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Lo sapete che nella nostra città c’era una volta nel 1934 , un gran premio automobilistico dche come quello di Montecarlo, si svolgeva dentro la città e con precisione nella zona di Posillipo?
Si trattava di un vero e proprio  circuito cittadino di automobilismo che divenne molto famoso in Italia .

Tutto ebbe inizio il  19 ottobre del 1934, quando Napoli ospitò la prima edizione di una corsa automobilistica cittadina destinata poi ad entrare – per un periodo relativamente breve ma significativo – nella storia del motorismo italiano.

Era la Coppa Principessa di Piemonte, intitolata a Maria José di Savoia, che in quegli anni risiedeva a Villa Rosebery, sulla collina di Posillipo. A vincerla fu Tazio Nuvolari, il leggendario “mantovano volante”, che su una Maserati 6C percorse i 246 chilometri del tracciato a una media di oltre 100 km/h. Un’impresa notevole, soprattutto se si considera la natura stessa del percorso: non un circuito costruito appositamente, ma un tracciato cittadino vero e proprio, che si snodava tra le strade di Posillipo, con marciapiedi, alberi, curve strette e discese insidiose.

Il rettilineo di partenza e arrivo era posto sul viale Virgilio, proprio accanto al Parco della Rimembranza. Da lì i piloti imboccavano via Tito Lucrezio Caro, affrontavano la discesa verso la Gaiola, passavano per Marechiaro e risalivano da via Boccaccio fino al Casale di Posillipo, per poi rientrare attraverso via Padula e via Manzoni, chiudendo un anello di poco più di 4 chilometri da ripetere decine di volte (questo giro di 4,1 chilometri si faceva per 60 volte ).

A ogni curva, una folla di napoletani si assiepava a pochi metri dal passaggio delle auto, separata da semplici balle di paglia, mentre l’unico modo per seguire l’andamento della gara era aspettare, giro dopo giro, il passaggio delle auto e riconoscerne il numero. In un’epoca senza maxischermi, senza cronaca in diretta, senza replay, la corsa si viveva con gli occhi, con le orecchie e con l’intuito.

CURIOSITA ‘:All’epoca la Principessa di Piemonte, Maria Jose, moglie di Umberto di Savoia, abitava proprio a Napoli… a villa Rosebery, ed ecco perché la coppa fu dedicata alla Principessa di Piemonte. Quando nacque la prima figlia Maria Pia la stessa villa Rosebery fu ribattezzata Villa Maria Pia (1934). Quando la Costituzione italiana sancì l’esilio dei Savoia, ‘, il nome della villa posillipina tornò ad essere Villa Rosebery e il premio automobilistico di Posillipo cambiò in Gran Premio Napoli.

Quel tracciato, a metà tra la bellezza paesaggistica e la trappola tecnica, fu definito da Juan Manuel Fangio – che qui corse più volte – un vero incubo: discese improvvise, spigoli vivi dei marciapiedi, curve cieche e alberi a bordo strada. Non perdonava errori. Il pilota napoletano Vincenzo Borghese, per esempio, si schiantò contro un pino alla seconda curva di via Lucrezio Caro, e da allora quel punto del tracciato prese il nome di “curva Borghese”.

CURIOSITA :Vincenzo Borghese, era  il nonno del conduttore televisivo napoletano Alessandro Borghese( il cuoco dei 4 ristoranti).

La gara, che dal 1938 assunse ufficialmente il nome di Gran Premio di Napoli, fu uno strumento di propaganda perfetto per il regime fascista, che in quegli anni faceva del successo sportivo un simbolo di potenza nazionale. L’Italia aveva appena vinto il suo primo mondiale di calcio nel 1934, le scuderie italiane – in particolare Ferrari, Alfa Romeo e Maserati – dominavano le corse internazionali, e figure come Nuvolari diventavano veri e propri miti, portavoce del “genio italiano” da esportazione. Ma al di là della propaganda, la gara di Posillipo rimane una delle poche occasioni in cui una grande città italiana venne realmente attraversata dalla velocità. A differenza dei circuiti permanenti, spesso isolati e artificiali, quello napoletano era intrecciato con la topografia urbana, con la vita quotidiana della città, e con un paesaggio che imponeva limiti fisici ma offriva anche uno scenario mozzafiato.

Tra il 1933 e il 1962 il Gran Premio si svolse con cadenza quasi regolare, con alcune interruzioni legate alla guerra e a successive riorganizzazioni. Tra i vincitori, oltre a Nuvolari, ci furono piloti come Alberto Ascari, che nel 1955 ottenne a Napoli la sua ultima vittoria, e Giancarlo Baghetti, che vinse nel 1961 alla sua prima partecipazione in Formula 1, un record ancora imbattuto. L’ultima edizione si tenne nel 1962 e fu vinta dal belga Willy Mairesse su Ferrari. Poi, come accade spesso in Italia, la corsa fu sospesa per ragioni di sicurezza, per disinteresse politico, per mancanza di fondi. E quel tracciato tornò a essere solo un insieme di strade di quartiere. Ma se oggi si percorre quel percorso  con calma e attenzione, si possono ancora leggere i segni di quel passato: la curva Borghese, la vecchia stazione abbandonata della funivia di Cavalleggeri, il silenzio sospeso della Gaiola, la vista di Trentaremi che ogni volta sorprende anche chi ci passa da anni. Proprio in quei luoghi, quasi cent’anni fa, si correva. Si correva sul serio. E anche se oggi la collina di Posillipo è tornata ad essere il posto dove i napoletani si rifugiano per passeggiare, parcheggiare o ammirare le belleze del golfo, resta nella memoria quel tempo in cui la velocità era di casa, e il rombo di un motore si confondeva con il mare.

 

 

 

 

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