I primi greci ad insediarsi sul nostro litorale , furono alcuni navigatori che all’incirca sul finire de IX secolo a. c. ,provenienti da Rodi , crearono una colonia commerciale sull’isolotto di Megaride e sul monte Echia ; si trattava di mercanti e viaggiatori che avevano bisogno di un punto di appoggio per le loro lunghe imprese marinare e commerciali .Costruirono semplici abitazioni ,piccoli templi adibiti al culto e nessuna cinta muraria visto che la morfologia della costa svolgeva una naturale funzione protettiva .
Nei pressi dell’isolotto di Megaride , secondo antichi racconti grechi già all’epoca esisteva un antico porto con una torre denominata ” Torre di Falero ” in memoria del mitico eroe greco Ateniese compagno di Gisano . Egli partecipò insieme ad altri protagonisti ( tra cui i gemelli Dioscuri ) alla famosa spedizione degli Argonauti volta alla conquiste del ” Vello d’oro “, cioè del Vello ( mantello ) magico dell’ariete Crisomallo , che secondo la leggenda aveva il potere di guarire le ferite.
Curiosita’ : Eumelo Falero , reduce dalla vittoriosa impresa , decise di continuare il suo viaggio nel Mediterraneo sbarcando , intorno al 1225 a.C. ai piedi dell’attuale collina di Pizzofalcone . In questo luogo con i suoi fedelissimi uomini , abituati a solcare i mari e a fondare città , costruirono , in quell’area poi denominata Megaride , un piccolo borgo fatto di semplici abitazioni che affacciando su una piccola insenatura costituirono forse il primo antico porto della nostra città. Quindi , secondo alcune diverse versioni , prima della Dea Sirena , arrivò sulle nostre coste un eroe Argonauta e la città si chiamava Phaleros e non Partenope e la mitica Torre non era altro che un monumento dedicato al fondatore della città , eretta nel punto dove , possiamo presumere egli prese terra .
Piu’ tardi intorno alla metà del VII secolo a.c. furono poi i coloni greci provenienti da Eubea a fondare prima PITHECUSA ( oggi Lacco ameno di Ischia ) e poi Cuma, a far sorgere il primo nucleo urbano sempre nell’area a valle di Pizzofalcone, sulle sponde del fiume Sebeto che chiamarono Parthenope, ingrandendo l’iniziale piccolo punto di appoggio con il suo piccolo agglomerato di case e trasformandolo in un vero e proprio centro abitato. Quindi Partenope sarebbe stata costruita solo in un secondo momento rappresentando di fatto solo un ampliamento della preesistente cittadina conferendole comunque il suo nome.
Vicino alla foce di quel corso d’acqua celebre nell’antichita’ ed oggi praticamente scomparso sotto il cemento, si vuole che i Cumani abbiano trovato altre genti ed un particolare culto , quello di una sirena, che dara’ il nome alla citta’: PARTHENOPE .
La sirena si chiamava Partenope , dal greco ” “vergine” e venne a morire sulle spiagge di Opicia ( cosi’ detta dagli antichi Opici , abitanti della Campania). Essa , affranta per non aver saputo ammaliare con il suo canto l’eroe Ulisse ( che aveva dato ascolto ai consigli di Circe ), si getto’ dall’isola ( i Galli o Capri ) ed il suo cadavere fini’ trasportato dalle onde sull’isolotto di Megaride dando luogo al culto di Partenope che fu vivo per secoli.
La citta’ le costrui’ un sepolcro e ogni anno con libagioni e sacrifici di buoi onoravano Partenope innalzata a prima vera protettrice della citta’.
Davanti alla sua tomba si celebravano giochi ginnici e attorno al sepolcro la citta’ con il tempo eresse le sue formidabili e maestose mura. .
CURIOSITA’ : Secondo leggenda , Ulisse , legato all’albero della sua nave resistendo al canto di Partenope e a quello di Leucosia e Ligea nelle acque antistanti il piccolo arcipelago De li Galli , al largo di Positano , recò un grave affronto ed un gran dolore alle tre sirene metà donne e metà uccello ( solo nel medioevo l’iconografia le ritrarrà con la coda di pesce ) . Esse affrante e straziate dal dolore per l’onta subita , si suicidarono e andarono a morire, sospinte dalle correnti marine in luoghi diversi . Leucosia scelse il Cilento ,l’attuale , Punta Licosa , Partenope come sappiamo l’isolotto di Megaride , mentre Ligea venne trasportata fino alle foci del fiume Okimaros in Calabria dove alcuni pescatori la seppellirono e poi venerarono .
Secondo altri racconti Partenope non sarebbe stata una sirena ma una vera donna in carne ed ossa , figlia del re di Fera giunta su queste sponde dall’isola di Eubea con molti calcidesi , oppure addirittura la figlia o la compagna dello stesso Falero.
Parthenope divenne lentamente un’ importante citta’ della Magna Grecia , totalmente impregnata della relativa civilta’, cultura, etnia, pur essendo del tutto autonoma sia amministrativamente che politicamente. La citta’ risenti’ infatti fortemente dell’influenza ateniese. Ci furono grandi traffici commerciali tra le due citta’ e questi continui contatti favorirono e portarono grandi vantaggi sia in crescita culturale che civile.
Nei due secoli successivi ,Parthenope , pesantemente minacciata dagli Etruschi e dai Sanniti non ebbe grande sviluppo urbanistico. Ricordiamo infatti che mentre i greci occuparono tutta la costa , gli evoluti etruschi occuparono tutta l’entroterra campana avendo in Capua la loro capitale ed estendendosi dietro al Vesuvio fino a Fratte e Pontecagnano ( Salerno ). Essi godendo di numerose terre fertili avevano giò fondato le città di Capua e Nola .
Nel 524 a.c., gli Etruschi assalirono Cuma , non riuscendo ad espugnarla ma la loro pressione fu comunque un forte vincolo allo sviluppo di Cuma che comunque perse la roccaforte di Partenope .
CURIOSITA’; Pare , secondo alcuni studiosi , che la perdita di Partenope divenuta da piccolo e tranquillo borgo ,una prospera e popolosa città , fu una cosa che non dispiacque molto ai Cumani . Essi , infatti , un tantino ingelosire la stessa Cuma , ed anche abbastanza spaventati dal suo enorme sviluppo non si prodigarono più di tanto nel difenderla , preferendo quindi perderla e vederla distrutta .
I Cumani e gli Etruschi ,animati dalle stesse ambizioni di dominio e di crescita per anni furono in guerra e dopo tante battaglie gli Etruschi furono definitivamente battuti in un epico scontro a mare che sancì la definitiva supremazia greca sul territorio campano .Fu una data storica ed importante ( 474 a.C.) poichè i cumani , alleati con il tiranno di Siracusa Serone , vincendo questa battaglia contro gli etruschi ripresero il tranquillo dominio della zona.
Dopo quattro anni dalla vittoria sui rivali i Cumani decisero di espandersi e quindi edificare una nuova più grande città per avere il pieno controllo di tutto il golfo e dei suoi traffici.
Fondarono quindi a poca distanza da quel vecchio primo impianto a suo tempo perso ,un’altra citta’, nella zona pianeggiante , che fu chiamata Neapolis , ” la città nuova . La piccola Partenope divenne così di conseguenza la città vecchia cioè Palepolis ( si ergeva sulla collina di Pizzofalcone ).
Si tratto’ in effetti di una nuova zona urbana , a poca distanza dalla prima costituendo con questa una sola polis ( il cui confine era il fiume Sebeto ).I greci partennopei per stare più sicuri nel costruire il nuovo avamposto decisero di proteggerlo con forti mura di tufo non rinunciando per questo ad un affaccio sul mare . La cosa nel tempo si rilevò certamente vincente visto che le mura resistettero tempo dopo persino agli attacchi di Annibale e soltanto i saraceni , intorno all’anno mille riuscirono a penetrare dal mare in città.
N.B. Neapolis , cioe’ la citta’ nuova fu la sede definitiva di quella colonia greca che quindi partita da Eubea si fermo’ prima a Pithecusa ( Ischia , isola delle scimmie ) e poi a Cuma . Parthenope fu invece poi chiamata Palepoli cioe’ citta’ vecchia .
L’antica Neapolis venne eretta come tutte le città greche in base a precise osservazioni astronomiche , definendo un particolare rapporto fra la situazione terrestre e quella cosmica , e riproducendo sul terreno la configurazione del cielo al momento della sua fondazione ( a dir la verità questa concezione era anche nota anche agli Etruschi che affermavano di averlo appreso dagli Dei , i quali a sua volta lo trasmisero poi ai romani ).
Una ulteriore magistratura detta Laucelarchia costituiva , invece ,un collegio sacerdotale che si occupava della celebrazione di riti e misteri.
La sua architettura urbanistica come vi abbiamo accennato era simile ad un grande quadrato compreso tra le attuali via Foria e Corso Umberto che veniva attraversato da tre grandi strade principali tutte con la medesima precisa larghezza ( 5 mt. e 92 cm.) disposte in maniera parallela da est verso ovest e tutte rigorosamente distanti 200 metri una dall’ altra . Queste strade erano chiamate decumani ( i decumanus dei romani e plateai dei greci ) : il maggiore , il superiore e l’inferiore .Questi erano intersecati ad angolo retto (disposte da Nord a Sud ) da diverse stradine secondarie e minori dette Cardini ( cardines dei romani e stenopoi dei greci ) che corrispondono ai tanti vicoli del centro storico di oggi , larghe circa tre metri . L’ incrocio tra questi assi dava come risultato le insulae , larghe 35 metri e lunghe 185 metri ( antenate degli antichi isolati ) . Ne sono tutt’ora presenti 19 lungo le quali non è raro sorprendersi a guardare e scoprire pezzi di antiche colonne basamenti o iscrizioni incastonate tra un palazzo e l’altro .
Tra i principali cardini via del Sole era uno dei più importanti e non era certo rappresentato da quel piccolo tratto di strada che oggi vediamo mortificato senza alberi tra l’antica caserma dei pompieri , (oggi un grande edificio vuoto e un enorme portone chiuso, dal quale una volta entravano e uscivano gli automezzi a sirene spiegate ) e l’obrobrio edile del vecchio Policlinico . Della grande e maestosa , ariosa e alberata grande Via del Sole , oggi è rimasta solo una stretta stradina assolata e senza alberi, che sale dritta verso il decumano superiore . Del famoso l “vicus radii Solis”,( cioè strada del raggio di sole) in onore di Apollo , è rimasto purtroppo solo il nome. L’antica strada, ombreggiata da grandi pini marittimi ,inerpicandosi attraverso campi e orti saliva e conduceva nella parte più alta della città ,dove tra edifici civili , amministrativi e religiosi sorgeva l’ Agropolisi e si trovava secondo alcuni studiosi , non solo l’antico Tempio della Fortuna , ma dove oggi sorge l’antica chiesa di Sant’ Aniello a Caponapoli , anche l’antico sepolcro della sirena Partenope . Da questo luogo , in cima alla Via del Sole , si poteva vedere il mare e il porto con le loro navi panciute da carico all’ancora , la cinta muraria della città e l’immancabile vulcano che incombeva sul golfo .
Un ‘altro importante cardine è quello oggi certamente più famoso di tutti : lo stretto cardine di San Gregorio Armeno , nota come la via dei Pastori ed un tempo luogo dove sorgeva , nello spazio oggi occupato dalla bella chiesa di Santa Patrizia , l’antico Tempio dedicato a Demetra e la casa dove probabilmente venivano formate le sacerdotesse al culto di Cerere.
A svelare l’antico culto e tracce dell’importante Tempio sono stati ritrovati in questa zona due incredibili bassorilievi, di cui uno posto proprio nela stretta via di San Gregorio , accanto ad una bottega presepiale e l’altro presente invece nell’androne di un vecchio palazzo poco distante da Piazza San Gaetano .
Nella famosa via San Gregorio Armeno, il bassorilievo , risalente all’incirca al VII secolo a.C. , raffigura una giovane sacerdotessa ( canafora ) di Demetra abbigliata con una veste leggerissima drappeggiata e con un in testa un copricapo a forma di corona : nella mano destra regge una fiaccola ardente mentre nella sinistra cinge una cesta ricolma di oggetti sacri, che porta in processione a Demetra-Cecere . Si tratta , come vedremo di una scena tipica dei famosi Misteri Eleusini legati alla dea ,ovvero riti religiosi misterici di origine greca, praticati nella città di Eleusi e celebrati annualmente nel tempio di Demetra che ricordavano principalmente il mito di Demetra o Cerere nella ricerca dell’amata figlia Persefone sottratta dal Dio degli Inferi, Ade.
L’altra epigrafe , in lingua greca , e risalente stavolta al II secolo D.C. è invece presente poco distante, in un palazzo presente alle spalle di piazza San Gaetano, e racconta la storia di Cominia Plutogenia, sacerdotessa di Cerere appartenente alla magistratura . La lastra , rappresenta una straordinaria testimonianza dell’importanza di cui godeva la donna nella Neapolis greco-romana e dimostra quanto Napoli fosse all’avanguardia per quel che riguarda l’emancipazione della donna già tanti e tanti secoli fa.
Entrambe le raffigurazioni, ci riporta alle Lampadoforie, quelle famose corse di cui vi abbiamo parlato precedentemente che venivano organizzate in onore di Demetra e Partenope proprio attraverso queste strade.
Anticamente quindi come possiamo vedere , già nell’antenata Neapolis , dalle nostre parti si dava un’ enorme importanza alla Donna e alla figura femminile in generale, come dimostrano i reperti storici e archeologici rinvenuti nel sottosuolo di Napoli, con templi e riti dedicati alle divinità della fecondità tra cui le maggiori Partenope, Cerere, Diana, custodi di profonde conoscenze legate al concetto di terra-madre.
Così, la chiesa di San Gregorio, si dice sarebbe stata voluta per volere di Sant’Elena mentre il convento fu fondato nel VIII secolo da un gruppo di monache armene fuggite dalla persecuzione con le reliquie del Santo. Ed è questo luogo che fa da proscenio alle vicende di Santa Patrizia , patrona di Napoli assieme a San Gennaro , fuggita anch’ella dall’Oriente e che trovo’ ospitalita’ presso l’isolotto di Megaride. Qui sono custodite le spoglie della santa e ogni anno nel giorno di Santa Patrizia (25 agosto ) avviene la liquefazione del suo sangue.
I decumani erano in numero di tre ( forse quattro ) mentre i cardini erano diciotto ed erano tutti uguali nelle loro dimensioni : circa 6 metri per i decumani e 3 per i cardini ( forse anche meno ). Ai lati opposti dei tre decumani vi erano delle porte , in quanto tutta la città era circondata da mura altissime impenetrabili che resistettero persino agli attacchi di Annibale
Il decumano maggiore ,si trova al centro dei tre decumani e si estende lungo tutta via tribunali portandosi da Porta Capuana all’attuale Piazza Bellini dove si trovava la Porta Domini Ursitate che poi si chiamò Porta Donnorso.
Il decumano inferiore iniziava invece da via Forcella dove si trovava la Porta Ercolanese ( chiamata poi Furcillensis ) e proseguiva per via San Biagio dei librai fino all’angolo di Piazza San Domenico Maggiore deve allora era presente Porta Puteolana ( poi chiamata Cumana ) chiamata poi Porta Reale e successivamente Porta dello Spirito Santo . Possiamo quindi dire che è in realtà parte dell’attuale Spaccanapoli .
Il decumano superiore (così chiamato solo perchè si trovava più in alto degli altri due) si estende da Porta Carbonara chiamata poi S. Sofia che si trovava presso la chiesa dei S.S, Apostoli fino a Porta Romana nei pressi di Costantinopoli e corrispondeva all’attuale percorso fatto da via S.S. Apostoli , via Anticaglia , via Pisanelli , via Sapienza e Largo Donnaregina .Attualmente esso prende il nome “Anticaglia” grazie alla presenza di numerosi resti di costruzioni romane che caratterizzano la zona .In particolare caratterizzano il luogo due archi poco distanti uno dall’altro che cavalcano la stretta via poco dopo il Vico Cinquesanti che rappresentano i resti delle mura delimitanti l’antico Teatro Romano che qui si trovava.
L’ipotesi di un quarto decumano prevede il susseguirsi di via San Marcellino , via Bartolomeo Capasso , e via arte delle Lana a distanza esattamente uguale a quella degli altri decumani ( 200 metri ).
L’incrocio tra tutti questi assi dava come risultato le insulae, larghe trentacinque metri e lunghe centottantacinque metri ( antenate degli odierni isolati ) che erano tutte caratterizzate da imponenti edifici dedicati ad importanti divinità greche oppure a famosi eroi grechi . Le strade principali e più frequentate , che dividevano da oriente ad occidente l’antica città era sopratutto tre .; la prima di queste andava dall’odierno sito di San Domenico grande fino a Porta Nolana ed era denominata Furcillense , dalla greca forcuta lettera Y, chiamata pitagorica , scolpita in varie mura , tanto che si diceva che probabilmente Pitagora avesse qui avuto la sua scuola e la sua casa . La seconda , detta del Sole e della Luna , dai Tempi di Diana e di Apollo che qui si trovavano , incominciava dal complesso di San Pietro a Majella , e si prolungava per via dei Tribunali per poi giungere fino alla Vicaria . La terza , chiamata di Somma di Piazza , perchè si trovava nella zona più elevata della città , si estendeva dall’attuale sito della Sapienza fino al convento dei S.S. Apostoli .
Lo schema della città era fondamentalmete corrispondente ad un quadrato e divisa principalmente in quattro quartieri e dodici settori secondo un grafico quadrato dei dodici segni dello zodiaco su cui anticamente venivano eretti degli oroscopi.
Ognuna delle quattro aree in cui era composta la città , come gia detto , era poi divisa in tre parti , ciascuna delle quali governata da un particolare gruppo di abitanti della città , che risiedevano nella stessa zona , avevano la stessa etnia e praticavano lo stesso culto divino . Questo gruppo di cittadini furono detti a Napoli come ad Atene ” FRATIE ” e vivevano tutti sotto la protezione di una stessa divinità .Si trattava in pratica di una sorta di piccolo agglomerato di persone tutte appartenenti alle principali famiglie dell’ epoca ( demarchi ) che di fatto si occupavano attivamente della vita pubblica in città . Tra le più importanti vi era quella degli Aristei , collegata al culto di Diana Arista cha pare si occupasse di prestiti nella zona orientale della città , quella degli Artemisa collegata al culto di Artemide , quella degli Eunostidi nell’attuale rione Sanità , che traeva il nome dal bellissimo e casto Eunosto ucciso dai fratelli di Ocna , una giovane donna che vistasi rifiutata inventò una storia sessuale . Pentita si tolse la vita mentre i suoi fratelli furono imprigionati.
Altre fratie importanti erano quella degli Ermei dedita al culto di Hermes , protettore dei commerci mentre la più potente fratia degli Eumelidi che traeva il nome da dall’eroe divinizzato Eumelo occupava il centro della città nella zona dell’Agorà.
N.B. Una certa rilevanza la possedevano delle fratie dove risiedevano importanti nobili famiglie : Kumei , Agarresi , Theodiati, Jonei , ed Eubei .
CURIOSITA’: Tutti gli appartenenti ad una stessa Fratria. veneravano tutti gli stessi Fretori (protettori di una comunità) e praticavano culti religiosi comunitari, si preoccupavano della sepoltura dei loro morti costruendo anche tombe comunitarie, stabilivano norme per i prestiti e per i mutui in denaro che avvenivano fra di loro ed infine fissavano regole per i sacrifici ed i giorni per le cene collettive. Inoltre ogni fratia , piccola o grande aveva un governo formato da un fretarca a cui erano sottoposti i calcologi (esattori); i frontisti (economi) ed i dioceti (tesorieri). Questa scala gerarchica governava i retori , cioè i semplici “soci” (maschi ed adulti). L’assemblea si riuniva in una propria sede chiamata il fretion mentre le discussioni concernenti il danaro collegiale e gli affari privati della stessa Fratria, si tenevano in un luogo detto invece agoreuterio .
I nomi delle Fratie erano : Eumelidi , Theodati ,Eunostidi ( tutte nella parte superiore della città ) , Aristei , ( ad oriente del decumano maggiore ) ) , Artemisi ( ad occidente del decumano maggiore , Ermei , Cumei ( tra il decumano maggiore e quello inferiore ) , Eubei , Panclidi , Kretondai , Agarresi, Antinioti ( a sud del decumano inferiore ).
Gli ARTEMISI: la Fratria degli Artemisi deve il suo nome alla dea Artemide (Diana),figlia di Zeus e di Leto (Latona per i Romani) e sorella gemella di Apollo, il cui Tempio sorgeva sul sito della chiesa di Santa Maria Maggiore . Essa aveva sede nel Decumano Maggiore (Via Tribunali) dove sorgono, oggi, la Cappella del Pontano e il caratteristico campanile della Pietrasanta risalente al X o XI secolo. Il suo Tempio sorgeva sul sito della chiesa di Santa Maria Maggiore che come tutti orami sappiamo sorse come basilica paleocristiana , su una preesistente struttura di epoca romana dedicato a Diana , dea della caccia , della luna. , e protettrice delle donne in particolare delle partorienti nonchè guaritrice , ed esperta in magie e sortilegi . Artemide infatti pur essendo dea della caccia e signora degli animali, veniva solitamente invocata dalle donne che stavano per dare alla luce un bambino,e poichè la madre della dea l’aveva partorita senza dolore, essa prometteva parti non dolorosi . Suoi simboli erano l’arco, il cervo ,e la falce di luna , mentre i suoi animali sacri erano la civetta ed il serpente , simbolo entrambi della saggezza ( uno in cielo el’altro in terra ) . Il suo albero sacro era l’ulivo, simbolo di pace. Il suo Tempio presente nell’attuale via tribunali , doveva essere una struttura molto bella ed elegante come testimoniano i numerosi resti di pregevole fattura architettonica rinvenuti nelle sue fondamenta . Sono stati infatti ritrovati pregevoli sculture , eleganti capitelli di marmo d’ordine corinzio, pitture marmoree imitanti il porfido e molte iscrizioni greche. Il Tempio era una stuttura dove ad accedere erano le sole donne, Gli uomini infatti non vi potevano accedere e per tale motivo furono molto ingelositi da tale culto che li escludeva del tutto anche da questioni familiari. Essi erano anche molto infastiditi da alcune arti magiche che di praticavano in quel luogo che incominciarono addirittura a temere. Gli uomini inoltre erano irritati dalla popolarità che il culto di Diana riscuoteva in questa zona poiché molte promesse spose pur di evitare matrimoni infelici, preferivano votarsi alla Dea Diana e offrire la loro castità. Le ragazze divenute poi sacerdotesse venivano appellate dagli stessi uomini amareggiati, in maniera dispregiativa col sostantivo di ianare (da dianare o sacerdotesse di Diana) ed infine per vendicarsi bollate di stregoneria, capaci di invocare il demonio.
Artemide ( Diana ) era sopratutto la Dea protettrice delle donne che dovevano partorire . Essa veniva solitamente invocata dalle donne che stavano per dare alla luce un bambino, perché ne favorisse il parto senza dolore. Ma era spesso anche invocata dalle stesse donne come guaritrice , ed esperta in magie e sortilegi . Le sue sacerdotesse e seguaci, dette janare ,erano temute e rispettate, in quanto depositarie di un sapere astronomico, religioso e medico senza tempo che si tramandavano tra di loro in maniera ereditaria . Erano a conoscenza di antichi culti misterici e praticavano occulte formule di magia. Esse erano anche esperte ostetriche, e praticavano gli aborti attraverso infusi di erbe, come il prezzemolo. Il ritrovamento negli scavi di Pompei di oggetti simili a raschietti ha fatto supporre l’ipotesi che nell’antichità venisse praticato anche l’aborto con raschiamento dell’utero. Il suo culto era riservato come vi abbiamo accennato alle sole donne che sopratutto in corrispondenza con la luna nuova, si recavano in processione al suo tempio per propiziare il parto o per ringraziare la dea per averle assistite ( in molti scavi sono emersi ex voto anatomici e statuette di madri con lattanti). Queste sacerdotesse conoscevano il ciclo dei pianeti e miracolosi rimedi fito-terapici e pertanto secoli fa, quando non esistevano ospedali o ambulatori medici, era proprio a loro che si rivolgevano le genti locali per essere curate
Il termine janara era la trascrizione dialettale del latino dianara, che significa “seguace di Diana”, e come avete avuto modo di capire , esse furono molto screditate dalla parte maschile del popolo che mal sopportavano questo culto che li escludeva totalmente . Essi mal vedevano questo luogo frequentato da sole donne, temendo di perdere il loro potere in società, incominciarono a fare di tutto per screditarlo.Incominciarono con lo screditare le sacerdotesse accusandole di eresia, adulterio apostasia, blasfemia, e bigamia e tante altre numerose ingiurie con il solo scopo di annullarne il potere acquisito.
Accanto al Tempio di Diana , dove oggi si trova la chiesa di Santa Maria Maggiore, sorgeva , in un tratto stradale dove si intersecavano la Via del Sole con la Via della Luna, anche un tempietto dedicato al dio Pan , nel luogo dove oggi invece troviamo la cappella Pontano , un vero gioiello di architettura di epoca rinascimentale appartenente alla famiglia del poeta umanista Giovanni Pontano ,che abitava in quella via , nel vicino Palazzo Spinelli
.La cappella fu commissionata nel 1492 dal famoso letterato umanista Giovanni Pontano ( segretario di Alfonso d’ Aragona ) , per dedicarla alla vergine e a S, Giovanni Evangelista e fu adibita a tempio funerario per sua moglie , Adriana Sassone.
Si tratta di una piccola cappella gentilizia a semplice pianta rettangolare con un bellissimo pavimento di stile fiorentino del 400 in mattonelle policrome.
Il dio Pan era una divinità ellenica con il corpo di uomo e con gli arti inferiori di capra . Il suo aspetto era orribile avendo una coda ed un viso caratterizzato da una folta barba , un naso schiacciato e grandi corna .
Figlio del Dio Hermes e della ninfa Driope ( ninfa della quercia ) fu abbandonato dalla madre subito dopo la nascita poichè il suo aspetto era talmente brutto che ne rimase terrorizzata .Visse quindi sempre da solo vagando per i campi, i prati e le foreste in compagnia di altri fauni e ninfe con le quali condivideva i piaceri sessuali.
Aveva un espressione terribile ed aspetto orribile (bestiale ) ed in considerazione del fatto che era fortemente dotato nei suoi genitali era visto come la forza generatrice della natura in senso maschile nonchè considerato il simbolo della supremazia da parte del maschio .
Il suo aspetto repellente ,e la sua voce spaventosa incutevano in chiunque lo vedeva o udiva una grande paura . Il termine panico deriva appunto dal Dio Pan .
Il Dio Pan era considerato il protettore dei boschie dei campi , dei greggi , dei pastori e degli animali selvatici . Protettori dei boschi e dei campi, conduceva una vita semplice e bucolica, suonava il flauti, allevava le api e dormiva all’ombra dei vecchi alberi, assaggiando con le ninfe tutti i piaceri del sesso. In epoca pre-cristiana, era considerato ovunque una divinità benevola e portatore di vita.
Ad esso ed ai suoi amici satiri sono state associate le ninfe , creature bellissime generate dalla natura e dotate di una forte carica sessuale (la parla ninfomane deriva da loro ). Le ninfe ed i satiri secondo leggenda si sono accoppiati tra loro in antichi rituali ( messe ) nei boschi sotto millenarie querce in un gioco sessuale antichissimo . I rituali orgiastici erano collegati alla fertilità dei campi e connessi con la luna ( Dea Selene, regina della notte e del culto dei morti ma anche Dea della fecondità ) simbolo in questo caso della seduzione che Pan operò con inganno nei confronti della Dea che lo rifiutava.
Nei riti orgiastici egli si accoppiava con tutte le sue sacerdotesse chiamate Menadi .
Pur essendo dotato di un carattere sempre allegro , gioviale e generoso ,disponibile con tutti , e sempre disposto ad aiutare quanti chiedevano il loro aiuto, con l’avvento del Cristianesimo il Dio Pan venne identificato col diavolo che nella cultura cristiana è avversario dell’uomo e delle creazione .
Una religione come quella cristiana che reprimeva il sesso non poteva certo accettare una mitologia che del sesso aveva fatto la propria stessa ragione di vita. L’unione di fanciulle apparentemente umane con esseri umani simili alle bestie era una cosa repellente da eliminare a tutti i costi .
Una unione selvaggia che non aveva nessun concetto di amore cristiano ma dominata solo da lussurie e piacere andava assolutamente eliminata e demonizzata perché fosse di monito agli uomini .
L’accoppiamento tra i satiri e le ninfe ( la donna con la bestia ) era vista all’epoca nell’immaginario collettivo come qualcosa di repulsivo da un lato ma anche attraente e conturbante dall’altro .Il fascino del proibito che poteva evocare un desiderio di puro atto sessuale nelle donne affascinate dall’altissima carica sessuale di questi esseri umanoidi, superdotati divenne peccato mortale da combattere per secoli con persecuzioni ed inquisizione .
Così le ninfe divennero streghe ed il Dio Pan Satana ed i loro piacevoli incontri nel cuore della foresta sabba infernali dove le streghe si accoppiavano con diavoli caprini e deformi
Nel ricordo di Pan e delle sue ninfe, migliaia e migliaia di donne hanno dovuto nel corso dei secoli affrontare il rogo, qualcunacolpevole di averlo incontrato solo nei propri sogni,altre di averlo amatoaccettandonei suoi doni, e altre colpevoli solo di averlo incontrato quale innocente vittima .
Alla chiesa non bastò demonizzarlo ma addirittura lo fece morire . Pan infatti è l’unico Dio immortale ad essere morto e quando la sua immagine muore lo fa per lasciare spazio all’ immagine del diavolo .
Curiosita’ : Feste pagane dedicate a Priapo, dio della Fecondita’, e anche quelle legate al culto mariano della Madonna del serpente ( o Madonna dell’Hidria ) diffuso gia’ da tempo nelle colonie della Magna Grecia., si svolgevano anticamente con una certa frequenza anche e sopratutto nella crypta Neapolitana proprio all’ingresso della tomba di Virgilio .
Le Feste pagane fatte di riti orgiastici e propiziatori per la fertilità (alle quali partecipavano giovani vergini ) avvenivano secondo dei riti “segreti” della fecondita’ .In questi , le vergini ,designate da una sacerdotessa , venivano accompagnate in grotte sotteranee e denudate nel corso di una cerimonia ritenuta di fondamentale importanza. Esso sarà nel corso dei secoli un ” nudo iniziatico ” lentissimo a morire nei riti esoterici napoletani e si trasmettera’ nei secoli fino alle ” Tarantelle Cumplicate “che si tenevano nella grotta di Piedigrotta . Distesa su una” pelle marina ” ottenuta con unione di diverse pelli di pesci del golfo , la vergine veniva posseduta da un giovane vestito a sua volta da pesce .Il rito richiama la leggenda della sirena Partenope ,assimilandone il corpo trovato morto su una spiaggia del golfo a un seme che, sepolto nella terra che lo accogliera’, fecondera’ i lidi partenopei.
Ma a proposito di riti orgiastici non dobbiamo dimenticare anche quelli che si tenevano al Chiatamone , che come sappiamo era ricca di grotte dedicate al culto di Serapide e Mithra, Questi antri ,fino a che il vicerè non vi pose fine con una ordinanza. furono a lungo teatro di oscuri riti mitriaci e orgiastici propiziatori .
Stessa cosa che avveniva ogni anno nella notte di San Giovanni il 23 giugno ,nelle immediate vicinanze del mare , quandi il popolo festeggiava la ricorrenza del Santo con un bagno collettivo nelle acque del mare . La festa iniziata con un rito religioso nella bella chiesa di San Giovanni a mare , prevedeva come da copione poi , un comune battesimo collettivo nelle acque marine. Essa pero’ spesso degenerava fino ad arrivare ad un punto tale che esso dovette essere soppresso, dal viceré Spagnolo per la piega pagana e misterica che stava prendendo il bando di abolizione del periodo vicereale parla di promiscuita’ fra ” homini et femine”.) Questa festa infatti , originata da un motivo religioso ( si intendeva ricordare il battesimo di Gesu’ nel Giordano ) finiva si con un bagno notturno , ma una volta inibita la comune morale ci si abbandonava spesso a poco licenziosi atti amorosi.
La festività , testimone di pratiche e rituali propiziatori ,aveva inoltre raggiunto un aspetto tipicamente pagano dove erano frequenti i rituali come il piombo liquefatto e versato nell’acqua bollente con effetti divinatori o la raccolta della rugiada in provette con effetti medicamentosi.
Tra il Tempio gestito dalle temute sacerdotesse di Diana e lo scandaloso Tempio del Dio Pan , capirete subito quanto questo luogo non piaceva affatto agli uomini ma anche e sopratutto come vedermo alla vecchia chiesa cattolica. I due Templi con il tempo vennero ovviamente distrutti ma il loro culto , sopratutto quello di Diana , anche se in maniera segreta continuava imperterrito a resistere.
Bisognava quindi inventarsi qualcosa di nuovo per dare un nuovo significato al misterioso al luogo, ed a venire loro in aiuto fu un’antica leggenda raccontava anche che sotto la piccola piazzetta antistante , ed esattamente sotto il famoso campanile , vi abitasse il diavolo in persona. Egli tutte le notti travestito da enorme maiale, pare che si aggirava minaccioso per la piazza e le strade limitrofe per spaventare col suo diabolico grugnito i passanti.
Il feroce maiale dal grumito infernale , appariva nel cuore della notte aggredendo i passanti e squarciando porte e finestre. Per tutti si trattava della personificazione del male: era il Diavolo , incarnatosi nel corpo di un maiale , con l’intento di suscitare terrore e disperazione.
Era ovviamente l’occasione che tutti gli abitanti del luogo, di sesso maschile ela chiesa cattolica aspettavano . Secondo loro , il centro di tale malvagità si trovava proprio sui vecchi resti del Tempio di Diana , dove alcune donne (streghe) continuavano a praticare strani vecchi rituali sinistri in gran segreto , che avevano il solo scopo di alimentare la furia vendicativa di Diana , che per vendicarsi della distruzione del tempio a lei dedicato aveva così consegnato alla città un orribile maiale , invaso di violenza e ira accecante che con il suo spaventoso grugnito , sembrava uscire dall’ inferno .
Il popolo napoletano anticamente, nonostante da tempo avesse accettato la fede cristiana, continuava di tanto in tanto a praticate culti pagani in città’ e fino a tutto il seicento si continuava a svolgere in questo luogo ogni mese di maggio una grande festa conosciuta come ” gioco della Porcella“.
Si trattava di una reminiscenza dei sacrifici di maialini dedicati a Demetra, dea della terra, che aveva il suo tempio poco lontano, vicino piazza San Gaetano, dove ora sorge la chiesa barocca di San Gregorio Armeno. Bisogna anche ricordare che durante il Medioevo era comunque consuetudine uccidere un maialino o una scrofa in questo periodo nella cattedrale principale di una città’ o paese.
Avete mai sentito ammazzare un maiale purtroppo? Le urla sono alte e strazianti e questo spaventava il popolo … ed esse sembravano provenire proprio da quel luogo, da quella piazzetta ….. da sotto a quel campanile che fu considerato maledetto dal demonio.
N.B. Nel vicino Campanile della Pietrasanta , la cui architettura è costituito da frammenti di epoche diverse , si possono notare anche delle delle piccole sculture in marmo di teste di suino, che fanno riferimento alla leggenda del Porco-Diavolo e alla Festa della Porcella.
Furono proprio questi riti pagani e la paura di quete urla di maiali uccisi durante la famosa festa le origini della intuizione, nel 533 d.C. che spinsero San Pomponio, Vescovo di Napoli, a cogliere l’occasione per erigere una basilica Paleocristiana sui resti del tempio pagano di Diana. Egli non aspettava altro che l’occasione buona. Ed un giorno questa avvenne…
Un giorno, in concomitanza di più persone che avevano contemporaneamente deciso di praticare l’antico culto pagano, le urla di notte si levarono strazianti e spaventose.
Le persone impaurite associarono la presenza dell’animale alle donne che praticavano il culto della Dea Diana, quindi per loro quell’animale era il Diavolo travestito da maiale. Spaventati corsero dal vescovo Pomponio, e lo supplicarono di pregare la Madonna per allontanare il demonio. Il vescovo spinto dalla folla organizzo’ subito una messa che dedico alla vergina Maria pregandola di intervenire seduta stante.
La risposta avvenne secondo il vescovo durante la notte grazie ad un suo sogno: la Vergine avrebbe raccomandato a Pomponio di andare nel luogo dove appariva il demonio, e di cercare con attenzione un panno di colore celeste, e di scavare sotto quel panno fino a quando non riusciva a trovare una pietra di marmo che li si nascondeva.
Quello era il luogo dove egli doveva costruire una Basilica paleocristiana da dedicare alla Madonna se voleva liberarsi del demonio.
Soltanto così si sarebbero liberati della satanica apparizione, e così nacque la chiesa di Santa Maria Maggiore alla Pietrasanta, che deve il proprio nome alla pietra santa e che sembra si trovi ancora all’interno della chiesa stessa.
Sulla pietra che mostrava una croce incisa fu posta un’immagine della Madonna e ad essa fu dato un potere enorme: quando la si baciava essa procurava l’ indulgenza da tutti i peccati ed il salvataggio eterno.
La famosa pietra Santa pare che fosse stata portata da pellegrini provenienti da Gerusalemme, ed in particolare si pensa che la pietra provenga dalla chiesa di Santa Maria Maggiore di Sion e che essa sia stata addirittura benedetta dal papa nell’anno 533. Dopo inutili tentativi di ricerca fu rinvenuta durante i lavori di restauro del 1657, eseguiti dal famoso architetto dell’epoca Cosimo Fanzago e conservata nel suo interno. Essa fu posta ai piedi della statua della Madonna della Neve , un tempo presente nella chiesa ed oggi andata perduta .
Anora oggi , a distanza di secoli , la possiamo vedere esposta ai piedi della stessa cappella votive dedicata alla Madonna , incastonata su un piedistallo di pietra lavica nera .
Il Campanile appare impregnato di iscrizioni e simboli misteriosi fra cui la tavola del gioco romano «ludus latrunculorum» una sorta di anrenato del gioco della dama . Una scacchiera , che richiama la pianta “ippodomea” di Napoli.
La scacchiera, ricordiamelo , è uno dei simboli della Massoneria ed è il pavimento rituale di ogni loggia massonica. Ritroviamo il quadrato infatti in riferimento alla Tetractys pitagorica ed è considerato il numero della manifestazione Universale nel concetto del quadrato Perfetto.
L’evento della costruzione della Basilica e la sconfitta del diavolo, simbolo del bene che prevale sul male, e’ stato per molti anni ricordato dallo stesso vescovo con un particolare cerimoniale. Egli affacciato alla finestra della Basilica, ogni anno, per ricordare la data dell’evento, sgozzava dinanzi a tutti un’enorme suino che doveva essergli offerto dai fedeli. La pratica poi per fortuna è stata abbandonata perché ritenuta indecorosa e pagana.
Il furbo vescovo Pomponio provvide dopo la costruzione della basilica, a dare una nuova immagine all’intero luogo affidando la chiesa ai monaci benedettini, che curavano sia uomini che donne con erbe speciali e pozioni medicamentose; particolare attenzione fu data alle donne che soffrivano per parti difficili.
Incominciò contemporaneamente una campagna denigratoria e diffamatoria nei confronti di quelle misteriose sacerdotesse detentrici di poteri magici a lui e a tutta la chiesa sconosciuti. Con l’aggravante di aver rifiutato Dio, le dianare vennero di conseguenza designate come donne possedute dal diavolo che esse servivano con riti magici. Secondo il tribunale dell’inquisizione si dedicavano all’esercizio della stregoneria grazie ai loro poteri occulti con l’unico intento di servire Belzebu’ ma non adorarlo . Esse infatti erano solo seguaci della misteriosa divinità Diana che nella mitologia greco-romana, era seguita nelle sue peregrinazioni notturne da una schiera di morti senza pace: i morti anzitempo, i bambini deceduti prematuramente, le donne morte di parto , le vittime di morte violenta e quelle appartenenti ad entità stregonesche .Con la decadenza della religione antica e l’avvento del cristianesimo, Diana assunse «le sembianze inizialmente di una sorta di fata-maga – per poi giungere a quello di strega che dovevano necessariamente essere combattute , distrutte e perseguitate . Tutte le donne che ricorrevano al culto di Diana furono a quel punto accusate di stregoneria e bandite dalla città.
La loro persecuzione iniziò come quelle di tutte le streghe, con le prediche di San Bernardino da Siena. Egli le indicava come causa di sciagure e sosteneva la tesi secondo la quale dovessero essere sterminate. Nel 1486 fu addirittura pubblicato il “Malleus Maleficiarum “, che spiegava come riconoscere le streghe, come processarle e come interrogarle con torture atroci. Proprio attraverso tali torture furono raccolte diverse confessioni, nelle quali si parlava di sabba a Benevento, di voli, di scope e della pratica di succhiare il sangue dei bambini. Di conseguenza molte di queste fantomatiche streghe finivano poi per essere mandate al rogo o al patibolo.
La chiesa della Pietrasanta ed il suo territorio circostante , come vedete è quindi ricca di misteri e come se non bastasse nel 2011 , gli speleologi hanno poi rinvenuto nel sottosuolo della chiesa della Pietrasanta dei simboli legati ai cavalieri Templari, seguaci del culto della Madonna Nera ( trasposizione della Dea egizia Iside ). Sotto questa struttura sono stati ritrovati misteriosi percorsi artificiali risalenti al periodo tra il 1200 e il 1300 che passando sotto l’attuale Istituto Diaz , scendono verso l’antica via del Sole fino alla Cappella e al Palazzo Sansevero in piazza San Domenico Maggiore per poi risalire verso via Tribunali ad angolo con via Nilo e di via Atri, terminando alla chiesa.
In questi cunicoli sono stati ritrovati sulle pareti incise ben 36 croci che sembrano appartenere all’ordine cavalleresco dei templari . È stata rinvenuta anche una croce latina a triangolo rovesciato che ricorda la coppa di Cristo che contiene il soma, la bevanda dell’immortalità, il Santo Graal.
Secondo alcuni il percorso è lo stesso riportato in codice antico sul bugnato della chiesa del Gesù Nuovo in piazza del Gesù, dove un tempo vi era la fontana egizia di Morfisia del 67 d.C., alimentata dall’acqua del Sebeto, la fontana dell’immortalità, trasferita dal 1656 all’interno del complesso monumentale.
CURIOSITA’: Nel sottosuolo della chiesa di Santa Maria Maggiore alla Pietrasanta è stato recentemente portato alla luce grazie ad alcuni appassionati speleologi , nell’ampia area semicircolare identificata come il posto dove secoli fa sorgeva il Tempio di Diana , un luogo , ricco di reperti archelogici come mosaici , vasche , un capitello e pietre in tufo risalenti al II secolo a. C. .
Esso era non molti secoli fa un ambiente identificato come il sacello di sepoltura della facoltosa famiglia D’Aponte , che finanziò la costruzione della Basilica .Oggi il luogo , al quale si accede da una botola posta al di sotto dell’altare maggiore è stato da poco adibito in un affascinante percorso , dove si possono ammirare una serie di importantissimi reperti provenienti dal Museo Archeologico di Nazionale di Napoli . La mostra battezzata “Sacra Neapolis” si snoda tra i sotterranei della Basilica, dove sono presenti resti di epoca greca e romana fanno che da cornice a una serie di reperti di grande rilevanza storica, come la stipe votiva di Sant’Aniello a Caponapoli, unica testimonianza di culto sull’acropoli della città greca.
L’associazione Lapis Museum che da poco ha inaugurata la mostra , ha reso interessante il percorso accompagnandolo con una serie di istallazioni multimediali, foto e video .
I NILENSI : la Fratia Nilense o Patriziana era una delle più antiche e famose presenti in città . Essa si trovava tra l’attuale via mezzocannone e l’antico porto rinvenuto recentemente vicino al maschio angioino durante gli scavi per la nuova stazione della metropolitana . In questa zona risiedeva la colonia alessandrina come ancora oggi dimostra la significativa presenza della statua del Nilo , detta ” il corpo di Napoli ” e vi erano pertanto presenti i tempi dedicati ad alcune importanti antiche divinità egiziane . In questa Fratia , abitata sin da tempi lontanissimi dagli egiziani per ragioni di commercio, esisteva una volta parte dell’antico porto di napoletano che penetrando infatti per un lembo di mare giungeva fino al colle di San Giovanni Maggiore dove secondo la maggior parte dei grandi storici , si ergeva il sepolcro ed il grande Tempio della dea sirena Partenope . I primi coloni che si stabilirono in zona erano mercanti con il solo iniziale scopo di vigilare e tutelare sulle proprie botteghei e sul loro commercio, ed una volta insediatisi nel tempo in maniera stabile portarono ovviamente con loro anche i loro costumi , le proprie abitudini , ma sopratutto le loro divinità ricche di preziosi misteri ( non deve quindi sorprendere il fatto che in questa regione erano presenti i tempi dedicati alle antiche divinità egiziane ) . La gente del luogo non era affatto infastidita, anzi , fin dagli albori, i napoletani tendevano ad accogliere usi e costumi di altre popolazioni, soprattutto se questi erano portatori di buona fortuna come gli alesssandrini . L’intera zona , che nel tempo prese la denominazione “Nilense ” proprio da una statua giacente del fiume Nilo , cominciava dall ‘ odierno S. Girolamo e prolungandosi per i quartieri di San Domenico grande , di Sant’Angelo a Nilo e del Salvatore, giungeva poi fino al convento di San Severino e Sossio e l’attuale chiesa di San Giovanni a Mare .
La principale divinità che comunque gli egiziani di Napoli adorarono non fu la statua del Dio Nilo , ma la dea Iside , il cui santuario si trovava proprio nella regione nilense , forse proprio nei pressi del monumento del Nilo , all’inizio della via Pignatelli , dove il ritrovamento di grossi quadroni di pietra fanno pensare che essi siano le fondamente del Tempio . Secondo molti il Tempio è da ricercare nei sotterranei del palazzo fatto erigere al Largo Corpo di Napoli da Antonio Beccadelli , detto il Panormita , esponente di spicco dell’Umanesimo napoletano , durante il regno di Alfonso V d’Aragona . Il palazzo sorge lateralmente alla statua del Nilo , in un tratto di strada che veniva chiamata ” de bisi ” , dal napoletano “mpsisi ” ( appisi ) perchè vi passavano , provenienti dalle carceri della Vicaria , i condannati all’impiccagione prima di andare al supplizio.
Secondo molti altri invece l’antico Tempio di Iside era preesistente nel luogo dove poi è stata costruita poi la famosa cappella del principe di Sansevero. Molti infatti sostengono che la famosa Cappella San Severo,sia stata proprio edificata sull’area sacra di un preesistente luogo di culto dedicato alla dea Iside, e secondo gli stessi autori essa proprio per questo motivo è ritenuta ancora oggi , come in tempi antichi un sito iniziatico pregno di simbologia esoterica.
La stessa statua raffigurante la “Pudicizia” sembrerebbe far riferimento a Iside velata e parrebbe essere collocata nello stesso punto geografico dove in precedenza era disposta la statua della divinità egizia.
La dea Iside era in quei tempi una delle divinità più famose in tutto il bacino Mediterraneo e la dea più popolare dell’antico egitto ed I mercanti egiziani ovviamente non mancarono di portare con loro anche i l suo culto ed i suoi misteriosi riti celebrati spesso di nascosto .
Ma il Tempio di Iside non era l’unico a sorgere in queta zona .
Nel luogo dove oggi si trova in questa zona il palazzo Casacalenda , esisteva prima al suo posto la chiesa di Santa Maria alla rotonda che a sua volta era sorta sul peesistente Tempio di Vesta , la dea del focolare . Il sontuoso edificio , come solitamente era solito fare per i templi dedicati a questa Dea , per rappresentare l’universo , aveva una forma rotonda ed era decorato con marmi molto preziosi e ricercati , preziose sculture ed eleganti colonne ricche di pregevoli iscrizioni .Il Il suo simbolo era un cerchio e poichè I suoi primi focolari erano rotondi anche i suoi templi ebbero la stessa forma . Il sacro fuoco di Estia ardeva al centro del Tempio e rappresentava il focolare domestico . La dea e il fuoco erano una sola cosa e nella sua rappresentazione univa le famiglie l’una all’ altra, e le città-stato alle colonie. Estia era l’anello di congiunzione spirituale fra tutti loro.
Negli scavi che si operarono successivamente in questo luogo per la costruzione del palazzo , furono rinvenuti a diverse profondità molti antiche reperti archeologici tra cui una bella statua della Dea Vesta con la benda , un gran fonte antico di marmo per l’acqua lustrale , un tripode ed altri oggetti di culto della Dea .
Nella regione Nilense , si trovava anche , sul colle di San Giovanni Maggiore , presso il mare , il Tempio ed il sepolcro della Dea sirena Partenope come sembra dimostrare una lapide che si trova nell’interono dell’attuale Basilica di San Giovanni Maggiore , sorta sui resti dell’antico Tempio. Sulla lapide , una stana epigrafe risalente al medioevo mostra incise le seguenti parole : ominigenum rex aitor/scs + ian/partenopem tege fauste ( o sole che passi nel segno del mese di gennaio , generatore di tutti i beni , proteggi felicemente Partenope ). Le due frasi sono separate da una croce iscritta in un cerchio tra le parole SNS e IAN , ovvero a San Gennaro , affinchè protegesse l’antico sepolcro di Partenope ?
CURIOSITA’: Nel sottosuolo della chiesa di San Giovanni Maggiore tra i tanti oggetti che si scoprirono in occasione della sua fondazione , furono anche ritrovati alcuni stanzoni sotterranei adorni di marmo e con bellissimi pavimenti a mosaico in cui era presente tra l’altro una statua alata femminile con trecce annodate e vari ruderi di antica struttura greca .
In verità prima che sorgesse l’attuale basilica di San Giovanni , sui resti dell’antico Tempio di Partenope si ergeva anche un altro Tempio pagano dedicato da Adriano ad Antinoo, il giovane e bellissimo amante dell’Imperatore Adriano morto annegato durante una crociera sul Nilo. L’imperatore , che amava con eccessivo trasporto il giovane Antinoo, dopo averne lungamente pianto la perdita a sublimazione del suo grande dolore trasformò il suo divino amante in un Dio e fece innalzare in sua memoria numerosi templi in vari luoghi dell’ Impero e destinò al suo culto numerosi sacerdoti .Il Tempio di Napoli era uno dei piu belli per magnificenza . Il culto e la divinità di Antinoo si estinse poi in seguito alla morte di Adriano .
L’intera regione Nilense era anche il luogo che ogni anno vedeva tenersi la festa alla sirena Partenope che avveniva con grandi libgioni e sacrifici di buoi che venivano offerti alla dea . La sua memoria veniva ogno anno onorata con delle corse che avvenivano lugo untratto di strada , chiamato ” corso Lampadico “che iniziava dal Ginnaio in zona Forcella ed attraversando la regione Nilense finiva al sepolcro della dea sul colle di San Giovanni Maggiore .Si trattava delle famose corse lampadifere che altro non erano che pagani giochi funebri e solenni , celebrati di notte , al chiarore di fiaccole ardenti portate da nudi giovanotti .
ARISTEI: era una delle piu importanti Fratie di Neapolis. Essa si trovava nei pressi di Castel Capuano . Il suo nome derivava da Ares ( Marte ), il dio della guerra , figlio di Zeus e di Era .Secondo altri invece il suo nome derivava da Aristeo , figlio di Apollo e della ninfa Cerere che allevato dal saggio centauro Chirone era diventato esperto nelle arti della medicina .Secondo una più curiosa ipotesi pare che il nome della Fratia possa addirittura derivare da Aristos (Migliore), che non era altro che il modo con cui si autocelebravano. Il loro fretion sorgeva presso il porto antico.
EUMELIDI: era la principale Fratria della città . I suoi residenti veneravano Eumelo o Falero, dio patrio e primo leggendario fondatore della prima città. Essa aveva sede sulla collina di Sant’Aniello a Caponapoli (oggi Via Sapienza) ed aveva il suo fretion nell’attuale Largo Donnaregina. La collina , un tempo il luogo più alto della città , secondo la maggior parte dei studiosi è il luogo dove pare sia nata e poi sviluppata intorno ad essa Neapolis. In questo colle , essi concordano che , accanto all’agoreuterio della fratria, sorgeva il sepolcro di Parthenope, che originariamente era collocato sull’isolotto di Megaride (Castel dell’Ovo). Intorno a questo sepolcro, si correva la “nuova” Lampadoforia; quella ripristinata, cioè nel 430 a. C. col il rinnovato culto della Sirena.
I CINEIo KUMEI: ( o Eubei ) : come dice il nome essa era una Fratia formata dai discendenti dei coloni provenienti da Eubea che avevano inizialmente fondato Cuma e che piu’ tardi fondarono un nucleo urbano nell’area a valle di Pizzofalcone, sulle sponde del fiume Sebeto che chiamarono Parthenope . Questi primi abitanti della città avevano elevato il suo fretion tra l’attuale Piazza San Domenico Maggiore e Via Mezzocannone, dove sorgeva il tempio di Vesta. La loro Fratia si estendeva nella zona del Decumano inferiore , fini a di fronte l’attuale chiesa dei Santi Filippo e Giacomo . In questa area di trovava anche un un antico antico Tempio dedicato a Dionisio e Vulcano. Nella chiesa di Santa Maria Rotonda , che un tempo sorgeva sopra questo Tempio , venne infatti tempo fa , ritrovato un cippo marmoreo , attualmente depositato presso il nostro Museo Aercheologico, dove in bassorilievo sco scolpite le immagini di Dionisio ed alcune iscrizioni probabilmente riferite ad Anubi , la divinità egiziana dalla testa di cane . Questo reperto ha posto la discussione tra gli storici , che probabilmente la Fratia , non sarebbe stata composta da Cumani , ma piuttosto da Egiziani residenti nella regione Nilense.
Gli AGARREI: di questa fratria si conosce poco o nulla. Secondo alcuni il nome sarebbe derivato dalla zona particolarmente acquosa , che caratterizzava il luogo. il nome derivava secondo loro dal rumore delle acque del fiume Sebeto che scorreva in prossimità delle attuali rampe di San Marcellino, ai confini della città antica. L’ipotesi invece più accreditata sostiene che il suo nome potrebbe essere messo in relazione con gli Agarei , un’antica popolazione araba che c aveva la sua sede nel luogo dove oggi si trova la chiesa di Santa Maria in Cosmedin, presso le rampe di San Marcellino.
Gli JONEI: il nome della fratria consente di risalire ai primi greci, forse Ateniesi, che approdarono nel Golfo. La loro sede, in epoca romana, era situata nella regione dell’attuale Via Sedile di Porto.
Gli EUNOSTIDI: la fratria degli Eunostidi era composta, forse, dai greci Beoti e prende il nome da Eunosto, figlio di Ileo, re della Beozia. La fratria degli Eunosti aveva la sede in una vallata lontano dalla città, posta tra il teatro ed il muro di cinta settentrionale, in prossimità dell’attuale “borgo dei Vergini”.
I MOPSOPITI: questa fratria è poco conosciuta. Prende il nome da Mepso, eroe greco che partecipò alla spedizione degli Argonauti. In epoca romana il fretion di questa fratria era presumibilmente collocato nella zona di Chiaia, fra Largo di Castello e Piazza S. Caterina da Siena a Chiaia.
I PANCLIDI: questa fratria, in epoca romana, aveva il suo fretion in prossimità dell’attuale Chiesa di San Pietro in Vinculis . Essa ha origini oscure ed oggi conosciuta solo grazie ad un’iscrizione rinvenuta , a grande profondità , sotto la chiesa di San Pietro in Vinculis , dove probabilmente aveva la sua sede. Secondo alcuni , i Panclidi , dovevano essere particolarmente dotti e sembra che fossero abili preparatori di unguenti nonchè come ricorda una lapide anche raffinati profumieri.
Prima di parlarli dell’importante Fratia Ercolanense o Forcillense dobbiamo ricordarvi la Fratia dei THEODATI che probabimlmente doveva trovarsi nei pressi dove ora si trova la chiesa di Santa Maria Donna Regina . In questo luogo è stata infatti scoperta una iscrizione di epoca imperiale romana che parla di un Tempio dedicato agli dei Augusti Vespasiano e Tito sorto in una fratia in origine dedicata ad Apollo, dio della musica, dei canti e della poesia , nato da Zues e Latona , nonchè fratello di Artemide , dea della luna e della caccia .
L’antica Fratia Ercolanese o Forcillense si trovava tra l’attuale San Lorenzo e Forcella . Era questa una Fratia dove un tempo nell’attuale via Sapienza era presente un ‘imponente Porta Romana , (distrutta solo in epoca medievale ) ed ancora tanti secoli prima addirittura un magnifico Ginnasio ,ed un ippodromo , nonchè il famoso Tempio dedicato al semidio Ercole , numerose terme ( per cui fu detta anche termense ) , uno stadio e persino un anfiteatro presente nella zona tra Porta Capuana e Porta Forcella ( nei pressi della vecchia e diruta chiesa di San Nicola dei Caserti , anticamente chiamata ” ad Amphitheatrum “.
In questo Anfiteatro si svolgevano sul modello dei giochi olimpici della Grecia , formidali gare fra atleti provenienti da ogni dove , molti dei quali formatisi nelle stesso ginnasio napoletano. Un Ginnasio di Forcella che formò secondo antiche scritture , una generazione di atleti particolarmente venerati dai greci e dai romani per il loro valore ma anche per la loro prestanza fisica . Essi infatti non solo imparavano a maneggiare con destrezza l’arco , la lancia e lo scudo ma rappresentavano per la loro avvenenza fisica il modello dell’eroe classico : fisico scolpito e coraggio da vendere . Il più valoroso di tutti , bello come un dio dell’olimpo , molto amato dai cittadini e dallo stesso imperatore romano che spesso assisteva alle sue gare , si chiamava Melancoma. Egli divenne molto famoso all’epoca divenendo nel tempo per i romani , una vera e propria leggenda .Questo atleta diede infatti molta fama al ginnasio di Forcella e molti accorrevano per assistere alle gare di lotta dell’atleta più bello e forte di tutti. Alla sua morte a recitare l’orazione funebre si scomodò addirittura il grande oratore Dione CrisostomoIl superbo Ginnasio destinato all’uso dell’arte ginnastica ,si trovava ,nel bel mezzo di numerose terme che caratterizzavano per lunga estensione l’intera zona. L’intera insula era infatti un lungo susseguirsi di bagni termali dove si riversavano gente di tutte le estrazioni sociali che venivano a rilassarsi con bagni e massaggi o a fare ginnastica , ma anche a dilettarsi nel canto e nella recitazione .
Inseparabile dal Ginnasio e dalle Terme come sempre avveniva nel tempo greco-romano , nellle immediate vicinanze si trovava anche un magnifico Tempio dedicato ad Ercole , poi crollato in seguito ad un terribile terremoto . Esso venne prontamente riedificato per la sua importante monumentalità su volere dell’allora Imperatore romano Tito che si prodigò molto anche per aiutare la città colpita duramente dal terremoto di probabile origine vulcanica ( vesuvio ) a cui era poi eguito un incendio lavico. La città come ringraziamento all’Imperatore , istituiti in onore di Augusto dei fantastici giochi denominati anticamente Italikà Romaia Sebastà Isolympia, ossia“Sacri Agoni Simili ai Giochi Olimpici”. Grazie a questi giochi più facilmente denominati ” Sebastá ” , che si svolgevano ogni 5 anni , ( per questo vennero nominanti Isolimpici) , Napoli per almeno tre secoli, divenne un punto di attrazione per atleti e artisti originari di Roma, dell’Italia meridionale e di tutte le province orientali dell’Impero romano. Sessantuno sono le città note per la loro partecipazione. Duecentotrenta i vincitori registrati, fra cui anche cinque donne che si affermarono in varie specialità della corsa.
CURIOSITA’ : Oggi in seguito agli scavi della nuova stazione metropolitana Duomo in Piazza Nicola Amore , sono state trovate numerose vestigia, iscrizioni e templi a cui gli archelogi hanno dato per le iscrizioni ritrovate il nome di: “Complesso monumentale dei Giochi Isolimpici”. Questo dimostra che l’antico Ginnasio era presente nella zona dell’ attuale Corso Umberto , vicino all’odierna piazza Nicola Amore
Il Tempio di Ercole , era molto famoso nell’antichità per l’imponenza delle sue strutture, tanto da essere ricordato come il tempio delle quaranta colonne. L’edificio dava il nome a tutta la regione limitrofa denominata “Regione Herculanensis” e sorgeva con precisione su un vicolo dell’attale quartiere Forcella e precisamente ,si trova sul luogo della chiesa di Sant’Agrippina a Forcella lungo Il vico anticamente detto Ercolanense e poi dei tarallari . Secondo altri invece il Tempio sorgeva , sempre nella stessa area ma nei pressi della chiesa di Santa Maria Ercoles ( poi intitolata a Sant’Eligio dei Ferrari ) o di Sant’Agostino .
CURIOSITA’: Nei secoli passati e fino alla seconda metà dell’Ottocento nel cavarsi le fondamenta di nuovi edifici sono stati ritrovati nel quartiere di Forcella , antiche vestigia di colonne di marmo verde alte 20 palmi per lo più rimaste poi interrate.
Nel terminare la descrizione delle Fratie è importante ricordarvi che ancora oggi come vi abbiamo accennato prima non sappiama esattamente il numero delle fratie napoletane allora presenti e probabilmnete a quelle sopra descritte vanno aggiunte probabilmente almeno la coseidetta Fratia dei Partenopei di cui però non v’è traccia di documenti o iscrizioni, la Fratia degli Antinoidi istituita solo in epoca imperiale intorno al tempio di Antinoo, il preferito dell’Imperatore Adriano, morto giovanissimo e la Fratia degli Oinonei , o Jonei composta da coloni ionici .
La prima , quelle dei Partenopei , che secondo alcuni pare derivasse dai primi abitatori di Partenope aveva la sua sede sempre secondo gli stessi autori in prossimità dell’attuale Piazza Vittoria , la seconda invece , quella degli Antinidi si trovava presso il colle di San Giovanni Maggiore,mentre la terza , quella degli Oinonei occupava , una ampia zona presso il Sedile del Porto come attesta una lapide ritrovata nelle fondazioni del Palazzo Muscettola – Luperano , nei pressi del Museo Nazionale , nella quale è scritto che la Fratia degli Oinonei raccomanda agli dei un loro membro di nome Lucio Erennio Aristo .
N.B. : Jone , oltre ad essere il nome di una Nereide , era anche il figlio di Xuto ( re del Peloponneso ) e Creusa , da cui derivò il nome della stirpe ionica .Olineo era invece il re di Calidone , che per primo ricevette la vite da Dionisio e che bandì la famosa caccia al terribile cinghiale inviato nelle sue terre da Artemide , alla quale parteciparono fra gli altri , anche i Dioscuri , Teseo, Giasone e Atalanta.
Le fratie con il tempo lasciarono poi il posto ai seggi o sediliI , che nella loro organizzazione possiamo considerare gli antenati dei nostri attuali quartieri . I seggi erano inizialmente solo degli edifici, prima chiamati ” tocchi ” ed infine anche “sedili ” dove si riunivano periodicamente i rappresentanti della nobiltà.
Sulla facciata, dell’antico monastero della Basilica di San Lorenzo di fianco al campanile, sono ancora oggi riportati i nomi di 7 antichi seggi, ognuno con il suo simbolo, che furono posti nel 1879 in ricordo delle riunioni che si svolgevano nella sala dell’allora tribunale di San Lorenzo Il MONASTERO che può essere considerato la vera anima storica della Napoli passata : in esso infatti risiedettero periodicamente l ‘ università fondata da Federico II di Svevia nel 1224 ( prima in tutta Italia , poi ospitata altrove ) e stabilmente il tribunale della città .
Gli stemmi in terracotta raffigurano vari simboli : quello del Foro (FORCELLA porta il simbolo Y – quello di MONTAGNA porta un simbolo con tre monti – CAPUANA un simbolo di un cavallo bianco frenato – NILO un simbolo stavolta di cavallo nero sfrenato -PORTO un simbolo che rappresenta Orione, PORTANOVA il simbolo è fatto di una porta d’ oro chiusa – DEL POPOLO il simbolo di una P ).
Nel 1266 questi seggi erano ben 29 mentre nel 1300 erano solo 10 per poi passare più tardi a solo 6 quando quello del Popolo fu soppresso durante il periodo aragonese ( ristabilito poi nel 1495 ).
Ogni sedile era comandato da sei rappresentanti che divennero otto nel rinascimento . Questi si occupavano dei vari problemi che sorgevano nel sedile dai più ordinari come il commercio , i prezzi , le liti , la giustizia ma si occupavano anche della difesa del luogo in tempo di guerra.
Il simbolo che accompagna lo stemma aveva una sua connessione con il luogo di appartenenza .
Il sedile di Porto per esempio aveva sul suo stemma un uomo villoso con un coltello nella mano destra rappresentante Orione , il grande gigante cacciatore che per sfuggire alla collera di Apollo pensando di rifugiarsi in mare venne poi colpito da una freccia di Diana che lo mutò in una costellazione che ancora oggi prende il suo nome. Molti hanno anche identificato questa figura presente anche sulla facciata di un palazzo di via mezzocannone con quella di Colapesce , un ragazzo che passava molto tempo in mare e che svelò ai pescatori la presenza di ingenti tesori presenti nelle grotte di Castel dell’Ovo .Egli un giorno, durante una delle sue nuotate, recuperò galantemente il bracciale di una nobile e bella signora che era scivolato in acqua. Il gesto cavalleresco non fu però gradito ad una sirena (amante dell’eroe) che presa da un insano gesto di gelosia lo fece annegare quando il re , durante una sua esibizione , per metterlo alla prova gli chiese di riportargli indietro una palla di cannone sparata in mare da una cima di una collina . Sceso in fondo agli abissi non riemerse più .
Il cavallo invece presente sugli stemmi dei seggi di Capuana e del Nilo non deve meravigliarci poichè i cavalli napoletani erano tra i più ricercati in tutta Europa .Il simbolo invece del seggio Forcella lo si deve a quella “Y” che caratterizza una biforcazione della sua strada che, ad un certo punto del percorso, interessa la via per dividerla in due .
La lettera Y , che invece appare inserita nello stemma del Sedile di Forcella pare lo si deve a quella caratterizza biforcazione della sua strada ad Y che, ad un certo punto del percorso, interessa la via per dividerla in due . La lettera Y era anche quella sacra alle scuole pitagoriche che risiedevano in questo luogo nella Napoli greca . Ricordiamoci che in matematica la Y e’ una incognita e la scuola di Pitagora la considerava un simbolo di augurio e di buona fortuna .
Essa rappresentava la ” nascita del tutto ” cioe’ il tronco della vita che si va a dividere, l’albero di Jesse per la religione cristiana da cui tutto ha origine. Simbolo esoterico della scissione tra il mondo visibile ed invisibile , tra il bene ed il male che sempre hanno ossessionato l’intera zona .
La rivoluzione del 1799 decretò la fine dei Sedili . Con l’avvenuta restaurazione del Regno delle due Sicilie re Ferdinando non perdonò infatti l’appoggio che essi diedero alla causa repubblicana. Da allore nacquero così i quartieri napoletani che dopo il Risanamento arrivarono ad essere 29 e sono da allora sempre più o meno gli stessi come li conosciamo oggi : Chiaia, San Ferdinando , Montecalvario , Avvocata, Stella, San Carlo all’Arena , San Lorenzo , Vicaria, Mercato, Pendino, Porto, San Giuseppe , Posillipo , Agnano , Vomero , Arenella , San Martino , Camaldoli , Capodimonte , Capodichino , Poggioreale , Bagnoli , Fuorigrotta , Ponticelli, e Barra
La città intorno all’Agorà appariva come abbiamo detto suddivisa in 4 grandi aree o quartieri : Ercolanense , Nilense , Palatina e Montana .La prima era quello Ercolanese o Forcillense , che come vi abbiame detto a proposito delle Fratie si trovava tra l’attuale San Lorenzo e Forcella era un quartiere dove si trovava un superbo e magnifico Ginnasio , un ippodromo , numerose terme , un anfiteatro dove si tenevano dei giochi olimpici denominati ” Sebastá ” , nonchè il famoso Tempio dedicato al semidio Ercole .
Nel quartiere si trova un vicolo da dove partivano le gare più famose della Napoli greca che avevano come protagonista la mitica surena Partenope. In questa zona , in un vicolo anticamente detto Lampadius , corrispondente all’attuale vico della Pace , si svolgeva infatti la rituale corsa con le fiaccole in onore di Partenope . Si trattava delle famose corse lampadiche , in cui i partecipanti dovevano correre di notte tra due ali di folla stringendo nel pugno una fiaccola accesa . Percorrendo i stretti vicoli e le strade della città , gli atleti dovevano raggiungere il sepolcro innalzato a Partenope che si trovava in un punto ancora non meglio precisato in corrispondenza del porto . La difficoltà ovviamente consisteva nel non far spegnere la fiaccola , e la palma del vicitore spettava al primo corridore che arrivava al traguardo con la fiaccola ancora accesa.
Nello stesso quartiere si trovava anche un antico Mitreo rinvenuto durante i lavori per la rimozione delle macerie della chiesa di Santa Maria del Carmine ai Mannesi, sventrata e distrutta in seguito ai bombardamenti avvenuti durante la Seconda Guerra Mondiale .
In quell’occasione venne portato alla luce l’antico complesso termale di San Carminiello ai Mannesi che copre un’area di circa 700 mq. ed un luogo di culto ( Mitreo ) dedicato al il Dio Mitra, una divinità di origine indiana e persiana, venerato dagli antichi persiani il cui culto era una delle religioni più diffuse nell’antichità . Esso fu importato nell’antica Roma dalle truppe romane impiegate ad oriente, e destinato ai soli uomini , ebbe una grande diffusione a Roma ( Nerone e Commodo ne erano grandi devoti) divenendo nel mondo militare il culto di forza dei soldati romani incoraggiato addirittura dagli stessi Imperatori). Il suo culto ad un certo punto fu così diffuso che lo si ritrovava in tutte le classi sociali, passando dagli schiavi, ai commercianti e finanche ai più alti funzionari di governo. Divenne un culto imperiale talmente potente e consolidato che probabilmente se Costantino non avesse scelto di adottare il Cristianesimo, il mondo occidentale potrebbe oggi essere diventato mitriaco.
Mitra sarebbe secondo il suo culto , nato in una grotta il 25 dicembre e al termine del suo operato con l’aiuto del sole, sarebbe poi assurto in cielo a 33 anni, da dove continuerebbe a proteggere gli esseri umani.
Vi ricorda niente tutto questo ?
Nei Mitrei durante la funzione rituali o celebrazioni era necessaria la presenza di un curatore intermediario poichè la dottrina prevedeva che la conoscenza del massimo mistero prevedeva il concorso di una presenza ( come lo spirito santo che pervade il sacerdote cristiano al momento della comunione) ed in una stanza specifica del Mitreo si teneva solitamente un banchetto rituale che era a base di vino, acqua e pane secondo uno schema molto simile a quello dell’eucarestia dei primi cristiani.
Il Mitreo di Forcella si trovava dove ora si trova la piccola chiesa del 500, di Santa Maria del Carmine ai Mannesi che precedentemente inglobava una preesistente chiesa eretta in periodo Medioevale. Il toponimo della chiesa (ai Mannesi ) derivava dal nome che caratterizzava tutta l’intera zona. Esso era dovuto agli artigiani falegnami che qui vi lavoravano, riparando o costruendo carri ( I falegnami erano detti mennesi dal latino “manuensis”, cioè che lavoravano con le mani, artigiani).
La chiesetta sorgeva in Vicolo San Carminiello ai Mannesi, cosi chiamato proprio perché percorrendo quella stradina si arrivava ad una chiesetta in cui tutto era minuto e di dimensioni modeste al punto di ispirare tenerezza.
La seconda area o quartiere era quello di Nilense che si trova tra mezzocannone e l’antico porto rinvenuto recentemente vicino al maschio angioino durante gli scavi per la nuova stazione della metropolitana
La terza area era chiamata Palatina o Campana e si trovava nell’attuale via Duomo . Qui si trovava il tempio dedicato ad Apollo , il dio solare che rappresentava uno dei culti principali dell’ epoca . Essa fu così chiamata dal palazzo, o Basilica Augustale e dal foro , e comprendeva gli odierni quartieri di San Paolo, dell’Arcivescovaso , di San Giuseppe dei Ruffi e dei S.S. Apostoli .
La regione veniva anche denominata campana per la presenza di una porta che era diretta verso la Campania ed in essa si innalzavano gli importanti Tempi di Apollo , di Mercurio , di Nettuno , e dei dei Dioscuri oltre che la Basilica Augustale ed il Foro .
Il Tempio di Mercurio , messaggero degli dei protettore dei viandanti , dei pastori e dei mercanti , si trovava dove adesso sui suoi resti hanno poi eretto la Chiesa de’ S.S. Apostoli ( Mercurio era stranamente anche il protettore di ladri ed imbroglioni , purchè dotati di vivace ingegno )Ermes, figlio di Zeus e della ninfa Maia, ( Mercurio per i romani ) era grazie ai suoi suoi calzari alati,velocissimo ed aveva il potere di entrare nell’Ade a portare i messaggi ed uscirne senza alcuna conseguenza . Egli riceveva da Zeus e dagli altri dèi le missioni più delicate e aveva la libertà di trattarle a modo suo, poiché gli dèi avevano molta fiducia nella furberia e nell’abilità e prudenza con cui portava a termine l’incarico.
Il suo Tempio , non lontano dal Tempio di Apollo , sorgeva in via Tribunali , in Piazza Riario Sforza , dal lato del campanile del Vescovado che venne fondato su una parte delle sue rovine . Esso era sostenuto da grosse colonne di marmo cipollino ed era dera caratterizzato dalla presenza dinanzi al pronao , o vestibolo del Tempio , nel luogo oggi detto guglia del Vescovado , dalla presenza di un colossale cavallo di bronzo che si trovava , eretto sopra una grande base .
CURIOSITA’: La superba opera greca in bronzo si trovava con esattezza nel luogo dove ora c’è la guglia di San Gennaro, in Piazza Riario Sforza ( un luogo un tempo denominato appunto ” guglia del vescovado ” ) , e si si ergeva imbizzarito posto sopra un alto piedistallo marmoreo . come sacro al Dio del mare.
Il colossale grande bellissimo cavallo di bronzo ,I era condiderato un vero capolavoro capolavoro di arte bronzea e rappresentava il massimo grado di perfezione in cui era giunta l’arte in quei tempi lontanissimi . Esso come vi abbiama accennato era dedicato a Poseidone , il Dio del mare, dei cavalli e dei terremoti.( Scuotitore della terra ) .Esso proveniva dal non lontano Tempio dedicato al Dio Nettuno ( erano separati dal solo piccolo vico chiamato Radius ) che sostenuto da alte e grosse colonne di marmo cipollino senza basi e capitello , occupava con la sua bella facciata parte dell’attuale via tribunali , sorgendo sul sito dove oggi si trova il campanile del Vescovado che venne poi fondato sopra una parte delle sue rovine . Dinanzi al pronao , o vestibolo del Tempio , nel luogo dove ora c’è la guglia di San Gennaro, in Piazza Riario Sforza ( un luogo un tempo denominato appunto ” guglia del vescovado ” ) , si ergeva posto sopra un alto piedistallo marmoreo , un colossale meraviglioso cavallo imbizzarrito di bronzo .
La statua poi fu fusa perché tali riti pagani erano invisi alla chiesa. Il corpo, si dice, servì per forgiare le campane del Duomo ( c’è chi racconta che quando suonano, tendendo l’orecchio si sente il nitrito del cavallo di Virgilio ) mentre la testa salvatasi dalle barbarie dei tempi è oggi esposta nelle sale del Museo Archeologico Nazionale (una copia è nella stazione Museo della Metropolitana di Napoli e un calco di terracotta , si trova nell’ atrio del palazzo di Diomede Carafa, Duca di Maddaloni, ai Decumani .
La Testa di cavallo è infatto solo la parte di un monumento equestre che Donatello avrebbe iniziato per Alfonso V d’Aragona, re di Napoli dal 1442 al 1458. Il monarca ambiva ad ottenere un monumento equestre a lui dedicato, simile a quello che Donatello stava concludendo a Padova per il Gattamelata, per collocarlo al centro dell’arco superiore dell’immane portale di ingresso a Castel Nuovo a Napoli, una delle opere più imponenti e ambiziose del primo Rinascimento italiano.
Desideroso da tempo di avere Donatello a Napoli per impegnarlo nella realizzazione del portale di Castel Nuovo, iniziato nel 1453, Alfonso commissionò all’ l’artista la costruzione di un cavallo di bronzo che Donatello non riuscì a completare per le troppe commissini in incarico . Alla sopravvenuta morte di Alfonso ad essere pronta era la sola testa del cavallo ed il successore sul trono di Napoli, Ferrante I, cetamente non mostrò alcun interesse portare avanti i lavori dell’immane portale. I costi erano elevati ed il denaro in quel momento serviva aben altre cose.
Nel 1466 morì anche Donatello e l’opera a quel punto , seppure incompleta , fu inviata a Napoli da Lorenzo de’ Medici nel 1471, proprio nell ’anno in cui fu compiuta la conclusione del portale.
Ferrante d’Aragona, successore di Alfonso, decise di donare la testa , oramai inutilizzabile per l’Arco, a Diomede Carafa, illustre rappresentante della corte aragonese in città.
Quando il palazzo passò dai Carafa al marchese Santangelo, la testa di cavallo del cortile fu trasferita al Museo Nazionale al quale fu donata dai principi di Colubrano che erano sul punto di vendere lo storico Palazzo . Il Santangelo ne fece eseguire una copia in terracotta dipinta, collocandola sul piedistallo originale
Da quel momento la sostituita copia in terracotta ha continuato ad essere per due secoli l’attrazione di quel cortile. Impossibile non affacciarsi almeno una volta a contemplarla.
In tal modo il cavallo divenne simbolo della città di liberta’ e orgoglio .
CURIOSITA’: Il cavallo aveva per i napoletani un grosso significato in termini di orgoglio e liberta’ poiche sessantanove anni prima , in occasione della conquista della città da parte di Corrado IV; questi aveva fatto mettere al cavallo un freno che lo imbrigliava , in segno di dominio sul popolo napoletano. In tal modo il cavallo divenne simbolo della città di liberta’ e orgoglio .
Non poco lontano dove ora si trova il sito dell’Arcivescovado era invece presente un bellissimo Tempio di ordine corinzio del Dio solare Apollo , dio della musica, dei canti e della poesia , nel cui interno si trovava una stupenda opera greca mostrante il NUME (concetto astratto di divinità ) nel suo carro in procinto di percorrere i segni celesti ( Quest’opera , era considerata all’epoca , la più perfetta nel suo genere e rappresentava il più bel monumento greco del Tempio ) . Il tempio di quello che un tempo veniva considerato il l Dio protettore della città , era ben distinguibile dagli altri vicini Templi grazie alla sua bella facciata di otto bianche colonne corinzie e il frontone, sul quale era dipinto, con il suo carro del sole, il Dio i.
I due bellissimi Tempi di Mercurio e di Apollo , sono oggi purtroppo andati distrutti ma in qualche modo ancora sopravvivono . A beneficiare infatti del gran numero di colonne del Tempio di Apollo e di quello contiguo di Nettuno è stata sopratutto la nostra Cattedrale di Santa Maria Assunta ( Duomo di San Gennaro ). L’edificio fu infatti fondato sulle rovine e sui materiali ritrovati di questi due tempi che furono ritrovati nello scavare le sue fondamenta ( furono ritrovati grossi pezzi di architravi , capitelli e sopratutto un gran numero di colonne ) . Tutti i materiali , sopratutto le colonne furono infatti poi riutilizzati per la costruzione del Duomo.
Esse dopo aver essere state sepolte per secoli sotto terra , ritornarono a svolgere l’antica funzione di sostegno ( stavolta però di un tempio cattolico e non pagano ) di un edicicio sacro. Le tre navate della Cattedrale sono ancora oggi sostenute da quelle altissime colonne di granito orientale e africano che purtroppo hanno perso il loro colore originale poichè qualche stolto ha poi deciso di ricoprirle interamente di stucco ( forse per rendere più luminosa la chiesa ) . Nell’ antichissima Basilica di Santa Restituta , oggi ridotta al ruolo di cappella laterale , possiamo ammirare ben 16 colonne di marmo greco d’ordine corintio atte a sostengono gli archi che appartengo al distrutto Tempio di Apollo.
L’attuale cappella di Santa Restituta è un vecchio luogo di culto di eta’ paleocristiana e rappresenta quindi il luogo piu’ antico della cattedrale . Essa , inglobata nell’attuale Cattedrale riveste un particolare interesse storico, quale esempio di architettura paleocristiana : l’antica basilica voluta dall’imperatore Costantino fu rimaneggiata con stucchi e affreschi nel Seicento a seguito di un terremoto. Oggi si presenta con tre navate divise da colonne, ed ospita alcune opere di Luca Giordano e diverse sculture trecentesche. A destra dell’abside c’è l’accesso al Battistero di San Giovanni in Fonte, considerato il più antico d’occidente.
A far parte dell’area chiama” Palatina ” vi era anche a Neapolis , un Tempio di ordine corinzio dedicato ai Dioscuri , due eroi nati da un uovo considerato nella mitologia greca classica come un simbolo ” cosmico “. Due eroici miti greci costretti , pur di stare insieme a vivere e a morire ciascuno di loro a giorni alterni .
Il Tempio fu fatto erigere da Tiberio Giulio Tarso in onore di Castore e Polluce e fu poi perfezionato e consacrato da Pelagone ,un liberto e procuratore di Augusto .Esso sorgeva nella Piazza Augustale , ossia nell’odierna Piazza San Gaetano , in quel luogo cioè dell’antica città greco-romana Neapoli in cui il vecchio decumano maggiore si allargava a formare l’ agora’ , il foro del tempo romano, centro della vita cittadina politica , religiosa e commerciale di quei tempi .
Il Tempio con la sua superba mole ,era considerato in quei tempi uno dei più sontuosi edifici della Napoli antica innalzandosi in zona maestoso ed elegante . La sua alta facciata era composta da sei colonne di fronte e due sui lati che sostenevano un grosso architrave ed un maestoso cornicione con fregio in cui erano scolpite varie iscrizioni in greco , che sorreggevano un frontespizio trilaterale nel cui timpano si trovavano le effigie di Apollo col tripode , Mercurio col caduceo , il Sebeto in figura umana che versava acqua , Cerere ( Demetra ) coronata di spighe e di papaveri con la cornucopia in mano ( forse per far notare l’abbondanza ) ed infine vari animali tipici della Campania . Del genere chiamato anfiprostilo esastilo era sostenuto da alte colonne accanalate ,coronate da leggiadricapitelli corinzi , conteneva nella sua pianta ,una vasta scalinata ,un vestibolo ,una cella e un doppio portico , ad esso si accedeva da una vasta scala che portava ad un doppio portico.
Castore e Polluce, detti anche Dioscuri erano ufficialmente due gemelli figli di Leda e del re spartano Tindaro , ma si narra secondo pettegolezzi dei miti greci che Leda, la loro madre, li avesse concepiti separatamente, unendosi nella stessa notte prima con Zeus e poi con suo marito : dall’unione con il dio sarebbe nato Polluce, dotato di natura immortale; da quella con Tindaro il mortale Castore . Il tutto era avvenuto perchè ( Zeus da buon seduttore e dongiovanni si era trasformato in cigno per possedere Leda : una bella rappresentazione di questo congiungimento carnale è presente nel sensuale affresco presente nella camera da letto della famosa Domus di Leda ed il cigno , una antica abitazione rinvenuta, nella meravigliosa Pompei , lungo via del Vesuvio . Una scena ‘ad alto tasso di sensualità’ che vuole ricordare come dal doppio amplesso, prima con Giove e poi con Tindaro, nasceranno, fuoriuscendo da due diverso ovociti , i gemelli Castore e Polluce , cioè i Dioscuri.
I due gemelli erano inseparabili e sempre uniti nel compiere le loro imprese.: Castore era un grande domatore di cavalli, Polluce era invece un grande pugile ed entrambi nelle loro discipline risultarano essere i vincitori nelle prime Olimpiadi greche.
L’ antico Tempio dei Dioscuri è rimasto intatto fino al terremoto del 1688 quando crollò del tutto lasciando intatte solo due colonne del tempio pagano e i dorsi dei Dioscuri. Nell’odierna facciata della Basilica , le 2 colonne scanalate di stile corinzio che oggi vediamo sono infatti le sole rimaste delle 8 che precedentemente sorreggevano il tempio . Pensate che bello doveva essere l’intero colonnato con il timpano sovrastante prima del terribile terremoto . Questo purtroppo oltre a danneggiare seriamente la chiesa fece crollare le 6 colonne di marmo i cui resti comunque furono reimpiegati da Domenico Antonio Vaccaro e Francesco Solimena per la decorazione del pavimento e per le paraste della navata centrale dell’attuale Basilica di San Paolo Maggiore.
Al posto delle statue di Castore e Polluce spiccano oggi le grandi sculture di Pietro e Paolo , propulsori del Cristianesimo nel mondo rappresentando così un altro fantastico luogo in città , sede dei grandi contrasti dove l’antico culto pagano , dialoga con la religione di Cristo in una elaborata strana teoria di opposti che coincidono nello stesso luogo .
La Basilica di San Paolo Maggiore fu eretta per celebrare la vittoria sui saraceni , avvenuta nel giorno di S. Paolo . Da Tempio pagano divenne inizialmente Basilica paleocristiana, finche’ nel 1538 fu affidata ai Padri Teatini , ordine fondato da San Gaetano Thiene. (da cui prende appunto il nome la piazza ) . Alle 2 estremità dell’ attuale facciata sotto le statue di San Pietro e di San Paolo , si vedono i dorsi dei Dioscuri che furono trovati , a loro tempo , tra le rovine del tempio pagano.
La Basilica , risalente alla fine dell’ottavo secolo , si eleva , in posizione scenografica, alla sommità di una seicentesca scalinata a doppia rampa che domina l’intera piazza San Gaetano , dove forse più che in ogni altro luogo della nostra città si respira il passato di una volta . Tra antiche rovine e storici edifici si raccoglie ogni giorno come anticamente accadeva una enorme folla di persone che con il suo vociare si aggira tra caratteristici locali caratterizzati da vecchi sapori .
La quarta ed ultima area di Neapolis era quella cosidetta ” Montana “ o Montagna in quanto comprendeva la parte più elevata della città corrispondente alla zona di Sant’ Aniello a Caponapoli dove sorgeva un santuario dedicato alla dea Madre ed un Tempio dedicato alla dea Fortuna . Questo luogo era il punto più alto della città ( molto più alto di oggi ) che si è poi abbassato nel tempo colpa terremoti e alluvioni e secondo molti era il luogo dove esisteva il sepolcro di Partenope . In questa regione oltre al Teatro e all’Odeon , si ritrovava anche il Tempio di Diana che si ergeva sul luogo della chiesa di Santa Maria Maggiore , accanto al campanile della pietra santa ed il piccolo santuario dedicato al dio Pan dove al suo posto poi il poeta letterato umanista Pontano ( segretario di Alfonso d’ Aragona ) fece al suo posto poi erigere la sua cappella di famiglia ( un vero gioiello di architettura di epoca rinascimentale ).
Quest’area conteneva il monumento più grande e magnifico che possedeva una volta Napoli .Esso era lungo oltre cento metri e poteva contenere a sedere molte migliaia di spettatori ( circa 6000). Si trattava dell’antico Teatro Romano che dopo lunghe ed accurate ricerche si è accertato che occupava quasi tutto il sito delle Anticaglie .
Il maestoso edificio , era ordinato da due contigue figure geometriche , cioè da un semicerchiolegato ad un paralleligramma rettangolo : la parte semicircolare , destinata per l’uso degli spettatori , era disposta in gradazioni , in vomitori , in corridoi ed in logge : la parte a parallelogramma invece serviva all’azione ede era divisa in iscenia e proscenio , in orchestra ed in pulpito .
Oggi , dopo lunghe accurate ricerche , sappiamo con certezza che la parte semicircolare del teatro cominciava dall’odierna chiesa di San Paolo Maggiore , perorreva con un lugo giro tutto il sito dell’ Anticaglia , per poi giungere fino alla strada di Somma Piazza ( oggi via Pisanelli ) , mentre la parte a parallelogramma occupava invece tutto il sito dell’attuale convento di San Paolo Maggiore .
Nel teatro si rappresentavano drammi satirici , tragedie e commedie Particolare successo ebbe nel teatro di Napoli una commedia scritta dall’ Imperatore Claudio che fu anche premiata: cosi’ come ebbero fama di grandi artisti i mimi , i danzatori e gli istrioni napoletani , tanto da essere chiamati dagli imperatori i a Roma per esibirsi .
Accanto al teatro scoperto , era situato l’ Odeon , il teatro coperto , di dimensioni piu’ridotte dove si svolgevano la maggior parte dei spettacoli per evitare la dispersione di voci e suoni .
N.B.Il teatro fu realizzato in opus mixtum di reticulatum e latericium, tra la fine del I e gli inizi II secolo d.C. , periodo in cui venne completamente ricostruito, forse dopo il terremoto del 62 o l’eruzione del 79 d.C.
Per farvi avere un’idea di quanto era grande e vasto questo Teatro basta sapere che la parte scenica era capace di contenere migliaia di cori ed un alto considerevole numero di mimi e che proprio per la sua enome mole fu scelto secondo Svetonio dall’Imperatore Nerone per esibirsi pubblicamente nel canto circondato da una quantità prodigiosa di giovanetti scelti dall’ordine equestre , e da circa cinquemila persone della plebe che disposti in gruppo accompagnavano e applaudivano i suoi ” ululati ” .
Nerone , appassionato di canto, era convinto di avere una bellissima voce e una tecnica di canto di fine bellezza e da tempo aveva oramai deciso di voler esibirsi pubblicamente .
L’ imperatore reputava perà il popolo romano inadeguato per poter apprezzare le sue doti ( in realta’ non voleva esporsi troppo in Roma convinto che i giudizi nei suoi confronti sarebbero stati troppo severi ) e così prima di partire per la Grecia dove si doveva esibire nei giochi Olimpici di Atene , decise di esibirsi davanti a un pubblico più raffinato come quello di Napoli che di antica dominazione greca era certamente dotato di una maggiore sensibilità ed in grado di apprezzare quindi al meglio le sue eccezionali doti canore.
Non fidandosi completamente decise comunque di assoldare una folla di persone che vennero appositamente pagate per osannarlo e applaudirlo ( una vera e propria claque). La sera dell’ esibizione il teatro era gremito in ogni ordine di posto e quando l’ imperatore giunse con la sua lettiga , un coro di cento vergini e di altrettanti maschietti intonò uno dei canti da lui composto scatenando un vero delirio.
Tornando dalla Grecia come vincitore dei giochi olimpici , entrato in citta’ dove fu accolto molto festosamente da tutta la popolazione decise per festeggiare di esibirsi di nuovo a teatro dove ebbe come sempre grande successo , inaugurando cosi’ la prima di una lunga serie di rappresentazioni.
Egli a Napoli porto’ in scena grandi spettacoli musicali con grande successo , mobilitando grandi folle da tutta la Campania ( Baia, Pompei , Stabia , Nuceria ) e allestendo rappresentazioni particolarmente ricche , fastose e di grande effetto scenografico , con la partecipazioni di un pubblico di giovanetti finemente adornato ( giovinetti romani che portava sempre con se’ ) e di un folto gruppo di Alessandrini del Seggio del Nilo , che rispondevano con dei cori e degli applausi caratteristici , muniti di strumenti rudimentali ( bombi , embrici, e cocci )
Nessun spettatore poteva lasciare il teatro prima della fine dello spettacoli per cui erano costretti ad assistere alla performance dell” imperatore che talvolta sul palcoscenico instancabile,nei momenti di pausa mangiava pubblicamente dinanzi alla folla costretta ad osservare.
Fu tale la vanita’ dell’ imperatore che volle addirittura esibirsi nel teatro scoperto , inadatto per la sua grandezza ; egli nonostante le difficolta’ riscosse comunque un grande successo grazie anche ad un pubblico accondiscendente ( quando si esibì Nerone quasi tutti erano schiavi portati da Roma a Napoli per applaudirgli…) che volle accoglierlo al suo ritorno a Napoli con gli onori dedicati soltanto agli eroi dei giochi sacri di antica grava memoria.
Durante una sua manifestazione canora, la città fu attraversata da una scossa di terremoto. Nerone per calmare il pubblico affermò che gli dèi, affascinati da cotale bravura, gli applaudivano estasiati ….
Per accedere oggi all’antico Teatro bisogna oggi farlo da un insolito accesso . Bisogna infatti recarsi presso un ” vascio ” , cioè un ‘abitazione, al piano terra , che si trova in vico Cinquesanti ,nel nostro centro storico.
Essa entrando , si presenta come una normale abitazione antica: macchina per cucire, cucina, quadri alle pareti, qualche mobiletto e un letto.
Al letto è legata una corda, e la corda, una volta tirata, sposta il letto che rivela una botola. La griglia metallica separa il vascio da una scalinata sotterranea: discendendo è possibile giungere ai resti dell’ antico teatro romano.
Per il vecchio proprietario del vascio, non era possibile accedervi direttamente, data la presenza di un blocco di terreno a sbarrargli il passo. Ma egli si accontentava di scendere le scale per tenere al fresco del tufo le sue scorte di vino.
Una volta aperta la botola, la “cantina” era in realtà il corridoio di sottoscena: una sorta di “spogliatoio” dove gli attori (rigorosamente tutti maschi) correvano all’impazzata per raggiungere il palcoscenico, nel mentre si cambiavano continuamente.
Dall’ingresso si viene guidati nei “vomitoria”, i corridoi per raggiungere la cavea, e negli ambulacri esterni, su per le scale usate per arrivare fino alla “media cavea”, i posti centrali.
Si attraversano locali interni a edifici cresciuti intersecandosi con la muratura antica. Locali che hanno cambiato destinazione d’uso nei secoli: cisterne, riconoscibili per un intonaco speciale, stanze di appartamenti, a volte ottenute con soppalchi in legno che si vedono ancora.
Subito all’ingresso , prima che il Comune l’acquisisse per permettere gli scavi, i locali ospitavano una fabbrica di camicie: sotto il basolato è stato trovato il massetto romano. Di volta in volta lo spazio occupato dal teatro è stato ostruito o dedicato a funzioni diverse, come per esempio al seppellimento: infatti al VII secolo d. C., risale una piccola necropoli con sepolture multiple, dove sono stati trovati anche dei corredi funebri interessanti. Come spesso accade per gli scavi archeologici, è stata trovata una grande quantità di vasellame che sarà ospitata in un’area museale di prossimo allestimento.
Proseguendo verso il cuore dei resti, si trova un’arcata corrispondente all’ingresso del teatro. Fino a pochi anni fa, però, lo spiazzo veniva utilizzato come garage per motorini.
Uscendo dall’ex garage, si giunge al centro di un cortile tutt’ora abitato dove sempre all’interno del teatro stesso possiamo notare un grosso blocco di cemento in alto, incassato tra i mattoni d’epoca romana. Nient’altro che il bagno di una casa abitata, con tanto di finestrella che spunta nel lato del teatro.
Lo stupore iniziale nel vedere queste cose , lascia poi spazio al fantastico scenario di strutture murarie di epoca romana tra quelle moderne , creando una bellissima scenografia in cui domina la visione dell’antico attraverso le opere dei secoli successivi che ha finito per incastonare il vecchio teatro tra moderni edifici .
ARTICOLO DI ANTONIO CIVETTA