E’ senza dubbio la piu’ considerevole e toccante testimonianza esistente di una citta’ antica . I suoi scavi costituiscono una straordinaria testimonianza del mondo antico grazie allo stato di conservazione della città, rimasta praticamente intatta dopo l’eruzione che la colpì nel 79 d. C. cancellandola dal paesaggio vesuviano.
Il sito Archeologico ci consegna una toccante cronaca della vita quotidiana nell’antichita con le sue case riccamente decorate , i negozi , i lupanari e gli edifici pubblici , alcuni dei quali perfettamente conservati .
Entrando in questo luogo si prova una forte emozione , come se il tempo improvvisamente si fosse fermato e la vita di tutti i giorni cristallizzata in un istante .
Il consiglio , per meglio apprezzare e rivivere il sito e’quello di affidarvi ad una esperta guida turistica affidandovi ad uno dei tanti gruppi organizzati locali , magari prenotandola con qualche giorno di anticipo .
Il percorso si snoda tra le strade, come via dell’Abbondanza , la più importante, sulla quale affacciavano le case e le botteghe più rinomate della città, tra i monumenti pubblici come l’anfiteatro ed il teatro e attraverso gli edifici che ancora oggi si ergono, con la loro grandezza, sul foro. La visita alle case private, che conservano un aspetto lussuoso con eleganti affreschi e decorazioni marmoree, offre un’interessante panoramica sulle abitudini romane e sul gusto dei proprietari.
Pompei era cinta da mure lunghe circa tre chilometri nelle quali si aprivano otto porte .
Nata come insediamento Osco , nel corso della sua storia Pompei aveva subito l’invasione degli Etruschi e successivamente dei Greci . Nel V secolo subirono la conquista e la dominazione dei Sanniti per infine divenire sotto dominio dei Romani colonia di Roma.
Pompei era una fiorente realtà’ urbana di ventimila abitanti ancora intenti a sanare le ferite del terremoto di diciassette anni prima quando improvvisamente , un giorno del 79d.c. , al risveglio del Vesuvio la vita si fermo’ .
Il Vesuvio , per chi viveva nella sua fertile piana , non era che la montagna del buon vino e dei cinghiali saporiti . Nel grande cratere spento crescevano vigne di pregiata uva nera destinate a produrre il famoso buon vino del Vesuvio presente in molti banchetti di citta’ lontane .
Non faceva paura quindi la grande montagna di fuoco che dormiva da 800 anni , anzi la montagna appariva generosa con la incredibile fertilita’ dei suoi campi impastati di cenere e lava . I pompeiani pur sapendo che la montagna verdeggiante di vigneti e di boschi , un tempo fosse stata un vulcano attivo ( la notizia era tramandata da storici ) lo ritenevano oramai spento del tutto avendo dato fondo a tutto il suo combustibile , come una fiaccola spenta.
Dormiva il Vesuvio ma un giorno d’improvviso con un rombo si risveglio’. Il rombo fece tremare la terra e la montagna esplose . Dalla bocca del vulcano venne fuori una grande pioggia di fuoco e una nube di cenere mentre un grande fiume nero di cenere e lapilli percorse la citta’ seminando dovunque morte e distruzione . La colata di fango , di pietre , e di lava sommerse la città con i suoi abitanti .
Duemila pompeiani restarono in citta’ , cercarono riparo sotto i tetti più solidi , le case scricchiolarono sotto il peso della lava e quando capirono tentarono una disperata fuga .
Ma era oramai tardi , molti scapparono verso il mare , e salirono su barche che non riuscirono a prendere il largo , altri aspettarono navi che non riuscirono a toccare terra .
Morirono tutti fermati dalle alte onde del maremoto e asfissiati dalla nube che ad alta velocita’ scese lungo le pendici del vulcano .
La citta’ fu sepolta da lava e cenere e la vita di tutti i giorni fu cristallizzata in un istante .
Tutto fu seppellito in poche ore .Uno strato di detriti vulcanici e di cenere avvolse la città antica , allora in piena attivita’ .Cosi’ sotto sei o sette metri di terra si addormento’ la gloriosa Pompei .
Era l’anno 79 , in una mattina del 24 agosto e quando tutto passo’ di Pompei non restavano che pochi tetti , i piu ‘ alti , quelli che sette metri di cenere non erano riusciti a cancellare .Nel tempo della bella e ricca Pompei si perse anche il ricordo , la sua storia e la sua civilta’ e alla vista di quella piana non vi erano che campi fertili .
A partire dalla metà del ‘700 gli scavi, voluti dai Borbone e portati avanti per oltre un secolo, hanno riportato alla luce la città, restituendoci un quadro completo della vita quotidiana in età romana.
Grazie alla tecnica del calco sono stati inoltre ricostruiti i giardini con le essenze antiche e numerosi impressionanti calchi umani .
L’idea fu dell’archeologo Giuseppe Fiorelli , direttore degli scavi nel 1860 : gesso liquido colato nel vuoto lasciato nella cenere solidificata dai corpi consumati dal tempo .
Localizzato un corpo , grazie ai frantumi di ossa , vi verso’ del gesso liquido fino a colmare il vuoto lasciato nella cenere vulcanica solidificatasi intorno alle salme seguendone perfettamente le forme . Come per miracolo , fatti e personaggi assunsero chiarezza .
Un risultato sorprendente . E’ come se la morte avesse trasformato quella gente in fuga in statue di pietre , in un istante , nell’esatta posizione in cui li ha colti .
Un classico esempio di questo ci viene da quello che e’ stato definito ‘ L’Orto dei fuggiaschi ‘ , dove nel 1961 si scoprirono dentro lo stato di cenere , le impronte di 13 vittime dell’eruzione che dopo essere rimaste dentro la casa durante la caduta dei lapilli , tentarono una via di scampo sotto la pioggia delle ceneri . Soffocate e asfissiate caddero una accanto all’altra raccolte in vari gruppi familiari , adulti , giovani , e bambini .
Le impronte che ne sono derivate e che sono esposte nell’ordine stesso in cui vennero rinvenute costituiscono una delle più drammatiche visioni della morte di Pompei
Si accede agli scavi di Pompei dalla Porta Marina , cosi’ chiamata perche’ rivolta verso il mare . In essa troviamo due aperture , di cui una era per i pedoni e l’altra piu’ grande invece era una mulattiera .
Gran parte della testimonianza della vita e civilta’ di Pompei la ritroviamo nell’Antiquarium , formato da 4 sale dove nelle prime due troviamo raccolti materiali prevalentemente in terracotta di epoca etrusca e sannitica e nelle altre due reperti romani come i famosi calchi in gesso di persone e animali.
Usciti dall’Antiquarium possiamo vedere l’area dove un tempo sorgeva il Tempio di Venere , protettrice della città’.
Fatti pochi passi ci si trova nel Foro Civile , il luogo cioe’ dove gravitava la vita politica , amministrativa , religiosa ed economica della citta’ .
La piazza rettangolare ,che rappresenta uno dei tre grandi spazi del sito (assieme al Foro Triangolare e alla Piazza dell’Anfiteatro) , era un’ isola pedonale con pavimentazione in lastroni di travertino e cinta per tre lati da un porticato .
Attorno ad esso erano raggruppati i templi principali , i tribunali , il Macellum , la Mensa Ponderari e gli edifici pubblici di maggiore interesse architettonico :
La Basilica Preromana , cioe’ l’edificio pubblico piu’ importante di Pompei : sede del tribunale e della vita economica della citta’( sede delle contrattazioni mercantili ). Essa si apriva sul Foro con cinque porte d’ingresso che creavano tre navate di cui la centrale era formate da 28 colonne. In fondo troviamo il podio del tribunale con due ordini di colonne in stile greco.
Il Tempio di Apollo con portico sorretto da 48 colonne , all ‘interno del quale troviamo una statua di Apollo in atto di scagliare una freccia .
Il Tempio di Giove che fungeva da Campidoglio , chiude la grande piazza del Foro sul lato nord. Dedicato alla triade Giunone, Minerva e Giove , il Tempio aveva un pronao di 12 colonne corinzie di cui sei sul fronte e tre su ogni fianco.
Il Comitium dove avveniva l’elezione delle cariche pubbliche .
Il Macellum cioè il mercato coperto .
Il Tempio dei Lari Pubblici che si apre in tutto il suo mistero per tutta la sua lunghezza sul Foro.
Il Tempio di Vespasiano dedicato al culto imperiale .
L’Edificio della Sacerdotessa Eumachia , (che dopo la Basilica e’ la costruzione piu ‘rilevante del Foro ), che fu dedicato alla Concordia Augusta identificata nell’imperatrice Livia moglie di Augusto. L’edificio ,costruito a spese della sacerdotessa Eumachia , ha una facciata con doppio ordine di colonne e un bellissimo portale al di la del quale in fondo ad uno spazioso cortile , troviamo una parete a tre abside . La centrale contiene la statua dell’Imperatrice Livia. La statua di Eumachia , anch’essa ritrovata nel cortile e’ conservata al Museo Archeologico di Napoli.
Il Foro risultava completamente isolato dallo spazio esterno tramite un ampio porticato che la cingeva su tutti i lati , tranne quello settentrionale occupato dal Capitolium e da due archi onorari uno dedicato a Nerone e l’altro a Caligola.
Nel Foro Triangolare vi sono i resti di un Tempio Dorico probabilmente dedicato ad Ercole ed i grandi teatri ( grande e piccolo ).
Il teatro Grande , fu costruito tra il 200 ed il 150 a.c. sul modello greco , sfruttando il versante della collina per ricavarci le gradinate e nel tempo subi’ delle modifiche per adattarlo allo stile architettonico romano .
Venne restaurato dopo il terremoto del 62 d.C.ad opera di un liberto di nome Marcus Primus . Ricordiamo a tal proposito che in ambienti romani gli architetti erano spesso di condizione o di discendenza servile , perché’ le attivita’ monumentali erano considerate degradanti per un uomo libero.
Aveva una capienza di dodicimila spettatori , e ultimamente e’ stato rimesso in attivita’ con rappresentazioni estive di grande pregio .
L’Odeon , detto anche Teatro Piccolo , posto a fianco del Teatro Grande fu costruito in epoca romana tra gli anni 80 e 75 a.c. , ed era in grado di contenere non piu’di mille spettatori . Esso era destinato all’ascolto della musica e agli spettacoli di mimo e veniva comunque prevalentemente adoperato per audizioni musicali che richiedevano un edificio più’ piccolo e coperto , per evitare la dispersione dei suoni ( era molto simile al teatro esistente a Neapolis ).
Ogni teatro era all’epoca provvisto di un ampio portico per gli spettatori dove potevano passeggiare durante gli intervalli degli spettacoli , spesso di lunga durata .
Dietro il Teatro Grande e a fianco dell’Odeon vi era uno spazio dove gli spettatori si intrattenevano durante gli intervalli delle rappresentazioni talmente vasto che Nerone lo trasformo’ poi in caserma dei gladiatori . Durante gli scavi si sono rinvenute armi gladiatorie , alcune delle quali particolarmente festose ( di parata ) .
Il portico di Pompei molto ben conservato , di forma quadrangolare , e’ circondato da 74 colonne doriche in tufo stuccate.
Nel foro triangolare troviamo poi la Piccola Palestra , di epoca sannitica , esclusivamente riservata alla piu’ danarosa e nobile gioventu’ pompeiana . Il Tempio di Giove Melichios e infine il Tempio di Iside ( Tempio meglio conservato di Pompei ) che assai danneggiato dal terremoto, e ricostruito dopo il 62 a.c., è stato rinvenuto in ottimo stato di conservazione, adorno di stucchi, statue e dipinti, e con tutta la suppellettile per il culto ancora al suo posto. Gli intonaci pero’sono stati smembrati e ritagliati, e insieme ad oggetti sacri , scritture e pitture , portati al Museo Archeologico di Napoli , dove è anche esposto un plastico che ricostruisce l’originale struttura del tempio.
Nel terzo grande spazio di Pompei si trovano l’Anfiteatro e la Grande Palestra di epoca sannitica che fu sede di allenamenti , dei giochi e delle manifestazioni sportive del Collegium Juvenium .
Nell ‘Anfiteatro costruito nell’80 a.C.( il piu’antico giunto a noi) vi si tenevano i giochi circensi , incentrati sui combattimenti tra gladiatori e duelli tra uomini e fiere o la caccia tra animali .
I feroci combattimenti dei gladiatori eccitavano il pubblico a tal punto che piu’antico volte i tifosi venivano alle mani . Nel 59 durante un’esibizione di gladiatori alla quale assistevano pompeiani e nocerini , gli animi degli spettatori si arroventarono a tal punto che la lotta tra i professionisti del gladio si estese alle gradinate trasformandosi in una vera e propria rissa , che continuo’ anche per le strade con un tragico bilancio di morti e feriti .
Una volta giunta la notizia al Senato , questi sanci’ la piu’lunga squalifica di campo che la storia ricordi , vietando ogni forma di spettacolo per lunghi dieci anni ,chiudendo l’Arena e condannando all’esilio chi aveva provocato il tumulto .
L’anfiteatro aveva anche un velario , probabilmente di lino , adoperato per proteggere gli spettatori dall’eccessivo calore del sole .
Affiancata direttamente all’Anfiteatro troviamo poi la Grande Palestra destinata alle attivita’ ginniche dei giovani che in epoca Augusta l’Imperatore decise di riorganizzare in vere e proprie associazioni ( collegia iuvenum ).
La citta’ aveva una densita’ di circa diecimila abitanti di cui il 60% era costituito da uomini liberi e il rimanente 40% da schiavi che venivano prevalentemente dall’oriente ed erano quasi sempre ben istruiti . Una piccola famiglia benestante aveva in genere due o tre schiavi mentre una piu’ grande ne aveva molti di più’, compresi quelli che facevano da medico o da insegnante.
Uno schiavo poteva sperare nella liberta’ o per concessione del padrone oppure pagandosi un forte riscatto in denaro ed in tal caso diventava un ” Liberto”.
Gli schiavi avevano un solo nome ( quai sempre greco ) e un Liberto poteva assumere un secondo nome usando quello del suo ex padrone e come cognome adoperava quello da schiavo.
Ricordiamo che ogni romano aveva tre nomi e cioe’ prenome,nome e cognome e le donne usavano il nome del padre rivolto al femminile.
Le strade della citta’ erano di larghezza diverse , ma per la maggior parte piuttosto strette : dai due ai quattro metri e mezzo e la piu’grande superava di poco i sette metri .
Erano tutte pavimentate con grossi blocchi poligonali di lava vesuviana .
Quasi tutte le strade erano bordate da marciapiedi alti generalmente intorno si 30 cm .
La Via Dell’Abbondanza che parte dal Foro e raggiunge Porta di Sarno e’ una della piu’ importanti della citta’ ed in essa si puo’ rivivere in 600 metri il palpitare di uno dei quartieri più commerciali e prosperosi della citta’ .
Lugo la via incontriamo il Termopolio di Asellina , una locanda dove la proprietaria oltre che rifocillare i clienti , procurava loro su richiesta anche fanciulle che offrivano loro allegra compagnia . L’avvenuta padrona si era procurata fanciulle cosmopolite per cui uno straniero recatosi all’osteria , poteva volendo, trovare sue conterranee cui intrattenersi al piano superiore .
La locanda rappresentava un importante punto di ristoro che offriva ai clienti la possibilita’ come le attuali tavole calde , di intrattenersi ordinando una bevanda calda o fredda , e cibarsi di piatti cotti . E’ molto suggestivo visitare la taverna poiché ‘ lo scavo ha lasciato tutta la suppellettile trovata al loro posto: anfore vinarie , imbuti ,una lucerna fallica che illuminava il banco e teneva lontano il malocchio e persino una pentola sul fornello .
L’acqua inizialmente proveniva dal fiume Sarno da cui Pompei si riforniva, ma in seguito per le aumentate esigenze del paese fu costruito un acquedotto che con grossi tubi di piombo ( che correvano sotto il marciapiede ) riusciva a portare acqua corrente in tutta la citta’ ed in particolare alle case dei ricchi , alle terme e alle fontane pubbliche dove la gente più’ povera attingeva per le sue necessita’ .
Quasi due terzi dell’area urbana pompeiana erano occupate da edilizia privata come negozi, officine, e alberghi. Le case erano di diverso tipo a seconda dello stato sociale di chi vi abitava.
Famosa e’ la “Casa del Fauno “che rappresenta certamente il piu’ bel esempio di abitazione privata che l’antichità ci ha lasciato. Si e’ supposto che fosse l’abitazione di P. Scilla , nipote del dittatore . La casa e’ cosi’ chiamata per il bronzo del Fauno danzante che decora uno degli impluvi. Nella stessa casa e’stato rinvenuto un una bella immagine incorniciata da un fregio di acanto dove sotto gli occhi di una variegata fauna marina vi e’ rappresentata la cattura di un’aragosta da parte di un polipo.
Altre famose e importanti abitazioni sono :
La casa del poeta tragico che deve il suo nome ad un mosaico in essa ritrovato raffigurante un istruttore di attori di teatro ( corego ) , famosa per una splendida serie di affreschi di soggetti eroici e mitici tra i quali il famoso sacrificio di Ifigenia ( oggi al museo di Napoli ).
Sul pavimento della loggia di entrata e’ raffigurato un cane ringhiante legato alla catena con il monito ‘ cave canem ‘ ( attenzione al cane ) .
La casa del chirurgo dove sono state rinvenute una preziosa serie di strumenti chirurgici , oggi conservati al museo Archeologico di Napoli che rappresentano una delle più’ preziose testimonianze della chirurgia antica .
La grande casa di Castore e Polluce che risulta essere l’unione di tre case antiche conserva un atrio che e’ considerato ‘ uno degli esempi più belli di atri corinzi con dodici colonne .
La stupenda casa di Apollo , più volte rappresentato nelle sue pitture decorative ( da qui il nome alla casa ) mostra fastose meravigliose decorazioni di mosaici e pitture.
La casa dei Vetti , due mercanti arricchiti che meglio rappresenta il lusso degli ultimi decenni di vita della citta’, caratterizzata da fantastiche decorazioni perfettamente conservate delle mura che appaiono nobilitati da soggetti mitologici ed eroici con ricorrenti fregi di Amorini e Psichi .
All’ ingresso della bella abitazione , oltrepassato il vestibolo , si nota e incuriosisce un’oscena figura di Priapo che poggia il suo enorme fallo sul piatto di una bilancia , mentre sull’altro piatto , poggia una borsa di monete ,quasi a simboleggiare il prezzo da pagare per la protezione .
Questa figura era stata messa all’ingresso della casa con lo scopo ben preciso di allontanare il malocchio degli invidiosi e dei gelosi della ricchezza dei Vetti .
I due proprietari Aulo Vettio Restiuto e Aulo Vettio Conviva , fecero di questa abitazione una vera e propria lussuosa abitazione privata che dopo due secoli di scavi continua a rimanere forse , nella sua ricca e completa decorazione parietale la piu’ bella casa romana che il tempo ci ha restituito .
La Domus di Leda ed il cigno , così chiamata per la presenza nella sua camera da letto di un sensuale affresco raffigurante Leda sedotta da un cigno che non era altro invece che Zeus sotto camuffate spoglie che si congiungeva carnalmente alla moglie di Tindaro , re di Sparta . Secondo la mitologia classica Zeus infatti pur di possedere la bellissima Leda si era a lei presentato sotto le sembianze e la forma di un cigno e il magnifico afrresco con la sua scena ‘ad alto tasso di sensualità’ vuole ricordaredi come dal doppio amplesso, prima con Giove e poi con Tindaro, nasceranno, fuoriuscendo da uova, i gemelli Castore e Polluce , cioè i Dioscuri.
Castore e Polluce, detti anche Dioscuri erano infatti ufficialmente due gemelli figli di Leda e del re spartano Tindaro , ma si narra secondo pettegolezzi dei miti greci che Leda, la loro madre, li avesse concepiti separatamente, unendosi nella stessa notte prima con Zeus e poi con suo marito : dall’unione con il dio sarebbe nato Polluce, dotato di natura immortale; da quella con Tindaro il mortale Castore .
La lussuosa casa è ricca anche di altre suggestivei mmagini come quella di Priapo presente all’ingresso e quella di Narciso che si specchia nell’acqua posta invece nell’atrio della casa , a a fianco delle figure di menadi e satiri.e alle spalle di dove è stata scoperta l’immagine di Leda e il cigno .
Nella casa del bracciale d’oro ‘ in un affresco troviamo dipinte la flora e la fauna di un giardino fantastico in cui l’estremo verismo con il quale le specie sono raffigurate dimostra la profonda conoscenza del mondo naturale dell’epoca.
Altra bella casa da vedere e’ quella degli ” Amorini dorati ” così detta per il ritrovamento in un cunicolo dei famosi amorini dorati . La casa era una delle più’ belle di Pompei , non tanto per estensione e grandezza ma per la magnificenza delle sue pareti interne riccamente decorate .Si ritiene che essa sia appartenuta ad una ricca famiglia di Pompei , imparentata forse a Nerone per via di Poppea .
La casa di Lucio Cecilio Giocondo , esperto e ricco banchiere , invece , era una bella casa che ci ha tramandato preziose notizie sul sistema di contabilita’ bancaria , grazie al ritrovamento in essa di una cassa dove erano perfettamente conservate delle tavole cerate di quietanza .
La casa del Menandro era una importante abitazione , chiamata cosi’ per un dipinto riproducente il poeta greco Menandro . In essa troviamo belle sale affrescate e riccamente decorate con scene di caccia e maschere teatrali tra poeti di teatro .
La casa e’ famosa per il ritrovamento di un ricco tesoro in argento appartenente a Quinto Poppeo , proprietario della casa e parente di Poppea , moglie di Nerone.
Nella ” casa di Orfeo ” fu invece ritrovato il famoso cane incatenato il cui calco si vede oggi nell’ Antiquarium .
Nella famosa casa del Giardino Incantato poi ribattezzata Casa dell’Iscrizione per via dell’epigrafe a carboncino che sembra aver spostato la data dell’eruzione da agosto a ottobre , ultimamente sono stati ritrovati in un’ultima scoperta cinque scheletri appartenenti a due donne e tre bambini che si erano nascosti nel tentativo di scampare alla pioggia di lapilli e trovare riparo, in una piccola stanza da letto (insieme agli scheletri sono stati ritrovati anche i resti di un letto o di un grande divano ) . Le due donne dovevano aver messo dinanzi alla porta di accesso alla stanza anche un mobile, per cercare di frenare la spinta della cenere”. Le cinque persone sono probabilmente morte schiacciate dal crollo del tetto, o bruciate dalla nube piroplastica, di fuoco e gas arrivata alla fine, o forse da entrambe le cose . La testa di una delle due donne appare schiacciata dalle tegole mentre a fianco sono visibili i resti di un braccio e delle gambe di una altra vittima . In un angolo affiora una mano ancora con i suoi due anelli, uno in argento e l’altro in ferro”. A duemila anni di distanza, una scena che ancora toglie il fiato e fa venire i brividi.
Animali di bronzo collocati su una vasca rivestita di marmo che funzionavano per gettare acqua , sono stati invece rinvenuti nella ” casa del Citarista ” , cosi’ chiamata dal nome della statuetta di bronzo di Apollo Citarista rinvenuta nella casa .
La statuetta e gli animali in bronzo sono tutti conservati al Museo Nazionale di Napoli .
Rappresentano un cervo in fuga , un leone galoppante , un serpente ed un famoso gruppo di cinghiali addentato da due cani da caccia .
La fauna e’ spesso rappresentata nelle varie abitazioni , compresa quella esotica ( sopratutto elefanti ). La lepre e l’asino erano animali che venivano allevati e molto usati , il primo per l’ottima carne fornita ed il secondo invece quale animale da soma e da fatica.
La Bisca Lussoria era una delle bische ( taverne di lussuria cioe’ taberna Lussoria ) piu’ in vista della citta’ , frequentata da giovani dei due sessi a cui venivano fittate stanze da letto. Al suo ingresso notiamo l’emblema di un vaso tra due falli .
A tal proposito la figura di Priapo bifallico che sostiene i falli con le mani , appare dipinto all’ ingresso principale del piu’ grande dei tanti bordelli di Pompei chiamato ” Lupanare ” : un noto bordello a dieci posti letto dove sopra le stanze ( celle ) appaiono dipinti scene di giochi erotici praticabili a richiesta dei vari clienti .Il prezzo non superava normalmente i due assi , cioe’ il prezzo medio di due boccali di vino .
In questo luogo venivano per lo piu’ schiavi e visitatori di passaggio, in quanto i ricchi organizzavano gli incontri nelle loro comode case , o si divertivano senza spendere soldi con la loro schiavitu’.
A tal proposito bisogna ricordare che la citta’, era tappezzata di immagini erotiche che oggi noi definiremmo oscene : affreschi e mosaici esposti nelle case o in ambienti pubblici( come le terme) erano la consuetudine .Negli affreschi venivano raffigurati spesso amplessi , accoppiamenti multipli e falli anche di dimensioni spropositate . Questi erano esposti ovunque senza problemi , persino nelle strade , poiche’ era considerata un ‘ immagine di buon augurio e con un influsso benefico contro il malocchio, quindi senza alcuna malizia ad esibirlo .
Nel Museo Archeologico di Napoli in una sala chiamata ” Gabinetto Segreto “esiste una splendida collezione di vere e proprie opere d’arte erotica ritrovate negli scavi di Pompei , Ercolano ed altri paesi dell ‘area vesuviana il cui contenuto sin troppo audace e’ stato per decenni vietato al pubblico , anzi la sala fu addirittura murata e ancora oggi proibita ai minori
A Pompei esistevano ben 25 bordelli, chiamati appunto lupanari , dalla parola” lupa “, che in latino significa prostituta.
Nel vicolo del Lupanare, sul pilastro di una antica osteria è stato trovata la scritta «otiosis locus hic non est discede morator – questo luogo non è per gli oziosi. Vattene, bighellone!». Frase che, tradotta in napoletano dallo studioso Carlo Avvisati, è diventata virale sui social. «Ccà nun è aria p’’e sfrantummate. Vavattenne, ribusciato!».
Impossibile comunque descrivere tutte le case e le sue caratteristiche specifiche in questa breve sezione pertanto vi citiamo solo i nomi di alcune belle abitazioni certamente da vedere , magari affidandovi alla esperta guida turistica dei tanti bravi professionisti che offrono ogni giorno una visita guidata per gli scavi . ( Fortemente consigliata !!! )
La casa del Pansa , la casa di Sallustro , il panificio , la casa della fontana piccola e quella della fontana Grande , la casa del Centauro , la casa del Meleagro , la casa del labirinto , la casa delle nozze di argento , la casa di Marco Lucrezio Frontone , la casa dei gladiatori , la casa di Obelio Firmo , la casa del Centenario , la casa di Marco Lucrezio , la casa dell’Orso , la casa di Cornelio Rufo ,l’ Albergo di Sittius , La casa degli amanti ,casa di Lucio Ceio Secondo, la casa del Criptoportico ,la casa di Venere , la casa del Moralista ,la casa di Loreio Tiburtino , la casa di Pasquio Proculo , la casa del sacerdote Amandus , la casa dell’Efebo , la casa del frutteto , la casa di Trebio Valente e la casa di Giulio Felice con il suo rinvenuto avviso di locazione posto sulla parete esterna ed ora esposto al Museo Nazionale di Napoli .
Interessante inoltre e meritevole di una visita i vari forni tra cui l’ interessante panificio di Modesto , la casa del Larario , l’Officina di Verecundus e infine le Fulloniche .
Le Fulloniche servivano sia per la finitura dei tessili ( che venivano sgrassati per eliminare lo sporco durante i lavori di filatura e di tessitura ) sia per la semplice smacchiatura di tessuti usati . Nella tre vasche comunicanti tra loro sce deviano attraverso dei gradini gli operai per pestare i tessuti con i piedi in acqua e soda o a.tra sostanze alcaline tipo l’urina umana o animale : quella dei cammelli molto pregiata veniva importata .L’urina umana veniva invece raccolta in “vespasiani ” , latrine pubbliche o anche semplici anfore dimezzate
per la raccolta delle urine ai fini industriali , il cui uso al pari dell’acqua venne tassato .
Ma anche prima di Vespasiano , gli interessati invitavano i passanti ad urinare in anfore prive di collo disposte nelle traverse o presso l’ ingresso della Fullonica .
I tessuti una volta induriti con l’urina venivano poi trattati con Creta Fullonica ( la migliore si importava dall’isola di Kimolos mentre quello sarda era considerati di qualita’ inferiore ).
Venivano poi battuti per condensare la trama e rilavati e cardati spesso col vello di porcospino per facilitare la tosatura .
I tessuti bianchi e quelli tinti due volte , per renderli lucenti , venivano sottoposti ad un trattamento detto “zolfatura “, poi rassodato con creta o terra umbricao con po’ oca se erano bianchi e infine spazzolati , tosati , umettati e stirati sotto la pressa . venivano infine portati sulla terrazza , dove c’era aria e vento per l’asciugatura e il candeggio al sole .
Nella Fullonica di Stefano ( lavanderia ) nell’ufficio retrostante fu ritrovato uno scheletro con una somma di monete d’oro , d’argento e di bronzo del valore complessivo di 1089,5 sesterzi .
Un nuovo termopolio (.(nome latino che indica la bottega ) è ultimamente riaffiorato perfettamente conservato, tra il vicolo delle Nozze d’argento e il vicolo dei Balconi con al suo interno bellissime decorazioni che mostrano l’immagine di una ninfa marina a cavallo e animali con colori talmente accesi da sembrare tridimensionali . Si tratta di una di quelle botteghe che oggi chiameremmo comunemente “street food“, dove possiamo ammirare ed osservare ancora perfettamente conservati resti di cibo dell’epoca che venivano venduti in strada e che appaiono ancora oggi ben conservati all’interno di alcuni recipienti ( infatti abitudine dei pompeiani quella di consumare all’aperto cibi e bevande calde ).
Di fronte a questo termopolio, nella piazzetta antistante, in passato erano già emerse una cisterna, una fontana e una torre piezometrica per la distribuzione dell’acqua, dislocate a poca distanza dalla bottega già nota per l’affresco dei gladiatori in combattimento. Le decorazioni del bancone emerse dallo scavo, presentano sul fronte l’immagine di una Nereide a cavallo in ambiente marino e, sul lato più corto, l’illustrazione probabilmente della stessa bottega alla stregua di un’insegna commerciale. Al momento dello scavo, il ritrovamento di anfore poste davanti al bancone rifletteva non a caso l’immagine dipinta. In questa nuova fase di scavo sono emerse altre pregevoli scene di nature morte, con rappresentazioni di animali, probabilmente venduti nel locale. Frammenti ossei, pertinenti gli stessi animali, sono stati inoltre rinvenuti all’interno di recipienti ricavati nello spessore del bancone contenenti cibi destinati alla vendita. Come le due anatre germane esposte a testa in giù, pronte per essere preparate e consumate, un gallo e un cane al guinzaglio, quasi un monito alla maniera del famoso Cave Canem. Le prime analisi confermano come le pitture sul bancone rappresentino, almeno in parte, i cibi e le bevande effettivamente venduti all’interno del termopolio: tra i dipinti del bancone sono raffigurate due anatre germane, e in effetti un frammento osseo di anatra è stato rinvenuto all’interno di uno dei contenitori, insieme a suino, caprovini, pesce e lumache di terra, testimoniando la grande varietà di prodotti di origine animale utilizzati per la preparazione delle pietanze.
Sul fondo di un dolio ,identificato come contenitore da vino, è stata individuata la presenza di fave, intenzionalmente frammentate/macinat che secondo molti venivano usate per modificare il gusto e il colore del vino, sbiancandolo.
Nell’angolo tra le due porte (angolo nord occidentale della stanza) del Termopolio è stato rinvenuto uno scheletro completo di cane. Non si tratta di un grande cane muscoloso come quello dipinto sul bancone ma di un esemplare estremamente piccolo, alto 20-25 cm alla spalla, pur essendo un cane adulto. Cani di queste piccolissime dimensioni, sebbene piuttosto rari, attestano selezioni intenzionali avvenute in epoca romana per ottenere questo risultato.
Inoltre, nel Termopolio è stato rinvenuto diverso materiale da dispensa e da trasporto: nove anfore, una patera di bronzo, due fiasche, un’olla di ceramica comune da mensa. Il piano pavimentale di tutto l’ambiente è costituito da uno strato di cocciopesto (rivestimento impermeabile composto da frammenti in terracotta), in cui in alcuni punti sono stati inseriti frammenti di marmi policromi (alabastro, portasanta, breccia verde e bardiglio).
N.B. I termopoli, dove si servivano bevande e cibi caldi, come indica il nome di origine greca, conservati in grandi dolia (giare) incassati nel bancone in muratura, erano molto diffusi nel mondo romano, dove era abitudine consumare il prandium (il pasto) fuori casa. Nella sola Pompei se ne contano una ottantina ma nessuno con il bancone interamente dipinto, a conferma dell’eccezionalità del ritrovamento.
Altro dato interessante sempre riguardante il termopolio , è il rinvenimento di ossa umane, parzialmente sconvolte a causa del passaggio di cunicoli realizzati in età moderna da scavatori clandestini in cerca di oggetti preziosi. Queste ossa presenti all’interno della stanza e in particolare dietro al bancone,sono di un individuo di almeno 50 anni che verosimilmente, al momento dell’arrivo della corrente piroclastica, era posizionato su un letto o una branda, come testimoniano il vano per l’alloggiamento del giaciglio e una serie di chiodi e residui di legno rinvenuti al di sotto del corpo. Altre ossa, ancora da indagare, sono invece quelle di un altro individuo e sono state rinvenute all’interno di un grande dolio, forse qui riposte sempre dai primi scavatori.
I complessi termali , immancabili in una societa’ che praticava il culto del bagno caldo quotidiano , sono tre . I più antichi sono le Terme di Stabia e quelle del Foro a cui si aggiunsero poi quelle Centrali e suburbane .