Il piu’ grande castello del mediterraneo , sorge a Napoli nella piazza che un tempo si chiamava Largo del Castello , oggi piazza Municipio; i napoletani lo chiamano Maschio Angioino, ma il suo nome originale e’ Castelnuovo , per distinguerlo dal vecchio Castel dell’Ovo e forse anche da Castelcapuano.
Dopo la conquista del regno di Napoli,Carlo d’Angio,inizio’ la costruzione di un nuovo castello in stile provenzale .
Si chiama ‘Maschio ‘ perche’ con tale nome viene indicato il torrione piu’ importante di un castello e per traslato e’ da intendersi ‘ castello ‘, mentre ‘Angioino ‘ perche’ fu fatto edificare da Carlo I di’ Angio’.
Fino ad allora i sovrani avevano fatto brevi e sporadici soggiorni nella citta’poiche’la capitale del regno era Palermo .
Carlo d’Angio’trasferi ‘ la capitale del regno da Palermo che allora contava 300.000 abitanti a Napoli che ne contava solo 30.000.
Egli si stabili’ a Castel Capuano , ma uno dei suoi primi atti , fu quello di edificare una nuova reggia rispondente alle esigenze della famiglia reale e della corte.
Bisognava rafforzare il sistema difensivo della citta’ e dare una degna reggia alla capitale
Infatti il Castel dell’ovo anche se era una rocca inespugnabile, avendo le possibilita’di essere rifornito dal mare , rimaneva isolato dalla terraferma e quindi dalla citta’.
Castel Capuano al contrario, pur essendo una formidabile fortezza era troppo distante dal mare .
Il luogo scelto per la costruzione del nuovo castello stava fuori le mura della citta’ tra le pendici del monte Echia, in prossimita’ del mare , prospiciente il largo delle corregge ( attuale via medina ) , dove sorgeva una chiesa intitolata ‘Santa Maria del Palazzo’ : Carlo d’Angio’indennizzo’ i frati francescani e concesse loro un’area nella cinta urbana , dove i frati eressero una nuova chiesa che fu chiamata Santa Maria la Nova.
Il nuovo castello cominciato nel 1279 e terminato nel 1282 fu chiamato appunto Castel Nuovo .
Re Carlo non riusci’ a godersi la sua nuova reggia, e fu il figlio Carlo II ad usufruire del castello . Da fervente cattolico , trovo’ il luogo privo di spazi riservati alla preghiera e provvide a rimediarvi con la costruzione di due cappelle private e di una ad uso pubblico. Sulla torre detta ‘ del Beverello ‘ prospiciente il mare, fece costruire un giardino pensile che popolo’ di ogni specie di animali.
Durante il regno di Roberto d’Angio ‘ divenne un vivace centro culturale e vi soggiornarono personaggi come Giotto, che affresco’ le pareti delle cappelle ( di queste opere purtroppo non e’ rimasta traccia) e altri illustri personaggi come Petrarca e Boccaccio .
La sua fastose corte fu teatro di uno degli eventi piu’ importanti della storia medievale : la rinuncia al trono papale di Celestino V ( Pietro da Morrone )
Tra queste mura e precisamente nella sala maggiore del castello ,Celestino V , ospite di Carlo II d’Angio ‘ fece ” per viltade il gran rifiuto “e abdico’ dal soglio papale lasciando via libera a Bonifacio VIII che lo fece poi uccidere.
La sala maggiore era la piu’ grande e nobile del castello con una volta alta 28 metri e affrescata da Giotto , venuto a Napoli nel 1329,a cui Roberto il saggio commissiono’ gli affreschi di Salomone , Ettore, Enea, Achille, Paride, Ercole, Sansone, e Cesare purtroppo andati distrutti.
In questa sala fu ricevuto con tutti gli onori ,dopo un viaggio durato un mese intero,Francesco Petrarca, per sostenere un esame che duro’ tre giorni per realizzare il sogno di essere incoronato poeta.
Petrarca aveva scelto Napoli per essere esaminato da Roberto d’Angio’,amante delle belle arti:doveva essere il sovrano in persona a dichiararlo degno di ricevere il lauro in Campidoglio.Cosa che accadde il giorno di Pasqua nel 1341, davanti a un’immensa folla plaudente.
Il giudice, l’esaminatore ,era un sovrano illuminato e dotto che nella sua bella reggia affacciata sul mare era solito accogliere alla sua corte poeti e filosofi, letterati ed artisti.Il re saggio e potente sostenne gli esami del Petrarca, emozionato come una matricola. per tre interi giorni dal mattino alla sera e solo il quarto giorno finalmente convinto che il Petrarca fosse degno di onore gli concesse a pieni voti il titolo di sommo poeta ( sarebbe poi divenuto uno dei piu’ grandi letterati di tutti i tempi).
Nel gennaio del 1348 per vendicare il fratello Andrea, marito di Giovanna I d’Angio’,morto assassinato, Luigi d’Ungheria occupo’ Napoli e prese possesso di Castel Nuovo mentre la regina , con il nuovo marito. cercava riparo in Provenza .
Un anno dopo , dopo 5 mesi di assedio ( il primo assedio sostenuto nella sua storia ) il castello ritornava in possesso di Giovanna d’ Angio’ .
Altri assedi vi furono nella lotta tra Angioini e Durazzeschi per la successione del regno , terminata con la vittoria di Ladislao di Durazzo.
Castel Nuovo vide la dissolutezza delle due Giovanna ed il trionfo di Alfonso d’Aragona, il quale trovandolo in uno stato deplorevole per le guerre e gli assedi , lo fece ricostruire quasi nuovo, munendolo di altre torri e di una cittadella , della quale oggi e’ rimasto solo l’arco della porta di accesso , visibile sulla sommita’ del prato sul margine del fossato occidentale .
L’Arco trionfale , opera magnifica del rinascimento italiano fu voluta da Alfonso d’Aragona per eternare il proprio trionfo ma non poté vederne la fine , perche’ l’ opera fu portata a termine dieci anni dopo la sua morte , a causa della sospensione dei lavori dovute alle guerre ed alle epidemie.
Il grandioso e celebratissimo arco in marmo bianco mostra due grandiose porte di bronzo : nell’ anta di sinistra e’ conficcata una palla di cannone .
Quando il re dei francesi Carlo VIII, fuggi da Napoli , depredandola di tutto , fece imbarcare su una delle galee anche le porte di bronzo . Queste furono messe sui fianchi delle navi come scudi . Nella successiva battaglia nei pressi di Genova , uno dei battenti fu colpito da una palla di cannone . I genovesi vincitori si impossessarono delle navi e le porte del castello ritornarono a Napoli.
In verita’ queste porte fecero gola anche ai piemontesi , che nel 1860, le stavano smontando per portarle a Torino . Esse rimasero al loro posto solo per il pronto intervento del popolo napoletano .

L’arco come detto , celebrava il trionfo di Re Alfonso e raffigura il suo ingresso trionfale in citta’.Il sovrano e’ raffigurato al centro dell’arco inferiore , seduto su di un carro aperto e trainato da cavalli e circondato dalla sua corte. Nel bassorilievo , nella folla che precede il carro trionfale ,vi e’una donna dalle labbra carnose dal profilo classico e adorna  di preziosa  collana ,in cui e’ stata individuata la favorita del re , Lucrezia d’Alagno. Si tratta dell’unica figura femminile dell’ arco .

Lucrezia d’ Alagno , fu signora assoluta della corte al tempo di Alfonso il Magnanimo ,e considerata al tempo la vera regina di Napoli .Ella con la sua bellezza  e la sua intelligenza ,fu con ogni probabilita’ per oltre un decennio , la vera ispiratrice  della politica aragonese nel Mediterraneo e certamente la donna piu’ potente del regno fino alla morte del Re protettore , persino piu’ potente della legittima moglie di Alfonso ( Maria Castiglia ) e della duchessa di Calabria , moglie dell’erede al trono. Ella nei cortei , nei tornei cavallereschi, negli spettacoli a Castel Nuovo , nelle adunanze ufficiali dei nobili e delle autorita’ cittadine , compariva accanto al Re oscurando ogni altra donna per bellezza e per capacita’ dialettiche. La morte di Alfonso , comporto’ il lento ed inesorabile declino della bella Lucrezia che fu allontanata dalla corte dal nuovo Re Ferrante e costretta a fuggire dal regno. Mori quindi dimenticata da tutti , dopo essersi inizialmene rifugiata in Dalmazia e successivamente a Ravenna .   Ancora oggi a lei e’ intitolata una strada della Napoli antica .

Alfonso ,nonostante il suo gran prodigarsi,  non fu molto amato dai napoletani, un pò perchè ricordavano sempre le sofferenze subite per causa sua, ed un pò proprio perché era sempre  e solo circondato da collaboratori catalani. I suoi assedi per la conquista della città durarono ben lunghi quattro anni e per portare a termine la sua conquista  aveva fatto soffrire al popolo della città la fame e la miseria con i suoi continui attacchi iniziati sotto il regno di Giovanna II e terminati sotto il regno di Renato d’Angiò.  La città uscì devastata e distrutta dalla lunga guerra con una  popolazione che era decimata e terrorizzata. I bombardamenti, le carestie, i combattimenti ed il saccheggio finale, avevano distrutti molti borghi e quasi tutte le case erano diroccate dal fuoco.

Il popolo non gli perdonò particolarmente le brutalità commesse durante il suo ultimo assedio .I militari aragonesi  infatti alla loro entrata in città uccisero ,  saccheggiarono  ed infine bruciarono quanto più era possibile. Alfonso condannò con decisione tale comportamento delle sue truppe, punendo addirittura con la pena di morte i colpevoli ma ciò non bastò a lenire l’astio dei napoletani contro i catalani ed il nome “catalano ” divenne sinonimo di nemico .

I militari aragonesi ebbero inoltre anche successivamente sempre un atteggiamento arrogante e prepotente con il popolo napoletano e questo
stato di cose comportò un continuo malcontento ed una crescente insofferenza in tutti gli strati della cittadinanza ed Alfonso fu sempre e comunque solo uno straniero che a malapena parlava la loro lingua.

La situazione del regno dopo la conquista era avvilente. Le finanze erano inesistenti e la miseria affliggeva il regno perchè la guerra aveva bloccato il commercio, la stasi dell’artigianato e l’abbandono dell’agricoltura. I nuovi arrivati per altro non erano granchè simpatici ai napoletani.
Eppure egli si diede un gran da fare per ricostruire ed abbellire la città e passò alla storia con il soprannome di “Magnanimo” proprio per le ingenti somme di denaro profuse per dare un aspetto più decoroso alla capitale del suo nuovo regno. Al suo insediamento trovò la la città completamente distrutta ed egli spese grosse somme di denaro per ricostruirla più bella ed elegante di prima facendola diventare una delle principali capitali rinascimentali d’Italia, come possiamo ammirare nella famosa ‘ Tavola Strozzi’ di autore ignoto (rinvenuta nel palazzo Strozzi di Firenze) oggi conservata nel Museo Nazionale di San Martino.
La città per un certo periodo di tempo fu un cantiere aperto: restaurò l’acquedotto, bonificò le zone paludose dei borghi, pavimentò le strade e ampliò la città verso la parte antica circoscrivendola con una murazione di 22 torti cilindriche ( tale spostamento delle mura presso Castel Capuano poi comportò la costruzione di Porta Capuana), riattò l’arsenale, restaurò la grotta di Cocceio, e fece integralmente trasformare Castelnuovo che fu abbellito con il magnifico Arco di Trionfo che è considerata una delle più belle opere del Rinascimento.

L ‘arco superiore , che il sovrano voleva fosse  realizzato da Donatello in persona , fu dotato di una serie di nicchie , sormontate da un timpano ad arco , in cui si trovano le statue delle quattro virtu’ : temperanza , giustizia , fortezza e magnanimita’.in cima si trova la statua di San Michele .

Con l’arrivo di Alfonso e il periodo pacifico che caratterizzò il suo regno ci fu una notevole ripresa economica grazie anche sopratutto all’industria della lana e della seta che furono in quel periodo particolarmente rigogliose dando da vivere a quasi la metà della popolazione.

Nonostante tutto questo , come vi dicevo re Alfonso d’Aragona , non fu mai particolarmente amato dai suoi sudditi e pur di farsi amare ed apprezzare mise in atto una vera e propria campagna di propaganda e autopromozione cercando di costruire di sè un’immagine idealizzata che ne avocasse la grandezza e automaticamente lo legittimasse a governare il regno . E allora ecco le fastose cerimonie pubbliche , i grandi balli a corte e le fasose cerimonie tipiche del castello .

Per  raffigurare la sua persona ed eternare il  suo trionfo fece costruire il celebre Arco di Trionfo dove  Alfonso è raffigurato in trionfo come un Imperatore romano circondato da paggi e vittorie alate, putti e cornucopie , notabili e dignitari , e bande di musicanti  .

Inoltre per impressionare la fantasia popolare e gli ambasciatori degli stati esteri, volle inscenare un clamoroso e fantasmagorico ingresso nella capitale. La scenografia dell’evento fu improntata allo stile dei trionfi dell’antica Roma: il suo ingresso da vincitore a Napoli avvenne su un carro attraverso un varco aperto nelle mura abbattute del Carmine ( per permettere l’ingresso del carro si dovettero abbattere 18 metri di mura) e la sua entrata in città fu scenograficamente ‘costruita’ come un vero trionfo alla maniera degli imperatori romani.

Amico e protettore di poeti, musicisti e umanisti, fu elogiato dai contemporanei come sovrano illuminato e generoso, che seppe fare del regno un centro artistico e culturale tra i primi in Europa; egli spese molto danaro per il mantenimento a corte di numerosi artisti e letterati dei quali lui amava circondarsi. La sua corte fu il punto di incontro di alcuni dei più illustri umanisti del tempo: Lorenzo Valla, Antonio Beccadelli detto ‘ il Panormita ‘, Giovanni Pontano, Jacopo Sannazzaro, Pietro Summonte sono solo alcuni dei grandi personaggi che frequentarono a sue spese la sua corte.

Re  Alfonso era un uomo di cultura , amante dei classici e dei poemi cavallereschi e certamente conosceva la leggenda del Sacro Graal . Nei poemi cavallereschi si raccontava che Galahad , figlio di Lancilotto , fosse l’unico cavaliere che poteva occupare il ” seggio periglioso ” , il tredicesimo trono della tavola rotonda di re Artù , destinato al solo cavaliere degno di ritrovare la sacra coppa.

Il sovrano Aragonese , secondo molti , era venuto in possesso del mitico  Graal , perchè donato dai monaci del convento di San Juan de la Pena alla corona Aragonese  Egli lo aveva solo  lasciato in pegno alla cattedrale di Valencia in cambio di un grande finanziamento per la sua campagna militare a Napoli. Ma ne era pure sempre il possessore e per questo motivo si sentiva un novello Galahad e volle quindi ricreare nel castello una simbolica analogia fra il cavaliere e se stesso, celebrando il diritto di governare il Regno di Napoli come Galahad aveva acquistato il diritto di sedersi sulla tredicesima sedia della corte di re Artù .

Il seggio periglioso viene  infatti  rappresentato sulle volte , sui pavimenti e nell’arco trionfale all’ingresso del Maschio Angioino. Esso appare  come  un trono con al centro una fiamma , su cui siede con orgoglio  nelle  sue insegne il sovrano aragonese seguito dalla sua corte.

 

Oltrepassato l’ingresso si entra in un grande cortile che mostra elementi risalenti ad epoche diverse dove spicca dinanzi a noi la Cappella Palatina , che rappresenta l’unico elemento superstite dell’età angioina e di arte gotica ancora presente nel castello . .La bella cappella Palatina ,costruita nel 1307  e restaurata alla fine del XV secolo a causa di un forte terremoto è infatti riuscita nel corso dei suoi lunghi secoli di vita a conservare quasi per intatto il suo antico aspetto originario. Essa  si affaccia come allora , con la parete di fondo sul porto mentre, invece, sul cortile presenta la facciata, adornata da un portico rinascimentale e uno splendido rosone. Nel suo interno in classico stile gotico sono conservate preziose opere d’arte come alcune sculture eseguite da Domenico Gagini (’allievo di Donatello e Brunelleschi ) ,ed alcune pitture attribuite all’artista fiorentino Maso di Banco. Sono invece purtroppo andate distrutte nel XV secolo dei bellissimi affreschi di Giotto relativi ad un ciclo del Vecchio e Nuovo Testamento che un tempo adornavano la cappella.

A sinistra della Cappella Palatina si trova la Sala dell’Armeria dove oggi sono visibili e ben allestiti importanti reperti archeologici di epoca romana rinvenuti durante alcuni lavori di restauro del cortile . Il pavimento di questa sala che come dice il nome era adibito ad armeria è stato dotato oggi di un pavimento in vetro trasparente sotto al quale sono visibili ben conservati i resti mortali di alcuni vecchi abitanti di Neapois. La cosa non vi deve molto sorprendere poiche anticamente questa zona non era compresa nei confini della città ed era dunque destinata come solitamente era uso fare ,alla sepoltura dei defunti .

Tra la Sala dei Baroni e la Cappella Palatina si trova la Cappella del Purgatorio cosi detta perchè veniva utilizzata quasi certamente per offrire ai condannati a morte i sacramenti prima di essere giustiziati. La cappella risale al trecento ed era consacrata a San Martino di Tours , ma fu nei secoli successivi rimaneggiata ed oggi si presenta con una decorazione in stile  barocco ed un bell’altare maggiore abbellito da un dipinto della Madonna del Carmine con San Sebastiano, papa Gregorio I e le anime del purgatorio.

E’ inoltre presente nel castello anche una cappella  intitolata a  San Francesco da Paola che porta questo  nome proprio perchè ospitò durante un suo viaggio il santo calabrese  per Parigi , .Essa fu consacrata nel 1668, dopo un restauro in stile barocco ed era  caratterizzata da una bellissima volta quattrocentesca  disegnata da Guillerm Segreram, che però fu  purtroppo distrutta durante la seconda guerra mondiale.

Nell’agosto del 1486 Castel Nuovo vide l’arresto , la prigionia,e poi il supplizio dei baroni ribelli, attirati nel castello da Ferrante d’Aragona con inganno . L’arresto avvenne nella gran sala che tutt’ora e’ indicata come ” la sala dei baroni ” .
Il 13 novembre 1486 , alla presenza della nobilta’ e del popolo fu pronunciata la dura sentenza di morte per Antonello Petrucci , il conte di Sarno , il conte di Carinola ed il conte di Policastro .I baroni sospettati di ordire congiure contro la casa reale  , furono qui invitati dal re Ferrante ad un evento pacificatore e cioè la celebrazione delle nozze della nipote .In realtà come detto si trattò di un trappola : i baroni presenti furono invece arrestati e successivamente condannati a morte.
Questa sala , che in seguito a questo episodio poteva divenire area museale oppure con giusta sceneggiatura ambientale area turistica attrattiva come poche , e’ invece sede del consiglio comunale …….ma gli stessi consiglieri non sanno che  nella Sala dei Baroni , in quella che un tempo era l’antica sala del Trono ,  si può assistere nelle giornate più lunghe dell’anno ( solstizio d’estate ) , quindi per circa una settimana all’anno,   ad una misteriosa immagine. dei raggi di sole che penetrano dal finestrone più grande della stanza creano sul muro opposto , una sagoma che ricorda la forma di un  libro aperto che sale fino al centro della parete . Il raggio solare , entrando dal finestrone  dal lato del cortile a ovest,  compie dapprima sulla parete  un insolito  arco di cerchio, e successivamente  un quadrato per poi trasformarsi  in quella che sembra essere la sagoma di un “libro aperto”, forse il libro della conoscenza.

Questo potrebbe essere un altro  messaggio cifrato lasciato da re Alfonso , che come qualcuno sostiene pare abbia  disseminato l’intero castello di simboli legati al calice. Una di questi è una  giara , che rappresentava l’emblema di un ordine fondato dal padre di Alfonso , Ferdinando . Essa appare  scolpita alla base del balcone del Trionfo da cui il sovrano si affacciava sul cortile del castello . Il balcone inoltre se rovesciato , assume , se ponete attenzione  le sembianze di un grande calice ….   La  Giara allora ,rappresentava una delle più importanti onorificenze del Regno , ma anche una coppa che potrebbe rappresentare il sacro Graal .

CURIOSITA’: . Sembra che il re  Alfonso durante  tutto il periodo in cui fu sovrano a Napoli , spesso  indossava  anche un’armatura decorata con il simbolo del calice .

 Nel castello nel 1599 vi fu imprigionato Tommaso Campanella , il filosofo autore della ‘ citta’ del sole’.

Egli subi’ numerose torture che poi continuarono nelle segrete di Castel Sant’Elmo per molti anni .
Numerose sono le leggende e i segreti che nasconde il castello :
Il filosofo Benedetto Croce scrive : . .. era in quel castello una fossa sottoposta al livello del mare , oscura , umida , nella quale si solevano cacciare i prigionieri che si voleva piu’ rigidamente castigare , quando ad un tratto si comincio’ a notare con stupore che, di la’ , i prigionieri sparivano . Fuggivano ? Come mai ? Disposta una piu’ stretta vigilanza , allorche’ vi fu cacciato dentro un nuovo ospite , un giorno si vide, inatteso e terrifico spettacolo, da un buco celato della fossa , introdursi dal mare un mostro , un coccodrillo che con le fauci afferrava per le gambe il prigioniero, e se lo trascinava in mare per trangugiarlo ……
Da quel momento , spiega Croce , l’ animale presumibilmente venuto dall’Egitto , attaccato ad una nave , fu utilizzato per eliminare i prigionieri condannati a morte . Un specie di ghigliottina naturale che non lasciava tracce .
Quando poi giunse il momento di disfarsi della bestia , fu utilizzata un’ancora come amo e una coscia di cavallo come esca; dopo essere stato pescato , il coccodrillo venne impagliato . E il mostro impagliato si vide sulla seconda porta d’ingresso, fino a tanti anni orsono, additato ai fanciulli , che ne rimanevao atterriti …..
Del famoso coccodrillo , non vi e’ piu’ traccia; nei primi anni del 2000 , la scoperta di resti animali nello scavo archeologico di un cantiere del metro’ della zona , aveva acceso di entusiasmo qualche osservatore , ma la storia si e’ poi rivelata una mezza bufala , anzi un vera mucca ( lo scheletro) .
Tra le mura, visitabili , ci sono gli ambienti sotto la cappella Palatina , la cosiddetta ” fossa del miglio ” perche’ la corte Aragonese lo usava come deposito di grano ( identificata come la fossa del coccodrillo ) e quello noto come ” prigione dei baroni ” dove si trovano i resti dei baroni che erano vestiti secondo la moda del tempo e uno di loro , un prelato , mostrava i segni di una morte per soffocamento .

Altri sotterranei del castello furono usati come prigione sono poi quelli della Torre dell’ oro , Torre di guardia e Torre di S. Giorgio.e cosa ancora più interessante dal loro  sottosuolo , nel novembre del 1997, si e’ scoperta una necropoli bizantina con gli scheletri di una cinquantina di misteriosi cavalieri del VI-VII secolo , seppelliti con le loro armi .

Nel 1532 , in piena dominazione spagnola , il vicere’ don Pedro de Toledo decreto’ che nel rifacimento urbanistico della citta’ fosse data priorità alla ristrutturazione di Castel Nuovo . Fece ricostruire i torrioni del Molo , della Incoronata , di Santo Spirito e del parco , ma i soldi ben presto finirono e mancavano ulteriori fondi per rifare la torre del Beverello .
I soldi mancavano e il popolo era gia’ stato spremuto all’osso e un’ennesima gabella avrebbe certamente prodotto una rivolta .
Il vicere’penso a lungo e infine, osservo’ che le uniche a sfuggire ai gabellieri erano le prostitute. Impose quindi una esosa tassa sulla prostituzione : le donne che si accompagnavano ai soldati spagnoli dovevano cedere tre quarti del compenso pattuito .
I soldi cosi’ ricavati furono utilizzati per ricostruire la torre che da allora i napoletani chiamano ” la torre dellu Maluguadagno “. Da quel giorno le prostitute ritennero proprieta’ privata la zona sottostante il bastione , e di conseguenza preferenziale loro luogo di ritrovo.

Un’ultima cosa .Oggi nei due piani superiori del castello e nella sala Santa Barbare è stato allestito il Museo Civico ricco di affreschi trecenteschi , e interessanti frammenti scultorei di grandi artisti appartenenti alla vecchia scuola napoletana della metà del XV secolo.

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