Il Vomero è il quartiere collinare di Napoli. Esso un tempo era un luogo prevalentemente agricolo (tutta la zona era, infatti, rinomata, per i suoi broccoli) e con i suoi piccoli villaggi e casali costituiva una periferia agricola, per la maggior parte disabitata e lontana dalla città di Napoli.
Durante la peste del 1656, la collina venne utilizzata come rifugio da parte della nobiltà e del clero e grazie alla scoperta della sua aria salubre (e alle nuove crescenti esigenze di espansione urbana della città) ben presto nel secolo XVII tutta la collina cominciava ad essere costellata di ville.
Nel secolo XVIII, il Vomero era luogo prediletto per la villeggiatura e numerose erano le ville che vi sorgevano; esso fu quindi concepito sin dal suo inizio, come un quartiere residenziale destinato alle classi nobiliari e anche a quelle regali in seguito all’acquisizione di una villa da parte di Ferdinando I di Borbone: l’attuale Floridiana (1817).

Nel primo dopoguerra il Vomero aveva ormai assunto la fisionomia di elegante quartiere residenziale. La magia del panorama, le grandi ville e le variopinte palazzine residenziali nell’elegante stile tardo Liberty; la vivacità dei parchi e delle vetrine dei prestigiosi negozi e delle attrattive sempre più crescenti fanno oggi del Vomero uno dei quartieri più chic e ambiti di Napoli, collegato al centro da metropolitana e funicolari.
Il nome Vomero deriva dal “gioco del vomere” che i contadini della collina praticavano nei giorni festivi, sfidandosi a tracciare con l’aratro il solco più diritto. Per vedere questo giuoco vi saliva una quantità di gente dalla città dicendo <<andiamo a vedere il giuoco del vomere>> nome attribuito poi alla città.
Nel punto più alto della collina del Vomero troviamo un complesso costituito da molti degli edifici storici più importanti di Napoli: Castel Sant’Elmo, la Certosa di San Martino con il suo bel chiostro e la sua splendida chiesa barocca e giardini a terrazze dai quali si può godere un magnifico panorama su tutto il golfo di Napoli.
Il castello nasce come Palatium medievale, poi trasformato in Castrum e poi infine in un castello fortificato (Belforte); il futuro Castel Sant’Elmo.
La storia nasce nel X secolo, quando alla sommità del colle di San Elmo c’era una chiesa intitolata a San Erasmo, il cui nome, trasformato prima in Eramo, poi in Ermo ed infine in Elmo, ha dato il nome alla collina e al castello che vi fu costruito.
Qualcuno attribuisce la costruzione a Roberto d’Angio che l’avrebbe edificato nel 1329.
Sembra accertato pero che già nel 1272 Carlo I d’Angio aveva fatto erigere sul posto, una torre che aveva solo funzioni di osservatorio.
Nel 1329 Roberto d’Angio avrebbe in effetti solo ampliata la costruzione trasformando la torre in un castello che chiamo’ Belforte. L’ampliamento fu affidato agli stessi architetti, Francesco di Vivo e Tino da Camaino, che iniziarono la costruzione della splendida Certosa a pochi passi.
Ma quello che possiamo ammirare oggi nella caratteristica forma di stella a sei punte è il castello voluto da Carlo V e realizzato durante il viceregno spagnolo da don Pedro de Toledo per l’esigenza dovuta ai nuovi mezzi bellici, costituiti dalle artiglierie.
Don Pietro de Toledo ordinò la ricostruzione del castello che dal 1537 al 1546 fu completamente rifatto secondo le regole militari che i tempi comportavano e fu chiamato Castel San Erasmo.
Il 13 dicembre 1546 un fulmine, cadendo sulla polveriera fece saltare in aria quasi la meta del castello uccidendo più di 100 uomini. Lo scoppio fu così tremendo che molti edifici della città tra i quali le chiese di S. Maria La Nova e di S. Chiara, riportarono danni.
Nel mese di luglio del 1647, durante la rivoluzione di Masaniello, il castello ( che aveva già subìto la trasformazione del nome e si chiamava S. Elmo) diede rifugio all’impaurito viceré Ponca de Leon, duca d’Arcos e nell’ottobre dello stesso anno, per i nuovi tumulti che seguirono la morte di Masaniello, il castello bombardò la città per tre giorni.
Nel 1799 Castel S.Elmo ebbe una parte rilevante nel breve periodo della Repubblica Partenopea: fu occupato di sorpresa dai patrioti che vi innalzarono l’albero della libertà e e fu l’ultimo a capitolare diventando, poi, una delle prigioni per coloro come Gennaro Serra di Cassano e Mario Pagano, che avevano difeso la Repubblica contro le bande Sanfediste del cardinale Fabrizio Ruffo.
I patrioti vi avevano innalzato l’albero della libertà, e il giorno precedente avevano proclamato la “Repubblica Napoletana, una e indivisibile“, dichiarando la caduta della monarchia.
Assolto il compito di fortezza, Castel S Elmo, fu adibito a caserma e negli anni seguenti a carcere militare.
Fino agli anni trenta, a mezzogiorno preciso un cannoncino sparava dall’alto del castello un colpo a salve per segnalare l’ora ai napoletani.
Il colpo si udiva in ogni punto della città, ma non era raro sentirsi domandare da qualcuno < scusate , e’ sparato miez juorno ? >
Il castello è formato da altissime mura con controscarpata tagliata nella roccia e numerosi sotterranei che si estendono intorno.
Nel mezzo del castello vi è una piazza d’armi assai vasta e al di sotto una cisterna d’acqua scavata nel monte enorme (come tutto il castello): due enormi cisterne in grado di garantire la fornitura idrica per tutta la popolosa guarnigione (insieme ai militari c’erano anche le famiglie).
Intorno ai sotterranei di Castel Sant’Elmo sono nate nei secoli diverse leggende, la più nota delle quali narra di segrete vie di collegamento con le altre fortezze cittadine e in particolare di un corridoio sotterraneo che conduceva a Palazzo Reale.
Il suo sottosuolo con i passaggi segreti, le enormi cisterne e le segrete terrificanti prigioni (dove a lungo fu imprigionato il grande filosofo domenicano Tommaso Campanella) ne accresce il suo già notevole fascino.
Poco distante, Carlo d’Angio nel 1325, commissiona la costruzione della famosa Certosa di San Martino. Era un monastero dei certosini che seguiva le regole di San Benedetto, ora et labora, qui quindi si pregava e lavorava. Circondata da giardini e boschi era in una posizione ideale per la contemplazione e la solitudine, la preghiera e il silenzio.
Nel 1368 la chiesa venne consacrata e dedicata alla Maria Vergine, a San Martino e a tutti i santi.
Nel 1600 assunse i lavori di abbellimento l’architetto Cosimo Fanzago che ne fece uno dei monumenti più belli e significativi del barocco napoletano; da vedere sono il Quarto del Priore, il chiostro e i suoi giardini a terrazze dal quale si può ammirare il panorama dell’intera città. Si tratta di uno dei punti più panoramici di tutta la regione con una fantastica vista sul Golfo di Napoli e sul Vesuvio.
Nel cortile monumentale, dominato dal gigantesco sperone di Castel S. Elmo che domina la città troviamo il chiostro grande, luogo di meditazione, circondato da un porticato dove erano presenti le celle dei monaci di clausura.
All’interno della Certosa dove, ricordiamo, non potevano entrare le donne (che si dovevano fermare al suo ingresso nella vicina chiesa) i pellegrini venivano per vari motivi, uno di questi erano i farmaci che qui si potevano trovare nell’apposita farmacia dei frati.
Si producevano vari unguenti e prodotti medicali con delle erbe coltivati negli orti dagli stessi frati. Si poteva trovare dell’ottimo vino prodotto nei vigneti dei grandi terreni che affacciavano verso il mare ma sopratutto si poteva comprare quello che era definito il miglior pane della città.
Tanti artisti napoletani hanno operato nella Certosa dove possiamo ammirare opere di Battistello Caracciolo – Luca Giordano – Giuseppe Ribera – Massimo Stanzione – Guido Reni – Antonio Vaccaro – Francesco Solimena – Francesco De Mura .
Da una bella porta del 600, si entra nella chiesa stracolma di capolavori del barocco napoletano dove non possiamo mancare di vedere almeno la persecuzione dei Certosini (affresco di Domenico Gargiulo detto Micco Spadaro) e le statue di San Giovanni Battista e San Girolamo del Fanzago (gli angeli sulle arcate).
La chiesa è molto luminosa, ricoperta da marmi pregiatissimi e coloratissimi che provengono da ogni parte del Mediterraneo.
Assolutamente da vedere le tele sopra le statue raffiguranti Mosè ed Elia di Giuseppe Ribera e gli affreschi della volta che mostrano l’ ascensione con angeli di Giovanni Lanfranco.
Entrare all’interno di questa chiesa significa esplorare un capitolo della storia dell’arte.
Qui ogni centimetro sia della volta, che delle pareti e del pavimento è stato decorato e ricoperto con degli affreschi, degli stucchi e delle splendide tarsie.
Uno dei capolavori più belli è certamente la bellissima balaustra realizzata con del marmo misto ad alabastro . Un intreccio di marmi la cui finissima lavorazione ha chiesto un lavoro immenso . Alle sue spalle l’altare a doppia facciata sembra a base di oro , marmi e argenti ma in realtà’ e’ stata realizzata con legno , stucchi e angeli in cartapesta , in quanto quello che vediamo era solo un modello per far vedere come sarebbe stato l’altare definitivo. Per mancanza di fondi non venne mai realizzato e il modello divenne l’altare definitivo.
Il coro era il posto dove i monaci si riunivano per pregare e cantare e per far meglio risuonare le loro voci, appare interessante notare che essi costruirono al di sotto un’altra immensa sala che funzionava da cassa armonica.
E’ impossibile comunque indicare tutte le opere, i dipinti, le statue, gli affreschi delle pareti e delle volte che sono presenti nelle pareti laterali. L’unico vero consiglio è quello di non mancare di vedere almeno una volta nella vita questa meravigliosa raccolta di opere d’arte.
La chiesa e’ considerata un vero capolavoro del barocco ma anche del 700 napoletano in cui si sposano la creatività dell’uomo e l’abilita’artigianale artistica.
Nei primi anni dell’Ottocento per la soppressione dei monasteri che interesso gran parte dell’Italia meridionale, alla Certosa vennero confiscati i beni; cominciò un inesorabile abbandono, amplificato nel 1866, quando fu eletto sede del Battaglione delle Guardia Nazionale. Poi fortunatamente fu destinato a raccogliere i ricordi della storia di Napoli come Museo Nazionale di San Martino. Ospita infatti dal 1866 Il museo nazionale di San Martino.

Il museo offre al visitatore diverse sezioni fra cui la sezione topografica napoletana, la sezione navale, con modelli di alcune corazzate reali, tra cui la bella imbarcazione reale di Carlo di Borbone chiamata ‘gondola ‘ usata per le passeggiate nel golfo di Napoli ,la sezione dei ricordi storici del Regno di Napoli con testimonianze della storia politica, economica e sociale del Regno, la sezione teatrale con stampe e disegni che si riferiscono ai teatri San Carlino e San Carlo, la sezione napoletana con dipinti di vedute napoletane ” la famosa Tavola Strozzi, varie raccolte dal XVI al XIX secolo tra cui delle bellissime Gouache e dalla piu’ grande raccolta presepiale d’Italia ( la più compiuta e importante collezione esistente in Italia) col celebre presepe Cuciniello ( un vero capolavoro con circa 800 statuette di cui alcune risalenti al 700) ed altri presepi minori di notevole fattura.
Alla realizzazione di questi presepi del 700 e 800 , parteciparono a suo tempo i migliori artisti di Napoli e dintorni .

 

CURIOSITA’ : In ogni comunità monastica certosina ,  può avvenire l’elezione di un nuovo priore attraverso il voto espresso dai stessi membri della comunità  (l’elezione di un priore  deve svolgersi entro quaranta giorni dalla rinuncia o morte del precedente priore ) .

Per l’intero periodo  non ci sono né candidature, né campagne elettorali,  Il voto è segreto, ed il nuovo Priore  per essere eletto deve  ottenere un numero di voti superiore alla metà di quelli  espressi. L’avente diritto al voto ( ogni frate professo ha  diritto ad un solo voto ) lascia cadere  in un apposita urna, un  fagiolo bianco per esprimere il proprio si, oppure  un fagiolo nero per indicare  il proprio no. Il luogo destinato ad accogliere le votazioni dove  la comunità si riunisce per prendere le decisioni più importanti inerenti  (  l’elezione di un nuovo priore è una di queste)  è chiamato Sala del Capitolo ( o Sala Capitolare ). In questa sala ben precisa del monastero  oltre a riunirsi per eleggere il nuovo Priore ,  si riuniva comunque  (  presso ogni comunità certosina )  una volta al giorno l’assemblea dei monaci per la lettura della Regola del Capitolo o per prendere alcune decisioni importanti.
Ma a queste riunioni  non avevano diritto tutti i monaci . Quelli cistercensi , per esempio , erano divisi in due categorie : i monaci coristi ed i monaci conversi e questi ultimi non  avevano diritto di parola  . Essi erano coloro che si erano avviati alla vita religiosa da grandi e potevano solo ascoltare  a queste riunioni ma non potevano prendere parola .
Di qui l’origine dell’espressione “non avere voce in capitolo” e la famosa frase ” quello non ha voce in capitolo …”.

 

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