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Oggi 27 ottobre, si celebra San Gaudioso, uno dei vescovi di Napoli, e poi coprotettore della città, proveniente dall’Africa settentrionale, morto il 27 ottobre tra il 451 e il 453 d.C.
Egli era un vescovo nordafricano, originario della Bitinia che fu esiliato dai Vandali per aver rifiutato di convertirsi all’Arianesimo. Il re dei Vandali, Genserico, lo costrinse ad andare via dalla sua terra natale su una zattera senza vele né remi, per poi abbandonarlo in mezzo al mare. Nonostante ciò, Gaudioso sopravvisse e approdò miracolosamente a Napoli intorno al 439 d.C. stabilendosi in maniera permanente sulla collina di Capodimonte dove costruì un monastero.Poi ne realizzò un altro sulla collina di Caponapoli che purtroppo oggi è del tutto distrutto, per aver fatto spazio alle cliniche universitarie.
Tra le sue numerose opere di bene e di realizzazione di luoghi di culto, mi piace ricordare a tutti che San Gaudioso fu colui che con grande passione si adoperò per la traslazione a Napoli di alcune reliquie di Santa Restituta, che fece custodire nella basilica paleocristiana omonima, che oggi fa parte del Duomo di Napoli.
Dopo la sua morte egli fu sepolto nell’area cimiteriale extra-moenia della città, in una catacomba paleocristiana nel V secolo che prese il suo nome e divenne un importante luogo di sepoltura e pellegrinaggio.
Nel Seicento, proprio dove si trovavano le catacombe a lui intitolate, venne ritrovato un affresco del V- VI secolo , che rappresentava la più antica raffigurazione della Madonna a Napoli , alla quale per devozione si decisedi erigere in quel luogo la bellissima basilica di Santa Maria della Sanità. Le catacombe divennere allora la terra santa della nuova chiesa,e quindi il luogo in cui venivano seppelliti i frati morti con una tetra pratica che utilizzava ” le canterelle “come scolatoi, cioè cavità di pietra in cui si appoggiava il cadavere per fargli perdere i liquidi organici.
La tomba del santo Gaudioso è tuttora visibile; è rivestita da uno splendido mosaico e le pareti della stanza in cui la tomba è custodita sono decorate con affreschi.
Dopo la costruzione della chiesa le catacombe divennero in qualche modo la terra santa della nuova chiesa, il luogo in cui venivano seppelliti i frati morti. Furono in pratica utilizzate come scolatoi, cioè cavità di pietra in cui si appoggiava il cadavere per fargli perdere i liquidi organici.
Tutto questo perchè all’epoca si pensava ritenendolo giusto che la testa fosse la parte più importante del corpo poiché sede del pensiero; per cui, dopo l’essiccazione, le teste venivano conservate mentre il resto del corpo veniva ammassato negli ossari.
Ma fate attenzione !!
Queste catacombe con il tempo divennero seppur con lo stessi macabro rito ,un importante cimitero aristocratico per i nobili del seicento . Essi pur di essere sepolti accanto al sepolcro di San Gaudioso, convinti che questo particolare tipo di trattamento una volta morto potesse concedere alle loro anime, una sorte di espiazione anticipata dei propri peccati, erano disposti a pagare ai frati domenicani una cifra assurda che servi all’odine clericale per ristrutturare la stessa Basilica .
Il “rito della scolatura” insomma veniva pagato a peso d’oro (il corrispondente di tre milioni di euro attuali ) e prevedeva che i cadaveri venivano posti all’interno di alcune nicchie, le cosidette cantarelle (dei seditoi con un foro al centro) sotto il quale veniva posto un vaso per raccogliere i liquidi dei cadaveri messi lì a ” scolare “e seccare. Per agevolare questa operazione sui morti venivano praticati dei fori ( venivano punzecchiati ). Il difficile compito spettava ad un becchino che proprio in virtù di questo ingrato compito veniva appunto chiamato “schiattamuorto“.
Da questo rito, deriva anche l’attuale imprecazione “Puozze sculà”, cioè che tu possa morire ( ma in malo modo ).
Le teste dei cadaveri venivano invece incastonate nel muro e per i ceti più abbienti ( quelli disposti a pagar più danaro )sotto ad esso , si dipingeva un corpo che desse qualche indicazione sul mestiere del defunto,
Siamo nel seicento e il buon Totò che pure era originario di quei luoghi non era ancora nato e quindi nessuno sapeva della sua famosa poesia “A livella”“
Quanno arriva ‘a morte, ‘o denaro nun conta cchiù: ‘a livella ce mette tutt’eguale, ricco e povero, senza distinzione.”











