Via Chiaia , il cui nome e’ una corruzione di ” Plaga” in origine era un alveo che convogliava verso il mare le acque discendenti dalle circostanti colline.
Il nome Chiaja prende infatti origine da ‘ Plaja ‘, ovvero spiaggia .
Ai tempi romani , venne prosciugata e spianata , e divenne parte integrante della strada di comunicazione con Pozzuoli.
Diventata poi un borgo , rimase fuori le mura fino al 1563 fino a quando, con lo spostamento della Porta di S. spirito , che stava nei pressi di Palazzo Reale , la strada entro’ nella cinta urbana , ma il territorio era e rimase zona di pescatori , dalla Vittoria fino a Mergellina , fino a quando , dopo l’abbattimento della Porta di Chiaia e l’inaugurazione della Villa Comunale , la zona comincio’ a mutare rapidamente aspetto.
La via all’epoca ,separava come una grande spaccatura le colline di San Carlo alle Mortelle e di Pizzofalcone , motivo per cui il vicere’ Emanuele Guzman , conte di Monterey , fece costruire nel 1636 ( a spese degli abitanti ) un ponte ancora oggi presente ( in largo Santa Caterina ) per unire i due versanti delle colline proprio in prossimita’ dell’ antica Porta di Chiaia , demolita per ordine di Ferdinando IV nel 1782.
Il ponte , visibile a meta’ strada , oggi munito di un ascensore di collegamento a Monte di Dio fu poi ricostruito e trasformato da Ferdinando II nel corso dell’ottocento.
Il cavalcavia viene inglobato in un impianto ad arco di trionfo , decorato in bassorilievo con due lapidi murate che ne ricordano la costruzione e la ristrutturazione .
Dopo l’unita d’ Italia lo stemma borbone viene sostituito naturalmente con le insegne Savoia .( come tante strade e luoghi hanno dovuto cedere loro i storici nomi anche il ponte ha dovuto cedere lo stemma a coloro che nulla hanno fatto per costruirlo e ristrutturarlo ) .
Nella seconda meta’ dell’Ottocento e nei primi anni del novecento grazie alla presenza di palazzi nobiliari e negozi eleganti , la strada divenne ritrovo dell ‘alta aristocrazia e della borghesia napoletana . Divenne un luogo ricco di botteghe eleganti che all’epoca rappresentavano il vero salotto della citta’ .
Nell’ ottocento e’ stata la strada prediletta per gli acquisti di articoli di lusso provenienti da Parigi e da Vienna con negozi di raffinata pelletteria ( era il luogo dove solitamente si compravano i guanti ) .
Lungo il percorso di questa importante arteria cittadina , oggi fortunatamente pedonalizzata , troviamo la chiesa di Sant’Orsola a Chiaia , edificata nel XVI secolo dopo che un nubifragio danneggio’ gravemente l’antica chiesa dei frati Mercedari , voluta nel XVI secolo da Alfonso d’Aragona in onore della vergine della pace. Ingrandito nel 1576 , questo edificio sacro aveva un tempo , un chiostro , un convento ed un piccolo cimitero monastico .
Nel 1874 accanto alla chiesa ( al posto del cimitero e del chiostro ) venne costruito il Teatro Sannazaro su progetto dell’architetto Fausto Nicolini , ribattezzato ” la bomboniera dalla nobiltà’ che lo frequentava ” per le decorazioni raffinate e le ridotte dimensioni .
Ma a condizionare lo sviluppo urbano , sociale e culturale di questa zona della citta’ e’ indubbiamente PALAZZO CELLAMARE che e’ originario del 500, costruito dall’Abate di Sant’Angelo di Atella , Giovan Francesco Carafa come propria residenza estiva .
L ‘Abate , lascia il palazzo al nipote Luigi Carafa , principe di Stigliano , il quale sposato con Clarice Orsini , acquisto’ dai Bonifacio anche il palazzo donn’Anna a Posillipo e divenne in seguito ‘ Grande di Spagna ‘. Il figlio Antonio Carafa fu un valoroso soldato e ricordato come letterato ed umanista , ma sopratutto come grande amico di Torquato Tasso che fu suo ospite e secondo alcuni identificato nel suo Tancredi .
Tra i vari principi Carafa di Stigliano va citato e ricordato Luigi Carafa , letterato e filosofo , che fece di questo edificio un cenacolo frequentato dai migliori letterati napoletani come Giambattista Basile ( capolavoro è Lo Cunto de li Cunti ) , Giovan Battista Marino e il Marchese Manso , membri dell’ Accademia degli Oziosi fondata dallo stesso principe.
La nipote Anna Carafa , convolo’ a nozze con il vicere’ don Ramiro Guzman di Medina , legando il suo nome al palazzo donn’Anna di Posillipo .
Nel 1647 , il palazzo venne attaccato dai rivoluzionari di Masaniello e nel 1656 fu adibito a lazzaretto grazie alla generosita’ dei Carafa , per i malati di peste e affidati all’assistenza dei frati Mercedari dell’attiguo convento.
Alla fine del XVII secolo l’edificio viene messo all’asta dal fisco ed acquistato da Antonio Giudice principe di Cellammare ed e’ a questa famiglia che si devono gli imponenti lavori di restauro eseguiti da Ferdinando Fuga.
Nel 1733 una Giudice di Cellammare sposa il principe Caracciolo di Villa e porta in dote il palazzo ; gli sposi non lo abitarono ma lo diedero in fitto a Michele Imperiale principe di Francavilla che nel 1753 lo arrichi’di un’importante Pinacoteca e vi tenne ritrovi culturali , artistici e mondani ( si esibi’ anche Mozart ) .
Morti i principi , i nuovi inquilini furono i sovrani di Napoli che l’affittarono come foresteria offrendo alloggio a personaggi illustri come Kauffman , Hackert , Goethe , Giacomo Casanova , Torquato Tasso , Caravaggio e tanti altri .
Importanti protagonisti della cultura napoletana hanno abitato il PalazzoCellamare e lasciato in esso memoria della loro tragica morte come il poeta Alfredo Catapano ( suicidatosi con un colpo di pistola ) e il grande matematico Renato Caccioppoli ( anch’egli suicida con un colpo di rivoltella nella sua casa di palazza Cellamare ) , nipote dell’anarchico russo Bakunin ed  ispiratore del film ‘ di Mario Martone ‘morte di un matematico napoletano ‘ .

CURIOSITA’ : Renato Cacciopoli era un estroso ed anticonformista  professore di analisi matematica che insieme a tanti altri  personaggi frequentava negli anni cinquanta la sede del quotidiano UNITA’ , subentrato nel 1949 al ” La voce “, quotidiano nato come organo della sinistra unita che si trovava al terzo piano del palazzo dell’Angiporto presente nella vicina via Chiaia , nell’attuale piazzetta Matilde Serao  ( un tempo chiamata ” vico rotto San Carlo ).

Uno degli episodi che maggiormente vengono ricordati di Cacciopoli ,  fu quello accaduto in un famoso locale che un tempo si trovava accanto al teatro Mercadante in una sera di maggio del 1938 . L’episodio all’epoca fece molto scalpore ed il locale si chiamava il ” Lowembrau ” .

Il famoso matematico ,  entrato nel locale insieme alla sua compagna Sara Mancuso ,dopo aver assistito esibirsi  con fare sprezzante , un gruppo di camicie nere cantare  l’inno dei fascisti ” giovinezza ” , scattato in piedi , si diresse a sua volta dov’era il piano , mormorò poche parole all’orecchio del  pianista , che , senza esitare gli cedette lo sgabello facendosi dubito da parte e con fare di sfida incominciò a suonare e cantare ” La Marsigliese ” .Ne nacque ovviamente un parapiglia che costo a Cacciopoli l’arresto , la sorveglianza speciale e successivamente l’internamento psichiatrico in quanto la sua famiglia , per evitargli il carcere , lo convinse a passare per matto .

Nel corso del 900 grazie alla presenza del teatro Sannazzaro ed alla presenza di redazioni giornalistiche ( periodici umoristici come Rostignac ) via Chiaia fu un importante punto di riferimento artistico e culturale .
Nel palazzo Medici d’Ottaviano vi soggiorno’ Gabriele D’Annunzio e di fronte al Largo Carolina ebbe inizio la storia della famosa fabbrica di cioccolato Gay Odin ( Isidoro Odin e sua moglie Gay Onorina ).
Durante i suoi soggiorni D’Annunzio fu un protagonista di primo piano dell’ambiente culturale cittadino ; collaboro’con Scarfoglio e la Serao , mentre Francesco Tosti musico’ la canzone ‘ A vucchella ‘ da lui scritta su un tavolino del Gambrinus raccogliendo la sfida di Ferdinando Russo , il quale sosteneva la sua poca dimestichezza con il dialetto napoletano. Enrico Caruso portera’ ‘a vucchella ‘ al successo internazionale.
Il cinema Metropolitan per lungo tempo e’ stato uno dei cinema piu’ frequentati a Napoli (oggi chiuso ) . Esso fu progettato nel 1948 dall’architetto Stefania Filo Speziale artefice anche della progettualita’ di alcuni padiglioni della mostra di’ oltremare e del discusso grattacielo di via Medina 70 , il Jolly Hotel .
Via Chiaia ha inizio all’incrocio tra via Filangieri e Largo Santa Caterina e termina in piazza San Ferdinando , oggi tristemente chiamata Trieste e Trento ( e’ arrivato il momento di fare una petizione per ridare dopo duecento anni un nome degno della propria storia a strade e luoghi di Napoli ) .
Prima di sbucare in spiazza San Ferdinando , all’angolo troviamo un caffe’ famoso in tutto il mondo : il caffe’ Gambrinus , arredato in stile liberty che conserva nel suo interno stucchi, statue e quadri delle fine 800 realizzati da importanti artisti napoletani .
Percorrendo la strada in direzione Piazza Plebiscito , poco prima dell’incrocio con Largo Carolina ( intitolata alla moglie di Gioacchino Murat ) si trovano i gradini di Chiaia ed una piccola rientranza cieca denominata ‘ Vicoletto Chiaia ‘.
Nonostante i gradoni fossero un tempo anche noti come mercato dei fiori , essi condivisero con il vicino vicoletto la fama di luogo deputato alla prostituzione grazie alla vicinanza del porto e alle caserme militari degli ‘adiacenti quartieri spagnoli
La casa di tolleranza piu’ famosa che qui ebbe sede era denominata ” la suprema “.
L’edificio di fronte al civico 175 ne ospito’ ben 5 di case chiuse ( tale da meritarsi il nome di palazzo dei 5 casini ) .
A vico Sant’Anna di Palazzo , dal nome dell’ omonima chiesa distrutta , ebbe sede un’altrettanto famosa casa di tolleranza chiamata ‘il dollaro ‘ anch’essa regolarmente funzionante fino all’entrata in vigore della legge Merlin.
In quegli anni era uso comune delle tenutarie delle case chiuse , ogni domenica mattina portare in giro a via Chiaia e via Toledo le proprie ‘ ragazze’ a bordo di grandi autovetture scoperte allo scopo di propagandarne la bellezza ed attirare clienti .
Piu’ tardi divenne la strada dei maghi per la presenza di chiaroveggenti divenuti molto famosi come : Gisella – il chiromante La terza e madame Sarah .
A riscattare il nome di via Sant’Anna a Palazzo la presenza di due lapidi su due antichi edifici : la prima , per tramandare il ricordo di una celebre inquilina , eroina della repubblica del 1799 , Eleonora Pimental Fonseca , scrittrice e patriota condannata a morte sulla Piazza del Mercato nello stesso giorno in cui venne ucciso anche Gennaro Serra di Cassano .
La seconda lapide per la memoria del piu’ importante simbolo della tradizione napoletana , la pizza Margherita .E” infatti proprio in questo luogo che nel 1889 la pizza Margherita venne sfornata per la prima volta nell ‘antica pizzeria Brandi.
Quando nel giugno del 1889 Umberto I e Margherita di Savoia , in visita a Napoli vollero gustare una pizza , la scelta dei cuochi di casa reale caddero proprio sulla pizzeria Brandi di tradizione secolare e pertanto diedero ordine di preparare alcune pizze per i sovrani .
Raggiunta la reggia di Capodimonte a bordo di un calesse , i pizzaioli confezionarono tre diverse qualita’ di pizze : una bianca con olio , formaggio e basilico – una con i bianchetti secondo la tradizione antica ed una con mozzarella e pomodoro .
Quest’ ultima venne particolarmente gradita dalla regina e pertanto si decise di rendere omaggio alla sovrana battezzandola con il nome ” margherita” che da allora divenne in assoluto la piu’ famosa delle pizze .

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