Il termine  Scuola musicale napoletana  identifica una specifica scuola di  musica  sviluppatasi a Napoli   a partire dal  XVIII secolo , la cui tradizione didattica perdurò ancora fino al primo  Novecento .

La fama di questa scuola che  vanta una gloriosa tradizione di circa  cinque secoli di storia ,  è legata allo sviluppo dell’ opera  a partire dagli anni venti del XVIII secolo  , quando lo stile dei suoi maggiori esponenti andò rapidamente affermandosi sulle scene italiane ed europee. Tale affermazione fu resa possibile anche grazie a un sistema di istituzioni, denominate  cconservatori  originariamente nati come istituti di ricovero di minori orfani, abbandonati o poveri, che garantivano ai ragazzi una formazione musicale di livello professionale, ma che successivamente con  il tempo si rasformarono  una vera e propria scuola di musica che divenne un importante punto di riferimento per tuttal l’Europa .  La scuola era infatti  molto famosa non solo in tutta Italia ma anche in tutta Europa ed in essa si sviluppò ed insegnò un’arte musicale apprezzata in tutta l’Europa, ed entrata a buon diritto nella Storia .

CURIOSITA’:  Charles de Brosses , noto magistrato ,  fiolosofo umanista e storico francese , in una sua lettera  scrisse  «Napoli è la capitale musicale d’Europa , che vale a dire, del mondo intero» ( Lettres familières écrites d’Italie en 1739 et 1740).

Napoli  e tutti noi napoletani lo sappiamo , è sempre stata una città che ha sempre avuto uno stretto rapporto con la musica che da sempre accompagna e scandisce le ore del giorno dei napoletani .   Numerosi musicisti da lontano tempo  hanno dato luogo a canzoni, musiche  e ballate e sempre numerose canzoni e originali suoni hanno avuro origine nella nostra città  ogni giorno . Le origini di tutto questo sono molto antiche e per rintracciarle   dobbiamo  fare un passo indietro nel tempo  e  addirittura condurci  con la mente ad Alfoso I d’Aragona , re di Napoli dal 1458 al 1494.  Egli  fu infatti colui che  istituì nella nostra città una delle prime scuole musicali in Europa.e coinvolse in questa sua impresa i più grossi compositori e musicisti del tempo invitando alla sua corte personaggi del calibro di Tinctoris, Gaffurio e Guarnie a cui offrì  generosi compensi . Tra questi chi più colpi la sua attenzione fu il compositore fiammingo Johannes Vaerwew  , detto il Tinctoris, che definitosi  «cappellano e musico del re di Sicilia».  scrisse, presso la corte del re aragonese molti trattati di  musica sacra e profana, e molti trattati di teoria musicale. Grazie a lui avremo in seguito alle stampe il dizionario di musica dal titolo Diffinitorium musicae, stampato proprio a Napoli e dedicato alla figlia di Ferdinando, Beatrice d’Aragona.

CURIOSITA’: La qualità e la quantità della musica prodotta a Napoli durante nella seconda metà del Settecento è testimoniata anche da una lettera datata 23 febbraio 1778   che  Leopold Mozart  scrisse al figlio Wolfgang  …. “«Adesso la questione è solo: dove posso avere più speranza di emergere? forse in Italia, dove solo a Napoli ci sono sicuramente 300 maestri […] o a Parigi, dove circa due o tre persone scrivono per il teatro e gli altri compositori si possono contare sulle punte delle dita?»”

Ma se  è vero che la musica è stata una presenza costante nella storia della nostra  città, ciò fu anche più vero nel diciassettesimo secolo, quando Napoli divenne la capitale musicale d’Europa. Era quello il periodo in cui i vicerè spagnoli gestivano il regno di Napoli  e con essi  aumentò nella nostra città  la mania delle feste ( particolarmente grandiose quelle che si organizzavano a Largo Palazzo , attuale Piazza del Plebiscito ) utilizzate anche in seguito per distrarre il popolo dai suoi guai : anche se mancavano lavoro e pane , erano sempre più numerose le occasioni per spettacoli e feste e la creatività napoletana diede in questo periodo origine a numerose canzoni e suoni  che poi si cantavano durante le feste popolari. Nella   Napoli governata dai viceré spagnoli erano presenti  una quantità innumerevole di istituzioni religiose (chiese, conventi, cappelle,confraternite , ospedali, scuole, orfanotrofi),  spesso collegate a ordini ecclesiastici, ed in  tutte queste istituzioni in quegli anni  a Napoli, sempre per  la sfarzosa rappresentatività politica dei Viceré spagnoli, avvenne  un’incessante richiesta di musica, sia corale che strumentale . Sull’esempio di quanto avveniva alla fastosa Corte, dei vicerè spagnoli ,  dove si accoglievano sempre più continuamente manifestazioni vocali, corali e strumentali nelle numerose feste , anche i vecchi e nuovi nobili nei loro nuovi sorti  palazzi nobiliari , presero  la buona abitudine di invitare alle loro feste celebrative , musicisti o cantori di talento. Avvenne di conseguenza una grande richiesta  in città  di musicisti di talento,  e incominciò ad  attivarsi quindi una committenza musicale che non ebbe uguali in tutta Europa.

Tale richiesta  venne coperta  dall’attività di  un sistema di istituzioni, denominate conservatori   originariamente nati come istituti di ricovero di minori orfani, abbandonati o poveri, che garantivano ai ragazzi una formazione musicale di livello professionale . Inizialmente questi conservatori   avevano lo scopo di accogliere i bambini orfani e/o poveri non solo della città di Napoli ma di tutto il  Regno . Successivamente, al finire  XVII secolo , tra le materie insegnate fu poi introdotta anche la musica e ci si accorse ben presto che grazie alla possibilità di avere qualificati insegnanti del calibro di Francesco Durante , si riusciva  ad ottenere risultati di qualità, che permettevano ai giovani, una volta usciti, di intraprendere una carriera, come cantanti, strumentisti e compositori, o almeno di trovare un lavoro come musicisti. , visto anche l’elevato numero di committenti all’epoca presenti.

CURIOSITA’: All’inizio, tali istituzioni nacquero con il pio intento di raccogliere dalla strada ragazzi orfani abbandonati, a se stessi al freddo e alla fame, e di ospitarli in modo misericordioso  in collegi retti dalla pubblica carità, per  dar loro un alloggio sotto il cui tetto potevano anche trovare un pasto caldo.ed in seguito  un’educazione finalizzata a una occupazione come artigiani.   Nel tempo,  l’attività musicale di questi conservatori come vedtremo divenne però quella principale, e si sviluppò addirittura in modo professionale. Da quel momento alcuni  allievi, detti figlioli, venivano sopratutto  istruiti nel canto, collegato alle funzioni religiose della cappella cui s’intitolava il Conservatorio.

I Conservatori allora presenti in città  erano quattro:

  1. CONSERVATORIO DI S. MARIA DI LORETO, il più antico dei Conservatori (1537) dove furono formati grandi personaggi come Domenico Cimarosa – Nicola Antonio Porpora ( maestro di Haydn ) – Tommaso Traetta – Antonio Zingarelli ( fù maestro di Bellini ).e Fedele Fenaroli . Il conservatorio  nacque  nella zona del Mercato ad opera di un calzolaio, spinto da intenti caritatevoli, e assistito economicamente da nobili e dagli stessi Viceré. Il pio istituto nel tempo  sviluppò progressivamente il suo aspetto di scuola musicale, accogliendo, oltre i poveri, anche allievi a pagamento, e trasformandosi, come gli altri Conservatori, in pubblico convitto. Per tale motivo, alla fine del Seicento, in seguito alla esigenza di sempre maggiore qualificazione, al Santa Maria di Loreto insegnarono  Francesco Durante , il Provenzale e Nicola Porpora che fu compositore e maestro di canto, alla cui scuola fecero capo i più celebri castrati, quali il Farinelli, il Caffarelli, il Porporino e tanti altri.

2) CONSERVATORIO DEI POVERI DI GESU’ CRISTO

Questo Conservatorio fu l’ultimo a essere fondato ( 1589 ) , e fu anche il primo ad essere soppresso nel 1743, in seguito ad una rivolta di allievi contro il Rettore dell’Istituto.  Esso nacque dopo la grande carestia del 1589 grazie al monaco francescano  Marcello Fossataro da Nicotera che profondamente motivato dalla miseria e dall’abbandono in cui versavano i ragazzi sparsi e vagabondi per le strade di Napoli,  incominciò  a raccogliere fondi per acquistare un edificio in largo gerolamini dove con molta misericordia incominciò poi ad  ospitare una massa enorme di bambini abbandonati. Da questo posto uscirono musicisti come Alessandro Scarlatti – Francesco Durante – Giovan Battista Pergolesi e vi insegnarono personaggi Gaetano Greco, Francesco Durante , Porpora, Feo e l’Abos .  A differenza degli altri Conservatori, quello dei Poveri di Gesù Cristo fu strettamente dipendente dalla Curia Arcivescovile di Napoli, e la sua storia, quindi, non fu parallela a quella degli altri collegi di musica, retti da Confraternite.

 

3)  CONSERVATORIO DELLA PIETA ‘ DEI TURCHINI 

Fu fondato intorno al 1583 , presso via Medina.  La sua  rinomanza è certamente collegata ai nomi gloriosi di  Leonardo Leo , Francesco Feo, Nicola Fago ,  Saverio Mercadante e  Gaspare Luigi Spontini che fu il compositore privato della moglie di Napoleone.

 

 

4) CONSERVATRORIO DI  S. ONOFRIO A PORTA CAPUANA 

Questo conservatorio fu fondato nel 1578, presso la Vicaria. . In esso si  si formarono allievi come l’aversano Niccolò  Jommelli , Piccinni e Giovanni Paisiello  che ebbero fama internazionale in Germania, in Russia e in Francia. Esso venne fuso  alla fine del settecento con il Conservatorio di Santa Maria di Loreto che venne soppresso  . Nel 1806, il Re Giuseppe Napoleone  fece poi  confluire i detti istituti alla Pietà dei Turchini, che assunse il nuovo titolo di Real Collegio di musica.  Ma nel 1808, il Sovrano, per l’insufficienza dei locali, fece trasferire la scuola musicale al Monastero delle Dame Monache di San Sebastiano, per cui il Real Collegio di musica prese il nome di Conservatorio di San Sebastiano, in cui poi studiò  Vincenzo Bellini .

Nel  1826, per decreto del Re  Francesco I, il Collegio si spostò definitivamente nell’antico monastero di San Pietro a Maiella, in cui tuttora sono conservati gli archivi degli antichi Conservatori, ad eccezione di quelli relativi ai Poveri di Gesù Cristo, sottoposti alla gestione dell’Archidiocesi.

N.B. I quattro conservatori divennero in poco tempo  un “sistema” musicale di domanda, produzione e offerta che, con la parziale eccezione di Venezia, non aveva eguali nel resto d’Europa. La scuola musicale napoletana grazie sopratutto alla capillare organizzazione didattica dei Conservatori della città , raggiunse nel settecento il suo periodo aureo . Lo sviluppo della scuola coincise infatti , come vedremo in  maniera favorevole con la necessità da parte di varie istituzioni cittadine (teatri, oratori, congregazioni, accademie etc.), di poter contare sulla disponibilità e preparazione di musicisti qualificati per servigi musicali sia di tipo religioso che laico.

CURIOSITA’ : Nel 1794, il conservatorio dei Poveri di Gesù Cristo venne soppresso e dalla fine del Settecento i tre conservatorî laici furono progressivamente accorpati: nel 1805 il Conservatorio della Pietà dei Turchini fu unito con quello di Santa Maria di Loreto a Capuana – nato dalla precedente fusione nel 1797 di quello di Santa Maria di Loreto e Sant’Onofrio a Capuana  per confluire dapprima nel 1807,  nel Reale Collegio di Musica, con sede nel convento di San Sebastiano (attuale convitto Vittorio Emanuele II), luogo di studio tra gli altri di Mercadante e Vincenzo Bellini  i, e poi nel 1826 presso l’attuale sede, l’ex convento dei Padri Celestini di San Pietro a Majella, oggi  Conservatorio statale di musica. In questa istituzione nell’arco dell’intero Ottocento si formarono altri importanti compositori e operisti, tra cui  Nicola De Giosa , Francesco Cilea , Rugguero Leoncavallo , Umberto Giordano , Giuseppe Martucci, e Franco Alfano.

La grande richiesta da parte di numerosi committenti e le nuove esigenze delle nobili famiglie trovarono quindi  come avete avuto modo di capire la loro principale fonte di risorse , proprio presso i quattro famosi conservatori dove sempre più spesso  venivano educati al canto o alla musica un numero enorme di allievi provenienti nel tempo da varie parti del Regno  Le varle  compagini corali di giovinetti venivano  impiegati  nelle festività ecclesiastiche, nei funerali, nel corso del Carnevale, nelle feste di Corte e nelle case dei nobili. Di conseguenza, nacque anche l’esigenza di specifiche composizioni occasionali, di cantate, di manifestazioni celebrative, che attivarono, oltre la scuola vocale, anche quella di composizione, in cui lavorarono, come in un’antica bottega, maestri ed allievi. Talvolta però alcuni di questi ragazzi finivano per aumentare le fila dei ‘famosi cori bianchi‘: un gruppo di ragazzi eunuchi dalla voce bellissima e cristallina che deliziavano l’ascolto di persone presso salotti privati o interi teatri (alcuni di loro sono poi divenuti famosissimi come Farinelli o Moreschi) o meglio in chiesa dove facevano parte di selezionati cori di cui il più prestigioso aveva sede presso il Vaticano.
C’è stato infatti, purtroppo, un tempo in cui le voci bianche cantavano al posto delle donne: ‘Mulier taceat in ecclesia‘ la donna in chiesa deve tacere. E se non poteva parlare figuriamoci se poteva cantare! Allora per poter ottemperare a questa prescrizione e avere comunque cantanti che potessero eseguire le parti femminili, tra il XVII e il XVIII secolo e perfino in pieno 800 in Italia furono evirati migliaia di bambini. Il loro impiego si diffuse poi anche nelle esecuzioni musicali profane.
La pratica di utilizzare eunuchi nel coro del Vaticano fu bandita solo nel 1878. L’ultimo castrato cantava ancora nella cappella Sistina nel 1922. Si chiamava Alessandro Moreschi e un critico musicale tedesco scrisse: Non credevo che la voce umana potesse essere il più straordinario di tutti gli strumenti musicali, fino a quando non ho ascoltato Moreschi.

CURIOSITA’: Per avere una voce così bella era necessario che la castrazione si facesse prima della pubertà, cioè prima della muta della voce poichè solo così in teoria il risultato poteva essere eccellente: si otteneva una voce femminile emessa però da un torace maschile, che può contenere molta più aria, e attraverso corde vocali maschili che per vibrare hanno bisogno di meno aria e possono quindi tenere una nota più a lungo. Potevano arrivare a coprire anche tre ottave e mezza, un’estensione vocale fuori dal comune.

N.B. Con la soppressione  nel 1878 in teatro degli evirati, si sviluppò un tipo di vocalità femminile e tenorile, adeguato alle nuove opere del Bellini  , del Rossini, ma pur sempre connotato da caratteri virtuosistici di bel canto. Successivamente si sviluppò una grande scuola pianistica, una novella scuola di composizione, che ebbe i suoi frutti nella produzione del verismo musicale, collegato ai gloriosi nomi di  Francesco Cilea  e di Umberto Giordano.

A partire dal XVII secolo , grazie alla presenza a Napoli di ben quattro conservatori , si andò quindi  formando nella nostra  città , una vera e propria specifica scuola di musica che svolse una importante funzione didattica fino a tutto il primo novecento . Fu da questi conservatori che infatti che uscirono cantanti e compositori rinomati in tutto il mondo. Ai primi studenti che come vi abbiamo raccontato erano  orfani presi dalle strade napoletane, si andarono successivamente sostituendo , quando i conservatori raggiunsero una  certa fama e prestigio , studenti esterni da ogni parte d’Italia . Divenute delle vere e proprie scuole di musica, esse quindi  accoglievano ragazzi  provenienti dai ceti non più  poveri, ma disposti  al  pagamento addirittura  di una retta, pur di essere ammessi alla prestigiosa scuola di musica napoletana che annoverava i migliori maestri dell’epoca .

CURIOSITA’ : La scuola divenne  molto famosa non solo in tuta Italia ma anche in tutta Europa e la sua fama raggiunge il suo apice quando , grazie allo sviluppo e all’affermarsi  di opere in musica  ( serie o comiche ) che  diedero vita  a quel genere di teatro musicale denominato opera buffa o commedia musicale, che non ebbe pari in Europa, e che fu oggetto di attenzione in Francia e da parte di musicisti quali Haendel, Haydn e Mozart.   Essa, .a partire dagli anni venti del XVIII secolo , grazie anche  allo straordinario stile di alcuni suoi maggiori esponenti , andò ad affermarsi  con successo sulle scene  italiane ed europee di molti famosi  teatri pubblici, quali il San Carlo, il Teatro dei Fiorentini, il Nuovo e tanti  altri.

A tal proposito bisogna sottolineare che che la nostra scuola musicale si distinse dalle altre scuole italiane, o europee, per la rilevanza data alla vocalità ed alle componenti teatrali (anche quando la composizione era di tipo oratoriale ed era destinata a fruizione religiosa). I musicisti di scuola napoletana, insomma, composero le loro opere in riferimento a virtuosi di bel canto, sviluppando linee melodiche di altissimo stile, sostenute elegantemente da sobrie armonie, da equilibratissime orchestrazioni che mai sopraffacevano il canto: il tutto era finalizzato a una teatralità in cui il suono diventava gesto, coinvolgente drammaturgia, senza mai indulgere ad alcun sentimentalismo volgarmente veritiero.

CURIOSITA’  : Lo svizzero  filosofo, scrittore,  e musicista . Jean-Jacques Rousseau nel suo Dictionnaire de Musique.  scrisse   «Cours, vol à Naples écouter les chefs-d’œuvre de Leo, de Durante, de Jommelli, de Pergolèse! (“Corri, vola a Napoli ad ascoltare i capolavori di Leo, Durante, Jommelli, Pergolesi!”) .

Le prime rappresentazioni d’opera a Napoli risalgono alla metà del Seicento e furono rappresenatate da compagnie itineranti di musicisti, dette dei “Febi armonici”, che avevano in repertorio le opere di maggior successo date nei  teatri di Venezia (Didone –  EgistoGiasone –  Il Nerone  e La finta pazza ) .Dal 1654 queste compagnie, grazie a una sovvenzione quasi sempre offerta dal viceré in carica, poterono allestire delle opere al  San Bartolomeo , un teatro solitamente utilizzato per le commedie recitate, che tra alterne fortune e un incendio nel 1681, rimase il principale spazio per le rappresentazioni d’opera della città di Napoli fino al 1737, quando fu inuaugurato il  Teatro San Carlo.

 Il repertorio del teatro San Bartolomeo, fino agli anni Ottanta del Seicento, fu costituito prevalentemente da riprese di opere veneziane di Francesco Cavalli o di altri compositori non napoletani. Solo nel 1655 fu messa in scena la prima opera di un compositore locale, La fedeltà trionfante di Giuseppe Alfiero, e nel 1658 vi fu rappresentato Theseo di Francesco Provenzale  , compositore napoletano, attivo come maestro di cappella in varie chiese e insegnante al Conservatorio della Pietà dei Turchini.

Per elevare il livello delle rappresentazioni teatrali a Napoli, i viceré offrirono il posto di maestro di cappella della ceppella reale ad affermati compositori provenienti dai maggiori centri di produzione operistica, quali il veneziano  Pietro Andrea Ziani nel 1680, e  Alessandro Scarlatti  nel 1683 . Quest’ultimo  fu anche maestro della cappella reale di Napoli, ma non ebbe mai incarichi di insegnamento nei conservatorî napoletani, né sembra avere avuto veri e propri allievi, ad eccezione del figlio Domenico , e di musicisti non napoletani.

Nel campo dell’opera comica,  fortemente criticata in senso denigratorio dalla critica  tedesca  che fortemente aggrappata alla linea Bach-Handel-Haydn-Mozart  , accusava tra l’altro , la musica napoletana di essere rsponsabili del declino della musica sacra perché l’avevano modellata su un genere frivolo come l’opera, noi possiamo certo  sostenere invece , anche alla luce di nuove revisioni  tendenti a riscoprire e valorizzano nuovi suoi  aspetti , che non fu la buffoneria ad essere il suo elemento distintivo; la vera cifra stilistica fu contrassegnata da un’ironica parodia dei linguaggi letterari e musicali di tipo colto: procedimento compositivo che non ebbe uguali in Europa.

Per quanto invece riguarda la musica sacra partenopea certamente sostenere che i Maestri Napoletani hanno posto le basi della musica , e prodotto alcune delle musiche sacre più belle mai scritte, e che  ancora oggi solo una parte dei loro capolavori è conosciuta ed eseguita. E se da un lato è l’opera buffa che segnò l’apice di popolarità di una sapienza compositiva che sarà feconda fino al tardo ottocento, la dimensione della produzione seria, sia sacra che profana, del settecento napoletano merita una rilettura attenta, che può portare alla riscoperta di autentici, inesauribili tesori musicali.

La scuola musicale napoletana vanta quindi come avete potuto capire una gloriosa tradizione di circa  cinque secoli di storia e ruota intorno  ai quattro conservatorî fondati nella seconda metà del XVI secolo  che che come abbiamo visto  assunsero  dalla seconda metà del XVII secolo un ruolo fondamentale per la vita musicale della città. Gli insegnamenti impartiti erano canto (essenzialmente quello ecclesiastico) composizione, violino, clavicembalo, arpa, corno e pianoforte mentre tra  gli insegnanti figuravano  i migliori  dell’epoca .

N.B.  Tra gli insegnanti più noti dei conservatorî napoletani si ricorda, oltre al già citato Francesco Durante alla cui scuola si formarono compositori quali Niccolò Jommelli , Tommaso Traetta, Niccolò Piccinni, Giovanni Paisiello, Pietro Alessandro Guglielmi, Antonio Sacchi, e Giovanni Battista Pergolesi anche  Gaetano Greco ,  che ebbe tra i propri allievi  Giuseppe Porsile , Nicola Porpora e Leonardo Vinci .

In questo periodo  grazie alla valenza di molti di questi musicisti, in città si sperimentò nella composizione di ogni genere e forma musicale . I conservatori divvennere nel corso dei secoli un vera e propria fucina musicale . Si sperimentò  dalla musica strumentale (la Sonata, il Concerto, la Sinfonia etc.) a quella sacra (la Messa, l’Oratorio) passando, ovviamente, per il teatro d’opera (l’Opera seria, l’Opera buffa, l’Intermezzo etc.).

Una così vasta produzione fu possibile  solo grazie alla didattica impartita, nei suddetti Conservatori dai docenti di contrappunto. Gli stessi maestri oltre all’esercizio didattico, erano soliti svolgere il ruolo di Maestro di Cappella. Tale funzione, paragonabile all’odierno maestro di coro o d’orchestra, era un compito di assoluto rilievo nel panorama musicale delle chiese e delle corti settecentesche.  Il Maestro di Cappella infatti, non solo doveva dirigere la musica per gli aristocratici, i monarchi o il clero, ma doveva inoltre coinvolgere altri musicisti, selezionare e rinnovare il repertorio. Spettava al Maestro di Cappella pianificare i “momenti musicali” di corte.

Per ben quattro secoli  questa  scuola napoletana di musica  divenne attrazione  , di musicisti da tutta Italia ed Europa. ed ebbe il suo massimo splendore  tra il 1720 e il 1750 , quando tutti e  quattro  i conservatori  diventarono il punto di riferimento per gli studi musicali a livello europeo, attirando un gran numero di studenti da tutta Italia e dall’Europa. I musicisti che ne uscivano erano fortemente ricercati dagli impresari e dagli aristocratici da Parigi a San Pietroburgo, da Madrid a Vienna a Londra, strumentisti e compositori.

Tale vigore creativo ovviamente non poteva durare per sempre; nel corso del diciottesimo secolo, le crisi politiche ed economiche limitarono le possibilità per le istituzioni napoletane di assumere musicisti e così  mentre il centro di gravità della musica si trasferiva  a Parigi, il sistema musicale napoletano fu riformato nel 1806 da Gioacchino Murat, messo sul trono napoletano dal cognato Napoleone Bonaparte. I quattro conservatori , come vi abbiamo già  detto , da quel momento furono tutti riuniti in un singola istituzione, quella  appunto di San Pietro a Maiella, e malgrado questi drastici cambiamenti, all’inizio del diciannovesimo secolo,  la comunità musicale napoletana era comunque ancora rinomata per il suo virtuosismo tecnico ed esaurì la sua forza propulsiva soltanto ai primi del Novecento.

N.B. A  partire dalla fine dell’Ottocento, con il fiorire della storiografia musicale tedesca e inglese i musicologi di area anglo-germanica cercarono di ridimensionare l’importanza della Scuola napoletana a favore di una rivalutazione della tradizione di lingua tedesca, costituita da una parte da Bach e Haendel, dall’altra da Haydn e Mozart.

La principale concorrente di Napoli in Italia ed in Europa era Venezia, che aveva diversi conservatori molto attivi. Tuttavia, l’educazione musicale veneziana era affidata agli orfanotrofi per sole donne, mentre nei conservatori napoletani si educavano i maschi. Ciò significava che, al raggiungimento dell’età adulta, chi terminava gli studi nei conservatori napoletani aveva più probabilità di intraprendere carriere professionali in musica. Gli studenti (o “figlioli” come si chiamavano gli allievi dei conservatori) venivano reclutati in tutti gli strati della società napoletana e nei più diversi contesti sociali e familiari, a dimostrazione che la carriera musicale, al pari di quella ecclesiastica, poteva essere un potente “ascensore sociale”.

Il sistema dei conservatrori produsse infatti un numero impressionante di musicisti di altissimo livello, che trasformarono il panorama musicale dell’epoca. Tra i napoletani e i campani che più di tutti hanno contribuito al prestigio della scuola si annoverano :  Francesco Durante, Niccolò Jommelli, e Domenico Cimarosa , e  Domenico Scarlatti .  Alcuni di loro rimasero ad insegnare negli stessi conservatori in cui avevano studiato, altri erano chiamati ed acclamati nelle corti italiane e europee, fino in Russia. E parliamo, oltre che dei nomi già citati, di Nicola Antonio Zingarelli, Francesco Provenzale, Francesco Feo, Nicola Porpora, Gaetano Greco. .

Altri grandi compositori non nativi di Napoli e dintorni, ma formatisi nella città  e che certamente  in qualche modo parteciparono al fenomeno musicale napoletano  sono i due  marchigiani Giovanni Battista Pergolesi e Gioacchino Rossini, il ligure Pasquale Anfossi, i  toscani  Antonio Sacchini, e Pietro Alessandro Guglielmi  il calabrese Leonardo Vinci, il siciliano Andrea Perrucci ,  i pugliesi  Giovanni Paisiello ,Tommaso Traetta, Niccolò Piccinni , Leonardo Leo, Domenico Sarro, Nicola Fago , Pasquale Cafaro , Gaetano Latilla , e Giacomo Tritto ,l’abruzzese  Fedele Fenaroli ed il maltese Girolamo Abos .

Il sistema dell’opera napoletana produsse anche una lunga serie di celebri di castrati , formatisi nei conservatorî o presso i maestri della città, che furono tra i più grandi virtuosi nei teatri italiani ed europei. Si ricordano tra i tanti  Matteo Sassano , detto Matteuccio,  Carlo Broschi , detto Farinelli (una vera star internazionale ai suoi tempi),che studiò canto con  Porpora ; Domenico Conti detto Gizziello,  Nicolò Grimaldi detto Nicolino, e Gaetano Majorano   detto Caffarelli.

Tra i librettisti che operarono nei teatri napoletani invece spicca Metastasio , che  proprio a Napoli iniziò la sua carriera a Napoli scrivendo  i suoi primi libretti negli anni Venti del XVIII secolo, che in seguito segnarono la storia dell’opera settecentesca. Ma anche Andrea Leone Tottola , che come sapete collaborò con Rossini, Donizetti , Salvatore Cammarano  che collaborò sempre con Donizetti ma anche con Giuseppe Verdi e Vincenzo Torelli ed infine Saverio Mercadante. Di formazione napoletana è anche il musicista forlivese Pietro Maroncelli  , noto soprattutto come patriota

Il Regio Conservatorio di musica .San Pietro a Maiella,  ha oggi ereditato  e quindi possiede le straordinarie raccolte di musica e manoscritti dei suoi predecessori.Nel glorioso Istituto,  ha infatti sede una vastissima biblioteca in cui si conservano circa 600.000 testi musicali, tra cui rari manoscritti autografi dei grandi musicisti di scuola napoletana . Esso rappresenta forse il più  ingente ed importante patrimonio musicale  del mondo.

Anche per tale motivo, nel secolo appena trascorso, il San Pietro a Maiella ha avuto tre direttori nominati per chiara fama:  Giuseppe Martucci , Francesco Cilea  e Roberto De Simone.

Sotto il profilo didattico, negli ultimi anni vi hanno invece svolto i loro studi musicali il pianista Aldo Ciccolini, il violinista Salvatore Accardo, il direttore d’orchestra Giuseppe Patanè e il grande Riccardo Muti.

 

DOMENICO CIMAROSA
NICOLA PORPORA

 

GIOVANNI BATTISTA PERGOLESI
GIOVANNI PAISIELLO

 

FRANCESCO DURANTE

 

ALESSANDRO SCARLATTI

 

REGIO CONSERVATORIO DI MUSICA A NAPOLI

 

LE VOCI BIANCHE

Tra il 1700 e il 1800 la castrazione era una pratica molto diffusa  nel mondo della Musica. Esso era infatti una pratica allora corrente in Italia per allevare cantanti con qualità straordinarie e gli orfanotrofi di Napoli e Roma erano considerati le principali fucine di castrazione.  L’asportazione dei testicoli prima della pubertà impedendo la produzione di testosterone e quindi  la differenziazione del sesso maschile , permetteva alla voce di alzarsi   invece di diventare grave e grossa .

Secondo una stima, tra il 1720 ed il 1750  si contavano potevano contare  circa 4000 ragazzini che venivano evirati ogni anno . Questi era  giovani provenienti soprattutto da famiglie povere, costrette a vendere i propri figli a istituzioni ecclesiastiche o a maestri di canto, nella speranza di fare fortuna.  Ma naturalmente  non tutti erano in grado di raggiungere fama e successo. Anzi.  L’intervento chirurgico di castrazione era infatti non solo molto doloroso ma anche molto pericoloso e spesso si poteva anche assistere alla morte prematura della giovane vittima  (due bambini su tre morivano per infezioni ed emorragie)    e talvolta anche alla mancata riuscita dell’intervento . Poteva infatti anche accadere  che, chi superava l’intervento, poi ne uscisse con una voce troppo sottile, ritrovandosi perciò a cantare nei cori di basiliche e cattedrali con scarsi guadagni .

L’intervento che nel migliore dei casi avveniva  servendosi  dell’oppio e  comprimendo  la carotide fino a stordire il paziente, prevedeva o l’asportazione completa dei testicoli con un’incisione, oppure si rompeva il muscolo sospensore del testicolo, causando una sorta di atrofizzazione dei testicoli.

Il Trattato sugli eunuchi, del 1707, spiegava come procedere alla castrazione. “Il fanciullo viene narcotizzato con l’oppio e immerso a sedere in un bagno di acqua molto calda, fino a quando cade in uno stato di completa incoscienza. Quindi si apre lo scroto e si asportano i testicoli”. 

L’operazione veniva eseguito in piena clandestinità ( era ipocritamente definito dalla chiesa un reato a tutti gli effetti )  con scarse condizioni igieniche e con rudimentali improvvisati  strumenti .   Una volta operati,  e superate  le potenzialii complicazioni i ragazzi erano accolti nelle scuole di canto, e sottoposti a lezioni rigidissime, incentrate su  regole ferree e continuamente sottoposti a  ore e ore di pratica canora, allenamenti per i trilli per i passaggi virtuosistici. Una pratica accompagnata dalla teoria: dettati musicali e lezioni di letteratura. Con questo duro regime, il debutto poteva avvenire anche all’età di quindici-sedici anni. Gli  evirati  o eunuchi come venivano comunemente chiamati, venivano comunque trattati  e considerati  in società come delle vere divinità a tal punto che se  in un’opera non figurava almeno un castrato conosciuto in un ruolo da protagonista, lo spettacolo era destinato a fallire. Nel mondo musicale e teatrale dell’epoca ( dal 1600 circa ) erano figure imprescindibili sul palco e molti di essi ebbero un successo clamoroso ( Ferri , Caffarelli, Farinelli , Senesino , Moreschi ) accumulando anche notevoli ricchezze .

La chiesa come vi dicevamo , pur proibendo la pratica ufficialmente , era la prima a servirsi di loro . Papa Sisto V ,  dovendo riorganizzare il coro della Basilica di San Pietro, si servì proprio dei castrati. In questo modo si andava a sopperire anche alla mancanza di voci femminili, visto che vigeva il divieto per le donne di esibirsi nel canto sacro. Per abolire tale scempio disumano si dovette attendere gli anni 70 del XVIII secolo , quando finalmente il  Papa proibì definitivamente l’utilizzo degli evirati nei cori ecllesiastici .

L’ultimo cantante eunuco giunto al successo fu Alessandro Moreschi , soprannominato ” l’angelo di Roma ”  ; egli  entrò nel Coro della Cappella Sistina nel1883  , prima che avvenisse l’estromissione ufficiale degli evirati, nel 1902. Il suo successo perdurò fino al 1900, quando poi cominciò un declino vertiginoso, fino a morire solo e dimenticato da tutti.

ARTICOLO SCRITTO DA ANTONIO CIVETTA

 

 

 

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