardamenti della seconda guerra mondiale . Sullo stesso luogo verra costruito poi l’attuale Ospedale del Loreto Mare .

Il borgo Loreto , che troviamo esteso di fronte all’area del porto , nello spazio compreso fra il corso Garibaldi e il nuovo ospedale di Santa Maria di Loreto, non era un  tempo  quello che vediamo  oggi  ma una  cosa completamente  diversa fino a  prima della seconda guerra mondiale: Il suo aspetto mutò dopo il Risanamento e sopratutto dopo i bombardamenti del 1942 della seconda guerra mondiale durante i quali venne completamente sventrato grazie anche all’esplosione della nave militare Muzio Attendolo ( centrata da una bomba )  e a quella della nave Caterina Costa ( la sua esplosione creò un boato enorme e danni irreparabili  che rasero al suolo l’intero quartiere).

A  rimanere distrutti furono anche la chiesa di Santa Maria di Loreto, fondata nel 1565 e  il contiguo ospedale, fondato nel 1834, che aveva sede nel conservatorio annesso alla chiesa nonchè  la chiesa di Santa Maria di Portosalvo che più volte successivamente poi scampò alla  demolizione.  La ricostruzione del quartiere, ospedale compreso, è avvenuta, in maniera assolutamente anonima, dopo la metà del secolo scorso . Di questa ricostruzione infatti l’unico edificio che puo forse  può meritare  per la sua originalità qualche attenzione è soltanto il “Palazzo della Fontana”, realizzato fra il 1967 e il 1972 da Enrica Scaramella .

 Durante il regno di Carlo di Borbone   l’area fu sistemata con la costruzione di un ponte che congiungeva le attuali via Marina con via Cristoforo Colombo, fino a giungere al palazzo  dell’ ‘Immacolatella che si trovava  dall’altra parte del bacino.  Dopo il risanamento ed i bombardamenti che seguirono alla  seconda guerra mondiale l’intera area con la colmata del porticciolo , subì una definitiva  modifica  e la definizione di un nuovo assetto urbanistico che portò  alla totale  eliminazione del largo del Mandracchio.
Questo era compreso tra le vie C. Colombo , via De Gasperi e via De Petris ed  a pochi passi da Castel Nuovo e per lungo tempo era il luogo del quartiere dove abitavano  i  marinai  . ll suo strano nome derivava dallo spagnolo mandrache che significava porticciolo . Esso infatti ospitava un piccolo molo d’acqua detto ” molo piccolo ” , un edificio doganale  ed alcuni magazzini per le merci . Essa era raggiungibile dalla strada di mare chiamata allora del “Piliero “in omaggio ad un ‘immagine della Madonna dipinta dai marinai sulla porta che dal villaggio dei marinai dava verso il mare ( Porta Calce ) .
Questo piccolo porto era nato da una riconversione di questo lato del vecchio  porto al solo scopo di creare un luogo più confortevole e sicuro per stoccare le merci , registrarle , tenerle lontane dal pubblico  e da potenziali furti  e sopratutto sottoporle ai dovuti controlli doganali .Era insomma un sistema migliorativo di controllo  dei traffici marittimi privati . L’accesso al porto del Mandracchio era garantito da un ponte che fu costruito sulle scogliere . Lo scopo era quello di controllare sopratutto le grandi imbarcazioni . Queste dovevano prima  scaricare le merci sul molo grande e poi trasportarle con più piccole barche nel porticciolo del mandracchio , passando al di sotto del ponte dal quale potevano  così essere controllate  dalle forze dell’ordine . Le merci , una volta scaricate venivano poi depositate nei magazzini , protetti e recintati da cancelli per proteggerli da irruzioni o saccheggi .
Il  largo e la zona circostante divenne  comunque  nel tempo una zona mal frequentata e abbastanza lurida.

Oggi dell’antico borgo di Loreto è rimasto solo il nome ad una via e ad una piazzetta antistante l’ospedale , chiamata Orticello a Loreto , forse da un antico orto . La vecchia srada di borgo di Loreto si chiame invece oggi Via Vespucci.

 

 

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