Prima di raccontarvi del Teatro Bellini , vorrei citarvi un detto popolare molto in voga nel priodo in cui il Teatro fu costruito nel 1800 . Esso così recitava : «’O San Carlo p’ ‘a grandezza, ‘o Bellini p’ ‘a bbellezza», cioè tradotto in ” volgare ” italiano :Il San Carlo per la grandezza, il Bellini per la bellezza»
Questo per darvi l’immagine di quanto fosse bello e considerato all’epoca questo teatro ancora oggi molto funzionante in città.
La sua storia ha inizio nel 1864 quando l’avvocato napoletano barone Nicola Lacapra Sabelli commissionò all’architetto Carlo Sorgente la realizzazione di un teatro in quella che è l’attuale via Vincenzo Bellini nell’ambito della cosiddetta bonifica delle Fosse del Grano, un piano di ristrutturazione urbanistica di una zona che si estendeva perimetralmente tra il Museo Archeologico Nazionale , Port’Alba ,ed il Conservatorio di San Pietro a Maiella ed in seguito ai quali furono poi costruite in quegli stessi anni l’Accademia delle Belle arti e la Galleria Principe di Napoli .
CURIOSITA’ : Le cosiddette “fosse del grano”, erano dei grossi depositi per il grano della città, costituiti da numerose cavità che si aprivano dietro i conventi di San Giovanni Battista delle Monache e di Santa Maria di Costantinopoli e si estendevano fino al Largo Mercatello (attuale Piazza Dante). In esse veniva conservato il grano della città posto proprio al di sotto delle mura cittadine in modo da poterlo difendere in caso di attacco.
Il luogo, inizialmente considerato di grande importanza strategica , perse lentemante la sua vitale importanza . Quando infatti finalmente fu abolito il monopolio sul grano ed i cereali in città, nel 1804, la struttura perse la sua principale funzione e venne adattata prima a prigione, poi a deposito ed infine in caserma militare.
Successivamente, in seguito alla decisione di prolungare Via Toledo fino al palazzo del Museo Nazionale, si decise di demolire l’ex struttura dei granai ed effettuare dei grossi cambiamenti urbanistici nell’area compresa tra il Museo Nazionale e piazza Bellini.
Fu abbattuta in quell’occasione anche la Porta di Costantinopoli e contemporaneamente aperta la salita delle fosse del grano, poi chiamata Via museo Nazionale che sarebbe l’attuale Via Pessina. Dopo qualche interruzione dei lavori dovuti sopratutto alle interferenze degli abitanti del convento di Santa Maria di Costantinopoli (il cantiere sfiorava i giardini ) fu aperta anche la Via Bellini.
Anche la chiesa di San Giovanni Battista delle Monache , ancora oggi situata in via Santa Maria di Costantinopoli , (una pittoresca strada nei pressi di piazza Bellini , un tempo centro dei maggiori antiquari napoletani) rappresentava un grosso ostacolo per la nuiva riqualificazione urbanistica . Essa eretta verso la fine del 600 dall’architetto Francesco Antonio Picchiatti,in origine occupava un vasto territorio, visto che la struttura complessivamente comprendeva sei belvedere,( considerati luoghi per lo svago ) e sei chiostri, dei quali è sopravvissuto solo quello di San Giovanniello.
N.B. : La sua attuale facciata che venne realizzata solo nel secolo successivo, è di Giovanni Battista Nauclerio che si occupò anche della volta della navata centrale e del nuovo campanile alla destra della chiesa.
Nell’Ottocento, la risistemazione urbana della città portò all’apertura di via Conte di Ruvo, e questa strada purtroppo taglio’ tutti i passaggi ed i collegamenti con il Chiostro di San Giovanniello, che divenne cosi’ sede dell’Accademia di Belle Arti , un edificio costruito su progetto di Enrico Alvino, che aveva lo scopo di educare i giovani all’arte.
La chiesa , in questa circostanza fu deciso di separarla dal suo monastero ed il retro del complesso ( il Bastione Vasto ) fu demolito per lasciare spazio al Teatro Bellini che fu naugurato il 13 novembre1864 con l’esibizione del Circo Guillaume (della famiglia di Tontolini ). Esso dalla sua costruzione fino al primo dopoguerra divenne il cuore della vita culturale della buona società napoletana., attraversando per molti anni un periodo di grande splendore ( fino al 1869) quando dopo spettacoli circensi ed equestri e qualche rappresentazione lirica, purtroppo nel dopoguerra andò incontro ad un inesorabile declino
L’architetto Carlo Sorgente , realizzò nel luogo infatti , un teatrino a pianta circolare, con un solo ordine di palchetti e due ordini a loggia continua, capace di ospitare ben 1200 spettatori;
Negli anni successivi il barone Lacapra Sabelli, che intanto era stato eletto deputato del Regno nel collegio di Vasto ( tralasciò l’avvocatura per fare l’impresario) , volle ampliare il teatro e sistemarlo per rappresentarvi soprattutto opere liriche. Chiese allora all’architetto Sorgente di ristrutturarlo ispirandosi all’Opera -Comique di Parigi .
Nacque così un teatro con pianta a ferro di cavallo, cinque ordini di palchi e un ordine a loggia continua, abbbellito da decorazioni di Giovanni Ponticelli , Pasquale Di Criscito e Vincenzo Paliotti, e dal ritratto a olio di Vincenzo Bellini di Vincenzo Migliaro, posto tra due figure alate al centro dell’arcoscenico.
L’inaugurazione si tenne il 6 febbraio del 1878 con la messa in scena de I Puritani dello stesso Bellini, cui il teatro fu dedicato. Nel 1879 il teatro ospitò la prima italiana della Carmen di Bizet , e da allora per circa 15 anni la sua programmazione fu principalmente lirica, non mancando comunque di aprirsi alla prosa dialettale , divenendo per alcuni anni , sede stabile della compagnia di Eduardo Scarpetta.
In seguito, al principio del ‘900, il Bellini divenne un tempio dell’operetta, prima, e poi della rivista e della canzone . accogliendo, solo saltuariamente, alcune rappresentazioni di prosa.
Nel secondo dopoguerra cominciò poi per il Teatro un lento declino, determinato dal cambiamento delle abitudini sociali che inesrabilmente portò alla sua chiusura. Nel 1962 vi fu così rappresentato il suo ultimo spettacolo, teatrale ( Masaniello con Nino Taranto ) ; l’anno dopo, a quasi un secolo dalla fondazione, chiuse, o meglio diventò un cinema di terz’ordine , con i palchi un tempo nobili trasformati in squallide alcove di amori furtivi