Palazzo Majorana è un edificio monumentale della nostra città che come riportato su di un’iscrizione al di sopra del portale, fu costruito nel 1754 per volontà di Gaetano Majorana , in arte Caffarelli  uno dei più famosi cantanti evirati del tempo . Esso si trova  ubicato in via Carlo De Cesare 15 nel  quartiere San Ferdinando ed il suo progetto viene attribuito al famoso architetto  Ferdinando Sanfelice   che realizzò il portale in piperno, incorniciato tra lesene con arco a tutto sesto  , la cui cornice superiore ha funzione di sostegno del piano superiore e funge da balcone del piano nobile; all’interno, invece, s’innalza una scala a singola rampa con volte a crociera .

 

 

 

CURIOSITA’: Il cartiglio sul portale reca la seguente iscrizione ” Amphyon Thebas, Ego Domum”, una allusione alla mitologica storia del figlio di Zeus ed Antiope che edificò la città di Tebe, traendosi le pietre al suono della Lira. Essa fu voluta dal Caffarelli per  sottolineare che come l’Anfione eresse le mura di Tebe attraverso il suono del proprio flauto, così Majorana costruì il suo palazzo grazie alla sua voce celestiale.

 

Nato a Bitonto nel 1710 , Gaetano Majorana , figlio di un povero agricoltore, era inizialmente destinato alla professione di suo padre, ma fin da giovinetto dimostrò una grande inclinazione per la musica, tant’è che invece di aiutare il padre nei suoi lavori da contadino , preferiva frequentare le Chiese ove si faceva musica.  Il  suo gusto appassionato per la musica lo fece addirittura portare a resistere ai numerosi castighi inflittogli nel trascurare le occupazioni in cui lo si voleva impiegare a dimostrazione che  nulla  gli poteva impedire di andare a sentir cantare e suonare l’organo nelle chiese.  Tale assidua frequenza fu notata da un certo maestro di musica chiamato Caffaro . Egli  notata  l’assiduità del giovane contadino alla cappella di cui era maestro , avendo intuitone  le spiccate attitudini ed uditane la voce, si recò presso il padre di questo bambino e gli dipinse un quadro così allettante della fortuna destinata a suo figlio col talento che poteva acquisire, che il contadino si lasciò convincere e permise che il futuro virtuoso fosse inviato a Norcia , per l’operazione di castrazione. Al suo ritorno, Caffaro lo prese con lui e gli insegnò a leggere e a scrivere, gli impartì lezioni sugli elementi della musica, poi lo inviò a  Napoli da Porpora , tanto grande come maestro di canto quanto come compositore. Da quel momento il protetto di Caffaro, prese, per riconoscenza, il soprannome di Caffarelli che coservò per tutto l’intero periodo della sua carriera artistica . 

Porpora fece studiare il suo allievo, per cinque anni, e dopo questo lungo studio si dice  disse al suo allievo: «Va’ figlio mio, non hai più nulla da imparare, tu sei il più grande cantante del mondo!».

 

Nel 1724 Caffarelli , alla sola età di 14 anni debuttò al teatro Valle a  Roma  e apparve per la prima volta in un ruolo di donna, secondo l’uso del tempo per i giovani castrati. La bellezza della sua voce, la perfezione del suo canto e la regolarità dei tratti del suo viso gli procurarono un successo entusiasmante. Ricercato dai principali teatri d’Italia  Napoli, Roma , Venezia , Torino, Genova ,Modena,  Milano e Firenze dove tutti  l’accolsero con entusiasmo ricevendo  dappertutto numerose  testimonianze d’ammirazione.

Divenuto famosissimo si esibì anche in Potogallo , Austria , Spagna ma sopratuuto a Londra e Parigi accumulando considerevoli ricchezze ma fu a  Napoli in particolare che il suo talento provocò un vero delirio prestando servizio presso la Reale Cappella.  Interpretò il ruolo di primo uomo con un successo senza pari,  suonava bene il clavicembalo, leggeva ogni tipo di musica a prima vista e sovente improvvisava. La  sua voce non poteva essere paragonata a nessun’altra, esclusa quella del solo Farinelli (che poi divenne il più celebre castrato di tutti i tempi), tanto per l’estensione che per la forza unita alla dolcezza dei suoni. Egualmente notevole nel canto lento e nei passaggi d’agilità, eseguiva con perfezione prima sconosciuta trilli e scale cromatiche, sembra anzi essere stato il primo ad introdurle nello stile di canto dell’opera.

Tuttavia, Caffarelli possedeva un carattere a dir poco pessimo, ed era anche molto capriccioso, arrogante, egocentrico e dispotico verso i colleghi, che di solito ostacolava con ogni mezzo persino durante la rappresentazione di un’opera ,  deridendoli  mentre in quel momento stavano cantando , facendogli l’eco, andando a parlottare con persone dietro le quinte o nei palchi, rumoreggiando, starnutendo e suscitando l’ilarità del pubblico. Capitarono zuffe e liti sul palco, e una volta persino a una messa cantata, in cui Caffarelli picchiò e buttò fuori un giovane castrato.

Secondo alcuni esperti studiosi ,  furono probabilmente proprio gli eccessi capricciosi di Caffarelli a stancare ed allontanare il pubblico italiano dalle figure dei castrati come divi assoluti della musica e della buona società, ruolo che avevano avuto dalla prima metà del ‘600 ad allora; già ai tempi di Farinelli (pochi anni dopo) le cantanti donna avevano in gran parte soppiantato i castrati perlomeno nelle parti operistiche e teatrali, se non in quelle religiose, e all’inizio del XIX secolo il loro numero si era di molto diminuito così come il numero dei conservatori napoletani che li formavano..

Caffarelli morì a Napoli nel 1783 dopo essersi ritirato gli ultimi anni della sua vita nel suo feudo di S. Donato (che si trova in provincia di Otranto) rifiutando più volte  l’invito a solcare ancora le scene teatrali,  per rimanere fedele alla sua decisione di ritiro globale dalle scene e per la volontà di godersi, nella tranquillità del suo feudo, le immense ricchezze che aveva accumulato durante la sua vita di cantante di primo piano, anche se non solo per la sua voce sublime…
Si sa che da quando era entrato in possesso del feudo di S. Donato, difficilmente si recava a Napoli e se lo faceva era o per servizio presso la Cappella Reale, oppure per cantare in qualche Chiesa o in qualche concerto.

CURIOSITA’:  A Napoli il fenomeno dei castrati era molto diffuso, basti pensare che fuori ad alcune botteghe venivano esposti cartelli con su scritto” qui si castrano fanciulli”, considerando questo rito un’occasione per fare carriera e portare lustro al buon nome della famiglia di provenienza.
Quasi un quinto dei bambini del Conservatorio Sant’Onofrio vennero castrati o “scogliati”, divenendo oggetto di scherno ma anche di invidia da parte di tanti altri, in quanto essi subivano attenzioni particolari, contrariamente agli altri iscritti; tra le tante salvaguardie, essi venivano tutelati dal freddo, affinché la loro preziosa voce fosse preservata.

I castrati erano veri e propri usignoli in gabbia, un tesoro inestimabile per gli Istituti ospitanti, che li facevano esibire nei maggiori teatri cittadini, accrescendone la fama. Tra gli insegnanti più famosi del Sant’Onofrio ci fu Nicola Porpora, maestro del genere operistico di maniera in tutta italia; nel capoluogo partenopeo egli era noto come “Porporino” e tra i suoi allievi figurava proprio Gaetano Majorana, che una volta castrato, divenne il più affermato cantante napoletano dell’epoca.

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