Vincenzo Russo e’ il poeta piu’ trascurato ed ignorato dalla critica fra quanti hanno scritto
canzoni napoletane rimaste memorabili .
La verita’ invece e’ che Vincenzo Russo è un poeto unico nel panorama storico della canzone classica napoletana con un posto d’onore tra i grandi di tutti i tempi.
Nacque a Napoli nel quartiere Mercato, il 16 Marzo del 1876 , da una famiglia di umili origini . Figlio di un modesto ciabattino e di una casalinga ( ex trovatella dell’Annunziata ) vive un’infanzia tutt’altro che facile.
Le condizioni economiche familiari sono tanto disastrose che non riesce nemmeno a frequentare le scuole elementari. A rendergli la vita ancor più difficile è una malattia polmonare che lo tiene spesso a letto; causata con tutta probabilità dall’umidità del basso in cui vive con la famiglia.
Sebbene non avesse potuto frequentare neanche le elementari, Vincenzo , nonostante tutte le difficolta’ , ribellandosi ad un destino di ignoranza e poverta’, riuscì comunque a farsi una discreta istruzione frequentando i corsi serali per operai , dove tra l’altro scopre una vera passione per la poesia
Alla morte del padre, primo di sei fratelli, si trovò in condizione di dover contribuire al bilancio familiare, ed intraprese quindi la professione di guantaio . Ed è qui che incontra le due persone che gli cambiano per sempre la vita: il maestro Eduardo Di Capua (l’autore della musica di ‘O sole mio) e la giovane Enrichetta Marchese, figlia di un gioielliere che abita proprio di fronte a quel negozio .
L’incontro con Di Capua dà una svolta decisiva alla carriera artistica del giovane .

Eduardo Di Capua era un accanito giocatore con il vizio del lotto e pare addirittura che di notte girasse per le strade della citta’ alla ricerca di persone (spiriti notturni ) da cui ricevere i numeri vincenti al gioco del lotto ( questo vizio lo portera’ alla totale miseria ) Nella sua ossessione per il gioco era convinto che i numeri vincenti gli potessero essere dettati o ispirati da qualche” anima vagante “e questo lo portava sempre alla continua ricerca di nuovi “assistiti” (una sorta di veggenti in grado di dare i numeri vincenti).

Vincenzo Russo , invece , la notte , esce solo a causa dei suoi problemi respiratori che lo rendono insonne . Egli preferisce uscire di casa e passeggiare all’aria aperta( dove certamente trova giovamento ) ritrovandosi spesso a scrivere poesie.

Il loro incontro avvenne quindi casualmente di notte .

Vincenzo ovviamente non aveva alcun potere mediatico e il loro incontro non portò ad alcuna vincita al lotto , ma fortunatamente solo ad alcuni grandi successi della canzone napoletana .

L’incontro tra i due si rilevò molto prolifica dal punto di vista artistico e da questa collaborazione nasceranno infatti capolavori assoluti che conquisteranno il mondo intero.: ’A serenata d’’e rose’,‘ I’ te vurria vasà’, ‘Torna maggio!’, ‘Nuttata a mare’, ‘Chitarrata’ e ‘’Nterra Pusilleco’ ‘Rosa ‘e maggio’ e la la notissima ‘Maria Marì”.
Enrichetta Marchese è il suo amore impossibile di cui lui è consapevole. E’ una giovane bella ragazza che vive nel palazzo di fronte al vicolo dove egli lavora .Vincenzo non si sente alla sua altezza né socialmente, né fisicamente, e lei finisce per divenire solo la musa ispiratrice delle sue poesie : la Rosa di I te vurria vasà e la Maria di Maria Marì.
Leggendo i suoi testi, infatti, lo ritroviamo quasi sempre a spasimare d’avanti ad una finestra o un balcone adorno di rose.
È opinione comune tra gli storici della canzone napoletana che I’ te vurria vasà, come anche molte delle canzoni composte da Russo, fossero ispirate dall’amore segreto ed impossibile per Enrichetta Marchese, figlia del gioielliere suo dirimpettaio. La differenza di classe sociale, nonostante l’amore di Russo fosse corrisposto, non ne rese mai possibile una felice conclusione.
Anche l’ultima opera di Russo” L’urdema canzone mia ” è dedicata a quell’amore. La canzone fu dettata da Russo al cognato nel giugno del 1904 dal letto dove giaceva per la tubercolosi che lo ucciderà a soli 28 anni. La canzone fu scritta, secondo la leggenda, dopo aver visto dalla finestra la chiesa di fronte addobbata per uno sposalizio che egli riteneva essere quello di Enrichetta. Di fatto, nei registri canonici non vi è traccia di matrimoni in quei giorni, quindi la storia di questa canzone rimane da chiarire. Ciò che è certo, tuttavia, è che la canzone, indirizzata all’amico Eduardo, finì nelle mani di Enrichetta, la quale la conservò in un medaglione fino alla fine dei suoi giorni.

Vincenzorusso

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