Giovanni Capurro nacque a Napoli il 5 febbraio 1859 .
Avviato dal padre agli studi tecnici preferì poi abbandonarli, per dedicarsi con maggiore impegno allo studio del flauto, diplomandosi al Conservatorio.
In seguito divenne giornalista presso il periodico socialista La Montagna, scrisse poi per il Don Marzio e il Roma. In quest’ultimo fu assunto nel 1896 come cronista, in seguito divenne critico teatrale e, negli ultimi anni di vita, impiegato amministrativo.
Capurro era un uomo brillante, colto e ospite gradito nei salotti ove cantava, suonava il pianoforte e faceva spassose imitazioni. Sin da giovanissimo si dedicò alla poesia pubblicando la raccolta ” le Napulitanate ” e poi Carduccianelle, che si guadagnarono l’ammirazione e le lodi dello stesso Carducci, per la bravura dell’autore nell’utilizzare il metro delle Odi barbare nella poesia dialettale.
Il suo primo successo fu la canzone ‘ A vongola ‘ma la sua composizione più famosa è indubbiamente il testo di ‘O sole mio, messa in musica da Eduardo di Capua. Nonostante lo straordinario successo della canzone, morì poverissimo a Napoli nel 1920.
Nonostante le innumerevoli canzoni da lui scritte , non ebbe mai grandi riscontri economici per la sua attività, limitandosi a vivere modestamente con il suo stipendio, appena necessario a mantenere la famiglia .
Il re Vittorio Emanuele III nel 1904 , gli regalo’ una spilla di brillanti per ringraziarlo della canzone ‘O figlio d’’o Rre’, da lui scritta in occasione della nascita del Principe di Piemonte Umberto . Egli , uomo umile e orgoglioso , onorato e gratificato del dono reale , nonostante le disagiate condizioni economiche , si recò nella chiesa di Piedigrotta ed appuntò il gioiello al mantello della Madonna.
Nel 1898 scrisse i versi che lo resero famoso, intitolati appunto ‘ ‘O sole mio’, e li consegnò ad un musicista posteggiatore , Eduardo Di Capua, affinché li musicasse. La musica della canzone fu scritta a Odessa, in Russia, ove Di Capua era in tournee con il padre, e fu poi presentata ad un concorso per Piedigrotta, promosso dall’editore Bideri , dove si piazzo al secondo posto .
Un “Successo senza precedenti” divenuto popolare in tutto il mondo tradotto in francese, inglese, tedesco, e perfino in svedese con versioni musicali realizzate a ritmo di tango e di valzer, e trascrizioni strumentali infinite (per pianoforte, mandolino, chitarra, orchestra, ecc.). Alla fama internazionale della canzone contribuì certamente anche la prestigiosità delle voci che la interpretarono: prima fra tutte quella di Enrico Caruso, che fece di ‘O sole mio uno dei cavalli di battaglia del suo repertorio concertistico nel corso della sua ventennale permanenza in America.
Il brano diventa famosissimo : un aneddoto narra che alle olimpiadi di Anversa nel 1920 durante l’inaugurazione , la banda che esegue gli inni ufficiali , avendo smarrito lo spartito dell’inno nazionale italiano , improvvisa un nuovo inno e attacca ‘O sole mio, che la folla dello stadio canta a gran voce.
La canzone e’ stata canticchiata nello spazio dagli astronauti , e con diverse versioni cantata dai maggiori cantanti del mondo .
Capurro scrisse anche un altro celebre brano musicato da Salvatore Gambardella, ‘Lilì Kangy’, in omaggio alle tante chanteuse napoletane che si celavano, sotto affascinanti e misteriosi nomi d’arte stranieri. Curiosamente la canzone la lanciò un uomo, Nicola Maldacea, che la eseguiva nei suoi spettacoli facendo anche la ‘mossa’.
Giovanni Capurro morì poverissimo nel 1920 ; i familiari negli ultimi istanti di vita gli misero accanto al letto una immagine di S.Giuseppe, patrono della buona morte. Il poeta guardò l’immagine, sorrise e più che alla buona morte pensò alle zeppole che si preparano a Napoli il 19 marzo, giorno della festa del Santo, e volle dettare l’ultima sua poesia, che in uno dei versi diceva “Che bona morte, si me sento meglio”.

CAPURRO

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