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E’oramai un fatto da tutti conosciuto che il primo tratto di ferrovia realizzato nella penisola italica fu la ferrovia Napoli Portici.

Ma non tutti sanno che questo primo tratto di strada ferrata lo si deve ad un ingegnere francese di nome Armando Bayard de la Vingtrie, che alla ricerca di un paese che potesse attuare il suo progetto decise di rivolgersi al re del Regno delle due Sicilie, probabilmente perchè venuto a conoscenza della sua natura progressiste e la sua nota vena sperimentale.

Sul trono reale in quel tempo c’era infatti Ferdinando II, il quale  si era mostrato fin dal primo momento un regnante  brillante e capace di grandi iniziative progressiste. Durante il suo Regno ci fu una grande crescita industriale (nacquero fabbriche di vetro, di mobili, di guanti ) e ci fu un forte sviluppo nel settore siderurgico e metalmeccanico grazie all’ingrandimento dei cantieri navali di Castellammare di Stabia .


Vennero costruiti dei  ponti sospesi  in ferro sul Garigliano e sul Calore.


Il commercio ebbe un momento di grande sviluppo grazie alla riduzione di tasse e allo sviluppo di nuove strade: aumentarono i negozi, le tipografie e gli artigiani.
Quasi ogni nuova invenzione trovava attuazione, in Italia, per prima a Napoli e poi nel resto del Paese. Tra i record troviamo la prima compagnia di battelli a vapore del Mediterraneo  ed il primo centro vulcanologico del mondo (Osservatorio Metereologico Vesuviano) e ovvimente come vedremo, la fabbrica di Pietrarsa “ ( per non ricorrere a fabbriche straniere ed essere autonomi )  e la stessa prima linea ferroviaria Napoli- Portici .

N.B. Secondo molti storici egli fu  il più dinamico re borbonico dopo re Carlo, suo bisnonno e primo re della dinastia Borbone nel futuro Regno delle Due Sicilie.

Re Fedinando II, bonificando e incanalando il lago di Fucino, vicino L’Aquila, restituì terre coltivabili ai contadini e altrettanto fece nel Tavoliere delle Puglie. Secondo alcune fonti il volume del commercio crebbe di 50 volte in 30 anni. Aderì alla lega contro la tratta degli schiavi e riorganizzò il suo esercito mettendo  nelle posizioni chiave dell’esercito i migliori uomini scegliendoli anche tra coloro che erano stati fedeli a Murat.

Bayard espose quindi il suo innovativo progetto nel mese di gennaio del 1836 al marchese Nicola Santangelo , ministro di re Ferdinando II di Borbone e  questi una volta  ottenuta l’approvazione del re concesse la realizzazione dell’opera all’ingegnere francese che nel costruirla a proprie spese , ottenne in cambio lo sfruttamento della sua stessa opera per 99 anni (periodo che fu poi ridotto a soli 80 anni).

Nello stesso anno  fu sancita la convenzione mediante un contratto poi trasformato in decreto  in ventitré articoli in cui, tra l’altro, si autorizzava il Bayard “a costruire entro quattro anni a sue spese, rischi e pericoli, una Strada di ferro da Napoli a Nocera, con un ramo per Castellammare e con la facoltà di prolungarlo verso Salerno ed Avellino.

Il progetto presentato il 27 marzo 1838 prevedeva una  linea fino a Portici poco più lunga di 7 chilometri , di cui 3.800 in rettilineo, fino alla prima stazione “Granatello”.  Si trattava di un tratto completamente piano, con un raggio di curvatura compreso tra i 1.400 e i 3.000 metri. Per percorrerlo da parte a parte i primi convolgi impiegavano poco più di 10 minuti, viaggiando a una velocità per quei tempi assolutamente grandiosa: la locomotiva a vapore britannica, battezzata Vesuvio e spinta da 65 cavalli, sfrecciava infatti a 50 chilometri orari. Per fare un paragone, va ricordato che in quegli anni ci si spostava unicamente con mezzi a trazione animale, a una media di non più di 4 chilometri orari per il trasporto merci.

N,B. Vi ricordiamo che  il denaro necessario fu messo in toto da Bayard che nel 1837 costituì la società Bayard & De Vergès).

Per completare il progetto serviva però una locomotiva e per raggiungere questo scopo si pensò di ricorrere alla tecnologia degli alleati inglesi (SI !  in quel periodo erano alleati ) .

Prima di allora non erano state costruite ferrovie in Italia e  dunque  per realizzare la strada ferrata lungo il litorale partenopeo, ci si dovette rivolgere in parte a dei prodotti provenienti dall’estero. La prima ferrovia italiana, quindi, non fu costruita solamente con i fondi francesi,dell’ingegnere Bayard,  ma anche con materiali e tecnologie in buona parte stranieri. Le locomotive che sfrecciarono nei primi anni sulla Napoli-Portici arrivavano infatti dall’Inghilterra, costruite dalle officine Longridge e Starbuck di Newcastle e disegnate da George e Robert Stephenson. Il ferro necessario per la costruzione dei binari venne estratto dalle miniere della Vallata dello Stilaro, e lavorato nel Polo siderurgico di Mongiana, in Calabria. I normali vagoni passeggeri furono invece realizzati a Napoli, presso lo stabilimento di San Giovanni a Teduccio.

CURIOSITA’: Le locomotive in un primo momento furono acquistate da una societa’ inglese per il solo scopo di capire come venivano costruite . Una volta capito il sistema di costruzione le restanti locomotiva vennero realizzate  poi direttamentea Napoli  nello stabilimento della futura officina meccanica di Pietrarsa  a San Giovanni a Teduccio ( figuratevi la rabbia degli inglesi ).

Alla locomotiva (ancora oggi conservata nel Museo ferroviario di Pietrarsa ) , così come alla stazione ferroviaria fu dato ovviamente inizialmente  il nome di Bayard  masuccessivamente venne  ribattezzata “Vesuvio” .

Il via ufficiale ai lavori venne dato il 19 giugno 1836 e nonostante i problemi tecnici i lavori furono eseguiti celermente al punto che nell’estate del 1840 furono raggiunte Resina e Torre del Greco , mentre  due anni dopo si inaugurava la strada ferrata per Castellammare di Stabia che portò  nel 1844 attraverso Pagani, Scafati ed Angri, a  giungere  a Nocera.

Contestualmente, nel 1841, iniziavano ad operare le officine di Pietrarsa  che oggi sono la sede del più importante Museo Ferroviario d’Italia– per la fabbricazione di locomotive e vetture

.CURIOSITA’: La costruzione della ferrovia Napoli-Portici diede il via all’intera industria ferroviaria: se fino allora in Italia non era stato costruito nulla di simile, a partire dal 1839 si conobbe un veloce progresso.Tutto partì dalle Officine di Pietrarsa (ubicate per l’appunto tra Napoli e Portici) dove un vecchio stabilimento adibito alla produzione di cannoni venne  convertito per produrre il necessario per la costruzione delle prime ferrovie italiane. Nel 1860 lo stabilimento contava più di 1.000 operai, impegnati nella realizzazione di locomotive e del materiale rotabile.

La stazione di partenza fu realizzata nella strada Sopramuro a Porta Nolana nell’antica via detta ” dei fossi “, che si trovava appena fuori le mura aragonesi che in quel tempo ancora esistevano tra la porta del Carmine Nolana nell’odierno Corso Garibaldi e proprio accanto a dove oggi ancora sorge la stazione terminale della circumvesuviana.

E quando penso di realizzare una strada ferrata per raggiungere la residenza estiva di Portici, penso bene di ricorrere alla tecnologia degli alleati inglesi.

stazione Bayard Napoli

stazione Bayard Napoli appena realizzata

CURIOSITA’ : Grazie ad un grafico ritrovato fra gli Annali Civili si può ricostruire la struttura della prima stazione. Costituita da due corpi di fabbrica, ognuno dei quali aveva tre ingressi separati ad arco, i quali servivano a separare i clienti per classe.  L’edificio, ispirato ad un sobrio linguaggio neoclassico, era alto due piani con tre fornici nella zona centrale della facciata, una lunga balconata comprendeva tre dei cinque balconi del piano superiore.

 

stazione Bayard Napoli

oggi la stazione Bayard in Corso Garibaldi, Napoli

La linea attraversava per sette chilometri  le paludi napoletane e la real strada delle Calabrie giungendo nei pressi  della spiaggia di Portici la Granatello da dove i Borbone potevano così  facilmente raggiungere la loro residenza estiva. La strada ferrata avrebbe poi collegato Napoli con Nocera, con una diramazione per Castellamare . 

Stazione del Granatello, Portici

N.B.Qualcuno insinuò che la vera motivazione che convinse il Sovrano a fare la tratta ferroviaria fu che con il treno egli avrebbe raggiunto più facilmente la sue residenza nella cittadina vesuviana di Portici dove era situata la reggia estiva dei Borbone fatta costruire da Carlo I

 

L’inaugurazione della stazione , dopo due rinvii,  avvenne in una splendida giornata di sole, alle ore 10 del 3 ottobre del 1839, alla presenza del re Ferdinando II delle Due Sicilie e delle più alte cariche del Regno, e nel  primo treno con le sue none carrozze, vennero  trasportati  258 passeggeri.

N.B. Su quel primo treno salirono 48 illustri invitati, accompagnati da 60 ufficiali, 30 artiglieri, 30 fanti, 60 marinai, più la banda della guardia reale, posizionata in coda.

Nei giorni immediatamente precedenti le mura di Napoli furono tappezzate di manifesti che annunciavano l’evento e alcuni fortunati ricevettero direttamente a casa l’elegantissimo biglietto d’invito stampati -a spesa del Bayard- dalla Stamperia Reale.

Il tempo necessario per percorrere il tragitto, tra una folla festante , fu di appena nove minuti e mezzo e non  essendo ancora completata la stazione di Napoli, il Re delle Due Sicilie, Ferdinando II, aspettò il treno presso la Villa Carrione a Granatello sotto un grandioso padiglione ornato di arazzi e velluti.

CURIOSITA’: Va detto che la prima linea ferroviaria in Italia arrivò in leggero ritardo rispetto a quanto fatto in altri Paesi. Quella che viene ricordata come la prima linea ferroviaria del mondo venne infatti inaugurata nel settembre del 1825, in Inghilterra: questo primo esempio di strada ferrata, lungo 43 chilometri, correva tra Stockton e Darlington, nel nord del Paese. Creatore di questa prima ferrovia fu George Stephenson, l’inventore della macchina a vapore. Scopo precipuo della strada ferrata era quello di collegare le miniere di carbone dell’entroterra con il porto di Stockton; non stupisce quindi scoprire che le prime carrozze per i viaggiatori vere e proprie vennero introdotte solo 8 anni dopo, nel 1833, laddove fino a quel momento i passeggeri erano costretti a viaggiare su dei carri pianali “adattati”.

L’eco della straordinaria invenzione di Stephenson arrivò ovviamente anche in Italia e il Re Ferdinando II di Borbone, che sosteneva di amare il progresso, non seppe resistere alla tentazione di vedere, anche nel suo regno -Il Regno delle due Sicilie– correre un treno che poteva giovare senza dubbio al commercio e al contempo essere di grande utilità al suo  popolo, per spostarsi agevolmente da un paese all’altro. Ed aveva ragione perchè già nei 40 giorni successivi la linea Napoli-Portici ospitò  oltre 85mila passeggeri.

Ovviamente il sovrano aveva ben capito  che con questa ‘iniziativa avrebbe più facilmente portato a far  spostare rapidamente le truppe e soprattutto, avebbe con  maggiore facilita’ potuto  trasportare le ricchezze minerarie dai giacimenti in citta’.

L’inaugurazione della prima ferrovia italiana è anche legata alla nascita di un dolce napoletano che ha un nome particolare… la zuppa inglese. La storia, o la leggenda, è più o meno questa. La sera del 3 ottobre, alla reggia di Portici, per ringraziare gli inglesi che avevano fornito le tecnologie necessarie alla realizzazione della ferrovia, il buon Ferdinando Il diede una gran festa in loro onore.
L’ospite d’onore fu l’ambasciatore d’Inghilterra Lord Robert Cornelis Napier.
Il pasticciere di corte ebbe l’ordine di preparare la torta preferita dal re: un sontuoso pan di spagna glassato al naspro, molto in voga in quel periodo.

Il re, si raccomandò di farlo alla precisione per fare bella gigura con l’ospite straniero .

Il monzù si mise allora subito all’opera e dopo un poco il dolce fu pronto
Orbene la leggenda vuole che, uscendo dalle cucine reali, un giovane apprendista fece cadere il pan di spagna che si frantumò in mille pezzi. Panico!
La cena con l’ambasciatore inglese era già in prossimità del dessert e il re aveva già piu volte sollecitato i tempi.  Non c’era il tempo di cuciname un altro, e bisognava utilizzare in qualche modo quello rotto. Il capo pasticciere tentò allora con una spatola di salvare i pezzi più grandi e li unì fra di loro. Penso di aggiungere un po’ di alkermes per evitare che si vedessero le giunzioni, ma nulla da fare. Allora preparò una veloce crema pasticciera con amarene ma neppure servi a molto. L’unica cosa da fare era ricoprire il tutto con due dita di meringa e dando sfogo a tutta la sua creatività amalgamò il pan di Spagna  con la crema pasticciera e la marmellata . Ciò fatto, richiamò il cameriere responsabile del guaio e gli disse… e mo’ puorta sta zuppa all’inglese.

Il giovane cameriere a quel punto prese la il doce e lo portò a tavola

Si racconta  che quando Re Ferdinando Il vide l’insolito dolce , meravigliato che questo non fosse il suo desiderato pan di Spagna,  chiese al giovane quale fosse il suo nome. Al giovane cameriere non venne altra idea che rispondere la “zuppa inglese”.

Il monzù rapidamente interpellato , el mettere un ” pezza a colore ” disse al re che questo  nuovo dolce era una ” zuppa ” e che in onore dell’ambasciatore avevano deciso di chiamare “inglese”.  E allora furbescamente il re disse al suo ospite inglese che il pasticciere di corte aveva realizzato un nuovo dolce che si chiamava zuppa inglese proprio in omaggio l’ambasciatore d’oltre manica.

Il divertente racconto fece il giro del regno di Napoli, e con questo nome oggi chiamiamo uno dei più buoni dolci napoletani, la cui versione ridotta in pasticceria è ancora detta… la zuppetta!

 

 

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