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Più di cento anni fa ( 1915 ), un compositore originario di Sorrento, compose a Napoli quella famosissima canzone che la domenica , durante le partite di calcio giocate allo stadio Maradona spesso un’imponente marea di tifosi canta a squarciagola.. oj vita, oj vita mia …
Aniello Califano quando scrisse questa canzone lo fece certo non pensando al calcio Napoli ma solo perche’ avvilito dell’orrore che vedeva intorno a sé .
Erano quelli gli anni della prima guerra mondiale …. e per strada le donne napoletane cominciavano a piangere i fidanzati, i mariti, i figli morti al fronte.
Il dolore si sentiva nell’aria e l’avvilimento di una tragica guerra senza fine dilagava tra le persone
Migliaia di giovani campani erano al fronte … le famiglie disunite e smembrate ma ai vertici militari dello stato tutto questo poco interessava .
La propaganda nazionale faceva sì che sui giornali si leggesse solo di vittorie e di successi militari.
La retorica patriottica portava sui palchi solo buone notizie, bandiere tricolore e ballerine col cappello da bersagliere.
Ma quella notte di agosto, il nostro Aniello proprio non se la sentiva di scrivere un ipocrita inno alla vittoria e allora decise di scrivere una poesia che parlava della tristezza di un soldato qualunque che al fronte stava soffrendo per la lontananza della propria innamorata.
Scrisse quindi una poesia d’amore , ma egli non sapeva che in quel momento aveva invece scritto la canzone che diventerà un inno contro le guerre.
Una canzone che fu prima censurata dai vertici militari dello stato italiano durante la prima guerra mondiale perchè considerata come un inno alla diserzione e successivamente messa al bando dal regime fascista proprio perché priva di ardimento patriottico e incitamento a combattere.
Cantare in quel periodo ‘o surdato ‘nnammurato  era pericoloso … poteva costare la vita …
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