La città di Napoli aveva ben sette castelli : Castel dell’Ovo | Castel Capuano | Maschio Angioino | Castel Sant’Elmo | Castello del Carmine | Castello di Nisida | Fortezza di Vigliena.
Questa è la storia del Castello del Carmine di cui oggi si conservano due torri come memoria della maestosità di un tempo.
Un tempo nella zona orientale della nostra città , lungo l’attuale Via Nuova Marina , dove oggi sono rimasti visibili solo due torri e una parte di cinta muraria era invece presente un Castello fortificato chiamato del ” Carmine ” perché praticamente adiacente al convento del Carmine ( costruito già nel 1283 ) anche soprannominato ” lo Sperone ” per la sua particolare forma .
Ad edificarlo fu re Carlo III di Durazzo della dinastia d’Angiò , in quanto aveva bisogno di una fortezza per difendersi dagli attacchi militari in quella determinata area cittadina.
Il Castello del Carmine nelle intenzioni di Re Carlo III di Durazzo , che lo fece edificare nel 1382, in un’area che solo a metà del XIV , secolo era entrato a far parte del perimetro fortificato della città , aveva infatti il compito di difendere la città nel tratto ad oriente delle mura , verso quella zona posta in prossimità di un torrione ( chiamato Sperone ) dove proliferavano gli acquitrini della Palus neapolitana ( “territorium plagiense foris fluvium” ). Si trattava di un tratto terreno prevalentemente paludoso e malsano ma estremamente pericoloso in quanto spesso sede di numerosi attacchi nemici provenienti sia via mare che da terra. Era una zona poco abitata con la sola presenza di qualche mulino e rari piccoli borghi che si estendevano intorno ad essi , caratterizzata sopratutto dalla presenza di un ponte chiamato pons padulis ( in seguito, cambiò nome in ponte Guizzardo ) che attraversava un fiume di nome Sebeto che sfociava in questa zona.
N.B.
Il ponte ,come tutta la zona , venne poi chiamata , a partire dal 1555 , Ponte della Maddalena . Il nuovo nome le venne dato in onore ad una chiesa del 1300 , con annesso ospedale per infermi , dedicata a Santa Maria Maddalena che si trovava edificata su un suolo ( dove si trovava un antico mulino ) donato dal duca Giovanni VI ( unitamente all’uso delle qcque del fiume Sebeto ) nel 1100, al Monastero di San Salvatore in insula maris, posto accanto alla Porta Ventosa , sopra Mezzocannone , sulla collina detta , appunto del Salvatore. La chiesa , oggi non più esistente, rimase presente ed affidata alla congrega del Santissimo Rosario ,nel luogo fino al XIX secolo .
Carlo I d’Angiò .aveva comunque dato inizio , tempo prima ad una bonifica dell’intera area ordinando una serie di interventi e lavori ,compresi quelli legati all’ampliamento delle mura meridionali che arrivando vicino al mare, includevano anche il cosiddetto Moricino o Muricino, un antemurale situato a guardia del porto, dove si svolgevano attività commerciali o anche artigianali legate al movimento delle navi.
A ridosso di questa piccola area portuale si andò affollando nel tempo, un sempre maggiore numero di gente proveniente da ogni dove e l’aggregarsi di più persone che finirono per costituire un vero e proprio popoloso quartiere costituito da abitanti che ruotavano intorno alla quotidiana e movimentata vita del porto . Tra questi anche molti uomini di malaffare e donne dedite al meretricio che conferirono alla zona una cattiva fama.
Il re angioino ,diede poi il via ai lavori di ampliamento delle mura meridionali arrivando vicino al mare, includendo il cosiddetto Moricino o Muricino, un antemurale situato a guardia del porto, dove si svolgevano attività commerciali o anche artigianali legate al movimento delle navi. Fece poi trasferire in quell’ area il mercato ( dove oggi è piazza Mercato) che prima era nel centro vicino S. Lorenzo maggiore (oggi p.za S. Gaetano), e nei pressi fece costruire due chiese, S. Eligio e poi quella di S. Maria del Carmine.
Re Carlo III di Durazzo , resosi conto infatti per vari motivi, della necessità di un baluardo difensivo nella zona sud-orientale della città , nel punto di incontro delle mura meridionali e quelle orientali , dove peraltro era presente uno degli arsenali della città , non esitò nel 1382 a dare avvio alla realizzazione di un castello ad uso esclusivamente militare e nel progettarlo , a differenza, degli altri due Castelli , quello di Castel dell’Ovo e di Castel Capuano non vennero pertanto previsti arredi di lusso né sale regali ( era privo di abbellimenti, affreschi, arazzi, saloni e appartamenti reali) il suo progetto originale prevedeva due grandi torri cilindriche, un torrione più grande e delle mura merlate rinforzate da grossi blocchi di piperno dai quali spuntavano bombarde e altri strumenti di offesa. Il castello disponeva ovviamente di una caserma per i soldati, l’alloggio per il comandante e alcune celle. il luogo scelto dove costruirlo fu un lotto quadrato di terreno concesso più di un secolo prima dagli angioini ai frati carmelitani , devoti al culto della Madonna Bruna per costruire un convento .
La città , a cavallo delle mura orientali aveva , per la verità , già in sua difesa, il Castel Capuano che però non aveva la possibilità di difendere la fascia costiera e la zona portuale ( che veniva controllata ad occidente dal Castel Nuovo, che era anche residenza reale ) . Il Castello del Carmine permetteva quindi di mantenere una guarnigione anche in prossimità dei quartieri popolosi ( e pericolosi ) che gravitavano intorno al porto.
Il Castello del Carmine una volta costruito , mai avrebbe immaginato di essere protagonista di tanta storia e scenario di tante battaglie .Dopo soli quattro anni , fu teatro della grande battaglia che vedeva contrapposti il francese Luigi d’Angiò e Ladislao di Durazzo e qualche anno dopo fu il luogo che sostenne ripetutamente la difesa degli angioini , durante il continuo assedio alla città da parte delle truppe di Alfonso d’Aragona .
Nel 1439, infatti , l’area e il castello assediato dall’ esercito di Alfonso d’Aragona , fu fortemente bombardato da ogni lato. Durante questo assedio fu distrutto anche il campanile della vicina chiesa del Carmine: le cannonate colpirono anche l’abside e un grande crocifisso scolpito in legno di tiglio tra il XIII e il XIV secolo. Tutti pensarono che era andato distrutto, ma subito nacque la leggenda:“ grande fu invece la meraviglia del popolo – racconta V. Gleijeses – quando si potè constatare che la statua era intatta e solo la testa del Cristo si era piegata come per evitare il colpo mortale; mentre prima era rivolta verso il cielo, infatti, dopo il colpo tutti poterono constatare che era ripiegata sull’omero destro con la bocca e gli occhi ben chiusi e senza la corona di spine che aveva avuta sul capo”.
Gli aragonesi , una volta conquistata la città , nelll’ ampliare e modificare le mura della città ,apportarono al Castello alcune modifiche di rafforzamento delle mura e del maggiore torrione che nel 1566 poi a causa di una fortissima un’alluvione, fu poi ricostruito conferendogli stavolta una forma quadrata e non più cilindrica .
Nel 1484, re Ferrante d’Aragona, pensò ad un allargamento delle mura cittadine e, nel quadro di queste opere, inserì anche l’ampliamento ed il rinforzo del torrione preesistente trasformandolo in un solido baluardo nel sistema difensivo cittadino .
Il tracciato delle mura difensive, volute da Ferrante d’Aragona tra il 1484 e il 1494, si articolava su 21 torrioni e 4 porte. Oggi sopravvivono solo 14 torrioni e le imponenti Porta Nolana e Porta Capuana.
La prima pietra delle nuove mura fu posta in prossimità del Castello del Carmine ed in quella occasione fu anche costruita la Porta del Carmine ( poi in futuro demolita ) sorta presso la chiesa del Carmine. Questa porta , detta anche Portanova ( perchè posta nel sedile di Portanova ) o Porta del Mercato, aveva due torri , chiamate Fedelissima e Vittoria . Quella destra fu annessa alla struttura del Forte del Carmine. La porta era ornata da un affresco di Mattia Preti ( come tutte le porte di Napoli ) che raffigurava la peste (definita la più cruenta e terrificante tra quelle eseguite dall’artista sulle porte cittadine) e la Vergine con i santi e la Gloria degli angeli ( Il bassorilievo è oggi conservato al Museo di San Martino ).
Le decorazioni fatte apporre sulla costruzione (stemmi aragonesi con bassorilievo in marmo raffigurante un guerriero a cavallo), rimandava ad altre due porte napoletane. Un’iscrizione originaria in ricordo del Duca di Calabria venne sostituita con una che ricordava il ritorno a Napoli di Ferdinando II (detto Ferrandino), passato vittorioso, proprio attraverso la porta il 7 luglio 1495.
L’epigrafe così recitava: “FERDINANDUS REX/NOBILISSIMAE PATRIAE”.
La storia di questa porta , insieme a quella del monastero e del castello è ancora oggi avvolta da un alone di mistero perchè di molte delle cose del suo passato si sono perse le tracce. La storia del complesso monastico e della fortificazione sono sempre state fortemente correlate e i pochi dati a disposizione giunti a noi dall’archivio del monastero, ci hanno purtroppo fornito ad oggi solo dati e notizie frammentarie.
Oggi infatti a causa della perdita di tutto il materiale cartaceo che era conservato nel convento, avvenuto nel corso della seconda guerra mondiale , non abbiamo più molte notizie riguardanti sia il castello, sia del convento attiguo di Santa Maria del Carmine, sia della stessa Porta del Carmine che insieme a quella del Molo piccolo erano quelle più famose dal lato mare .
La storia del complesso monastico e della fortificazione sono sempre state fortemente correlate e i pochi dati a disposizione giunti a noi dall’archivio del monastero, ci hanno purtroppo fornito ad oggi solo dati e notizie frammentarie.
Sappiamo con certezza solo che la Porta del Carmine , avendo perso la sua funzione originaria,, fu abbattuta nel 1864, mentre il castello , nel corso delle opere di Risanamento , agli inizi del 1900 «per ragioni di rettifilo» venne per gran parte demolito. Oggi, della struttura sono rimasti visibili due torri e una parte di cinta muraria lungo via Nuova Marina (le torri Brava e Spinella ).
Il castello ebbe un importante ruolo anche durante la rivolta di Masaniello in quanto una volta occupato divenne la roccaforte dei rivoltosi . La vicinanza e la compenetrazione tra il forte e il convento del Carmine permise l’occupazione del forte, o di quello che ne rimaneva, da parte dei rivoltosi. Il forte divenne la roccaforte del capopopolo Gennaro Annese (che occupò gli appartamenti, al di sopra della porta del Carmine ) diventato punto di riferimento degli insorti dopo la morte dello stesso Masaniello.
Nel 1662 , a seguito delle mutate condizioni belliche, per decisione del viceré conte di Penaranda , furono eseguiti al castello altri restauri resisi necessari per aggiornare la struttura dal punto di vista militare , alle nuove esigenze belliche , conferendo contemporaneamente maggiore risalto , , agli arredi e alle stanze che ammodernate , avrebbero dovuto ospitare i capitani di ventura e i mercenari più esigenti .Vennero inoltre finalmente separati gli ambienti dall’area conventuale dei Carmelitani.
Durante la sua storia, il castello fu teatro di alcuni avvenimenti che hanno segnato il passato della città,. Tra gli eventi più celebri che hanno visto protagonista il castello certamente un ruolo di primo piano lo occupa la proclamazione della “Serenissima Real Repubblica Napolitana” purtroppo durò solo alcuni giorni; e la congiura di Macchia, ordita da alcuni aristocratici napoletani nel 1701 a sostegno degli Asburgo d’Austria. che tentarono senza successo di rovesciare il governo vicereale spagnolo, nel confusionario periodo della successione spagnola seguita alla morte di Carlo II con l’estinzione del ramo spagnolo degli Asburgo .
I nobili napoletani ribelli tentarono di impossessarsi del castello, ma non combinarono niente, e molti di loro furono arrestati e condannati a morte.
Il capo dei congiurati fu Tiberio Carafa , principe di Chiusano. Tra gli altri nobili napoletani partecipanti alla congiura c’erano Girolamo Carafa, zio di Tiberio, Carlo De Sangro , Giuseppe Capece, Cesare Michelangelo d’Avalos ,Francesco Spinelli e Francesco Gaetani . Il colpe fu tentato tra la notte del 22 e la giornata del 23 settembre 1701 ma fallì quando il viceré spagnolo fu avvisato della congiura. Carlo De Sangro fu catturato e giustiziato mentre Giuseppe Capece fu ucciso durante la sua fuga. Gli altri fuggirono dal Regno di Napoli e trovarono rifugio presso la corte imperiale a Vienna. La congiura di Macchia prende il nome da Gaetano Gambacorta ,principe di Macchia ,che vi partecipò ma non ne fu l’ideatore.
Tra gli eventi più importanti non bisogna comunque trascurare l’occupazione delle truppe francesi del generale Championnet nel 1799 o nel 1799, la conquista del castello da parte delle bande del Cardinale Ruffo ( che agiva per conto del re Ferdinando IV. ) che metteva fine alla Repubblica partenopea ed infine il successivo strenuo tentativo di resistenza del contingente borbonico , nel 1860 , all’esercito garibaldino già presente in città.
Il Castello infine ospitò nella Torre Spinella, di cui da poco è stato ritrovato l’accesso, Eleonora Pimentel Fonseca e altri Martiri della Repubblica Partenopea del 1799 , prima di essere condotti a morte nella vicina piazza Mercato .
Il castello resistette in piedi fino al 1906, quando fu demolito per far posto a via Marina. Nonostante la sua grande importanza, non gli fu comunque risparmiata in quell’occasione la demolizione per consentire la costruzione dell’ultimo tratto di corso Garibaldi. La sua folle demolizione , da parte di una classe politica amministrativa della nostra città che non aveva per nulla capito l’importanza di tale struttura , mise purtroppo la parola fine alla presenza di uno degli edifici più caratteristici della storia urbanistica di Napoli.
Al suo posto furono costruite la Caserma Sani, in stile neorinascimentale , adibita a panificio militare ed un altro edificio adibito a magazzini militari .I due edifici furono poi anch’essi demoliti o ampiamente ridimensionati ( alla fine degli anni settanta ) per ” ragioni di rettifilo “lungo il nuovo tracciato di via Marina.
Oggi, della struttura sono rimasti visibili due torri e una parte di cinta muraria lungo via Nuova Marina ripuliti ma degradati a spartitraffico nel largo adiacente la chiesa del Carmine.
Io credo che uno dei requisiti fondamentali che un uomo politico debba avere per candidarsi a Sindaco di una città , sia quello di sapere con dettaglio tutta la storia di una città , a tal punto da sostenere un esame dinanzi ad una commissione composta da professori e uomini d’arte. Solo così credo , si possa tutelare tutto l patrimonio artistico di una città ed il suo valore .
PIazzetta Miraglia nei decumani ed il Castello del Carmine in Via Marina sono l’emblema di quanto disastro possano compiere uomini all’oscuro della storia della propria città .