La nostra città e’ stata per lungo tempo un punto strategico della vecchia e nuova massoneria europea ed uno dei luoghi dove maggiormente si incontravano i suoi adepti per riunirsi era una bellissima dimora che sorgeva sulla collina di Capodichino chiamata villa Heigelin .
La collina allora era un luogo ricco di una fitta boscaglia lontano dal centro abitato e quindi per la sua strategica posizione geografica, era ben celata alla vista di tutti conservando una sua naturale riservatezza .
L’intera area era un luogo costituito da una fitta vegetazione inaccessibille e addirittura pericolosa da percorrere per la presenza di numerosi briganti . Il nome Capodichino derivava dal latino Caput Clivii (sommità della salita ) la cui volgarizzazione, avvenuta nei secoli successivi, ha mutato il toponimo in Caput de Clivo e Capo de Chio fino alla contrazione nell’attuale denominazione.
Il luogo cambiò aspetto solo nel1808, nel periodo francese ,quando il re di Napoli, Gioacchino Murat per rendere più facile il raccordo della città con le strade di Caserta ed Aversa ordinò di costruire una strada nuova che da Via Foria arrivasse alla sommità della collina . La strada , ampia e con larghi tornanti , fu chiamata Via del campo perchè terminava al Campo di Marte , un vasto terreno destinato alle esercitazioni militari ( per tale scopo la collina fu ridotta quasi interamente a pianura ).
Napoli fu scelta come una delle città intorno alla quale doveva conservarsi il culto della massoneria dopo la morte del suo grande maestro .Si narra infatti che Jacques de Molay, l’ultimo Gran Maestro dell’Ordine dei Cavalieri Templari, prima di salire al rogo, pare dispose che dalle ceneri dell’Ordine dei Templari dovesse nascere una nuova più grande struttura esoterica divisa in quattro Logge metropolitane che dovevano avere per vertici: Napoli, Edimburgo, Parigi e Stoccolma ; un quadrato magico in cui la nostra città doveva non solo difendere la tradizione massonica ma anche svilupparne i suoi legami con l’Oriente.
Gli anni d’oro della Massoneria napoletana vanno dal 1757 al 1775 e vantava la presenza di molte Logge (le sedi) i cui iscritti appartenevano ai nomi di spicco della cultura partenopea tra cui il famoso principe di Sansevero Raimondo di Sangro (autore della meravigliosa Cappella Sansevero) e molti esponenti del clero .
Da alcune fonti storiche si sa dell’esistenza di due Logge che erano ospitate all’interno in due conventi, quello dei S.S. San Severino e Sossio diretto dal benedettino Ippolito Bernarducci e il convento di S. Maria delle Grazie a Caponapoli diretto dall’eremita Serafino Pinzone
Napoli divenne così dimora prediletta di tanti massoni italiani che si incontravano il più delle volte nella famosa dimora segreta di Villa Heigelin a Capodichino, che venne frequentata dalle maggiori personalità di spicco in campo massonico del tempo tra cui : il Gran Maestro Diego Naselli ( uomo di fiducia della regina Maria Carolina ) ,lo scrittore Johann Wolfgang Goethe , lady Sidney Morgan , il poeta Percy Bysshe Shelley , Philipp Jacob Hackert , Elisa von der Recke ( esperta di esoterismo e discepola del Cagliostro ) , l’oscuro barone Karl Eberhrd von Wachter , Luigi Capece Galeota, il duca alberto di Sassonia,la duchessa di Chartres, il generale Winspeare, il principe Pignatelli Strongoli e la stessa regina Maria Carolina anch’essa massone .
La magnifica Villa Heigelin, a due piani, fu edificata nel 1760, su una antica dimora sede dell’Accademia Culturale dei Segreti di Giambattista Vico ed i suoi lavori vennero affidati dal nobile tedesco Christian von Heigelin, barone di Eyben all’architetto Camillo Guerra .
Il barone tedesco era giunto a Napoli come ambasciatore di Danimarca presso la corte borbonica e venne subito iniziato alla loggia massonica nel 1761 nel Palazzo dello Spagnolo alla Sanità, nella loggia Rosa d’ordine Magno– (dall’anagramma dei principe Raimondo de Sangro) e da quel momento si adoperò continuamente per dar vita alla famosa Gran Loggia di Napoli e di Sicilia.
La villa costruita in posizione panoramica sulla collina di Capodichino , non lontano dai Ponti Rossi era tra le più belle dell’epoca e ad essa vi si accedeva solo a piedi o a cavallo attraverso un lungo scomodo e tortuoso viale alberato in salita e fiancheggiato da antiche mura reticolate romane . Si accedeva ala villa dopo aver percorso una ripida scalinata e dopo essere passati sotto un arco di pietra con nicchie dove erano poste le due statue di Cautes e Cautopates, ( i due tedofori ) con fiaccole mitriache opposte, simboleggianti gli equinozi.
La villa era ricca di simboli massonici e lo stesso tortuoso percorso fatto per raggiungerla aveva un suo particolare simbolismo : essa infatti rappresentava un luogo di luce dopo la faticosa attraversata della “selva oscura “.
Altri simbolismi erano la splendida peschiera ( simbolo di acqua ), un padiglione con marmi e iscrizioni sepolcrali ( simbolo di aria ), un Serapide in bassorilievo con allegorie del dio Osiride- Api ( simbolo di fuoco ). gli alberati vialetti ( area labirintica ) , un romitorio con celle per i ritiri spirituali , le sale con fontane e mosaici .
Dentro una grotta si trovava un piccolo Tempio sotterraneo e ovviamente non mancava una cappella, un teatro all’aperto , un bosco a prato inglese ” ed un fantastico giardino disposto secondo la simbologia massonica che era curato dal botanico Friedrich Dehnhardt ( lo stesso che curava l’Orto Botanico ) Il giardino Massonico ricco di simbologie che disegnava fra i suoi vialetti e labirinti, rappresentava un percorso iniziatico ben preciso; fu indicato come il primo esempio di giardino massonico più bello in Europa.
La dimora si apriva su di un salone contornato da colonne bianche di marmo, il cui pavimento era formato da scacchi neri e bianchi. Nel resto della villa si trovavano resti di mura romane, bassorilievi, statue, busti, iscrizioni e pitture di tipo pompeiano o egizio. La villa divenne cenacolo della miglior intelligentia massone e liberale napoletana del’epoca e fu la maison preferita dei maggiori iniziati e adepti napoletani, una tappa obbligatoria dei principali massoni europei che si riunivano qui per compiere i loro misteriosi riti in piena segretezza e dar vita alla Loggia.
L’ Ambasciatore danese dava spesso ricevimenti e riunioni massoniche, cui pare avesse anche partecipato il giovane conte di Cagliostro, introdotto da don Giuseppe Tomaso d’Aquino fratello del principe Francesco.
La Massoneria napoletana cominciò a vacillare quando entrò in contatto con la Massoneria di derivazione inglese (morale e religiosa) e quella francese (razionale e politica), ma continuò a proseguire sia nella restaurazione borbonica che nel risorgimento italiano, inseguendo il sogno della liberazione.
La loggia ebbe vita fino al 23 novembre del 1789, quando, su richiesta della regina Maria Carolina venne messa in sonno dopo gli avvenimenti della rivoluzione francese.Ebbe un accenno di risveglio nel 1807 sotto il regno di Murat divenendo sede di famose riunioni giacobine, conoscendo poi anni di splendore essendo stata scelta come fulcro di incontri della miglior intelligentia massone e liberale napoletana del’epoca,. Ma gli anni d’oro presto finirono e gradualmente fu abbandonata e dimenticata; venne poi colpita dai bombardamenti durante l’ultimo conflitto mondiale e della dimora si perse la memoria . Oggi non ne esiste quasi più traccia
Della villa non restano che gli scavi archeologici non accessibili al pubblico, dove si può solo contemplare le tracce di un mondo scomparso ancora tutto da decifrare che custodiva l’iniziazione Massonica, ed un presunto Ordine dei Cavalieri Templari