Giuseppe Sammartino , famoso per essere stato l’autore del noto Cristo Velato della Cappella Sansevero , fu uno scultore vissuto a Napoli tra il 1720 ed il 1793 .Di lui sappiamo scarse notizie biografiche ma sappiamo certamente che nacque a Napoli nel 1720 e si formò nelle bottega di Matteo Bottiglieri.
Il decollo del suo successo artistico avvenne quando nella seconda metà del settecento venne chiamato da Antonio Corradini ( veneziano ) che insieme a Francesco Queirolo ( genovese ) erano stati ingaggiati dal Principe di Sansevero Raimondo di Sangro per mettere mano al cantiere della Cappella Sansevero diretto dallo stesso principe.
Antonio Corradini è lo scultore artefice della stupenda Pudicizia velata, fatta in onore della madre del principe morta in giovane eta ‘, mentre Francesco Queirolo è l’autore della statua del Disinganno stavolta dedicata al padre.
La statua in cui la figura del Cristo morto appare velata da un tessuto finissimo, appare talmente ben fatta da non sembrare scolpito nel marmo ma reale ed è quello che maggiormente colpisce più di ogni altra cosa qualsiasi osservatore .
La magistrale trasparenza del velo, «fatto con tanta arte da lasciare stupiti i più abili osservatori» (come riferì lo stesso Raimondo di Sangro) ha nel corso dei secoli dato adito a una leggenda secondo cui lo stesso Principe, noto per le sue sensazionali invenzioni e per i suoi studi di alchimia, avrebbe insegnato allo scultore una procedura di calcificazione di cristalli di marmo nel tessuto. Per molto tempo si è creduto quindi che che il velo fosse frutto di un delicato processo di marmorizzazione compiuto dal principe Sansevero .
” Nell’ archivio notarile distrettuale di Napoli e’ stato rintracciato il contratto tra Raimondo di Sangro ed il Sanmartino per la realizzazione della statua .Ad un certo punto troviamo scritto : … Raimondo di Sangro , oltre a procurare il marmo necessario , si obbliga ad apprestare una sindone di tela tessuta , la quale dovera’ essere depositata sovra la scultura ; accio’ dipoiche’ , esso Principe l’havera’ lavorata seconda sua propria creazione ; e cioe’ una deposizione di strato minutioso di marmo composito in grana finissima sovrapposto al velo . Il quale strato di marmo dell ‘ idea del signor Principe , fara’ apparire per la sua finezza il sembiante di nostro signore dinotante come fosse scolpito di tutto con la statua . Viceversa il riferito signor joseph s. Martino si obbliga puranche alla politura ed allustratura della Sindone ; di tal arte per lo sbalordimento del piu’ attento osservatore .
Il Sanmartino si impegna inoltre a non svelare al concepimento di essa ( statua ) la maniera escogitata dal Principe per la Sindone ricoprente la statua .
A questo stupefacente contratto si aggiunga che, in un altro documento rintracciato dalla Miccinelli , viene data dal Sansevero la ” ricetta ” per fabbricare il ‘ marmo a velo ‘ .
Un prezioso documento in cui vengono descritti i procedimenti alchemici , ovvero la ricetta con cui il Principe riusciva a ‘ marmorizzare ‘ la stoffa , e dove addirittura si legge che egli stesso si impegnava a fornire allo scultore il velo che serviva a coprire il corpo di Cristo.
Un procedimento chimico che consentiva appunto di ottenere la calcificazione del tessuto in cristalli di marmo o, per dirla piu’ semplicemente come se avesse inventato una sostanza capace di ottenere del marmo allo stato liquido .
Nulla di tutto questo è stato mai dimostrato e noi crediamo con fermezza che il Cristo velato sia solo opera del solo Sammartino e del suo ispirato scalpello .
Su questa statua vige anche un’altra diceria riguardo l’ accecamento del Sanmartino affinche’ non ripetesse l ‘ opera per un altro committente .
Benedetto Croce a tal proposito scrive : ….. all ‘ artista che egli scolpi’ per la sua cappella il Cristo morto , trasparente sotto un velo di marmo , e che vi lavoro’ la vita intera , fece cavare gli occhi affinche’ non eseguisse mai per altri cosi’ straordinaria scultura ….
La cosa sorprendente e che assume un aspetto terribilmente misterioso e’ il fatto che proprio in coincidenza dell ‘ ultimo pagamento effettuato dal Principe a saldo dell’ opera ormai finita , da quella data , dello scultore non si seppe piu’ nulla in citta’ .
Cio’ fini’ col destare ancora una volta pesanti sospetti sul Principe , il quale , forse volle disfarsi di uno scomodo testimone che avrebbe potuto svelare il suo segreto.
Questa straordinaria opera è stata comunque meta di pellegrinaggi fin dal XVIII secolo. I visitatori, di fronte a questo miracolo dell’arte, sono da sempre rimasti sconcertati e rapiti. Tra i moltissimi estimatori si ricorda Antonio Canova, che durante il suo soggiorno napoletano provò ad acquistarlo e si tramanda dichiarasse in seguito che avrebbe dato dieci anni di vita pur di essere lo scultore di questo marmo incomparabile.
Ma il Cristo Velato pur essendo la sua opera più famosa , non è certo l’unica rimasta a noi in città.
La statua ricorda molto per posizione del volto e sofferenza dello stesso il capolavoro di Andrea Mantegna conservato a Brera ( Cristo morto ).