Questa strada deve il suo strano nome al fatto che in epoca medievale, esso rappresentava era il luogo dove i napoletani scaricarono per secoli le immondizie e tutti i rifiuti che andavano poi inceneriti. Bisogna ricordare che nel medioevo era consuetudine in tutte le città ,bruciare i rifiuti fuori le mura cittadine e Via Carbonara a Napoli, era il luogo in cui i rifiuti erano dati alle fiamme.

Esso, era anche il luogo in cui in epoca angioina si tenevano cruenti combattimenti tra uomini che si sfidavano ad armi bianche fino all’ultimo sangue. I combattimenti si svolgevano secondo il modello degli antichi giuochi dei gladiatori , ed al cospetto spesso, si dice, della giovanissima regina Giovanna e di suo marito Andrea d’Ungheria. Erano questi spettacoli sanguinosi e mortali che spesso finivano in modo macabro. I lottatori combattevano infatti con le loro armi bianche fino a quando uno dei due non moriva e non era raro vedere uno di loro soccombere perchè sgozzato da un pugnale o morire sanguinante con le budelle totalmente esposte. Per interrompere i feroci combattimenti dovette addirittura intervenire con una bolla Papa Giovanni XXII.

Egli nel tentativo di fermare quell’orrendo spettacolo, aveva vietato con una bolla quei terribili giochi, pena la scomunica per lottatori e spettatori, ma nonostante tutto i giochi erano continuati e così, per non far brutta figura, su proposta dell’Arcivescovo di Napoli, il successore Papa Benedetto XII levò le scomuniche già nominate e sospese la proibizione dei giochi.

Questi furono poi banditi con successo solo mezzo secolo più tardi col re Carlo di Durazzo. I giochi venivano chiamati \” gioco della Carbonara \” e questa potrebbe anche essere una delle ipotesi sulle origini del suo strano nome.

Al  raccapristante spettacolo di questi “giochi” fu  anche portato il poeta Petrarca,che in quel periodo , dopo la morte del re Roberto d’Angiò ( molto stimato dal Petrarca) si trovava a Napoli  come ambasciatore da parte di papa Clemente VI e del cardinale  Giovanni Colonna di Stigliano con il delicato   compito di ratificare la scelta dinastica del defunto Roberto che ricadeva sulla sedicenne Giovanna, la futura e famosa  Giovanna I d’Angiò, promessa sposa dell’altrettanto giovane Andrea d’Ungheria .

Il poeta era a Napoli da pochi mesi e come turista nonchè ospite della corte angioina si era lasciato trasportare in quella zona periferica della città dove si incenerivano i rifiuti , Essa era una zona all’epoca considerata malfamata (1343) e poco controllata dal governo centrale, dove in genere  si radunavano tutti i gaglioffi di Napoli e provincia. E poi si sfidavano a duello, in questo modo risolvendo problemi di debiti, rivalità d’amore o per puro sfogo di violenza.

Petrarcal  nel vedere quello che veniva considerato all’epoca , uno dei giochi più cruenti del tempo rimase scioccato e inorridito  a tal punto da scivere subito dopo una lettera di al cardinale Giovanni Colonna, a cui lui  rapportava tutto:

“In pieno giorno, alla vista del Popolo, al cospetto del Re, in questa città d’Italia con barbara ferocia, si esercita l’infame gioco dei Gladiatori; e come sangue di pecore, l’umano sangue si sparge, e, plaudendo l’insano volgo affollato, sotto gli occhi dei miseri genitori si scannano i figli” (Lettere familiari, libro V, lettera 6: Epistola al cardinale Giovanni Colonna).“

“A tanto concorso di gente, e a tanta attenzione d’illustri personaggi sospeso, fiso io guardava aspettando di vedere qualche gran cosa, quand’ecco come per lietissimo evento un indicibile universale applauso s’alza alle stelle. Mi guardo intorno e veggo un bellissimo garzone trapassato da freddo pugnale cadermi ai piedi. Rimasi attonito, inorridito” (Lettere familiari, libro V, lett. 6: Epistola al cardinale Giovanni Colonna)”.

Ma quello che più sorprese al poeta fu la partecipazione a quei violenti giochi anche dei due giovani reali  Giovanna e Andrea che apparvero a lui i eccitati dalla violenza che si svolgeva nel loro futuro regno:

“Era presente la Regina, presente Andrea (d’Ungheria) re fanciullo, che di sé promette riuscir magnanimo, se pur riesca a porsi in capo la contrastata corona” (Lettere familiari, Epistola al cardinale Giovanni Colonna).

 

 

 

 

 

 

 

 

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