Nisida, è una piccola isola di origine vulcanica posta all’estrema propaggine della collina di Posillipo , in una località chiamata Coroglio , collegata dal 1963 alla terraferma da un lungo pontile.
Emersa a seguito di antichi eventi eruttivi sale in altezza fino a 105 metri sul livello del mare e corrisponde a ciò che viene chiamato maar, ossia un cratere parzialmente riempito dalle acque. Essa possiede un diametro di circa mezzo chilometro con una forma quasi perfettamente circolare mancando di una porzione dove si apre l’insenatura di Porto Paone corrispondente all’antica caldera del vulcano ( chiamata Paone o Pavone per la sua forma somigliante alla coda di questo uccello).
La sua eruzione, con emersione del sito, risale ad oltre seimila anni fa rientrando in quello che, dai vulcanologi, viene definito il “Terzo periodo flegreo”. Nei suoi fondali infatti esistono delle antiche strutture costruite in epoca romana , che dimostrano un abbassamento notevole del terreno dovuto a fenomeni di bradisismo, come accade in molte altre zone dei Campi flegrei.
Chiamata dagli antichi greci Nesís cioè isola) o Nesida ( piccola isola), è stata nel tempo identificata come il luogo che Omero nella sua Odissea identificò come “l’isoletta delle capre” dove Ulisse riparò poco lontano dal paese dei Ciclopi (l’approdo di Ulisse sarebbe avvenuto presso Porto Paone). In epoca romana si trovavano sull’isola anche alcune ville romane di cui oggi non si hanno più tracce . Aveva qui una sua sua villa usata come residenza estiva , anche il famoso Bruto che insieme a Cassio organizzò la famosa congiura contro Cesare .Dopo l’assassinio, Bruto vi si ritirò nell’estate del 44 a.C. dove poi incontrò in visita Cicerone, con cui ebbe lunghi colloqui sulla situazione politica e la azioni da intraprendere . Partito per la Grecia e morto nella battaglia di Filippi, secondo la tradizione la moglie Porzia, figlia di Catone Uticense , si sarebbe qui suicidata . Secondo alcuni storici vi costruì una villa anche Lucio Licinio Lucullo , divenuto famoso per le feste e le cene che vi si celebravano ( secondo alcuni la stessa villa potrebbe anche essere appartenuta a Publio Vedio Pollione) .
Sull’isola sorge invece oggi un castello, risalente all’epoca tardo-angioina, poi riadattata nel XVII secolo come caposaldo del sistema difensivo del Regno di Napoli con una linea fortificata che si estendeva da Baia fino allo Sperone . Esso venne inizialmente realizzato come sistema per difendersi dalle continue scorrerie di pirati che avvenivano su Ischia e Procida per poi trasformarsi in un importante strategico baluardo difensivo da parte della Regina Giovanna per contrastare la flotta del pretendente al trono di Napoli Luigi II d’Angiò.
Durante il periodo medievale l’isola descritta con il nome di Gipeum o Zippium, apparteneva alla chiesa di Napoli che vi costruì l monastero di Sant’Arcangelo e la Chiesa di Sant’Angelo de Zippio di cui ad oggi si hanno ancora poche informazioni. Si sa solo che, nel IV sec. d.C., Costantino il grande aveva dato in fitto l’isola alla chiesa napoletana e che nel 668 dal monastero di Nisida si mosse un monaco, l’abate Adriano, per svolgere opera di conversione sulle coste britanniche.
La Chiesa napoletana , vendette poi in epoca aragonese , l’isoletta a Giovanni Piccolomini, duca di Amalfi, erede di una famiglia arrivata nel Regno di Napoli nel corso della prima guerra dei baroni contro re Ferrante che ristrutturato il castello sistemò poi la vegetazione e fece di Nisida un luogo di richiamo per nobili ed importanti artistiI ( i Piccolomini si erano schierati dalla parte del re e per tali “servigi” militari erano riusciti ad imparentarsi con gli Aragonesi attraverso un matrimonio celebrato nel 1461 tra Antonio Piccolomini e Maria d’Aragona, figlia del re Ferrante ).
Giovanni Piccolomini era figlio di Alfonso e di Giovanna d’Aragona, duchessa di Amalfi, la quale, dopo la morte del giovane marito, nipote di Pio III, divenne famosa in tutte le corti d’Europa per il suo tragico amore con il suo maggiordomo Antonio Beccadelli da Bologna.
La duchessa , figlia di Enrico d’Aragona ( figlio a sua volta del re Ferranta I ) ancora 14enne andò in sposa nel 1497 al potente duca di Amalfi, Don Alfonso Piccolomini che dopo qualche anno morì , lasciando vedova la povera Giovanna alla sola età di 20 anni . Ella si ritrovò da sola da quel momento ad amministrare le immense proprietà lasciatele in eredità dal marito e ad aiutarla in questo arduo compito venne aiutata dal maggiordomo di corte, Antonio Bologna, un uomo dai modi colti e raffinati che incanta Giovanna fin dal primo momento. Non passò molto tempo quindi che tra i due nacque un’intensa storia d’amore .
I due decisero in seguito di sposarsi in gran segreto e nel corso dei successivi anni ,ebbero anche due figli.
La notizia del loro matrimonio morganatico però, non restò a lungo ignota: l’unico fratello in vita di Giovanna il Cardinale d’Aragona ( conte di Gerace ), una volta scoperto l’inganno della sorella , per preservare le apparenze sociali, dichiarò la sorella pazza e nullo il matrimonio.
Antonio Beccadelli fu costretto a fuggire lontano e a spostarsi continuamente per scampare alla vendetta del cardinale: sebbene in un primo momento sembrasse aver evitato la cattura, viene però raggiunto a Milano e ucciso da un prezzolato sicario del d’Aragona.
Sorte migliore non tocca nemmeno alla povera duchessa e ai suoi due figli: dopo averla dichiarata pazza,il cardinale fece infatti rinchiudere la sorella insieme ai due figli nella Torre di Amalfi dello zio ove li lasciò morire di fame.
Giovanni Piccolomini cercò di superare la vicenda dell’assurda morte della madre e dei suoi fratellastri, dedicandosi all’isoletta di Nisida, dove fece meglio costruire nel punto più alto un castello, richiamandovi la nobile società napoletana “per sollazzi e passatempi”.
Dalla fine del Cinquecento, l’isola fu più volte rivenduta, dapprima al principe Goffredo Borgia di Squillace, poi nel 1595 al principe di Capua Matteo Conca e in seguito al marchese di Roggiano, Vincenzo Macedonio, a cui appartenne anche per i primi decenni del Seicento. Quest’ultimo non ebbe molta cura, dell’isolotto che nel frattempo era all’epoca celebrata per le numerose erbe selvatiche , i famosi asparagi ed i numerosi conigli .
Nel 1623, il castello venne data in affitto a Giambattista de Gennaro, che usò l’isola come covo per i pirati barbareschi , di cui rivendeva il bottino. Il viceré Don Pedro de Toledo si impossessò dell’isola e l’usò per contrastare le ripetute scorrerie dell’allora famoso “pirata Barbarossa”.
Nel 1626, anno centrale della terribile epidemia di peste, il castello venne poi adibito a lazzaretto per raccogliere gli appestati. Successivamente, durante il periodo borbonico, Carlo II nominò il presidente dell’allora Real Camera borbonica , Domenico Astuto, proprietario e marchese di Nisida ma anche ultimo proprietario privato in quanto nel 1814 fu poi acquisita a possedimento pubblico da Gioacchino Murat, allora re di Napoli.Nel XVII secolo.
i Borboni acquistarono inizialmente l’isola per farne una riserva di caccia e successivamente riadattarono la struttura della torre di guardia e parte del castello per farne un penitenziario. Con la restaurazione borbonica, la torre di guardia del castello, da tempo abbandonata , fu trasformata in una prigione per gli ergastolani, dove furono relegati molti prigionieri politici, sia di idee liberali che democratiche, a cui poi, nel 1894, furono dedicate molte vie dell’isoletta.
Il penitenziario che era circolare e conglobava la torre di guardia, era circondato da un doppio muro di cinta e comprendeva la caserma per la guardia di sorveglianza, l’alloggio per il comandante, i magazzini, ed i forni. Esso era in grado di ospitare 1110 prigionieri , sorvegliati da pochi soldati.
Nel periodo fascista il penitenziario venne trasformato in Riformatorio Giudiziario Agricolo, ( periodo nel quale l’isola venne collegata alla terraferma da una diga di cemento ), e poi in Casa di rieducazione. , nonchè sede di una squadra Autonoma di Ricognizione Marittima e successivamente anche sede dell’Accademia Aeronautica ( ora spostata a Pozzuoli ) .
Attualmente è sede del penitenziario minorile dove da diversi anni è in atto un importante ed innovativo progetto di reinserimento sociale e di rieducazione pre i giovani ospiti .Nell’’istituto è infatti in corso una bellissima esperienza di formazione e reinserimento dei giovani detenuti incentrato sopratutto nella “la fabbrica delle arti” che produce una serie di prodotti ceramici e di altro genere che si trovano in vendita come linea, senza alcun scopo di lucro.
L’ isola oggi purtroppo e’ incredibilmente chiusa al pubblico ed ai turisti e le uniche costruzioni gialle presenti sull’isola , immerse nel verde sono l’Istituto penale per minorenni e un presidio militare. Essa non è accessibile, o visitabile dal mare o da terra, per noi comuni cittadini .
E’ un’isola – non isola che non esiste per la nostra città a cui il cantautore Edoardo Bennato ha dedicato una famosa canzone
- “Venite tutti a Nisida / Nisida… / … Nisida è un’isola / e nessuno lo sa“.