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Molti degli alberi della nosta città hanno  superato il secolo di vita e possono essere quindi considerati veri e propri elementi del patrimonio storico urbano. Essi hanno  assistito come muti testimoni di un passato al susseguirsi di dominazioni, invasioni, guerre, calamità naturali, trasformazioni sociali, emergenze naturali e crescita edilizia, diventando punti di riferimento non soltanto botanici ma culturali.

Fino a qualche decennio fa il record di altezza apparteneva al platano che si trovava al Chiostro del Platano (adiacente la Chiesa di San Severino e Sossio ma oggi facente parte del complesso dell’Archivio di Stato) che superava in altezza la cupola della Chiesa e si vedeva entrando nel porto di Napoli. Anzi per i marinai di ritorno dalle traversate oceaniche il platano di Sanseverino era il segno stesso del ritorno a Napoli. La leggenda vuole che sia stato lo stesso San Benedetto da Norcia nel V secolo a piantare il platano, al quale sono state attribuite negli anni proprietà curative e magiche.
L’albero fu abbattuto negli anni ’50 in quanto assediato dalle termiti, che in un luogo dove venivano custoditi libri come l’Archivio di Stato rappresentavano un terribile nemico. L’attuale platano è il figlio dello storico platano, rinato dalla sua stessa radice.

 

La palma di albero più vecchio di Napoli va invece  oggi assegnata al Canforo della Regina, un albero  di origine asiatica che fu introdotto nella città partenopea in epoca borbonica ed oggi  custodito nel Parco di Capodimonte ( nel casamento di Torre )che ha un’età stimata di circa di  220 anni. Esso è alto circa 20 m, con un tronco notevole (circonferenza di 730 cm).

CURIOSITA’: Le tradizioni di corte raccontano che la regina si bagnasse nella  bella fontana ovale sottostante, tra petali di rosa provenienti dai giardini borbonici. Accanto all’albero, secondo la memoria gastronomica, fu preparata la prima pizza Margherita.

Intorno a esso, nel parco, si trovano altri esemplari di grande longevità, tra cui la Magnolia della Fagianeria (Magnolia grandiflora) che incerna  la storica introduzione in Europa delle magnolie americane e rappresenta uno  tra i più antichi e meglio conservati alberi del parco, ed  una monumentale Roverella (Quercus pubescens) entrambe bicentenarie.

Sempre a Capodimonte è presente un imponente Eucalyptus robusta  con circa 30 metri di altezza e un diametro di fusto notevole.

Completano l’insieme due particolari  specie di particolare interesse, ed entrambe presenti nel cosidetto ” Giardino dei Principi “, come la Melaleuca styphelioides, dalla corteccia desquamante  e un tasso secolare (Taxus baccata) con un’altezza di circa 10 m e un tronco con una circonferenza di circa 250 cm. che possiede  un portamento molto scenografico, con radici affioranti e un aspetto decisamente misterioso.

 

 

 

 

 

 

 

N.B.Il tasso è una delle specie europee più antiche come lignaggio botanico. Alcuni composti del suo fogliame sono utilizzati in farmacologia.

L’albero più vecchio della regione Campania è invece il cosiddetto  “Ulivo dei Crociati,” che si trova  a Cicciano, con un’età stimata di circa 1600 anni. Si racconta infatti che in quelle zone fossero passati proprio i protagonisti delle crociate, di ritorno dalla terra santa, e che in loro onore gli agricoltori locali avessero poi piantato i semi degli olivi sacri del Getsemani.

L’albero più alto di Napoli, e di tutta la provincia di Napoli, si trova invece nell’Orto Botanico di Via Foria. Si tratta di un Pino delle Canarie di circa 35 metri( Pinus canariensis) con un’età stimata di oltre 150 anni, che si trova nell’Orto Botanico di Via Foria.Questo  esemplare rappresenta una forma diversa di monumentalità: non fondata sull’antichità estrema, ma sulla straordinaria vitalità e sul vigore della specie.

N.B.Nell’Arboreto dell’Orto Botanico dell’Università Federico II , si possono ammirare  alberi davvero interessanti dal punto di vista botanico: ad esempio il Ginkgo biloba, la Melaleuca (ancora), il Pino di Bunya (Araucaria bidwillii), il bagolaro (Celtis australis), e altri interessanti interessanti esemplari di piante come le palme che hanno circa 100 anni e rappresentano una buona occasione per una passeggiata  scientifica o meditativa dove contemplare biodiversità, forma, età e struttura di tante specie arborree presenti.

Ma oltre agli alberi secolari dei parchi cittadini,  la nostra città conserva  memorie arboree anche in luoghi oggi profondamente trasformati i cui antichi alberi monumentali, sopravvivono in spazi “di città”, spesso racchiusi in chiostri o cortili interni e quindi meno visibili. Ne rappresentano  un classico esempio il  celebre  leccio di 24 metri (Quercus ilex) e un canforo di 22 metri , entrambi conservati nel chiostro di Sant’Andrea delle Dame, oggi sede dell’Università Vanvitelli.

Due esempi notevoli di monumentalità urbana, non molto lontani dal famoso chiostro dell’Ospedale degli Incurabili, dove da secoli cresce un altro canforo di 25 metri, in uno degli spazi più suggestivi e appartati del centro storico. A questi si aggiungono altri esemplari diffusi in punti diversi della città: un canforo in piazza Cavour, un altro nel Parco Mascagna al Vomero, e un ulteriore esemplare in piazza Mercadante, integrato in un contesto urbano particolarmente denso.

CURIOSITA’: A piazza Cavour esiste  un albero particolare denominato  Podocarpo che sembra caduto e apparentemete morto ma invece è vivo , ancora verde, ed ha ancora le radici in funzione. Solo che crese in orizzontale Esso somiglia  a questa nostra città che pur battuta dalle tempeste della storia non muore, e che qualcuno pensa che stia sdraiata per congenita pigrizia mentale ma conserva  la sua antica nobiltà

Altri alberi assumono un valore affettivo oltre che documentario. Ne è esempio la fitolacca ottocentesca di piazza degli Artisti, oggi in condizioni compromesse ma significativa per la memoria del quartiere.

In contesti diversi, come il giardino storico di Villa Pignatelli, emergono due grandi araucarie, mentre nel Cimitero degli Inglesi a Miano si trovano un platano occidentale e un liriodendro nordamericano, noto come “albero dei tulipani”, specie un tempo impiegata dai nativi per la costruzione di canoe grazie alla qualità del legno.

Un interessante platano orientale (Platanus orientalis  ) alto 18 metri con un fusto di 428 cm lo si trova anche custodito nelle nostra  Villa Comunale,  adiacente alla “Fontana dei leoni”, vicino al confine con la strada.

La città  custodisce anche visioni inattese, come la grande magnolia che si osserva dal terrazzo del Museo Nitsch affacciato sulla valle del Cavone di Piazza Dante , testimonianza di come la vegetazione urbana riesca talvolta a imporsi anche in zone densamente antropizzate trasformando il tutto in arredi “urbani”.

N.B.Il Nitsch occupa l’edificio che era la Stazione Bellini, produceva corrente elettrica per il teatro sottostante.

Considerati nel loro insieme, gli alberi monumentali di Napoli , come vedete non costituiscono quindi solo dei semplici elementi decorativi o testimonianze botaniche: essi sono indicatori dell’evoluzione del paesaggio urbano e costituiscono  una componente rilevante della nostra storia cittadina.

Una storia talvolta caratterizata anche da brutte ferite come quella che da anni caratterizza il luogo della nostra città dove  fin dai tempi degli antichi romani è stata il luogo di delizie ed ozio con ville spettacolari lungo la costa. Quella Posillipo che è stato per lungo tempo il salotto verde della città dove insieme a pescatori e contadini. ambivano dimorare professionisti ed imprenditori .

Chi come me ha ricordo di quella  Posillipo decantata da artisti e poeti , degli splendidi viali alberati e della vegetazione che cresceva lussureggiante ma ben curata sente forte il dolore di questa sua ferita . Le aiuole ben curate ,i giardini tenuti in maniera impeccabile , gli altissimi pini marittimi che facevano ombra e, allo stesso tempo davano un tocco di ‘ magica ‘ unicità’ al quartiere hanno purtroppo negli  ultimi decenni , lasciato il posto ai ceppi dei alberi abbattuti e alla giungla urbana che cresce indisturbata e arriva ad invadere i marciapiedi .

Affranti abbiamo assistito al taglio di  tutti quegli alberi .. e alla ovvia trasformazione della strada più bella della città  in uno scenario di distruzione post- bellica,: una strada totalmente sconnessa ed irregolare con tutti gli alberi tagliati e radici a vista.

Alberi che ad oggi non sono mai più stati sostituiti …così come gli alberi della Floridiana al Vomero..abbattuti  per cattiva manutenzione nel tempo …

Si … porpio così … la Floridiana  per cattiva manutenzione è stata costretta ad abbattere  molti secolari e antichi preziosi alberi perche diventati pericolanti …
Il bellissimo parco è oramai transennato da anni in trepidante attesa di nuove elezioni che a chiacchiere per soli pochi voti promettono di resituire ai residenti il loro punto verde.
E poi ci lamentiamo in estate dell’eccesivo  caldo che ci attanaglia in città .
E’ ovvio che se continuiamo ad abbattere i nostri alberi come abbiamo fatto in  questi ultimi anni, nella nostra città  farà  sempre più caldo .

L’assenza di alberi espone infatti le superfici cittadine, come asfalto e cemento, all’irraggiamento solare diretto. Queste superfici assorbono e trattengono il calore, rilasciandolo poi gradualmente nell’ambiente circostante, mentre al contrario gli alberi  raffreddano l’ambiente attraverso la traspirazione, un processo in cui l’acqua assorbita dalle radici viene evaporata dalle foglie, assorbendo calore dall’aria circostante. Senza alberi, questo effetto rinfrescante viene a mancarein qunto essi  assorbono anidride carbonica, un importante gas serra, contribuendo a mitigare il cambiamento climatico e quindi il riscaldamento globale. 

L’assenza di alberi in città rappresenta quindi non solo una fonte di riscaldamento cittadino , ma una grave perdita di identità urbana fatta di durata, memoria e resilienza.
Proteggere il nostro verde ed i i nostri storici alberi , significa conservare una parte essenziale della storia naturale e umana di Napoli.
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