La Pietà di Annibale è una meravigliosa tela realizzata da Annibale Carracci , oggi conservata nella Galleria Nazionale del nostro Museo di Capodimonte .

L’opera venne realizzata nel 1600  per il cardinale Odoardo Farnese, lo stesso che a Roma aveva commissionato all’artista la volta del suo Palazzo.


La tela, è uno dei capolavori indiscussi di Annibale a Roma, ed uno dei dipinti più nello oggi conservati a Capodimonte . Esso rappresenta  un esempio altissimo di sintesi tra Idea e Natura su cui si basa il classicismo del Carracci.
La composizione si ispira esplicitamente al gruppo marmoreo della Pietà di Michelangelo (San Pietro, Roma), una monumentale piramide articolata intorno alla diagonale del Cristo. Il modello classico tuttavia, non è mai ripreso dall’artista come mera citazione, ma sempre rivissuto con una rinnovata intensità emotiva suggerita da un’immagine di struggente patetismo, grazie all’uso drammatico delle luci e del coloreche egli riesce a donare al dipinto

Annibale nella sua rappresentazione pittorica,  restituisce al Cristo di Michelangelo il livore cadaverico e quel senso di totale abbandono alla morte che lo scultore aveva voluto evocare nella diagonale del braccio. Anche la statua della Vergine si rianima, il volto e il gesto della mano aperta, a mostrare con muto dolore il corpo senza vita del figlio, acquista una nuova e più tragica eloquenza espressiva, che sarà adottata dal barocco.

Ma chi era Annibale Carracci ?

Annibale Carracci, nato nel 1560 a Bologna e morto nel 1609 a Roma, è stato un pittore italiano determinante per il rinnovamento della pittura sullo scorcio del XVI secolo.

Egli nacque  da Antonio, un sarto cremonese, trasferitosi a Bologna col fratello Vincenzo, di professione beccaio e padre di Ludovico Caracci che teneva una bottega artistica presso cui egli  si formò, insieme al fratello maggiore Agostino con cui nel 1582 fondò l’Accademia degli Incamminati, il cui intento era quello di uscire dagli stereotipi del manierismo .

Sull’esempio dei grandi maestri del Rinascimento, come Raffaello , Correggio, Tiziano e il Veronese, l’Accademia poneva come suo obiettivo quello di  porsi in  antitesi con gli esiti ormai sterili del tardomanierismo, e quindi proporre con i suoi dipinti  il recupero della grande tradizione della pittura italiana del  cinquecento .

Annibale fu certamente il vero protagonista del rifiuto delle convenzioni del tardomanierismo e autore di un primo tentativo di ritorno al vero, ma certo di fondamentale importanza nello sviluppo della sua carriera furono i rapporti con il cugino Ludovico, e il fratello Agostino, entrambi dotatissimi pittori con i quali, agli esordi, tenne  bottega comune  e con cui collaborò, a più riprese, anche in seguito.

L’accademia dei tre giovani cugini, allora ancora agli inizi delle rispettive carriere, non va paragonata alle accademie ufficiali, come ad esempio la celebre Accademia del disegno   a Firenze. Si trattava piuttosto di una scuola/bottega privata, verosimilmente guidata da Ludovico, il più anziano dei Carracci, dove diversamente da quanto avveniva nelle vere e proprie accademie, allora legate ai canoni pittorici tardomanieristi si promuoveva l’imitazione della realtà e gli allievi erano incoraggiati ad osservare e studiare le opere dei grandi del Rinascimento in modo nuovo, senza la ripetizione di formule di maniera ormai prive di potenzialità creative.

N.B. L’Accademia degli Incamminati fu peraltro una rilevantissima fucina di talenti: alcuni dei migliori pittori italiani del primo Seicento vantarono un apprendistato presso i cugini Carracci.

La carriera di Annibale Carracci fu quindi in vari modi significativamente legata al rapporto con il fratello e il cugino. Infatti, oltre alla produzione artistica personale, Annibale collaborò, a più riprese, con i parenti in opere collettive.

L’opera di cui vi abbiamo parlato non è comunque l’unica di Annibale Caracci ad essere  presente oggi nel nostro Museo di Capodimonte .

Un’altra bellissima tela conservata è quella che tratta dell’eroe Ercole  da cui i Farnese si fregiavano di discendere.

Il dipinto denominato “ERCOLE AL BIVIO ”  fu realizzata nel 1596 per il Palazzo Farnese a Roma e  doveva nelle intenzioni del maestro rappresentare  il fulcro delle decorazioni della volta del Camerino di Odoardo con le Storie di Ercole, compiute interamente ad affresco.

Esso era un ambiente situato al piano terra di Palazzo Farnese a Roma, tenuto a suo tempo in uso personale dal cardinale Odoardo Farnese per farne  uso come studio,  la cui volta fu completamente  decorata ad affresco da Annibale Caracci , tra il 1595 e il 1597.

La piccola stanza venne  concepito come presentazione dello stesso cardinale Odoardo Farnese per celebrare la sua ascesa nella carriera ecclesiastica parallela a quella del fratello, Ranuccio Farnese, in politica.

Al centro del soffitto vi si trovava incastonata proprio la bella tela che raffigura Ercole al Bivio

N.B. . L’originario dipinto centrale considerato tra i pricipali capolavori della collezione Farnese, fu sostituito, già nel corso del Seicento, da una copia di scarsa qualità (mentre l’originale si trova appunto nel Museo di Capodimonte  ) in quanto come tutta la collezione Farnese , essa giunse a Napoli nel 1734, in quanto ereditate da Carlo di Borbone per via materna ( Elisabetta Farnese che sposò in seconde nozze  il re di Spagna  Filippo V).

Il dipinto, tratto dalla  letteratura classica, celebra la virtù di Ercole che vince sul vizio .

Ercole al riposo delle sue gesta eroiche si trova in un folco bosco e come potete ammirare siede al  centro della scena e sembra stia prestando  ascolto alla scultorea figura della Virtù che gli indica un cammino assai tortuoso per raggiungere l’estrema purezza ( il Pegaso bianoco ). Tuttavia, il giovane muove il corpo verso il Vizio m sensuale e ammiccante  alla sua sinistra, che gli mostra prati fioriti ed ogni genere di distrazione: dalle carte da gioco, agli strumenti musicali.

N.B. L’incarico di decorare il piano noblile di Palazzo Farnese ad Annibale Carracci gli venne conferito nel 1595 dal  cardinale Odoardo Farnese , Qui egli realizza il suo capolavoro, gli affreschi della Galleria con Trionfo di Bacco e Arianna al centro della volta e Gli Amori degli dèi nei riquadri laterali, ispirati alle Metamorfosi di Ovidio.

 

Annibale Carraccifu il primo artista a porsi in  antitesi con gli esiti ormai sterili del tardomanierismo, e quindi proporre con i suoi dipinti  il recupero della grande tradizione della pittura italiana del  cinquecento . Egli con Caravaggio e Rubens pose le basi per la nascita della pittura barocca di cui fu uno dei padri nobili.

Egli dopo aver decorato ad affresco insieme ai suoi cugini dell’Accademia a Bologna il Palazzo Fava,e successivamente gli affreschi di Palazzo Magnani e quello di Palazzo Sampieri,  completò un suo primo periodo di formazione a Parma dove perfezionò la sua conoscenza della pittura del Correggio per  poi trasferirsi a Reggio Emilia dove entra in buoni rapporti con il Duca di Parma Ranuccio I  del quale era stato precettore .

A Bologna in questo periodo realizza per la chiesa di San Gregorio ” Il battesimo di Cristo ” e  nella chiesa di San Giorgio” La Madonna in trono col bambino e santi , mentre a Parma realizza per la chiesa dei Cappuccini ” La pietà con i santi Chiara , Francesco e Maria maddalena . A Reggio Emilia invece esegue per la confraternita di San Rocco, una grande pala raffigurante l’Assunzione della Vergine .

N.B.  La tela della  Madonna col Bambino in trono e i santi Giovannino, Giovanni Evangelista e Caterina d’Alessandria  inizialmente collocata nella chiesa bolognese di San Giorgio in Poggiale, nel corso  dell’Ottocento  venne rimossa dalla sua collocazione originaria  a causa delle precarie condizioni conservative in cui si trovava. Dapprima collocata nella Accademia di Belle Arti, dove se ne effettuò un restauro, fu poi definitivamente destinata alla neoistituita Pinacoteca Nazionale di Bologna .

Nello stesso periodo egli raffigurà anche una bellissima Resurrezione di Cristo per  la cappella privata di Palazzo Luchini a Bologna. La dimora fu in seguito ceduta alla famiglia Angelelli, che così acquisì anche la tela. I nuovi proprietari ne fecero successivamente dono al convento bolognese del Corpus Domini, dove venne collocata nella cappella dedicata a Santa Caterina de’ Vigri .Nel 1797, con l’occupazione napoleonica della città, il quadro fu requisito dai francesi ed inviato a Parigi per non fare più ritorno in Italia. Oggi è infatti custodita nel Museo del Louvre di Parigi

Opera di chiusura del periodo emiliano, e grande capolavoro di questa fase dell’attività di Annibale Carracci, fu l’Elemosina di San Rocco , considerato ad oggi il dipinto (affreschi a parte) più grande del pittore . Esso fu a lui commissionato dalla Confraternita di San Rocco di Reggio Emilia,

Il quadro, completato nel 1595 (benché commissionato molto tempo prima), fu realizzato  poco prima di trasferirsi a Romadove era stato chiamata dal cardinale Odoardo Farnese ,Il quadro venne successivamente acquistato nel 1661 dal duca Alfonso IV d’Este ed entrare  quindi nelle collezioni estensi di Modena. Purtroppo esso fu poi nel 1746 inclusa (con varie altre opere di Annibale) nell’alienazione in blocco dei cento migliori dipinti delle collezioni estensi (uno dei più gravi depauperamenti del patrimonio artistico italiano), decisa da Grancesco III d’Este  per far fronte alla sostanziale bancarotta del ducato estense. L’acquirente di questa straordinaria raccolta di dipinti (basti pensare, oltre alle opere del Carracci, ai capolavori di  Correggio  che ne fecero parte) fu l’Elettore di Sassonia Augusto III .   L’Elemosina di san Rocco approdò così a Dresda, dove tuttora si trova.

A Venezia, dove  Annibale si recò per qualche tempo,  il giovane pittore restò ammirato dai capolavori dei grandi maestri pittorici  veneziani rappresentati  in primis da  Paolo Veronese . 

N.B. Correggio e successivamente il Veronese   saranno, negli anni emiliani, i maggiori punti di riferimento per Annibale Carracci.

Gli affreschi monumentali di Bologna e le altre opere emiliane diedero grande notorietà ad Annibale, tanto che il cardinale  Odoardo Farnese dietro consiglio del letterato reggiano Gabriele Bombasi   che da anni conosceva bene il pittore, lo incaricò, con suo fratello Agostino, di decorare il piano nobile di  Palazzo Farnese a Roma .

Nella città papale Annibale ebbe un primo breve soggiorno nel 1594, forse per perfezionare gli accordi con il cardinal Farnese e farsi un’idea del luogo in cui avrebbe dovuto operare. Secondo alcune fonti, già in questa occasione egli eseguì un dipinto per il suo nuovo mecenate: si tratta del Cristo e la Cananea che fu collocato nella cappella privata di Palazzo Farnese (ora si trova a Parma) .

Dopo questo primo contatto con Roma, Annibale fece ritorno in Emilia per concludere le incombenze rimaste in sospeso e (insieme al fratello) si trasferì stabilmente a Roma tra la fine del 1595 e l’inizio del 1596. Negli anni seguenti realizzò tante opere per il cardinal Odoardo Farnese  che no fu però esclusivo. Egli infatti ottenne una importante committenza anche da monsignor Tiberio Cerasi per la pala d’altare della sua cappella funeraria ( l’Assunzione della Vergine ) e sopratutto con gli Aldobrandini che gli affidarono la decorazione della cappella privata del loro  palazzo e la committenza di tre  importanti oper pittoriche : una Incoronazione della Vergine  ora  esposta al Metropolitan Museum of art di New York,  la Disputa del Sacramento  e il Domine , quo vadis che ora si trova alla National Gallery di Londra .

La sua fama a Roma  cominciò pesto a diffondersi grazie ad una commissione del Bombasi (affidatagli durante la prima campagna decorativa di Palazzo Farnese), riguardante  la Santa Margherita realizzata per la cappella acquistata dal letterato reggiano nella chiesa di Santa Caterina dei Funari dove tuttora si trova.

CURIOSITA’: Si racconta che  il dipinto riscosse anche l’ammirazione di Caravaggio   che, «dopo essersi fermato lungamente a riguardarlo, si risolse, e disse: mi rallegro che al mio tempo veggo pure un pittore»

Ma il grande capolavoro di Annibale Carracci fu senza alcun dubbio la decorazione della  affresco  per il Camerino del cardinal Farnese, dove raffigurò un ciclo allegorico che per ha protagonista  Ercole, egli  realizzò anche una grande tela raffigurante quell’Ercole  al Bivio   incastonata nel soffitto della stanza, che come vi abbiamo prima accennato  venne poi rimosso dalla sua collocazione originaria e si trova oggi nel nostro Museo di Capodimonte .

Nello stesso Palazzo Farnese, Annibale, in questo caso coadiuvato da Agostino e probabilmente con l’intervento di alcuni aiuti, pose poi mano alla decorazione della Galleria il cui ciclo di affreschi culmina nella bellisima scena posta al centro del soffitto che raffigura il Trionfo di Bacco e Arianna e il bel dipinto ” Gli Amori degli dèi  “realizzato per celebrare le nozze tra il duca di Parma Ranuccio Farnese , fratello del cardinale Odoardo, e  Margherita Aldobrandini,  nipote di  Clemente VIII.

N.B. Tra le opere pittoriche realizzate per i Farnese ovviamente  particolare menzione deve essere fatta per la  splendida  Pietà  sostanzialmente coeva alla decorazione della volta della Galleria Farnese. L’opera è unanimemente considerata uno dei capolavori maggiori del Carracci.

Ma il rapporto di Annibale Caracci con i Farnese non si limitò alla sola decorazione del palazzo, ma fu assai simile a quello di un pittore di corte. Annibale, infatti, stipendiato dal cardinale Farnese (pare in modo assai modesto, ) si occupava di tutte le “esigenze figurative” della casata, realizzando quadri, progettando apparati effimeri per le feste, finanche disegnando le suppellettili usate a palazzo. Fu inoltre un valente ritrattista ,un valido incisore e disegnatore ma sopratutto un eccellente  pittore di paesaggicome dimostra il capolavoro realizzato per la cappella di Palazzo Aldobrandini intitolato ” Paesaggio con la fuga in Egitto “.

 

Un ‘altra meravigliosa opera del grande maestro oggi presente al Museo di Capodimonte  è un  dipinto  datato intorno al 1585-86 intitolato “la Visione di Sant’Eusatchio

Secondo alcune fonti storiche pare che esso sia stato portato a Roma dallo stesso Annibale per farne dono al cardinale  Farnese che nel 1595 aveva assunto il titolo della Basilica di Sant’Eustachio  a Roma. Proprio in quell’anno che Annibale Carracci si trasferiva definitivamente a Roma al servizio dello stesso Odoardo Farnese. 

L’opera è rimasta da sempre nelle raccolte della collezione Farnsse  seguendone ovviamente le sorti: da Roma il dipinto fu trasferito prima a Parma e poi a Napoli, confluendo infine nella Galleria di Capodimonte.

Si tratta di una delle prime prove da paesaggista del Carracci e in essa si scorge l’influenza della pittura di paesaggio veneziana esercitata su un Annibale ancora molto giovane. Secondo un’impostazione critica, infatti, in ambito paesaggistico, Annibale avrebbe recepito i modelli lagunari già prima della sua più complessiva svolta in favore degli esempi veneziani, avviata nel 1587-88 dopo un soggiorno nella Serenissima, che per poco meno di un decennio ne caratterizzò l’opera.

Annibale Carracci abbiamo avuto modo di scoprire in questa nostra chiacchierata  è stato certamente un pittore di grande talento e importanza storica, la cui influenza sul mondo dell’arte continua a essere  ancora riconosciuta e rda tutti rispettata.

Egli purtroppo smise di lavorare e produrre capolavori molto prestoa soli 43 anni  in quanto cadde in uno stato di profonda depressione mentale le cui origini restano ancora oggi misteriose , secondo alcuni la causa arebbe stata causata dall’irriconoscenza di Odoardo Farnese per il suo lavoro,mentre  altri alludono a non meglio specificati disordini amorosi( sifilide ? )

Con certezza sappiamo solo che la profonda  depressione fece in modo che egli non eseguì piu alcun lavoro negli ultimi cinque anni della sua vita , e che questa  lo accompagnò sino alla morte, pare senza remissioni significative.

E si spense il 15 luglio 1609, dopo aver compiuto un viaggio a Napoli le cui ragioni sono ancora misteriose.

Il giorno del funerale, sul catafalco  funebre fu appoggiato il suo Cristo incoronato di spine   realizzato circa un decennio prima. Fu sepolto, come da sua volontà, nel Pantheon, a fianco alla tomba di  Raffaello.

CURIOSITA ‘ : Il quadro era appeso ad una parete del  palazzo del  cardinal Farnese . Quando lo stesso lo vide per la prima volta , ammirandolo e scambiandolo per un dipinto del Luciani, si rammaricò in quel momento  del fatto che pittori di tale valore fossero ormai morti, al che Annibale prontamente rispose di essere per «gratia di Dio vivo».

Sul luogo della sepoltura è ancora possibile leggere l’iscrizione fatta apporre nel 1674 da  Carlo Maratta che commemora l’egual valore di Annibale e di Raffaello, di cui in quel tempo si era convinti, ma la loro diversa fortuna:

«DOM / HANNIBAL CARACCIUS BONONIENSIS/ HIC EST/ RAPHAELI SANCTIO URBINATI/ UT ARTE, INGENIO, FAMA SIC TUMULO PROXIMUS/ PAR UTRIQUE FUNUS ET GLORIA/ DISPAR FORTUNA/ AEQUAM VIRTUTI RAPHAEL TULIT/ HANNIBAL INIQUAM / DECESSIT DIE XV JVLII AN. MDCIX AET. XXXXIX/ CAROLUS MARATTUS SUMMI PICTORIS/ NOMEN ET STUDIA COLENS P. AN. MDCLXXIV/ ARTE MEA VIVIT NATURA, ET VIVIT IN ARTE/ MENS DECUS ET NOMEN, COETERA MORTIS ERANT»

Giovan Battista Marino salutò invece la morte di Annibale Carracci con questo madrigale: «Chi die’ l’esser al nulla, ecco che ‘n nulla è sciolto. Chi le tele animò, senz’alma giace. Al gran Pittor, che porse spesso a i morti color senso vivace, Morte ogni senso ogni color ha tolto: ben tu sapresti or forse farne un altro, Natura, eguale a quello, s’avessi il suo pennello».

Eh Si ! Egli ha  lasciato  un’eredità duratura nella storia dell’arte. Annibale Caracci con  sua abilità pittorica e il suo stile unico hanno ispirato molte generazioni di pittori e continua a influenzare l’arte ancora oggi.

 

 

 

 

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