La nostra storia inizia recandoci nel nostro centro storico nella magnifica chiesa del Gesù Nuovo alla ricerca del cappellone dedicato a Sant’Ignazio di Loyola, che fu pagato dal famoso nobile Carlo Gesualdo da Venosa ,considerato oggi il più grande madrigalista della storia musicale .
Per trovarla basta recarsi dal lato opposto della tomba del Moscati ( nella crociera di sinistra ) . Vedete quelle due superbe statue dei profeti Davide e Geremia ?
Bene ! La lapide sepolcrale del nostro Carlo Gesualdo si trova proprio conficcata sotto l’altare di Sant’ Ignazio di Loyola , fatto costruire dal lui per dedicarlo al santo gesuita.
Come subito potete notare si tratta di una cappella straordinaria, basti dire che le due statue del David e Geremia furono eseguite personalmente da Cosimo Fanzago tra il 1643 e il 1654 .
Un volta avvicinati leggiamosubito, su quella lapide, un nome che non ci suona nuovo: quello di Carlo Gesualdo, principe di Venosa e quasi dimentichi che si tratta del più grande madrigalista della storia musicale, subito rabbrividiamo se qualcuno intorno a noi ci rammenta la storia nera che aleggia attorno alla sua figura, ovvero la vicenda del truce assassinio di sua moglie, la bellissima Maria d’Avalos, e del suo amante Fabrizio Carafa duca d’Andria e conte di Ruvo, consumatosi nel 1590 tra le stanze del palazzo Sansevero in vico San Domenico 9.
“Cosa ci fa il mandante di questo efferato delitto sepolto in una chiesa così
importante?
La risposta è che don Gesualdo , era all’epoca un uomo importante in città e addirittura nipote da parte di madre di san Carlo Borromeo, Egli era talmente potente che dopo l’omicidio della moglie e del suo amante, il processo contro di lui fu archiviato il giorno dopo poiché si ritenne che avesse agito per giusta causa.
Si ritirò allora a comporre musica nel suo feudo in Irpinia, sfuggendo alla vendetta dei Carafa e alla perenne ricerca del perdono divino.
CURIOSITA’ : Qualcuno sostiene che il principe di Venosa non sia seppellito lì, al Gesù Nuovo: la lapide potrebbe essere soltanto un cenotafio. I suoi resti potrebbero invece trovarsi, nella chiesa di Santa Maria delle Grazie a Gesualdo, il paese in provincia di Avellino che prende il suo nome . A supporto di questa tesi il fatto che nel suo testamento, Gesualdo aveva chiesto di essere sepolto non più tardi di cinque anni dopo la sua morte, avvenuta l’8 settembre del 1613. La cappella di Sant’ Ignazio fu invece ultimata solo trent’anni dopo e l’iscrizione sepolcrale risalirebbe al 1688, un lasso di tempo enorme.
Il nobile principe Carlo Gesualdo da Venosa, secondo quanto ci viene raccontato da antichi scritti era un tipo un ” tantino strano ” e più volte alcuni studiosi hanno attribuito la causa della “ follia di Gesualdo” alla vicenda dell’omicidio della moglie, ma secondo altri non fu così perchè fin da giovane fu solitario d amante di uscite notturne, da lui stesso chiamate “l’esilio della notte”. Egli era solito andare nei cimiteri e “distendersi tra le tombe”, il tutto contornato da una tendenza sadica, al punto di torturare gli animali, durante al caccia, al fine di prolungarne le sofferenze. Altro elemento davvero incredibile è la eccezionale somiglianza di anche fisica con il celebre Vlad Dracula, cui l’accomunava perfino la fisionomia del viso pressoché identico, quali il difetto sulla bocca ed il naso, oltre che le strane abitudini notturne.
STRANO VERO ?
E allora facciamo un rapido passaggio ad un’altra storia ….
Quella della famiglia dei Conti Ferrillo-Balsa, signori di Acerenza e nobili napoletani.
La storia difatti narra di una giovane principessa slava giunta a Napoli e vissuta alla corte di Ferdinando d’Aragona adottata da una donna napoletana . Di lei si sapeva solo che fosse l’erede a un trono importante ma nessuno conosceva il nome del suo nobile genitore e ne lei osava rivelarlo .
N.B. Ora se noi esaminiamo l’etimologia del nome Balsa , secondo alcuni studi deriverebbe da ” Balcana” e ricordiamo che tale nome lo scelse proprio Maria Balsa .
Una ipotesi ancora piu suggestiva invece afferma che “Bal o Balaurn “e’ il nome che nell’antico rumeno indica il drago (nome che ancora oggi resiste nel folclore locale ) mentre
il suffisso ‘Sa ‘ sarebbe l’attuale ‘Son ‘ , che significa figlio nella lingua inglese.
Quindi BAL -SA , vorrebbe dire : figlia del drago !
Le cronache descrivono la giovane pricipessa Maria Balsa come una profuGa orfana arrivata nel 1480 in Italia, all’età di circa 7 anni, al seguito di Androniaca Comnena, vedova dell’ eroe albanese Giorgio Castriota Skandeberg, accolta alla corte di Ferrante D’Aragona re di Napoli, in quanto membri dell’ordine del Dragone, lega di mutuo soccorso cui partecipava anche Dracula.
La bambina secondo strani racconti , era stata salvata dall’invasione turca dei balcani, che nei paesi slavi in quel periodo metteva a rischio la stessa sopravvivenza degli stati cristiani e crebbe quindi alla corte del re di Napoli. La stessa tuttavia non chiarì mai quale fosse la reale famiglia di origine seppur si fregiasse del titolo di principessa.
Nel 1499 , la giovane pricipessa Maria Balsa convolò a nozze con il nobile Giacomo Alfonso Ferrillo e fece fondere il suo stemma (quello del drago ) con il blasone della nobile famiglia napoletana .Successivamente si trasferi’ al seguito del marito in Lucania , in quanto ottennero in regalo i territori di Acerenza in Basilicata , dove lei fece realizzare nel 1524 nella cattedrale della cittadina una magnifica cripta rinascimentale con strani affreschi ispirati alla vita di Dracula.
Rimasero comunque nonostante la lontananza molto legati a Napoli , tanto che alla loro morte vennero ufficilmente seppelliti a Napoli nel chiostro di Santa Maria La Nova , dove ancora oggi esiste una loro tomba gentilizia del 400.
E qui viene il bello !
Il marmo che appartiene alla tomba di Ferrillo , e’ ricco di riferimenti che fanno supporre al suo interno la presenza non tanto delle spoglie del povero Ferrillo ma addirittura i resti del Conte Dracula Tepes passato alla storia come DRACULA .
Sui bassorilievi c’e infatti la rappresentazione di un drago , (Dracula ) e ci sono due simboli di matrice egizia mai visti su una tomba europea . Si tratta di 2 sfingi contrapposte che rappresentano il nome della citta’ di Tebe , che gli egiziani chiamavano Tepes.
In quei simboli c’e scritto ” Dracula Tepes ” (il nome del Conte Dracula ).
N.B. Nel 1476 , il conte Vlad Tepes Dracula , che appartiene all’ordine del dragone come il re Ferrante d’Aragona , scompare durante una battaglia contro i turchi e viene dato per morto . I turchi a quel punto incominciano una vera e propria persecuzione contro gli sconfitti e gli eredi del Conte che cercarono rifugio e protezione verso luoghi piu’ sicuri .
Una delle figlie del conte ,di nome Maria che aveva appena sette anni , per proteggerla dalla persecuzione dei turchi viene inviata nel regno di Napoli alla corte di Ferdinando d’Aragona .
Maria era la primogenita del Conte che pare una volta giunta a Napoli , proprio per non lasciare tracce del suo passato , cambio’ il suo nome e si fece chiamare Maria Balsa .
Ora ( e qui comincia il bello ) secondo nuovi studi il Conte Dracula , non mori’ in battaglia ma venne fatto prigioniero dai turchi e la figlia Maria pago’ un forte riscatto per liberarlo dalla sua prigionia . Una volta riscattato e liberato , lo porto’ con se in Italia e alla sua morte avvenuta per cause naturali lo fece poi seppellire a Napoli.
Quindi la tomba di Ferrillo non contiene le spoglie dei due coniugi ma quelle del crudele Conte Dracula ( noto come Vlad l’ impalatore) .
La tomba dei coniugi invece pare invece trovarsi nella cattedrale di Aceranza nella splendida cripta di cui vi abbiamo accennato prima .
Nella cripta che si trova di fronte all’altare e a Gesu’ , si puo’ infatti osservare un fregio che raffigura Maria Balsa e il marito, e poco distante da loro una figura inquietante di un anziano con la barba a punta e i denti aguzzi che volta la faccia al tabernacolo .
Nella Cattedrale ritroviamo anche una serie di opere in cui Maria Balsa narra la sua storia . La troviamo dipinta in veste di Santa mentre schiaccia un drago che ha nel volto le fattezze del padre quasi a riscattare il torbido passato familiare ed i gioielli rappresentativi della dinastia usati dalla stessa, dipinti in maniera inconfutabile nella cripta della cattedrale di Acerenza, identici a quelli del notissimo genitore,
Curiosita’: Su una tomba del chiostro di Santa Maria La Nova poco distante da quella del Ferrillo o meglio di Dracula e’ presente la tomba di Andronica Commena , la donna che avrebbe ospitato e adottato Maria Balso a Napoli . Sulla sua tomba e’ inciso a chiare lettere un nome : Maria .
La principessa Maria Balsa ebbe comunque due figlie , di cui una dal nome Isabella Ferrillo che andò in sposa a Luigi IV Gesualdo Principe di Venosa, in sostanza la nonna di Gesualdo.
Capito ora da cosa potrebbere derivare le eccentriche abitudini del grande madrigalista ?
Ove infatti fosse confermata l’ipotesi della discendenza dei Ferrillo-Balsa da Vlad si arriverebbe alla conclusione che le eccentriche follie di Gesualdo da Venosa, altro non sono che la trasmissione di geni ereditari dei Dracula che tuttavia il musicista ha saputo trasfondere nelle celeberrimi madrigali.
All’epoca nacque la leggenda che Gesualdo le avesse composte addirittura con il diavolo, tanto da essere chiamate “rito delle tenebre”. I ritmi ossessivi e cupi, delle composizioni di Gesualdo hanno addirittura ispirato notissime musiche da film quali “Profondo Rosso “ e buona parte di quelle hard rock utilizzate in tanti film dell’horror. lo stesso Bram Stoker , che soggiorno a Napoli nel 1876, potrebbe aver attinto alla storia di Gesualdo.
N.B. Sono evidenti le analogie tra la trama del romanzo “Dracula”, e la vita di Gesualdo, accomunatati da comuni abitudini, con l’ispirazione da un tragico evento di sangue quale la morte della moglie e la presenza di una cattedrale diruta, quella di Carfax del libro, ma ricordiamo anche quella bellissima di Venosa».
Finora avete solo sentito parlare di un efferato omicidio fatto da Don Gesualdo ..
Ma come andarono realmente le cose?
Sappiamo che Carlo visse la sua infanzia e la sua adolescenza sorvegliato dal padre, noto letterato che lo fece crescere tra arte e cultura. egli era comunque dotato di un temperamento focoso, ma allo stesso tempo era dedito alla musica e alla religione.Studiò a Napoli, dove giovanissimo si fece notare per la rivoluzione dei suoi madrigali, passando da composizioni a due voci sino a sei, ed a causa della morte prematura del fratello Luigi, il primogenito, ben presto si fregiò del titolo di principe,
Sposo la bella Maria ,figlia di Sveva Gesualdo e di Carlo, conte di Montesarchio, quando lui aveva solo vent’anni e lei ventisei anni ( anche se per lei si trattava delle terze nozze, essendo morti i suoi due mariti precedenti).
Un particolare di non poco conto resta il fatto che loro erano cugini e poichè lei non aveva dote il matrimonio avvenne previa apposita dispensa papale nella chiesa di San Domenico Maggiore nel 1586
Dalla loro unione nacque un figlio, ma quel che poteva essere un periodo di gioia durò solo quattro anni, al termine dei quali, durante una festa di ballo, Maria conobbe
Fabrizio, padre di quattro figli, sposato con Maria Carafa; di sicuro il più bel cavaliere della città. La d’Avalos se ne invaghì a tal punto da non pensarci due volte a tradire il marito: i due cominciarono a frequentarsi assiduamente, a fare l’amore nei posti più disparati,architettando gli stratagemmi più vari.
Che però non bastarono a non destare i sospetti del principe di Venosa e la tragedia ebbe il suo epilogo – secondo il letterato Angelo Di Lieto fu uno zio di Carlo, don Giulio Gesualdo, che innamorato perdutamente di Maria e mai corrisposto, armò la mano al nipote.
Per quanto ne sappiamo, l’infausta sera del 16 ottobre 1590, il principe di Venosa avvertì la moglie che sarebbe andato via per alcuni giorni a caccia nella tenuta degli Astroni.
Ingenuamente la donna – viso angelico, lunghi capelli dorati – decise di vedersi col suo amante proprio quella sera, nella casa di piazza San Domenico. Sembra che le serrature fossero state manomesse e così fu un gioco da ragazzi per i sicari, nella notte del 17 ottobre, sorprendere i due amanti in flagrante, colpiti a morte nel momento del loro congiungimento carnale.
Nella carneficina si racconta che a Maria fosse tagliata la gola e che le furono inferte numerose pugnalate sul petto. Fabrizio invece fu trovato ai piedi del giaciglio, con un colpo di archibugio conficcato nella schiena e diverse pugnalate sparse. Si racconta che Carlo arrivò in un secondo momento sul luogo del delitto e, non sicuro della morte della moglie, avesse inferto sui corpi delle vittime senza vita ulteriori colpi di pugnalate.
Poi, dopo aver trascinato i loro corpi massacrati sullo scalone del palazzo,Don Gesualdo acceccato di odio e gelosia diede successivamente ordine di recuperare i corpi ed esporli nudi grodanti di sangue all’esterno di palazzo Sansevero, affinché tutta la città sapesse che l’onore di Carlo Gesualdo era stato lavato con il sangue!
Guardando l’orripilante “spettacolo” – della tremenda vendetta perpetrata la triste notizia si diffuse rapidamente di vicolo in vicolo in tutta la città.
N.B.L’episodio più raccapricciante di tutta la storia avvenne comunque più tardi quando il cadavere della principessa, dopo essere stato portato nella vicina chiesa di San Domenico fù violentato da un domenicano, chiamato per benedire le salme e vegliarne il corpo, perchè colpito dalla bellezza della nobildonna.
La nobildonna venne poi sepolta sul lato destro della chiesa di San Domenico Maggiore, mentre corpo di Carlo Gesualdo , morto anni dopo venne invece sepolto nella vicina Chiesa del Gesù Nuovo. No, non potevano stare vicini!
CURIOSITA’: All’ira di Gesualdo sfuggì soltanto una serva. Mentre altre domestiche, come dimostrato di recente da alcuni documenti dell’Archivio del Banco di Napoli, furono “stranamente” allontanate da casa pochi mesi prima del delitto. Non solo: nello stesso periodo si attesta che Carlo avesse donato alla moglie regali importanti come stoffe, gioielli e un «quadretto di panno di razza d’oro e d’argento» raffigurante un Ecce Homo. Perché? Per qualemotivo? Che il delitto non fosse soltanto passionale ma c’entrasse con altre ragioni a noi sconosciute?
Dopo l’omicidio “riparatore”, Carlo decise di andare dal viceré per avvisarlo personalmente dell’accaduto; il viceré, invece di arrestarlo, lo invitò ad allontanarsi da Napoli per evitare la ritorsione delle famiglie (non per timore della legge quindi, che riconosceva l’omicidio passionale). Carlo allora scappò nel suo inespugnabile castello, a Gesualdo (il paese che si chiama ancora col nome della sua famiglia). Il viceré lo fece assolvere “stante la notorietà della causa giusta dalla quale fu mosso don Carlo Gesualdo Principe di Venosa ad ammazzare sua moglie e il duca d’Andria”, come recita il verbale del processo. Delitto d’onore lavato col sangue e perdonato dallo Stato!
N.B. Don Gesualdo rifugiatosi nel suo castello di Venosa , ancora sconvolto dalla pazza gelosia, pare abbia fatto ammazzare pure il figlio avuto dalla fedifraga (forse per la dubbia paternità che lo stava rodendo vedendo nel figlio di pochi anni una certa somiglianza con l’amante della moglie )perchè sempre più convinto col passare dei giorni che anche quello fosse un altro inganno della sua consorte.
Il processo ai danni di Don Gesualdo tenutosi dai giudici della Gran Corte della Vicaria fu rapidamente archiviato, sia perché fu riconosciuta la giusta causa sia per le sue parentele eccellenti (zio Cardinale Borromeo).
Dopo l’uxoricidio riparò presso la corte di Ferrara dove, nel 1594, si risposo’ senza fasti con Eleonora d’Este, una donna colta e soprattutto innamorata della sua musica. L’intensa vita artistica presente all’epoca presso la corte segnò profondamente il suo animo e servì a trasformare un apprezzato dilettante in un eccellente professionista musicale.
Lontano da Napoli il principe di Venosa proseguì la sua vita come poté, dedicandosi a opere di beneficenza e alla fondazione di chiese e conventi , Scrisse originali creazioni musicali molto apprezzate a corte divenendo uno dei più apprezzati autori di musica polifonica del cinque-seicento.
N.B.Nei primi anni del Novecento Igor’ Stravinskij intravide in lui un precursore della musica moderna; gli fu così devoto da recarsi sulla sua tomba napoletana e nel paese irpino. Gesualdo è stato omaggiato con diverse opere da compositori stranieri e italiani; tanto gli deve il genere jazz. Scipione Cerreto, teorico musicale e compositore, disse di lui: «Se questo signore fosse vissuto all’epoca dei greci, gli avrebbero fatto una statua di marmo e d’oro». Lo hanno capito anche illustri scrittori e drammaturghi, come Alberto Consiglio, Roberto De Simone, Ruggero Cappuccio, che alla sua figura hanno dedicato drammaturgie e racconti. Il regista Werner Herzog realizzò nel 1995 un film documentario sul principe, Death for five voices; a lui Franco Battiato – nello stesso anno – dedicò la canzone Gesualdo da Venosa con testo di Manlio Sgalambro. Alle sue melodie è ispirato anche un disco sperimentale di Pino Daniele, Passi d’autore, del 2004
La madre del povero Fabrizio Carafa, Adriana Carafa era la seconda moglie di Giovan Francesco di Sangro, il primo principe di Sansevero. Essa si adoperò molto per salvare l’anima del figlio ed ottenere l’indulgenza. Si recò da suor Orsola Benincasa, che viveva come un eremita in cima alla collina (dove ora sorge la sede universitaria) e invocò pietà per il figlio ammazzato.
L’indulgenza alla fine arrivò e in segno di ringraziamento, sul luogo dove avvenne il delitto, venne edificata per grazia ricevuta la “Pietatella”, cioe’ quella Cappella che poi Raimondo de Sangro più tardi trasformerà in uno scrigno bellissimo di arte e segreti.
Fabrizio Carafa è stato probabilmente sepolto nella stessa cappella, forse ai piedi dell’altare maggiore nel punto in cui due putti sembrano scoperchiare una tomba indicata da un angelo che sovrasta il ritratto di Adriana Carafa.
Il corpo invece di Don Gesualdo alla sua morte sembra sia stato deposto nella Chiesa del Gesù Nuovo al di sotto del cappellone di S. Ignazio da Loyola ( opera dello scultore Cosimo Fanzago ).
Una leggenda vuole che da allora, nelle notti senza luna,nella ricorrenza del brutale assasinio , lo spettro della bella D’Avalos vaghi sporca di sangue tra l’obelisco di piazza San S. Domenico Maggiore ed il portale del palazzo di S. Severo in cerca dell’amato Fabrizio e del figlio ucciso senza colpa. Ogni anno nel giorno del suo assassinio risuona forte il suo grido agghiacciante e tutti nel quartiere non mancano di farsi il segno della croce.
