Nacque nel 1696 a Marianella , una località  in provincia di Napoli.

Era il primo di otto figli di Don Giuseppe Liguori e di Anna Maria Caterina Cavalieri, dei marchesi d’Avernia. La sua istruzione  fu incentrata nella sua casa a Napoli da ottimi maestri. Il padre, un nobile cavaliere del seggio di Portanova, nonché ufficiale superiore della marina militare, lo affidò, sin da piccolo, a precettori di rango, tra cui il pittore Francesco Solimena  che gli insegnò i rudimenti della sua arte in cui, negli anni a venire, Alfonso diede prova di abilità . La madre invece gli instillò soprattutto l’amorevolezza nei riguardi della Madonna e Gesù. Un  sentimento , come  vedremo che si porterà poi dietro per tutto l’arco della vita.

All’età di soli dodici anni s’iscrisse all’Università di Napoli e, quattro anni dopo, a soli 16 anni , conseguì nel 1731  la laurea in diritto civile e canonico dopo aver sostenuto un esame col grande filosofo e storico Giambattista Vico  .

Tutto questo non gli impediva comunque di svolgere la sua caritevole opera cristiana presso la Confraternita dei Girolamini dei Filippini  ed   assumersi  l’amorevole  compito di visitare i malati del più grande ospedale di Napoli.

Cominciò ad esercitare la professione di avvocato a soli 18 anni e secondo molti storici del tempo pare che egli non perdesse mai una causa nei tribunali di Napoli.

La sua vita fu stravolta da una causa dove  la corruzione prevalse sulla giustezza tanto da indurlo alla sconfitta. La scoperta di questo sottobosco dominata dalla falsità e la corruzione divenne il pretesto per abbracciare una nuova vita nel farsi prete.

Nonostante la sua ferma decisione  di consacrarsi a Dio  che vide la forte opposizione del padre che lo voleva sposo di una lontana parente., egli fu comunque ordinato sacerdote il 17 dicembre 1726  , all’età di trent’anni . Pur di farsi prete , finì  comunque per raggiunge un accordo con il padre sempre contrario alla sua scelta, accettando il compromesso di non  entrare nella  congregazione dell’Oratorio di San Filippo Neri ma divenire   sacerdote diocesano con residenza nella casa paterna.

 

Egli chiamava a raccolta i fedeli più umili a cui spiegava il Vangelo con modi semplici davanti alla  chiesa di Santa Teresa degli Scalzi .  Queste riunioni vennero inizialmente ostacolate dalle autorità civili e religiose ma, grazie alla caparbietà del sacerdote e dei fedeli, furono approvate dal cardinale Pignatelli . Era infatti quello un periodo di grande crisi della chiesa cattolica che necessitava per risollevarsi di nuovi uomini di fede capaci di parlare ai fedeli con un nuovo le più vicino linguaggio al popolo.

Alfonso , con il suo modo semplice e diretto era capace di giungere  direttamente nel cuore delle persone utilizzando   per evangelizzare e moralizzare gli abbandonati nuovi e più efficaci metodi basati su  immagini, disegni ,  e nuove canzoncine, da lui scritte che servirono soprattutto a persuadere gli analfabeti.

Alfonso stilò circa 111 testi che spaziarono sulle più disparate tematiche ma sempre  scritti  per la maggior parte in maniera molto semplice per essere alla portata di tutti. Scrisse inoltre quasi 50 canzoncine tra cui la più nota  è certamente la famosa  Tu scendi dalle stelle ideata durante la missione a Nola  nel dicembre del 1755 . La canzone  è infatti solo un derivato del canto ” Quando nascette Ninno ” , composta  (scritto e musicato )  con testo in napoletano durante la sua permanenza a  Deliceto in provincia di Foggia nel convento della Consolazione.

 

Egli  trovandosi in un’atmosfera idilliaca, compose il celebre testo  in dialetto napoletano. Lo fece proprio per quegli incolti fedeli, affinché anche loro potessero comprenderne il significato, d’altra parte il prete abituato al contatto con i poveri, ne conosceva anche i limiti. Solo successivamente, Lo stesso Sant’Alfonso compose poi anche la stessa “Tu scendi dalle stelle”, come versione in lingua italiana della prima ed originale composizione in dialetto.

 

 

 

 

La sua fama Incominciò talmente a diffondersi nella chiesa e tra i fedeli da portarlo non solo a frequentare e a far parte di  diverse congregazioni ,ma addirittura farlo  sentire in  dovere di  creare una suo proprio istituto  dedicato al S.S. Salvatore che si occupò di agire sopratutto in questi posti  rurali di campagna sparsi un pò ovunque nel Meridione , dove , grazie al sopravvivere di antichi riti pagani avvolti di magia e superstizione , la chiesa trovava grandi difficoltà a mettere radici.

N.B. Il secolo dell’Illuminismo fece primeggiare la ragione a scapito della fede tanto da inferire un pesante colpo alla Chiesa cattolica.  A peggiorare le cose non vennero viste di buon occhio i tantissimi ordini religiosi poco inclini ai loro doveri.

Alfonso comprese in questo contesto,  la necessità di far sentire in maniera più concreta l’operato degli uomini di Chiesa nei riguardi dei fedeli. Iniziò con le riunioni serali nelle cappelle serotine a Napoli, mettendo tutto il suo sapere al servizio degli abbandonati: uomini e donne di bassa estrazione sociale anzichè essere solo giudicati e spesso condannati moralmente   , come fino all’ora si era in uso fare , venivano invece aiutati da Alfonso nelle loro difficoltà giornaliere . Egli non si poneva come un giudice indagatore dell’anima e basava tutto il suo credo cattolico sulla semplice  educazione più che sulla repressione ,sulla  correzione più che sulla conversione .

 

Le case costruite in alcuni luoghi dove egli con ii frati del suo istituto svolgeva le sue missioni furono edificate sostanzialmente nelle periferie. I padri missionari riscontrarono non poche difficoltà quando si spostarono da un posto all’altro.grazie al  ruolo  di potenti   locali e  prelati che  dominarono in quelle piccole realtà territoriali. La fama che ottenne la congregazione spesso divenne motivo di lunghi scontri con i personaggi del posto, nei casi più gravi furono costretti addirittura ad abbandonare le loro case.

Nel 1732  , all’età di 36 anni, lasciò definitivamente Napoli  ritirandosi dapprima  a  Scala in provincia di Salerno , e poi presso l’eremo benedettino   di Villa degli Schiavi a  Liberi in provincia di Caserta ( diocesi di Caiazzo ) , dove fondò la congregazione del Santissimo Redentore .

La vita della nuova congregazione fu travagliata, in seguito ai diversi divieti applicati agli ordini religiosi e Alfonso Maria de’ Liguori si valse della propria esperienza giuridica, scegliendo la formula della  congregazione religiosa , legale nel  Regno di Napoli . La vita comune che egli predicava in congregazione , venne scandita senza una vera  e propria regola scritta, ma oralmente. Dopo un po’ di tempo, il 25 febbraio 1749 Papa Benedetto XIV approvò la regola , ma nonostante questo  la congregazione visse ancora momenti d’instabilità, poiché la regola dovette ottenere anche il consenso della monarchia dei Borbone dove Alfonso non riuscì a ottenere delle risposte positive . Il ministro dei Borbone, Bernardo Tanucci  diede infatti  un gran filo da torcere ai religiosi nel Regno delle due Sicilie, ( ricordiamo l’espulsione dei gesuiti) e solo dopo numerosi  anni di inutili convincimenti , finalmente  Alfonso  riuscì a convincere il monarca di far riconoscere la sua nuova regola.

 

CURIOSITA’ : In seguito al terremoto del 1731  che aveva colpito la città di Foggia e che stava provocando l’allontanamento dei fedeli dalla Chiesa si recò, alcuni anni dopo, in Capitanata  . Qui, secondo fonti dell’epoca, il 30 novembre mentre predicava nella chiesa di San Giovanni Battista  , sarebbe stato avvolto da un fascio di luce e sarebbe stato visto levitare da terra davanti a tutta la folla radunata. L’episodio è ricordato nella raffigurazione di una delle vetrate della Cattedrale di Foggia ed anche in un quadro conservato nella chiesa dove sarebbe avvenuto l’episodio.

 

N.B. Il toponimo Capitanata ( in origine  Catapanata,)  deriva da  catapano , un  termine con il quale si indicava il funzionario che amministrava questo territorio   durante  l’Impero Bizantino ; col tempo, per il popolo  “katepanos”, divene “kapitanos”, poi latinizzato in “capitanus”, per la qual cosa, il comparto territoriale che ricadeva sotto l’amministrazione di questo funzionario bizantino prese il nome di Capitanata, ovvero “Terra del Catapano”.

Il nome Capitanata è ampiamente usato come sinonimo di Provincia di Foggia, di cui è denominazione istituzionale alternativa.

 

Scheletro

 

Negli anni successivi alla fondazione della congregazione, Alfonso si dedicò alla stesura di numerose opere ascetiche, dogmatiche, morali ed apologetiche, tra cui la Theologia moralis  e La pratica del confessore .

 

Sant'Alfonso

Nel 1762 , divenne, per suo dispiacere, vescovo di S. Agata de Goti. La sua scontentezza dipese dal generale lassismo di cui vantarono i vescovi. Alfonso restituì la vitalità cattolica nella sua diocesi divenendo alla sua morte il  santo patrono di Pagani.

 

Nel 1772 , oramai anziano , pieno di dolori e incurvato perchè ammalato di artropatia deformante nochè quasi cieco, si dimise dopo dodici anni di direzione diocesana, delle vesti da Vescovo  e si ritirò nella casa dei suoi fratelli a Nocera de’ Pagani, in provincia di Salerno.  Nella casa risedette al secondo piano ed ebbe a disposizione due semplicissime stanze dove  tra tra preghiere e meditazioni. morirà il 1° agosto 1787, all’età di 90 anni ,  non senza avere prima subito la dura tribolazione di uno sdoppiamento dei suoi confratelli,  che si ricompose soltanto sei anni dopo la sua morte.

Il suo più grande rammarico alla sua morte fu proprio quello di non riuscire  a vedere la sua congregazione rinsaldata.

Nel 1839 fu dichiarato santo e riconosciuto tra i dottori della Chiesa nel 1871 da papa Pio IX, per il suo testo  Theologia moralis ” che forniva i ottimi insegnamenti di teologia morale, dove si esprimeva  chiaramente la dottrina cattolica.

Pio XII lo  dichiarò nel 1950 , celeste patrono dei confessori e moralisti .

La sua memoria ricorre il  1 agosto o il 2 agosto nella forma straordinaria. , mentre la Chiesa universale lo ricorda solennemente ogni anno in occasione del dies natalis.

Le sue urna sono deposte  all’interno della Basilica Pontificia di Pagani i a lui intitolata.

 

 

Sant'Alfonso

 

Scultura bronzea  di Sant’Alfonso Maria de’ Liguori nella  piazza omonima a Pagani

Urna di Sant’Alfonso Maria de’ Liguori nella  Basilica di Pagani

 

aria de’ Liguori, vescovo e dottore della Chiesa, che rifulse per la sua premura per le anime, i suoi scritti, la sua parola e il suo esempio. Al fine di promuovere la vita cristiana nel popolo, si impegnò nella predicazione e scrisse libri, specialmente di morale, disciplina in cui è ritenuto un maestro, e, sia pure tra molti ostacoli, istituì la Congregazione del Santissimo Redentore per l’evangelizzazione dei semplici. Eletto vescovo di Sant’Agata dei Goti, si impegnò oltremodo in questo ministero, che dovette lasciare quindici anni più tardi per il sopraggiungere di gravi malattie. Passò, quindi, il resto della sua vita a Nocera dei Pagani in Campania, tra grandi sacrifici e difficoltà.

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