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Oggi per conoscere la nostra bella città ricca di storia e arte ci rechiamo in Via Foria e precisamente in Via Federico Delpino, accanto alla Chiesa di Santa Maria degli Angeli alle Croci, per farvi conoscere uno dei più bei chiostri di Napoli.

Un recente restauro effettutato preso il chiostro di Santa Maria degli Angeli, appartenente alla omonima chiesa che si trova nella zona alle spalle del famoso Orto Botanico , ha infatti restituito alla nostra città uno dei più bei esempi di architettura claustrale napoletana seicentesca.

La struttura che viene oggi definita da tutti come ” IL CHIOSTRO DELLA VETERINAIA perchè sede della facoltà di Veterinaria, fu costruito nel 1581 dai Francescani Osservanti e, poi, ampliata da Cosimo anzago nel XVII secolo quandi vi si insediarono i Francescanui Riformati. Il chiostro, a pianta quadrata con sette arcate per lato, presenta dei bellissimi affreschi sulle volte a crociera raffiguranti episodi biblici, attribuibili alla scuola di Belisario Corenzio.

Nella sua  primitiva bellezza, a cui il bellissimo chiostro pare essere ritornato dopo l’infelice  ‘espulsione dei frati avvenuta nel 1812 che lo vide purtroppo venir messo a disposizione del Ministro della Guerra e della Marina e per la caserma della guarnigione di Napoli, esso non presenta oggi ampie forme di degrado per cui è possibile valutare con estrema qualità  la straordinaria raccolta di stemmi dell’aristocrazia cittadina dell’epoca  presente nelle volte delle trentasei arcate che caratterizzano il luogo.

Essi oltre che essere eccellenti testimoni storici dell’antico splendore dell’intero monumentale complesso ecclesiastico , costituito dalla chiesa , dal convento e dal suo  bellissimo chiostro, mostra  ancora una volta in modo inequivocabile le strette relazioni che frà Giovanni aveva con tutti gli uomini più potenti del Regno che affascinati dall’essere eternati nel chiostro non mancarono di sostenere con ingenti somme la sua edificazione .

Da un punto di vista morfologico la struttura si presenta come un quadrato quasi perfetto i cui lati sono suddivisi ognuno da una serie di sette campate concluse da ampie volte a crociera di copertura stuccate con i decori tipici del seicento napoletano. Le arcate poggiano su poderosi pilastri di piperno scanalati i quali si presentano agli angoli con uno spessore doppio. Su tali pilastri corre l’architrave per tutti e quattro i lati e il sistema colonna/pilastro si presenta come un ordine singolo.

Dopo aver visitato la bella chiesa, dove si vede chiaramente, sopratutto nell’atrio, la mano di riammodernamento operata da da Cosimo Fanzago per conto di  frà Giovanni che nelle sue intenzioni voleva rendere la sua abbazia  particolarmente sontuosa ed appariscente , se ci rechiamo  alla sinistra della chiesa ,dove si trova  l’accesso al bellissimo chiostro, subito noteremo che esso  è decorato con affreschi di Belisario Corenzio che rappresentano  storie evangeliche disposte lungo le trentasei arcate .In ognuna delle campate appare dipinto uno stemma dove viene indicato il nome del personaggio a cui si riferisce mentre nella campata centrale di ogni lato si ripresentano sempre gli stessi stemmi : sono quelli del vicerè , della moglieAnna Carafa, del loro figlio Nicole e di Elena Aldobrandini , madre di donn’Anna .

Come avete certamente capito la  storia di questo edificio ruota principalmente intorno alla figura di un frate particolarmente potente e famoso all’epoca chiamato  Frà Giovanni da Napoli . Egli , nato a Sulmona, ma cresciuto a Napoli, divenne nell’ambito  francescano , ministro generale dell’allora Ordine degli Osservanti ( poi confluiti nei Minori di Santa Chiara di Spaccanapoli ) e per varie condizioni di sorta, si trovò spesso  al centro di quasi tutte le relazioni di potere  del viceregno e del papato di allora .
Il suo nome venne spesso accostato a nomi celebri  dell’epoca  e a prescindere dell ‘importanza che egli assunse all’interno dell’ordine attraverso incarichi e nomine , ebbe un ruolo decisivo nel matrimonio tra il vicerè ed Anna Carafa , nobildonna ricchissima appartenente alle famiglie più in vista del Regno, che diventerà così viceregina di Napoli dal 1637 al 1645 .
La rosa di nomi celebri che ad essa si sono legati negli anni  è sicuramente uno degli aspetti che maggiormente suscita il fascino di questo luogo che ci racconta sopratutto di una Napoli vicereale in  cui il vicerè Medina de Las Torres e di tutti gli uomini di quella corte, insiema ad un alto prelato come frà Giovanni , in barba  alle più recenti riforme ecclesiastiche e incuranti della somma missione francescana rivolta sopratutto all’attenzione dei più poveri ,trasformarono quella che inizialmente doveva essere solo una chiesetta extramoenia , in una splendida architettura sacra dove in maniera narcisistica mostarono invece  interesse  al solo  manifestare la propria posizione di potere sociale raggiunta primo tra i tanti,.
Il tutto incomincia quando il duca Medina De Las Torres sposa la figlia del Conte-Duca di Olivares; avendola disgraziatamente perduta, il suocero, gli consente di risposarsi con la principessa di Stigliano, Anna Carafa, e la sposa quando questa, avendo anche lei perso il padre e due fratelli, si ritrovò sola ad ereditare l’immensa fortuna immobiliare di famiglia da parte di padre in aggiunta a quanto già le spettasse di diritto, essendo Anna, figlia di Elena Aldobrandini, niente di meno che la nipote di Clemente VIII, ed essendo sua madre duchessa di Mondragone le spettava anche il diritto al titolo di duchessa di Sabbioneta contestualmente a tutti gli averi della nonna Isabella Gonzaga.
Con questo matrimonio, la Corona di Spagna otteneva l’importante scopo di maritare Anna Carafa col consenso del re, di dotare il Conte-Duca di un erede maschio ed infine, promettere per poi mantenere ad Isabella Gonzaga, che la nipote donn’Anna sarebbe divenuta viceregina di Napoli.
In tutta questa faccenda, fra Giovanni da Napoli si colloca come personaggio chiave nel matrimonio del Duca Medina con la nobildonna Anna Carafa e una volta acquisita la benevolenza del vicerè sfruttò benissimo la sua posizione intrecciando amichevoli rapporti con il banchiere  Bartolomeo d’Aquino, della dinastia dei principi di Caramanico , tessendo da intermeddiario una lunga e laboriosa serie di trattative economiche e finanziarie ( facilitate grazie al  rapporto amichevole del  vicerè Medina de Las Torres con il d’Aquino ) favorente nuovi interessanti buone trattative finanziarie per la  Spagna.
Tutto questo gli comportò la stima personale di Filippo IV  a tal punto da ottenere  nel 1638, per intercessione del cardinal Francesco Barberini, dalle mani di Urbano VIII, il generalato dell’Osservanza dei Francescani Riformati assegnato manco due settimane prima ad un altro sacerdote poi destituito dall’incarico . L’anno successivo, verrà eletto definitore generale dei Francescani e nel 1645, a Toledo, diverrà il Ministro Generale dei Minori. Morirà nel 1648 non prima di esser stato avanzato all’incarico di Arcivescovo di Valencia.
Fra Giovanni come avete capito fu quindi un uomo religioso potentissimo, a tal punto che si racconta che e spesso alla sua corte Filippo IV usava  affermare e dire riferendosi al frate , che non bisognava dire  “frà Giovanni da Napoli ” ma piuttosto ” Napoli di frà  Giovanni ” .
Egli fu assai legato alla chiesa di Santa Maria degli Angeli alle Croci, e, allorquando, il pontefice Urbano VIII nel 1639, emise la bolla Inuiuncti Nobis, con la quale, dichiarava Provincie le Custodie Riformate, e impose per decreto che fossero attivati noviziati e biblioteche per ognuna di esse, la preferenza nella città del viceregno cadde su Santa Maria degli Angeli alle Croci. I testi attendibili addirittura parlano di una determinata operazione studiata a tavolino dal frate per depredare , grazie alla sua influenza sul vicerè , diverse chiese francescane  della provincia di Napoli , di molte delle sue opere per trasferirle nella sua chiesa .
Inoltre , grazie alle sue amicizie , riuscì ad ottenere molti finanziamenti dai baroni del Regno ( in particolar modo dal ricco banchiere Bartolomeo d’Aquino ) con i quali , scegliendo il meglio , diede incarico a Cosimo Fanzago di rimodernare chiesa e convento in modo tale da cancellarne le primitive forme scarne ed essenziali per trasformarla in una  struttura più sontuosa .e consone al suo potente ruolo

Il risultato finale fu  l’unica chiesa napoletana in cui spicca l’assenza del colore, in segno di rispetto della Povertà dei Riformati, in cui però  emerge l’impronta barocca data alla struttura da Cosimo Fanzago .

N.B. : Il chiostro oggi  è uno spazio inglobato all’interno della Facoltà di Medicina Veterinaria dell’università degli Studi, Federico II.
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