Filippo Vitale, nato a Napoli nel 1585 è stato un pittore di scuola napoletana barocca , la cui attività artistica si è principalmente svolta nella nostra città . Formatosi inizialmente nella bottega di Carlo Sellitto , di cui manteneva lo stile a tal punto da ricevere alla morte di quest’ultimo il completamento della “Crocifissione” nella chiesa di Santa Maria in Cosmedin , venne successivamente introdotto nella cerchia del Ribera.
Anche lui come molti artisti dell’epoca risentì fortemente dell’influenza del Caravaggio, nella sua attività giovanile di pittore , sviluppando nella sua arte pittorica un Caravaggismo realistico a cui rimase fedele per tutta la sua carriera che tuttavia si ammorbidì nel tempo fino a sfiorare un certo classicismo.
Della sua vita private sappiamo poco e le poche cose che sappiamo le dobbiamo certamente alle contine ricerche di una intera vita fatte in maniera certosina da Prota Giurleo dedicate quasi interamente alla storia della musica e del teatro napoletano che lo portavano per lunghi periodi ad investigare varie biblioteche ed archivi . Egli avvaiatosi agli studi di storia della musica per esortazione di Salvatore Di Giacomo di cui fu grande amico, divenne noto fuori dai confini napoletani per l’opera meravigliosa che svolse nella compilazione di numerosi cataloghi musicali che gli valsero la stima e l’ammirazione di molti studiosi . A Napoli invece lo si ignorava e trascorse gli ultimi decenni della sua vita ritirandosi tra i suoi preziosi libri e le sue carte nell’umile casa di Ponticelli dove viveva in serena povertà del frutto modesto di lezioni private .
Prota Giurleo è l’ennesimo grande uomo che la nostra città non ha saputo onorare a dovere per la sua esemplare attività di studioso e che merita forse molto più di tanti altri personaggi almeno una strada o una targa commemorativa quale sentimento di riconoscenza per la sua alta e nobile figura che ha fornito ai critici una mole enorme di dati e di documenti sulla quale lavorare per ricostruire la personalità di tanti artisti.
Il Vitale fu un artista di rilievo nel panorama artistico di quei tempi ed anche lui come il Prota è stato a lungo trascurato dai storici dell’arte e solo ultimamente , negli ultimi decenni , la sua figura mostra una certa rivalutazione .
Grazie al Prota sappiamo che egli era imparentato con Annella e Pacecco De Rosa di cui era patrigno, con Giovanni Do, Agostino Beltrano ed Aniello Falcone di cui era suocero. Un tipico esempio di quella ragnatela di parentele che lega molti altri pittori napoletani del primo Seicento, i quali abitarono quasi tutti nella zona delimitata tra piazza Carità e lo Spirito Santo, vera Montmartre dell’epoca. Sappiamo inoltre che nel suo laboratorio hanno fatto apprendistato oltre a Pacecco De Rosa anche Juan Do , Aniello Falcone e Agostino Beltrano.
Il Vitale, come gia detto fu un discepolo del Sellitto, del quale portò a termine il Crocefisso di Santa Maria in Portanova e pure lui lavorò in Santa Anna dei Lombardi, dove ottenne dai Noris Correggio, per un San Carlo Borromeo, un emolumento molto alto di duecento ducati.
Fu inoltre l’autore di dipinti come la Liberazione di San Pietro dal carcere del museo di Nantes, il San Sebastiano conservato a Dublino e il San Gennaro, San Nicola e San Severo che insieme al Sacrificio di Isacco sono ogi custoditi al museo di Capodimonte
Tra il 1617 ed il ’18 ebbe la commissione di eseguire otto tele per il soffitto dell’Annunziata di Capua, che purtroppo, versano attualmente, in pessime condizioni. Sua anche la grande pala dei Santi vescovi, già in San Nicola alle Sacramentine, intriso di un intenso naturalismo dovuto alla lezione caravaggesca.
Successivamente, frequentando la bottega del Ribera e avvicinandosi alla sua pittura raggiunse il culmine del suo percorso naturalistico con il San Sebastiano della chiesa dei Sette dolori e l’Angelo custode della Pietà dei Turchini, che possiamo considerare il suo capolavoro, e uno dei quadri più importanti del Seicento napoletano.
Intorno al 1653 dipinge La Deposizione della chiesa di Regina Coeli, e dopo un lungo periodo di collaborazione col figliastro, Pacecco De Rosa , ravvivando la sua pittura di colori vivaci e più luminosi ,realizza nel 1650 il dipinto Fuga di Loth da Sodoma, pendant di un Rachele e Giacobbe realizzato dal De Rosa
I due artisti inoltre hanno quasi certamente dipinto insieme la tela che raffigura la Madonna e San Carlo di San Domenico Maggiore alla Gloria di Sant’Antonio conservato nell’ arciconfraternita in San Lorenzo
L’artista morì a Napoli nel 1650.