Villa Campolieto è sicuramente una delle più belle  delle 122 ville vesuviane dell’allora strada regia per le Calabrie, nel tratto divenuto poi noto come Miglio d’oro  per la presenza di questa ed altre dimore nobiliari di epoca borbonica .

Essa sorge nel comune di Ercolano ,  in posizione panoramica sul lato rivolto al mare in una posizione fra le più felici e suggestive, a valle della borbonica strada delle Calabrie, non lontano dalla Reggia di Portici e contigua alla Villa Favorita, e venne edificata per volontà del Principe Luzio De Sangro, Duca di Casacalenda che nel 1755, affidò il progetto e l’esecuzione dei lavori a Mario Gioffredo.  Questi costretto ad abbandonare l’opera intorno al 1760 ,, fu sostituito da Luigi Vanvitelli che, dal 1763 al 1773 (anno della sua morte) ne diresse i lavori, completati poi nel 1775 dal figlio Carlo.

 

CURIOSITA’:  Mario Gioffredo  fu costretto ad abbandonare i lavori , per contrasti sorti tra l’architetto e i duchi Casacalenda che  gli revocarono l’incarico, nonostante fosse ad uno stadio avanzato dei lavori. In un primo momento fu chiamato a sostituirlo l’architetto Michelangelo Giustiniani , ma poi  l’opera fu affidata a  Luigi Vanvitelli  che diresse i lavori dal 1763 al 1733  dando così la propria impronta con l’esecuzione di poche ma sostanziali modifiche al progetto originario; dopo la sua morte, gli subentrò il figlio Carlo che portò a compimento l’intera villa  nel  1775..

Per vedere realizzato l’iniziale progetto che portò comunque alla luce quella che possiamo  comunque definire una della più belle ed importanti ville della costa Vesuviana , come potete notare  , trascorsero  ben venti anni . A rallentare i lavori , furono non solo. le continue beghe del duca con i confinanti e la terribile eruzione del Vesuvio avvenuta nel 1758, ma anche  i continui contrasti insorti tra il committente ed il noto architetto , riguardo il palazzo di Piazza San Domenico Maggiore , che portò all’abbandono del cantiere da parte del Gioffredo. A portare avanti i lavori per grossa buona parte del tempo dovette poi provvedere  come gia vi abbiamo accennato , Michelangelo Giustiniani, ed a completare la maestosa opera dovette poi provvedere Luigi Vanvitelli che il duca aveva nel frattempo avuto modo di conoscere ed apprezzare .

La villa , oggi finalmente completamente ristrutturata e riportata al suo antico splendore , mostra un grande portale d’ingresso , dal quale oltrepassato il profondo androne e superato il vestibolo centrale , si giunge alla Rotonda, dove archi con colonne di ordine tuscanico , creano con la terrazza superiore una passeggiata su due livelli : il primo livello  giunge ad un piccolo giardino con una fontana ovale alimentata da una grande vasca d’acqua ,appare  delimitato da una coppia di scale semicircolari ,decorata da pietre di lava che emergono dal fondo, Il secondo livello appare invece   proteso verso il panorama del golfo .

 

 

 

 

 

 

 

 

Il Vanvitelli “stravolgendo il disegno originario del Gioffredo” ridisegnò completamente lo scalone della Villa, creando una  rampa centrale  con gradini di piperno e balaustre in marmo e due successive rampe laterali   la cui  funzione era quella di accogliere e di indirizzare gli ospiti nei diversi ambienti dell’appartamento Il Vanvitelli supervisionò anche le decorazioni interne, tra le quali figurano opere di  Jacopo Cesatro , Fedele Fischetti. e Gaetano Magrì.

Al piano nobile invece , il Vanvitelli che supervisionò anche le decorazioni interne , vi sistemò delle statue a soggetto mitologico . Una volta giunto ad esso , sostando sul vestibolo, possiamo ammirare come esso sia coperto da una cupola e sopratutto decorato con medaglioni raffiguranti le quattro stagioni ( opera di Crescenzo La Gamba ) .  Entrati nel vestibolo , attraversiamo  una stanza chiamata “Cannocchiale” per la sua caratteristica conformazione, fatta di colonnati che in prospettiva inquadrano le stutue di Minerva e Mercurio (opera di Jacopo Cestaro)  ed una serie di ambienti che si susseguono decorati alle pareti con  affreschi di Giuseppe e Gaetano Magrì ,  volte  con immagini mitologiche  ( Apollo con la cetra,Aurora con putti alati, Diana cacciatrice ) ed una stanza decorata con motivi pompeiani ( secondo moda di allora ) tutte opere di Jacopo Cestaro .

Tra le sale private della famiglia,  la sala da pranzo ideata da Gioffredo ,e completamente affrescata da Fedele Fischetti   è sicuramente  una delle stanze più suggestive della villa . Essa inizialmente  a forma quadrata con soffitto a botte, venne poi  stravolta dal Vanvitelli che raccogliendo i voleri del padrone di casa, la rendeva circolare con una tecnica cosiddetta “Incannucciata”, che consiste in una nervatura in legno, sovrapposta con canne da bambù, ingessata e poi affrescata ad opera dei due pittori Fischetti e  Magrì,

L’affresco, che decora l’intera stanza,  raffigura nella  struttura portante un gazebo ricoperto da un vitigno coltivato nei fondi del principe  dove la famiglia amava oziare con gli ospiti nelle belle giornate estive. Con le spalle alla finestra, osservando l’affresco da destra verso sinistra, incontriamo dapprima un gruppo di persone che giocano a carte tra cui il De Sangro, a seguire sullo sfondo le isole del golfo, e superata la porta possiamo vedere uno dei pochi autoritratti su affresco del Vanvitelli che scrutando  il cielo con il monocolo.guarda la sua opera compiuta.  Le porticine di servizio si mimetizzano con l’affresco di cui parte è andato perduto insieme ad una delle quattro stagioni raffigurate agli angoli della sala.

CURIOSITA’ : La sala “degli Specchi”, situata in quest’ala del palazzo, era uno studiolo femminile, come si deduce dai colori tenui, in cui ci si intratteneva a conversare prima di entrare nel salone delle feste.

La  costruzione delle ville vesuviane del XVIII secolo era concepita in modo da privilegiare la fruizione esterna a quella interna, ma  grande importanza veniva data anche al Salone delle Feste. In questa villa di questo salone doveva essere bellissimo da quel chesi vede  rimanere  dell’affresco del soffitto a botte dove  si intravedono figure mitologiche con festoni, amorini e architetture portanti. Gli affreschi alle pareti, riproducono il mito di Ercole con otto medaglioni raffiguranti la sua vita, due nicchie con le statue di Ercole e Cupido, mentre nelle lunette sovrastanti le porte sono raffigurate l’Abbondanza e la Sapienza.

 

 

 

 

 

 

 

 

Uscendo sul terrazzo si può ammirare una delle più suggestive e panoramiche vedute sul Golfo di Napoli, da Posillipo a Ischia, per giungere a Capri e alla Penisola Sorrentina. Sui due lati del ballatoio si diramano due scale che conducono alla passeggiata scoperta del porticato, dirigendosi a destra s’intravedono quattro garitte che delimitavano una peschiera e che fungevano da riparo dal sole mentre si pescava. Sullo sfondo lo sguardo si apre verso il bosco della Reggia di Portici e l’area archeologica ercolanese. Affacciandoci al centro della passeggiata, ammiriamo l’architettura disegnata dalla scala ellittica che conduce alla fontana e al Palmeto. Proseguendo nella passeggiata e volgendo le spalle al mare, ammiriamo il Vesuvio che domina il paesaggio con la sua imponenza, sulla stessa prospettiva Villa Ruggiero, a destra Villa Favorita.

La  villa  che si sviluppa su cinque livelli , dopo che i vari architetti  si  susseguirono  appare di forma  quadrangolare, con quattro corpi separati dai bracci di una galleria centrale a croce greca, con al centro una cupola illuminata da quattro finestre ovali.

La facciata anteriore a bugnato liscio, con uno zoccolo a bugnato in stucco, presenta due ordini di finestre, con quelle del piano nobile decorate da timpani triangolari. La facciata posteriore, che riprende gli elementi di quella anteriore, è però più interessante per la presenza di un ampio porticato con archi a tutto sesto, che il Gioffredo aveva pensato circolare, ma che il Vanvitelli volle ellittico e a ferro di cavallo, abilmente raccordato all’edificio con due archi ribassati .

Il portico ellittico a colonne toscane forma un belvedere coperto che si conclude con un magnifico affaccio al mare con una vasca e una scala a forma ellittica che unisce il corpo di fabbrica al giardino sottostante. A sinistra, l’imponente scuderia ideata dal Gioffredo, con volte a crociera e pilastri in piperno.

La Villa Campolieto, acquisita nel 1977 dall’Ente per le Ville Vesuviane, oggi Fondazione, dopo 6 anni di restauro è stata riportata al suo primitivo splendore e restituita alla pubblica fruizione.

Dopo la morte di Lucio di Sangro, la villa fu ereditata dal figlio Scipione che morì nel  1805  senza lasciare eredi; la proprietà della villa fu così divisa fra vari nipoti e ne cominciò un lento declino, culminato poi  durante la  seconda guerra mondiale con l’occupazione militare.
Nel dopoguerra la villa fu cquistata dall’Ente per le Ville Vesuviane, (oggi Fondazione ) e  dopo sei anni di restauro diretti dall’architetto Paolo Romanello ,riportata al suo antico splendore e posta sotto tutela dalle leggi italiane come bene culturale di particolare interesse.

Attualmente ospita la Stoà – Istituto di studi per la direzione e gestione di impresa, ed è teatro di eventi culturali e sociali. Negli anni Ottanta del XX secolo  è stata spesso teatro del ballo di fine corso dei cadetti della  Scuola Militare Nunziatella .

 

 

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