Forcella e’ un quartiere della nostra città’ da decenni assurto a simbolo di malavita e malaffare, divenuto addirittura famoso grazie a noti camorristi locali ben oltre i nostri confini nazionali ed europei ma non molti sanno che invece un tempo era uno dei sedili ( seggi ) piu’ importanti e nobili della città’ divenuta addirittura nell’800 teatro di una storia di cronaca e scandalo che vide protagonisti omicidi e troppe libertà sessuali consumate tra le mura di un …..monastero .
Una storia sopravvissuta per secoli e trasformarmatasi in una leggenda che poiche’ vide protagonista un monastero divenuto sede di scostumatezze sessuali e varie nefandezze in cui furono protagoniste delle monache , non pote’ certo non richiamare l’attenzione delle penne di famosi scrittori e storici .
Il francese Sthendal infatti vi dedicò un libro diventato famoso che fu considerato un vero e proprio best seller ottocentesco in tutta Europa. Esso, fu intitolato ” Cronache del convento di S. Arcangelo a Baiano ” e fu stampato a Napoli nel 1860 dopo essere gia’a stato precedentemente pubblicato in Francia nel 1829 con notevole successo.
Fu ricordato anche dal grande Benedetto Croce che scrisse del monastero :
« Di orrenda memoria, ma per diversa ragione, non perché infestato di spiriti ma perché bruttato da fatti di libidine e di sangue e di sacrilegio, era il vicolo di Sant’Arcangelo di Baiano, dove si vedeva ancora la chiesa superstite dell’antico monastero di monache benedettine, abolito nel 1577. »
Il nome Forcella del quartiere , lo si deve a quella “Y” che caratterizza una biforcazione della sua strada che, ad un certo punto del percorso, interessa la via per dividerla in due .
La lettera Y , appare anche inserita nello stemma del Sedile di Forcella in quanto era sacra alle scuole pitagoriche che risiedevano in questo luogo nella Napoli greca . Ricordiamoci infatti che in matematica la Y e’ una incognita e la scuola di Pitagora la considerava un simbolo di augurio e di buona fortuna .
Essa rappresentava la ” nascita del tutto ” cioe’ il tronco della vita che si va a dividere, l’albero di Jesse per la religione cristiana da cui tutto ha origine.
Le scuole di Pitagora oggi hanno ceduto il posto in questo quartiere a nuovi strani simboli caratterizzanti il luogo :
Lo street artist Jorit Agoch ha dipinto un San Gennaro di oltre 15 metri sulla facciata di un edificio di Forcella.
Va be’ , lasciamo perdere e andiamo oltre……..
In questo quartiere nel VI secolo i monaci Basiliani fondarono sui resti di un preesistente tempio pagano dedicato ad Ercole , un monastero dedicato ai Santi Arcangelo e Pietro .
Nel 593, un abate di nome Teodosio che gestiva la stuttura monastica penso’ bene in seguito ad alcune elargizioni e donazioni fatte al monastero da parte di una ricca e potente famiglia ( Baiani del Seggio di Montagna ) che risiedeva in zona , di aggiungere alla vecchia denominazione il termine “a Baiano” proprio in omaggio al nobile casato .
Secondo altri invece la dedica a Baiano risale semplicemente al vecchio nome della zona dovuta alla presenza di una colonia di cittadini provenienti da Baia.
Nel XIII secolo il tempio fu rifatto su commissione e per volere di re Carlo I d’Angiò per celebrare e consacrare la vittoria sugli Svevi, ottenuta il 23 agosto 1268 nella battaglia di Tagliacozzo, contro Corradino ( poi condannato a morte ) che rappresento’ il definitivo e ultimo atto della conquista da parte degli angioini del Regno delle due sicilie .
Il monastero che poté usufruire di cospicue donazioni da parte degli Angioini ,rappresenta la prima struttura degli Angioini edificata in città .Esso fu dato in gestione all’Ordine di San Benedetto e alle monache benedettine ed il re, nell’euforia della vittoria, non solo si prodigò di donare alle monache del convento le reliquie di San Giovanni Battista ma fece in modo che quello divenisse il luogo dove successivamente venne educata e si ritirò a viverci Maria d’Angiò, la celebre Fiammetta amata dal Boccaccio e figlia di Roberto d’Angiò. Questo fatto costitui’ un grande esempio da imitare per molte famiglie nobiliari aristocratiche che scelsero la struttura come luogo di ritiro dove inviare le loro giovani donne a prendere i voti.
Era regola comune ed imperante all’epoca che nelle famiglie aristocratiche tutte le figlie nate successivamente alla primogenita dovessero ritirarsi giovanissime in convento. La loro provenienza nobiliare era una condizione necessaria ed indispensabile per entrare a far parte di un convento di alto lignaggio ed imponeva l’obbligo alle fanciulle di rinunciare ad avere legami con il mondo, ad aspirare di costruirsi una famiglia, e ovviamente, nel condurre una vita spirituale e monacale , a dover rinunciare di poter disporre della propria liberta’ , sopratutto in ambito sessuale ‘ .
Le fanciulle nobili di Napoli vennero per lunghi anni quindi rinchiuse in questo convento per vocazione o per costrizione e tale usanza si intensificò soprattutto nel corso del ‘500 nel periodo vicereale , quando a governare Napoli vi era Don Pedro di Toledo . In questo periodi le famiglie aristocratiche, infatti , per salvaguardare i loro patrimoni, ricorsero spesso alla monacazione forzata delle proprie figlie.
In queste famiglie aristocratiche si sosteneva il matrimonio di una o al massimo due figlie per non disperdere troppo le proprie finanze. Si trattava di ragazze che prendevano i voti non per vocazione, ma perché erano obbligate a farlo, “sacrificate” e costrette dai genitori .
Spesso queste giovani donne avevano già partecipato alla vita mondana e sognavano come tutte le altre certamente una vita diversa. La vita monastica, quindi, non incarnava il loro massimo ideale di vita; la monotonia, il silenzio e la repressione dei desideri creavano solo scontento e rabbia nei loro cuori.
Con il passare del tempo le suore private di ogni piacere della vita, contro la loro volonta’, divennero sempre piu’ invidiose maligne , dispettose e spesso acerrime rivali tra loro .
Non ci volle molto pertanto che tali monache così’ poco predisposte ad una vita non proprio “religiosa” si organizzassero a modo loro una esistenza di piaceri .
Accade pertanto che sopratutto la notte , con il calare dell’ oscurità tra quelle mura gestite da atipiche suore , accadevano talvolta fatti certamente poco chiari e poco … casti . Strani incontri che inizialmente fatti di sedute esoteriche e messe nere , sempre piu’ frequentemente finivano per sfociare in vere orge erotiche che le novizie napoletane, pare tutte belle e nobilissime, organizzavano nelle loro celle, trasformate in confortevoli alloggi privati, con irresistibili nobiluomini più o meno coetanei.
Accade poi , un giorno del 1540 che un gruppo di giovani e nobili fanciulle napoletane (Agata Arcamone, Chiara Frezza, Laura Sanfelice, Giulia Caracciolo) furono tutte costrette dalle loro famiglie a rinchiudersi in questo monastero e a prendere i voti.
Giovani, belle e nobili, le quattro donne avendo tutte gia conosciuto la vita’ mondana ” e non molto contente della clausura , e della conseguenza ridotta liberta’ che cio’ comportava , pensarono bene di non dare alcun conto alle nuove vesti monacale continuando imperterrite le loro intime passioni amorose.
Agata , Giulia Caracciolo ed un’altra suora di nome Livia Pignatelli furono scoperte in compagnia dei loro amanti e accusate di aver intrecciato tresche amorose con giovani nobili nel monastero, in seguito ad una spiata fatta da alcune sue consorelle .
Esse furono cosi’ poi condannate ad una pena correzionale dallo stesso vescovo di Napoli.
Questo episodio fu molto significativo perche’ scateno’ le novizie suore una contro l’altra accusandosi vicendevolmente di portare spia alla madre Badessa .Incominciarono a farsi ripetuti dispetti tra di loro, e perfide cattiverie . Le giovani suore cominciarono a macchiarsi delle più brutali azioni in un clima di feroce battaglie al punto che nel convento si respirava solo odio e invidia .
Giulia Caracciolo e Agnese Arcamone. erano sempre in compagnia e tra loro nacque un’amicizia molto profonda capace presto di suscitare invidia tra le suore che sparsero la voce circa una intima relazione tra le due .Dicerie messe in atto sopratutto da Chiara Frezzi e dalla Badessa che per dispetto , con la loro malelingue , sparsero la voce che fra quelle due ci fosse qualcosa di più che una semplice amicizia . .
Giulia , bella e molto orgogliosa fu molto toccata da quest’oltraggio e arrabbiata decise di vendicarsi uccidendo gli amanti di queste due donne che lei ben conosceva .
Così una sera, mentre questi si apprestavano a scavalcare le mura che circondavano l’edificio per incontrare le loro amate, vennero assassinati sotto gli occhi delle due ragazze e della badessa per mano di sicari .
Le autorità, intuendo lo scandalo che sarebbe potuto nascere da questi delitti, non indagarono, facendo in modo che tutto fosse ricoperto dalla cenere dell’oblio.
Dopo poco tempo la badessa e due suore furono avvelenate e questo ennesimo atto di sangue consumati in un sinistro silenzio associato alla contemporanea successiva scomparsa di altri nobiluomini dell’epoca frequentatori del monastero , non poté piu’ poi passare inosservato.
In citta’ circolavano sempre piu’ in maniera diffusa le voci circa gli strani atti di libidine che si praticavano all’ interno del monastero e sopratutto erano sempre piu’ insistenti le voci al riguardo di quanto avveniva la notte dove pare si svolgevano vere e proprie orge monastiche che videro tra i suoi partecipanti , con conseguente grande scandalo , addirittura il viceré don Pedro da Toledo .
Uno scandalo tanto grave non poteva lasciare a lungo indifferenti le autorità ecclesiastiche
Quest’ultimo episodio infatti e la morte della badessa fece gran clamore in città’ e questo costrinse il cardinale a nominare un “ispettore” per indagare sulle voci sempre più insistenti di orge monastiche e di strane morti avvenute si diceva , all’interno dell’edificio e quindi far luce una volta per tutte su quello che stesse accadendo in quel monastero .
Per il ruolo di ispettore fu scelto un religiosio appartenente all’ordine dei Teatini , molto apprezzato nella Curia Arcivescovile di Napoli ( fu proclamato Santo nel 1712 ) per i suoi servizi offerti in tema di riforma ed in special modo di riforma dei monasteri femminili dove nella maggior parte di essi vi erano abitudini simili a quelle del monastero di Sant’Arcangelo a Baiano.
Don Andrea da Avellino, soprannominato Lancellotto Avellino , era ben cosciente del difficile ruolo della sua missione poiche’ nel monastero erano presenti suore figlie di nobili famiglie appartenenti al Sedile di Forcella e gli amici o frequentatori notturni erano anch’essi figure di spicco ricche e potenti facenti parte della meglio aristocrazia napoletana.
Egli dopo aver commissionato dei pittori per ritrarre a futura memoria ciò che accadeva all’interno del convento decise per la chiusura immediata del monastero ed il trasferimento delle monache ritenute innocenti nel convento di San Gregorio Armeno.
Ma dopo accurate indagini resosi conto che tra quelle mura si erano commessi troppi omicidi e consumate troppe libertà sessuali decise addirittura di scomunicare e sopprimere il monastero affinche’ non potessero sopravvivere per secoli e trasformarsi in una leggenda le storie da lui raccolte .
L’edificio fu cosi’ abbandonato allo stato laico e condannato a divenire un rudere con il tempo . Le motivazioni date al popolo furono svariate e tutte scelte per mascherare la verita’ quali la presenza del monastero su un antichissimo luogo di culto pagano oppure la vicina presenza di un corso d’acqua propizio per particolari e misteriosi antichi riti partenopei sulla fecondità ritenuti immorali e scabrosi nonche’ poco addicenti al ruolo cattolico della struttura.
Il monastero e la sua soppressione dovevano divenire un esempio anche per gli altri monasteri femminili , occorreva allontanare da quel luogo demoniaco non solo le suore artefici del misfatto, ma anche quelle che sarebbero potute arrivare in futuro in altri monasteri . Quel luogo, i suoi segreti e la sue peccaminose voci non dovevano piu’ esistere
L’Arcivescovo Don Pietro Carafa decise di porre fine ai fatti accaduti punendo in maniera esemplare ed in gran segreto le ragazze ritenute colpevoli sia per dare un grosso esempio ad altre suore in altri monasteri sia per evitare uno grosso scandalo che nel tempo certamente sarebbe venuto fuori.
Le giovani suore ritenute artefici dei fatti accaduti , furono tutte condannate e costrette dall’Arcivescovo a bere della cicuta con l’accusa di aver intrecciato delle tresche amorose e delittuose in un luogo sacro .
Giulia invece fu condannata all’ergastolo .
Chiara, indomabile fino all’ultimo secondo della sua vita , in attesa del suo turno nel sopraggiungere la morte, vedendo le sue compagne già decedute, ma sopratutto dopo aver raccolto sulla bocca delle sua amica l’ultimo suo sospiro ed averla abbracciata , senza spargere una sola lacrima , alzandosi ad un tratto e con un gesto improvviso raggiunta una tavola sulla quale il Vicario aveva fatto deporre le cose ritrovate nelle stanze delle suore, prese un pugnale e se lo conficco’ nel petto uccidendosi .
Quest’atto di coraggio fece atterrire coloro che erano testimoni. I prelati, come se il fulmine di Dio fosse scoppiato sul loro capo, si precipitarono disordinatamente fuori di quel recinto che eglino avevano tanto insanguinato in seguito d’una procedura che aveva infrante le umane leggi divine.
Tutto fu messo a tacere , ma questi sanguinosi eventi portarono, comunque come precedentemente detto da parte dell’arcivescovo, alla chiusura del monastero per “fatti di libidine, sangue e sacrilegio”. Una versione nota solo nell’ambito clericale ma accuratamente nascosta al popolo.
La vicenda delle monache di facili costumi fu pero’ comunque immortalata e giunta al popolo ed oggi a noi dal pennello di Tommaso de Vivo, il quale, esagerando , immortalo’ in un grande quadro, conservato nella pinacoteca del principe di Fondi, un eccidio con monache, avvelenate, trafitte a fil di spada o precipitate giù dalle finestre..
Alla chiusura del convento quindi non tardarono ad arrivare voci di apparizioni di fantasmi e ombre vaganti, da parte del popolo . Incominciarono a girare chiacchiere su presunti morti ammazzati e si incominciò a temere ed evitare quel luogo .Il popolo , temendo che quelle suore morte e i loro spiriti maligni potessero in eterno infestare il monastero facendolo divenire la loro abituale dimora con le loro ombre , attribuirono ad ogni strano rumore che proveniva da quel luogo un gesto fatto da arrabbiati fantasmi .
Ancora oggi cio’ che resta in questo luogo di quel fatiscente monastero , vecchia sede sede di scostumatezze sessuali e varie nefandezze delle monache , secondo molti abitanti del quartiere , è solo la dimora di ombre vaganti le quali si narra appartengano al fantasma di Chiara e delle sue consorelle ammazzate , che continuamente si aggirano dannate in cerca di pace .
Essi raccontano di strani rumori e strane apparizioni notturne che talvolta appaiono dietro le finestre schiuse della facciata del palazzo , nonche’ la presenza di ombre inquiete vaganti apparse in alcune notti , oppure del lento fruscìo di affannosi lamenti che molti giurano spaventati di aver sentito alle loro spalle in piena notte tra il buio dei vicoli del quartiere talvolta appare anche squarciato da lancinanti inspiegabili urla che si sentono nel cuore della notte .
La struttura monastica ritorno’ per qualche anno a rivivere nel 1645 , grazie ai Padri della Mercede che tornati in possesso della struttura ricostruirono il convento e una chiesa annessa , ma anche loro furono poi allontanati durante il decennio francese. Così, il monastero divenne disabitato, e la chiesa, con pianta centrale e cappelle, venne chiusa al culto.
Ora la struttura monastica appare deserta e abbandonata e versa in uno stato di totale degrado . Il senso della solitudine e dell’abbandono è assoluto, rappresentando attualmente un fabbricato civile disabitato del quale è tuttavia ancora possibile ammirare i resti dell’architettura catalana del Quattrocento . Alcune parti di un porticato sono occupate da una fabbrica di specchi.
L’intera struttura necessiterebbe di un urgente restauro conservativo e, soprattutto, di una piu’ attenta vigilanza per cercare di preservare quel poco di arredi sacri ancora rimasti Il monastero e’ stato infatti in questi anni sistematicamente spogliato dei suoi pezzi d’arte non da fantasmi di suore inappagate e di nobili concupiscenti, bensì da orde di ladri e vandali che qui non mancano mai ma che al contrario delle giovani suore peccaminose non vengono mai puniti …….e condannati a bere la cicuta .