Bisogna innanzitutto chiarire, quando parliamo del re Carlo, che egli fu per ben 25 anni re di Napoli e per altri 30 anni re di Spagna.
Quando era re di Napoli Carlo non fu mai seguito nella sua discendenza da un altro Carlo borbonico ed e’ pertanto sufficiente nominarlo con il semplice nome di Carlo di Borbone.
E’ stato pertanto re di Napoli e di Sicilia senza numerazioni (era Carlo VII di Napoli, secondo l’investitura papale, ma non usò mai tale ordinale).
E’ stato invece Carlo III (V) come re di Sicilia solo dal 1735 al 1759 e, da quest’anno fino alla morte, re di Spagna con il nome di Carlo III (Carlos III).
Quindi quando aggiungiamo ” terzo ” al suo nome, lo facciamo solo per indicare che egli fu il terzo Carlo reale spagnolo, quindi il nome di Carlo III va riferito solo al suo periodo di sovrano spagnolo.
LA VITA
Il re Filippo V di Spagna dopo la morte della sua prima moglie, sposo’ in seconde nozze Elisabetta Farnese, nipote e figliastra del duca di Parma e Piacenza.
Quando il 20 gennaio 1716, nacque da questa unione l’infante Carlo, la principale preoccupazione di Elisabetta era la sistemazione su un trono reale del suo amato figlio.
Il trono di Spagna era precluso, in quanto Carlo era preceduto nella linea di successione dai fratellastri Luigi e Ferdinando e l’unica possibilita’ di dare una corona al figlio era quella di trovarla in terra italiana, dove Elisabetta aspirava ad ereditare il Ducato di Parma e Piacenza e conquistare in seguito il Regno di Napoli che non richiedeva all’epoca grandi sforzi per la situazione politica venutasi a creare.
Elisabetta Farnese era una donna determinata ed ambiziosa e avvalendosi dei preziosi consigli dell’Abate piacentino Giulio Alberoni, lotto’ energicamente per garantire il futuro del figlio. Alla fine fu premiata, poiche’ il figlio Carlo dopo essere divenuto duca di Parma e Piacenza, divenne re di Napoli e Sicilia ed infine addirittura in maniera inaspettata,re di Spagna.
Carlo lascio’ la Spagna a soli 15 anni per prendere possesso in Italia del ducato di Parma e Piacenza e al granducato di Toscana i cui diritti di successione gli venivano riconosciuti per via materna: Elisabetta Farnese era infatti imparentata con il Farnese di Parma ed il Medici di Toscana che non avevano avuti eredi.
A 18 anni , secondo istruzioni dei genitori, si dichiaro’ fuori tutela (cioe’ libero di governare autonomamente) e, raggiunto da un potente esercito di sedicimila fanti e cinquemila cavalieri (molti di sangue reale) sotto il comando del capitano Jose’ Carrillo de Albornoz, conte di Montemar, marcio’ al comando della sua armata alla volta di Napoli.
Le milizie austriache prepararono la difesa organizzando un esercito di circa ventimila soldati, comandate dal conte Otto Ferdinando von Traun.
La marina Spagnola inflisse una pesante sconfitta alla flotta austriaca, mentre per via terra le truppe borboniche avanzavano inesorabilmente ottenendo continue vittorie nei confronti dell’esercito austriaco.
Il 9 aprile a Maddaloni una delegazione di eletti della citta’ consegno’ a Carlo le chiavi della citta’, favorendo cosi’ la sua venuta (i napoletani non avevano ben tollerato gli austriaci).
I cittadini erano stufi di vedere il loro paese governato da un funzionario, in nome del re, come la provincia di un regno e speravano di avere finalmente un sovrano in un regno indipendente.
I napoletani dopo la lunga notte del vicereame, vedevano finalmente l’occasione di “avere un re tutto per loro” …
I combattimenti per la conquista dei forti avvenne in un clima di cortesia e Carlo di Borbone di conseguenza fece il suo trionfale ingresso in citta’ il 10 maggio 1734 entrando da Porta Capuano (come tutti i conquistatori di Napoli ) tra la folla che lo applaudiva.
Cavalcava circondato dai suoi consiglieri ed era seguito da un gruppo di cavalieri che gettavano monete al popolo (depredate dalla madre in Messico). Alla testa del corteo percorse via tribunali e dopo essersi fermato davanti alla cattedrale per ricevere la benedizione dell’arcivescovo della città, proseguì fino a Palazzo Reale.
Il 15 maggio Filippo V proclama l’indipendenza del Regno di Napoli, con suo figlio Carlo come re; la giovane età del sovrano impose che gli si affiancassero dignitari spagnoli ed in particolare Bernardo Tanucci la cui nomina a consigliere giuridico fu il primo atto del sovrano.
Il papa invece non lo riconobbe legittimo sovrano (il papato reclamava a se i ducati di Parma e Piacenza) e ripetutamente rifiutò negli anni seguenti la famosa Chinea, cioe’ il tributo feudale (poi definitivamente abolito da Ferdinando IV nel 1788).
Elisabetta Farnese condiziono’ le scelte di vita e politiche del figlio fino alla sua morte nel 1776, cercando di orientarle sempre verso gli interessi della Spagna.
Ella veniva quotidianamente informata della vita privata e di governo del figlio dal segretario di stato Giuseppe Gioacchino Montealegre fino al 1746, anno in cui fu costretto da Carlo e Maria Amalia a lasciare Napoli e tornare in Spagna in quanto mal tolleravano l’ invadente tutela.
Carlo inizialmente più’ che governare amava, come suo padre, la caccia così come amava andare a cavallo e stare all’aria aperta.
Ebbe per la caccia una passione enorme con insofferenza assoluta nei confronti dei bracconieri, capaci persino di essere torturati se non rispettavano le regole.
Si racconta che per salvaguardare la selvaggina nelle riserve dell’isola di Procida fece uccidere tutti i gatti non tenendo conto delle tragiche conseguenze. L’incosciente decisione porto’ il proliferare nell’isola di milioni di topi e malattie ad esse conseguenti.
Questa sua distrazione e debolezza per la caccia, favori’ inizialmente Elisabetta che gli mise a fianco come collaboratori ai vertici del governo i suoi fedelissimi: il Conte Stefano come primo ministro e il citato marchese di Montealegre come segretario di stato.
A loro si aggiunse un toscano, docente di diritto all’universita di Pisa, cui fu affidato il ministero della giustizia.
Bernardo Tanucci, all’epoca professore universitario di Diritto a Pisa, era stato consigliato a Carlo dal granduca Cosimo dei Medici nel suo passaggio in Toscana durante il viaggio da Parma verso Napoli. Carlo lo porto’ con se ed egli rimase a Napoli per tutta la sua vita ricoprendo incarichi via via sempre di più’ maggiore prestigio come quello di assumere le funzioni di primo ministro e diventare consigliere del re in problemi di politica sia estera che interna.
Nel 1737 in seguito ad un trattato di pace firmato a Vienna, l’Austria riconosceva Carlo di Borbone sovrano del regno di Napoli mentre egli cedeva all’ Austria Parma e Piacenza ma poteva portare con se ‘a Napoli il tesoro dei Farnese.
Carlo dovette quindi rinunciare al ducato di Parma, Piacenza e Toscana (che nel suo disegno Elisabetta aveva destinato per l’altro suo figlio Filippo).
Nello stesso tempo Tanucci e il ministro austriaco ( Neipperg ) sottoscrivevano un trattato in cui si concordava che le due figlie dell’Imperatrice d’Austria Maria Teresa sarebbero andate in spose una all’erede al trono di Spagna e l’altra all’erede al trono delle due Sicilie.
Nel 1738 Carlo sposo’ Maria Amalia di Sassonia ( lui aveva 22 anni e lei solo 14) . La nuova regina al suo arrivo a Napoli fu accolta tra grandi feste.
In coincidenza con questo evento ci fu la bolla papale che riconobbe la legittima sovranita’ di Carlo.
Carlo fu marito innamorato e fedele oltre che un buon re a differenza purtroppo dei suoi successori; premuroso verso le esigenze del popolo, riflessivo e umano e attentissimo al dovere regale. Si mostrò molto rispettoso dei consigli dei suoi ministri che comportò di conseguenza un grande equilibrio di governo ed inizio’ con il Tanucci un periodo di riforme nell’amministrazione (anche se talvolta difettose o incomplete) che erano per quei tempi molto liberali e ardite.
Risveglio’ il settore commerciale, istituendo un tribunale di commercio ed un collegio nautico che tutelava la marina mercantile (stipulo’ un trattato con l’impero ottomano che ridusse le azioni dei pirati). Istituì l’imposta fondaria e fece il catasto, miglioro’ i tribunali e la procedura civile. Fece ogni sforzo per diminuire il potere delle feudalità e per sottrarre il regno all’influenza clericale.
Colpi’ la manomorta, ossia l’ immunita’ dal fisco per alcuni immobili religiosi ( sanci’ l’ imposizione fiscale ai beni religiosi prima esenti) cosa che ancora oggi il nostro attuale governo non ha il coraggio di fare ….
Stipulò col Vaticano (grazie alla politica anticlericale del Tanucci) un concordato in cui si prevedeva la riduzione dei privilegi ecclesiastici, delle immunita’, del numero dei chierici e si sospese il tribunale della inquisizione.
A tal proposito va ricordato un fatto esemplare che l’ambasciatore britannico sir James Gray cosi’commentò: «Il modo in cui il re si è comportato in questa occasione è considerato come uno degli atti più popolari del suo regno»
Nel 1746 il cardinale arcivescovo Spinelli tentò d’introdurre l’Inquisizione a Napoli: la reazione dei napoletani, tradizionalmente ostili al tribunale ecclesiastico, fu violenta. Implorato dai sudditi d’intervenire, re Carlo entrò nella Basilica del Carmine e toccando l’altare con la punta della spada giurò che non avrebbe permesso l’istituzione dell’Inquisizione nel suo regno. Lo Spinelli, che fin allora aveva goduto del favore del re e del popolo, fu allontanato dalla città.
Il concordato dava inoltre al re il controllo delle nomine dei vescovi e sanciva la riduzione del numero dei conventi.
In politica estera, fu avveduto e mai spericolato, coltivando l’alleanza con l’Austria che consolidò con il matrimonio del figlio Ferdinando con la figlia di Maria Teresa, Maria Carolina.
Riordinò il Bosco di Capodimonte e iniziò la costruzione delle Reggia di Capodimonte
La reggia fu’ progettata da G.A. Medrano nel 1738 e fu terminata 100 anni dopo.
Intorno al palazzo, il Sovrano aveva voluto due grandi boschi da destinare alla caccia e un enorme giardino. Nel 1839 fu destinata ad ospitare le collezioni Farnesiane, che il re aveva ereditato dalla madre Elisabetta e successivamente impiantò la fabbrica di porcellane in omaggio alla sposa sassone.
Fece costruire (demolendo prima il vecchio San Bartolomeo) il Teatro San Carlo su progetto di Antonio Medrano che fu completato in soli otto mesi da Angelo Carasale e inaugurato il 4 novembre, festa di San Carlo e giorno dell’onomastico del sovrano.
Fu il teatro più’ grande e sontuoso in Italia, che divenne talmente famoso da divenire negli anni successivi tappa obbligatoria per tutti i visitatori italiani e stranieri.
Nel 1738 fu cominciata la Villa di Portici, con il suo Parco degradante verso il mare, arricchita con statue di Ercolano e Pompei che egli considerò la sua residenza estiva.
Molte famiglie gentilizie, per essere vicine ai sovrani, costruirono ville che costituirono il cosiddetto “miglio d’oro“.
Per contenere il forte problema dei poveri (in citta’ erano 25.000) sulla forte spinta esercitata da padre Rocco fece costruire il mastodontico Albergo dei poveri, affidandone l’incarico a Ferdinando Fuga.
L’edificio doveva accogliere 8000 persone e dare asilo ad una moltetudine di poveri senza dimora per toglierli dalle strade; doveva accoglierli in ospitalita’ coatta con separazione dei sessi e delle età. Esso doveva rappresentare la pieta’ illuminista della casa Borbonica.
Nel 1757 fu iniziata la costruzione dell’emiciclo al largo Mercatiello (attuale Piazza Dante) dove, alcuni giorni della settimana, c’era il mercato.
La piazza prevedeva nel nicchione centrale la statua equestre di Carlo (il modello in gesso esistente all’epoca fu poi distrutta dai giacobini nel 1799) e sul cornicione dell’emiciclo possiamo ancora oggi vedere le 28 statue allegoriche delle virtu’ del sovrano.
Altre opere pubbliche di rilievo furono: la sistemazione del Molo, l’apertura della strada di Mergellina e la costruzione dell’edificio dell’Immacolatella.
Ma Carlo desiderava una reggia di bellezza e magnificenza ben superiore. Con la reggia di Caserta egli intese uguagliare se non superare la grandiosita’ e la bellezza di Versailles.
Scelse come architetto il figlio del pittore fiammingo Van Wittel, Luigi Vanvitelli.
Altra grande opera meritoria di Carlo furono gli scavi di Ercolano e Pompei con cui egli porto’ alla luce un tesoro straordinario di reperti archeologici. Il suo merito fu di capire immediatamente l’importanza di tali ritrovamenti e di inaugurare una campagna archeologica continuata poi dai successori e in vigore ancora oggi.
In Spagna intanto il padre Filippo V, dopo la sconfitta subìta nella guerra contro la quadruplice alleanza (Inghilterra, Francia, Austria e Olanda contro la Spagna), fu colpito da una profonda depressione e conscio di non poter governare in simili condizioni, abdico’ in favore del suo primogenito Luigi che purtroppo regno’ per soli otto mesi prima di morire di vaiolo.
A tal punto pressato dalla moglie Elisabetta e dal fatto che il secondogenito non era ancora adulto, decise di ritornare sul trono.
Nel luglio del 1746, muore il re di Spagna Filippo V e gli successe sul trono di Spagna l’altro figlio Ferdinando VI.
L’ascesa al trono spagnolo del figlio di primo letto Ferdinando VI, mette in disparte Elisabetta (mettendo fine al suo potere) ponendo le premesse per l’effettiva indipendenza del regno delle Due Sicilie dalla Spagna.
Da questo momento Carlo comincio’ infatti a regnare autonomamente limitando il potere dei ministri legati a Madrid.
Ferdinando VI, molto innamorato della moglie con cui ebbe un matrimonio senza figli, alla morte di questa ( Maria Barbara di Braganza) considerata da lui l’unica ragione della sua vita, gia’ cagionevole di salute, inizio’ a manifestare i sintomi di quell’ infermità mentale che aveva già colpito suo padre e il 10 dicembre 1758 dopo aver nominato Carlo suo successore al trono di Spagna si ritiro nel palazzo di Villaviciosa de Odon dove mori’ nell’agosto successivo.
Nel 1759, per la morte del fratellastro Ferdinando VI, Carlo fu chiamato alla sovranita’ del Regno di Spagna e lascio il trono di Napoli al suo terzo figlio Ferdinando, che essendo minorenne (non aveva ancora 9 anni) fu posto sotto la tutela di un consiglio di reggenza presieduto da Bernardo Tanucci.
La designazione di Ferdinando fu dovuta al fatto che il primogenito, Filippo, affetto da infermita’ mentale era inabile al trono; soffriva di convulsioni epilettiche, lo stesso male che aveva colpito il padre e il fratellastro Ferdinando VI.
Il secondogenito Carlo, (con il titolo di erede di Spagna), dovette invece seguire il padre per succedergli sul trono di Spagna.
Il diritto di ereditare quindi il Regno delle due Sicilie passo’ al terzo maschio Ferdinando IV fino ad allora destinato alla carriera ecclesiastica.
Il 6 ottobre Carlo di Borbone, dopo aver sottoscritto l’atto di abdicazione in favore del figlio, s’imbarco’ per raggiungere il nuovo regno, dove l 11 settembre 1759 fu incoronato a Madrid re di Spagna.
Ma pare che questo sangue per fare il miracolo e liquefarsi necessiti assolutamente della presenza del busto-reliquiario del Santo che contiene i resti del suo cranio e quindi in Spagna non si scioglie e non si è mai sciolto rinnegando il prodigio .
CENNI DI STORIA
Il trattato di Utrecht, che nel 1713 contribuì a concludere la guerra di successione spagnola, ridusse enormemente il peso politico e militare della Spagna che fu fortemente ridimensionato dalla perdita dei numerosi domini europei e in particolare di quelli italiani dove il Regno di Napoli, il Regno di Sardegna, e il Ducato di Milano passarono all’Austria ed il Regno di Sicilia fu ceduto ai Savoia.
Il re Filippo V, salito al trono era intenzionato a restituire alla Spagna il prestigio perduto.
Nel 1714, dopo la morte della sua prima moglie Maria Luisa di Savoia, il prelato piacentino Giulio Alberoni gli combinò un vantaggioso matrimonio con un’altra principessa italiana: Elisabetta Farnese, nipote e figliastra del duca di Parma e Piacenza, Francesco Farnese.
Il re Filippo di Spagna sposo’ quindi in seconde nozze Elisabetta Farnese, donna energica e autoritaria che acquistò rapidamente una grande influenza sulla corte e insieme all’Alberoni, nominato primo ministro nel 1715, fu fautrice di una politica estera aggressiva, mirante a riconquistare gli antichi possedimenti spagnoli in Italia.
Nel 1716, dopo poco più di un anno di matrimonio, la Farnese diede alla luce l’infante don Carlo, che sembrava non aver molte possibilità di occupare il trono spagnolo, poiché nella linea di successione era preceduto dai fratellastri Luigi e Ferdinando. Da parte di madre poteva invece aspirare a ereditare il Ducato di Parma e Piacenza dai Farnese, dinastia che volgeva ormai al tramonto, perché il duca Francesco non aveva figli, così come il suo unico fratello Antonio.
Essendo pronipote di Margherita de’ Medici, la regina Elisabetta tramandava al suo primogenito anche diritti sul Granducato di Toscana, dove l’anziano granduca Cosimo III aveva come unico possibile erede il figlio Gian Gastone, privo di discendenti e noto per la sua omosessualità.
La politica di Carlo fu illuminata e riformista in quanto ebbe il merito di adeguarsi gradualmente alle tendenze illuministiche imperanti a quell’epoca in Europa che dava un nuovo aspetto alle relazioni umane liberando in ogni campo l’oscurantismo di un passato dominato dall’ autorita’ religiosa e dalle rigide istituzioni.
Durante il dominio spagnolo, Napoli, relegata al ruolo di provincia del regno, era stata una citta’ chiusa nel suo provincialismo mentre con il nuovo regno indipendente di Carlo fu messa a livello di Parigi, Vienna e Madrid, aprendosi così a nuove idee e altri modelli di vita.