La Chiesa di San Giorgio Martire che si  trova a Pianura  in Piazza San Giorgio, è un luogo
di culto che ha origini antichissime visto che una sua prima versione fu edificata nel XIII secolo da operai e minatori che lavoravano nelle cave di piperno della zona, dando vita al primo insediamento dell’attuale quartiere di Pianur. ,Pare, difatti, che alla metà del XII  secolo un primo manipolo di operai, probabilmente minatori assegnati alle locali cave di piperno e provenienti da Napoli e dalla limitrofa Marano, abbia dato vita al gruppo di abitazioni del casale di Pianura: quasi certamente a loro è da attribuirsi la costruzione della prima iniziale   costruzione della chiesa attualmente sottoposta rispetto al livello stradale.

Successivamente, a causa dell’incremento dell’attività estrattiva, il piccolo borgo sopratutto in età angioina e aragonese, e particolarmente a partire dal 1484,( simultaneamente al rimaneggiamento delle mura di Napoli ),il picccolo borgo divenne sempre più grande e, a partire dai primi anni del XVI secolo, grazie alle offerte dei fedeli, cominciarono lavori di ammodernamento e ampliamento.

La chiesa dopo una prima  rielaborazione , ospitò  nel 1620, e reliquie di san Giorgio Martire ,che gli vennero donate  dall’allora vescovo di Pozzuoli Mongiojo Palatino; nel 1676 gli altari erano oramai sette, tuttavia soltanto nel 1717 venne eseguita la balaustra in marmo dell’altare maggiore ad opera del maestro Vincenzo Trinchesi.

Tra XVII e XVIII secolo si realizzano anche i dipinti su tela: la pala d’altare, raffigurante l’incoronazione della Vergine e il trionfo di San Giorgio sul male, e altre due pale per gli altari delle cappelle raffiguranti un angelo e San Vincenzo ammonitore.

Nel 1783 la chiesa venne benedetta per la prima volta; poco dopo, verso il 1789, venne aggiunto un corpo di fabbrica laterale con la costruzione della nuova sagrestia, mentre tutta la chiesa venne nuovamente pavimentata.

Tra il 1811 e il 1819 venne aggiunto il campanile con l’attuale facciata, che proponeva una forma architettonica alquanto misurata, caratterizzata nel primo ordine da un’apertura a serliana, la quale comunica con l’atrio rettangolare in cui si apre il portale.

Nel 1831 si definì la zona della cantoria, ultimata in seguito dall’organo progettato e realizzato dal maestro Gaetano Aveta.

Nel 1874, ancora, vennero terminati gli affreschi interni iniziati nel 1852 dal pittore Giuseppe Simonetti, tra i quali i quattro evangelisti, dipinti ad affresco nei pennacchi sottostanti il tamburo della cupola principale, l’Annunciazione alla Beata Vergine Maria, la Flagellazione di Cristo, la Natività e il Martirio di San Artema.

Infine, nel 1822 fu completato lo scalone d’ingresso.

In seguito, e fino all’ultimo ventennio dell’Ottocento, la chiesa è stata interessata da altri restauri, tra i quali quello della scala che oggi dà sulla piazza e quello degli stucchi interni. Restauri di una certa consistenza sono stati effettuati anche nel 1961, ad opera della Soprintendenza, che ha ristrutturato l’originario prospetto di facciata, con l’eliminazione delle bifore costruite negli anni precedenti.

La facciata si sviluppa su due ordini: il primo è caratterizzato da un pronao con serliana, mentre nel secondo due coppie di lesene inquadrano il rosone centrale. Sulla sommità è posto un timpano triangolare.

 

 

 

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