Il Complesso della Santissima Trinità delle Monache che comprende il convento e la monumentale chiesa, è uno dei più vasti complessi abbaziali di Napoli locato nel centro antico della città.

Il maestoso edificio che fino a qualche anno fa ha ospitato l’Ospedale Militare, risale al 1536. Si trattava precedentemente di un convento chiamato “Trinità delle Monache” che nel 1806 diventò l’Ospedale militare di Napoli (sotto Giuseppe Bonaparte) oggi trasferito altrove.
La chiesa fu commissionata a uno dei migliori architetti del tempo, il Grimaldi, e la spesa fu di circa centocinquantamila ducati, una somma allora elevatissima.
Il monastero della Santissima Trinità delle Monache, era uno dei tanti ritiri religiosi per donne e fanciulle sorte nella Napoli del XVII secolo.
Esso fu fondato da donna Vittoria de Silva, una nobildonna che dopo aver platealmente rifiutato all’ultimo minuto le nozze col conte di Biccari, Emilio Caracciolo, si ritirò nel convento di San Girolamo a Mezzocannone, abbracciando la vita claustrale col nome di suor Eufrosina.
Successivamente desiderosa di una vita più vicina all’austerità della prammatica evangelica, istitui un ritiro nei pressi di via Costantinopoli e vi diede il nome di Trinità delle Monache.
Ben presto, però, visto il numero crescente di educande, ella acquistò un lotto di terra a ridosso delle mura della città, di proprietà della certosa di San Martino, nel tratto alto dei quartieri Spagnoli, chiamato Contrada delle Celse, per costruirvi un monastero molto più grande, atto ad ospitare un numero maggiore di educande ( ebbe il permesso di costruire da papa Clemente VIII ).
Il monastero che fu costruito era tra i più ricchi e scenografici per posizione della città: da quest’altura da un panorama non ancora deturpato da altre costruzioni era ben visibile, lungo il porticato, composto di 28 arcate, sul lato settentrionale del monastero, tutto il bel panorama di Napoli.
Il convento, di grande bellezza architettonica e circondato da lussuosi giardini:le monache di questo monastero erano famose per il dolce “Bocca di dama”. e spesso accoglievano famiglie aristocratiche che gradivano molto il luogo ed il panorama .
CURIOSITA’: Le guide del Settecento descrivono il monastero come un luogo incantevole: le camere si affacciavano verso il mare, fontane artificiali, giochi d’acqua, boschetti con fontane, una peschiera e giardini si articolavano nel complesso; vi era persino un laghetto artificiale dove le monache remavano in barchette a forma di gondola.
Il monastero, dunque, era tra i più ricchi e scenografici per la particolare posizione nella città e ospitava solo fanciulle appartenenti a famiglie di alto lignaggio. Erano solite allestire sontuosi banchetti in occasioni di feste o quando ricevevano grosse personalità; inoltre mettevano in scena drammi musicali o sacre rappresentazioni.

All’ epoca, tutta questa zona era una grande area agricola non edificata ricca di vastissimi terreni con boschi, uliveti, vigne e piante di frutto che si estendeva dalla Riviera di Chiaia arrancando per balzi di quota fino al Vomero nei pressi di Castel Sant’Elmo.
L’architetto teatino Francesco Grimaldi, una volta terminato il convento, fu incaricato di progettare la chiesa; furono spesi 150.000 ducati mentre si avvicendavano gli architetti Giovan Giacomo di Conforto e Cosimo Fanzago.
Per la costruzione della chiesa,come vi abbiamo accennato negli anni si avvicendarono gli architetti Gian Giacomo di Conforto e Cosimo Fanzago. L’edificio venne ultimato nel 1620, grazie al progetto realizzato da Francesco Grimaldi. In seguito, a partire dal 1623, alcuni interventi furono realizzati da Cosimo Fanzago, che aggiunse la scala e modificò alcuni elementi esterni, mentre successivamente vennero costruiti il vestibolo, il portale d’ingresso e, per finire, nel 1629 la cupola, distrutta poi da un crollo nel 1897 e sostituita da un semplice soffitto a falde ( i crolli della volta e della cupola sono anche da attribuire alla scarsa manutenzione con cui fu tenuto in quegli anni la struttura).

Il Fanzago si occupò in particolare della decorazione marmorea della chiesa aggiungendo numerosi caratteri barocchi, come per esempio le sculture in marmo presenti sulla scala. Tutto quanto il pavimento in marmo purtroppo è poi andato perduto in un terremoto del 1732.
La chiesa dopo il crollo della cupola avvenuto dopo gli episodi del disastroso sisma, fu spogliata delle opere d’arte grazie anche a varie vicende di predoneria) e trasformata in una sala di farmacia per il vicinissimo ospedale militare.
Il bel portale della facciata della chiesa, incorniciato da eleganti lesene in marmo colorato, è sormontato da un timpano nel quale in un riquadro è raffigurata una colomba, simbolo dello Spirito Santo. Essa è preceduta dalla bella scalinata, a pianta semicircolare con telamoni in marmo ( che come abbiamo già detto fu scolpita da Cosimo Fanzago, a metà sec. XVII) che immette in un atrio ornato da affreschi di Giovanni Bernardino Azzolino ritraenti i Santi e Martiri Francescani e agli angoli le quattro virtù: Povertà, Castità, Religione ed Ubbidienza.
La scala restaurata di recente e nuovamente bisognosa di restauri, rappresenta un grazioso ed armonioso lavoro di scultura. Essa si allarga elegantemente man mano che giunge al termine ed è ornata lateralmente da una delicata balaustra sostenuta alle estremità iniziali e terminali da cariatidi. Il portale d’ingresso della chiesa, incorniciato da eleganti lesene in marmo colorato, è sormontato da un timpano nel quale in un riquadro è raffigurata una colomba, simbolo dello Spirito Santo.
L’interno è a croce greca, mentre ai lati della navata si aprono quattro cappelle angolari mentre i transetti sono speculari.
Sono ancora conservate opere dello Spagnoletto, Rodrigo, Santafede, Siciliano.
Sull’altare maggiore si trovano due splendidi quadri: “La S.S.Trinità che incorona la Vergine ” e “I Santi della Santa Fede“. In una delle cappelline laterali è, inoltre, rappresentata una “Immacolata con i S.S.Francesco e Antonio“di Battistello Caracciolo.
Alcune opere di questa chiesa sono state portate in altri complessi cittadini come per esempio la Sacra famiglia e santi del Ribera, trasferita presso il palazzo reale di Napoli.
Mentre stanno in custodia al Museo di Capodimonte le tele appartenute alle monache firmate Joseph Ribera e rispettivamente: il San Gerolamo e la Trinità Terrestre, oltre a due comunichini scolpiti da Matteo Bottigliero nel 1737.
Dal chiostro seicentesco, di cui oggi rimane solo un lato con un portico che presenta 28 arcate; si può ancora oggi ammirare uno splendido belvedere, da cui si gode uno spettacolare panorama sulla città e sul Vesuvio.
CURIOSITA’: La chiesa era in origine talmente bella e ricca da esser paragonata alla cappella del Tesoro di San Gennaro. Fra le opere d’arte che vi erano all’interno, ricordiamo il tabernacolo dell’altare maggiore di Francesco Duquesnoy detto il Fiammingo, un vero capolavoro di oreficeria barocca, e dipinti di Palma il Vecchio raffiguranti L’ingresso di Cristo in Gerusalemme e La discesa al limbo offerti da Leone XI alle monache della Trinità. Vi era inoltre una magnifica tela di Fabrizio Santafede rappresentante La Trinità che incorona la Vergine, e poi opere di Luigi Rodriguez e di Giuseppe Ribera detto lo Spagnoletto, che oggi possono ammirarsi a Capodimonte. La fama della bellezza del monastero si diffuse a tal punto che nel 1630 Maria d’Austria, sorella di Filippo IV, fece visita alle monache che per l’occasione costruirono nel parco un piccolo pozzo dal quale si poteva mescere vino. Nel 1740 fu la volta di Maria Amalia di Sassonia, moglie di Carlo III di Borbone, che fu accolta con ogni sorta di pietanze preparate in “piatti cinesi e giarre d’argento” con decorazioni di cartapesta.
Quando nel decennio francese i monasteri furono soppressi, il monastero fu trasformato in ospedale militare e le monache ripararono nel monastero di Donnaregina.
Le opere d’arte furono involate, e da un rigoroso inventario di tutti gli oggetti d’arte esistenti nella chiesa a quell’epoca, molto di essi risultarono mancanti e purtroppo non si è più riusciti a sapere che fine abbiano fatto. Basti dire che dovevano esservi anche due opere di Marco da Siena, di cui si sono perse completamente le tracce.
Il moristero della Trinità delle Monache fu destinato sin dal 1806 da Giuseppe Bonaparte ad ospedale militare, nonostante le rimostranze del cardinale arcivescovo. Anche il governo italiano riconfermò la decisione di Giuseppe Boniparte, ma nel gennaio del 1879, quando già la chiesa apparteneva all’ospedale , il grande complesso era in un abbandono talmente grave che fu ritenuto dall’opinone pubblica « colpevole e indegno di un paese civile», Ma dopo che un ingegnere militare l’aveva dichiarata stabile e quindi adatta all’uso di magazzino per farmacia dell’Ospedale Militare, putroppo il tetto crollò uccidendo alcuni soldati! In questa triste occasione opere di scultura del Bottiglieri, marmi preziosi ed ari schi che vi erano ancora rimasti, furono trasferiti in parte al Museo di San Martino e in parte al Museo Nazionale.Nel 1980 l’ospedale militare fu trasferito e la chiesa chiusa
L’amplissima struttura appare oggi quasi del tutto abbandonata. In una piccola parte del complesso vi è la caserma di Polizia – Commissariato di Montecalvario- e in un’altra zona la caserma dei Vigili del Fuoco.
Oggi, finalmente , la chiesa e l’omonimo complesso sono interessati da una vasta opera di riqualificazione .Il Comune di Napoli vi ha realizzato un parco denominato “Santissima Trinità delle Monache
ARTICOLO SCRITTO DA ANTONIO CIVETTA