La storia inizia Intorno al VII secolo a.c. quando alcuni coloni greci provenienti dall’isola di Eubea fondarono prima PITHECUSA( dal greco pithos = vaso )l’isola delle scimmie) oggi Lacco Ameno di Ischia e poi alla ricerca di una sede sulla terraferma quale punto base per i loro continui traffici commerciali fondarono, di fronte all‟sola di Pitekousa,ben arroccata su un promontorio, la città di Kyme (Cuma )il cui nome deiva dal greco Κύμη (Kýmē), che significa “onda”, facendo riferimento alla forma della penisola sulla quale era ubicata. Essa era infatti posta su un promontorio proteso nel mare con caratteristiche tipiche dell’insediamento greco: una baia riparata per l’approdo delle navi, un’altura sulla quale costruire una acropoli fortificata a difesa del porto ed una zona di acquitrini alle spalle che la difendeva dall’attacco di eventuali nemici dall’interno.
Fu quindi questa naturale estensione di Pithecusa verso l’antistante terraferma a far nascere nel 730 a.C. la citta di Cuma, una delle più antiche colonie greche in Italia, che aveva il vantaggio di mantenere un rapporto continuo con l’originaria colonia di Pithecusa assieme alla quale controllava i traffici marittimi dello stretto.
CURIOSITA’:Pithecusa (dal greco pithos = vaso ) venne così denominata dagli antichi greci perchè pare che l’isola ai tempi delle loro venuta fosse ricca di pinete e pini dai quali essi estraevano della resina , una importante sostanza usata tra l’ altro per rendere impermeabili i vasi vinari . inoltre era presente sull’isola anche molta argilla di ottima qualità con la quale costruire perfetti vasi di terracotta .
Fatta questa importante premessa ( attenzione alle date ),furono poi proprio questi abitanti di Cuma , spinti dai continui attacchi etruschi, a far sorgere alla fine dell’VIII secolo a. C. il primo nucleo urbano di una città che chiamarono Parthenope nell’area a valle di Pizzofalcone, sulle sponde del fiume Sebeto oggi scomparso .( dove oggi si trova il tanto celebrato ascensore del Monte Echia ).
N.B. Su questa area , è stat infatti scoperta una antica necropoli cumana che si estendeva su di un un territorio compreso tra l’isolotto di Megaride e la collina di Pizzofalcone che fu chiamata PARTHENOPE in onore ad un particolare culto praticato dalle genti del posto ( Oschi, Ausoni, Opici ) legato ad una sirena che secondo i loro racconti era venuto a morire in questi luoghi.
N.B. Appare oramai certo che questo vecchio insediamento di Partenope, fu fondato nell’VIII secolo a.C., grazie alla testimonianaza di quei studi archeologici fatti per la costruzione della stazione di linea 1 della metropolitana, iniziati nel 1999,in Piazza del Municipio.
Tramite essi, durante gli scavi eseguiti per la costruzione della nuova stazione della metropolitana, sono stati riportati alla luce una enorme quantità’ di materiali ceramici superstiti datati dalla seconda metà dell’VIII fino al IV sec. a.C..
Fin qui quindi tutti d’accordo .!
Anche il nostro comune sostiene che dove arriva quell’ ascensore fu fondata la nostra città … e d’altronde è questo il motivo per cui spesso ci autodefiniamo PARTENOPEI.
Come vi abbiamo gia accennato , i cumani quando fondarono questo primo nucleo urbano della nostra città ,nell’area compresa tra l’isolotto di Megaride e la collina di Pizzofalcone, essi trovarono il sepolcro ed il culto di Partenope ( qualsiasi cosa essa fosse ) che non cancellarono ma coltivarono a tal punto da farlo vivere per secoli ( la sirena compariva anche effigiata su alcune monete di epoca greca ) nominando non solo la citta con il suo nome , ma addirittura venerarla ed onorarla come protettrice della città.
Senza ora volerci addentrare nelle misteriosa leggenda della sirena Partenope che troverete in altri articolo del sito ( vedi il periodo greco-romano ), ci piace ricordare solo che intorno al al suo sepolcro il popolo per venerarla ed onorarla organizzava ogni anno sacrificifi e fiaccolate sul mare in quella che veniva chiamata “ la festa delle Lampadoforie” , fatta di fantastici giochi ginnici al termine dei quali in suo onore si praticava una rituale corsa notturna con le fiaccole . La festa terminava con libagioni e sacrifici di buoi.
Parthenope , ingrandendosi , divenne lentamente un’ importante citta’ dove era completamente rispettato il modo di vivere dei greci ed il loro modo di fare risentendo fortemente dell’influenza di Atene , delle proprie consuetudini , delle proprie tradizioni , dei propri riti e e dei tanti meravigliosi miti con i quali erano soliti spiegarsi gli eventi naturali e l’origine dei frutti della terra. Ci furono infatti grandi traffici commerciali tra le due citta’ e questi continui contatti favorirono e portarono certamente grandi vantaggi in crescita culturale , civile e militare con l’importazione di nuove armi.
Al contrario di quanti molti sostengono in quel periodo e fino al 524 a.c.,le città etrusche e quelle greche in un reciproco rispetto di indipendenza non si sono attaccate e fatte guerra .
Non si hanno infatti notizie di eventi bellici tra la colonia greca e gli etruschi campani fino al 524 a. C. Poiché tra i due popoli c‟erano stati comunque intensi rapporti commerciali e culturali. Proprio da Cuma infatti gli etruschi appresero l‟alfabeto che da qui si diffuse in tutta l‟Etruria ed quindi è lecito pensare che fino a quella data le due etnie non abbiano avuto rapporti conflittuali.
Tra l‟altro la stessa Capua accolse alcuni aristocratici cumani espulsi da Cuma (dopo il 505 a. C.) da Aristodemo quando questi diventò tiranno della città.
A questo punto vi dobbiamo necessariamente parlare di una battaglia da molti sottovaluta ( specialmente dal Comune di Napoli ) che avvenne nel 524 a.c..
In questa data infatti Cuma venne fortemente attaccata da un esercito composto da etruschi, umbri, dauni ed altri barbari che assalirono e conquistarono la roccaforte di Partenope.
N.B. Pare secondo alcuni studiosi che la perdita di Partenope divenuta da piccolo e tranquillo borgo, una prospera e popolosa città, fece un tantino ingelosire la stessa Cuma, che spaventata dal suo enorme sviluppo non si prodigò più di tanto nel difenderla, preferendo quindi perderla e vederla distrutta.
Fate attenzione ! Quell’esercito etrusco non era campano, ma formato da un miscuglio di popoli etruschi provenientei dall’etruria padana che presa la direzione adriatica si siano poi congiunti a gruppi di umbri,etruschi e dauni della puglia nord-occidentale con i quali valicando l‟Appennino non senza difficoltà, alla stregua di quella che fu chiamata la “crociata deipezzenti” di Pietro l‟Eremita (1096 d. C.), abbiano poi proseguito verso la Campania per raggiungere le sue pianure. Si trattava verosimilmente di una migrazione in massa, che comprendesse, oltre ad un numeroso esercito, per altro male addestrato, interi nuclei familiari, carri trainati da buoi e masserizie varie, diretto verso il sud della penisola. La causa di questa migrazione potrebbe essere vista, probabilmente, in una delle tante ondate dei galli che dall‟VIII al IV secolo scesero in Italia dalle Alpi.
Ecco a tal proposito come lo storico Dionigi di Alicarnasso ci racconta l‟evento:
… gli etruschi insieme agli umbri e ai dauni e ad altri barbari in gran numero tentarono di distruggere la città greca di Cuma, città greca senz’altra ragione se non per odio della loro prosperità. Infatti Cuma famosissima a quei tempi in tutta l’Italia per la ricchezza, per la potenza e per molti altri beni, possedeva le terre più fertili della Campania con porti efficientissimi presso Miseno. I barbari,invidiando quella grande ricchezza, le mossero contro con 18.000 cavalieri e non meno di 500.000 fanti.
Dopo che questi si accamparono non lontano dalla città accadde uno straordinario prodigio che non si ricorda essere mai accaduto in alcun luogo né tra i greci, né tra i barbari. I fiumi chescorrevano presso gli accampamenti (uno si chiamava Volturno e l’altro Clanis) smettendo di scorrere in modo naturale, invertirono il corso risalendo per molto tempo dalla foce alla sorgente. Visto il prodigio, i cumani presero il coraggio di piombare sui barbari, come se gli Dei stessero per avvilire la forza di quelli e per incoraggiare loro che già apparivano depressi. Così, dividendo in tre parti gli uomini atti alle armi, schierato uno squadrone a difesa della città, un altro per le navi e il terzo davanti alle mura, aspettarono che il nemico si avvicinasse. I cavalieri cumani erano seicento mentre i fanti erano quattromilacinquecento: anche se così pochi di numero tennero testa a tante migliaia! Appena i barbari seppero che i cumani erano pronti alla battaglia, dato un grido, corsero in formazione barbara, disordinati e con i cavalieri misti a fanti, proprio nel tentativo di annientarli in un sol colpo. Il luogo davanti alla città dove si affrontarono era una valle angusta, circondata da lagune e da monti, favorevole al valore dei cumani ma avversa alla folla dei barbari. Così che questi, travolgendosi e calcandosi gli uni sugli altri in più luoghi e principalmente nel fango intorno alla palude, si distrussero in gran parte tra di loro senza neanche scontrarsi con la milizia greca dei cumani: e quell’esercito così numeroso, a piedi, disfatto e sbaragliato da sé stesso, scappò da varie parti senza aver concluso nulla di concreto. La cavalleria, però, andò all’attacco dando molto filo da torcere ai greci: ma non potendo circondare il nemico per l’angustia del luogo, e temendo che il fato combattesse a favore dei cumani con piogge, con tuoni e con fulmini, si diedero anch’essi alla fuga. In questa battaglia i cavalieri cumani combatterono tutti valorosamente e per questo furono celebrati come autori della vittoria. Si distinse sopra tutti Aristodemo detto il Malaco; poiché, affrontandolo, da solo uccise il capitano nemico Livio e anche molti valorosi.
Questo evento fu decisivo per l‟ascesa politica di Aristodemo che in quell’occasione fece una mossa strategica, non appropriandosi dei doni da lui ricevuti da parte degli etruschi sconfitti come avrebbe evidentemente potuto fare, ma divise gli stessi in comune con tutti gli altri.
Aristodemo si guadagno in questo modo il favore dell’esercito.
Gli Etruschi superstiti in fuga trovarono rifugio e ospitalità a Roma, che era loro alleata e ne consentì l’insediamento nel Vicus Tuscus.
CURIOSITA’: Avete notato con quale sproporzione Dionigi di Alicarnasso sottolinea l’entita tra dell’esercito dei barbari e quello dei cumani? Come tutti coloro che raccontano del valore dei greci anch’egli con questi numeri voleva celebrare il coraggio e l’abilità dei geci . esso è un inno al valore allora mostrato dai Cumani e quindi alla cultura ellenica. . I numeri proposti da Dionigi (500.000 fanti e 18.000 cavalieri) ci sembrano a dir poco eccessivi; se si pensa che la popolazione di una città come Tarquinia non superava a quei tempi il numero di 35.000 anime il numero totale di una simile massa umana in movimento non doveva superare, a nostro giudizio, le 100.000 unità. Riteniamo, inoltre, che tale numero comprendesse non sologuerrieri, ma interi nuclei familiari, per cui, tolto dal totale proposto il numero delle donne, dei vecchi e dei bambini, risulta un numero di circa dieci o al massimo quindicimila uomini atti alle armi.
Un‟ultima riflessione è quella che riguarda lo strano prodigio. Dionigi, infatti, ci parla di fiumi che avevano invertito il loro corso e di una giornata chiusa e piovosa, squassata da tuoni e rischiarata da moltissimi fulmini. Non è difficile vedere allora in questa informazione un evento che oggi chiamiamo “bomba d‟acqua” associata ad una tempesta marina che avrebbe spinto le acque ingrossate del mare nei corsi del Volturno e di un altro fiume che lo storico chiama Glanis (da identificare con quello che oggi viene chiamato “Regi Lagni” e che scorre un po‟ più a nord di Aversa perpendicolarmente alla costa) causando lo straripamento e l‟allagamento della “terra di lavoro” (oggi chiamata “terra dei fuochi”) con conseguenze alluvionali fino a Cuma.
Per quanto riguarda la dinamica della battaglia non esistono seri problemi ad accettare la versione di Dionigi; aggiungiamo, tuttavia che la vittoria dei cumani non fu determinata solo dalle avverse condizioni meteorologiche (queste dovettero causare ovviamente problemi anche ai greci) ma principalmente alla superiorità tattica di un esercito ben organizzato che combatteva contro quella che potremmo definire un‟“armata Brancaleone” ante litteram.
Finita comunque la battaglia ,si offrirono molti sacrifici di ringraziamento agli Dei e dopo deguata sepoltura ai caduti in battaglia venne il momento di dover decidere a chi attribuire la corona, della guida futura di Cuma.
I magistrati meno influenti, assieme al popolo, volevano che fosse concessa ad Aristodemo, cioè al più forte, ma dopo lunga discussione i più potenti, assieme al Senato (decisero) per il capo della cavalleria Ippomedonte,
Gli anziani comunque temendo un cruento tumulto, convinsero le due parti a dare ugual potere ai due valorosi. Da quel momento Aristodemo il Malaco divenne il protettore del popolo; e poiché nei discorsi pubblici aveva proposto un ottimo argomento, con questo convinceva la massa, proponendo giuste leggi, facendo elargizioni ai poveri e rimproverando i potenti di appropriarsidei beni comuni. Per questi motivi divenne molto sgradito e pericoloso per gli aristocratici.
N.B. La vecchia oligarchia aristocratica che allora governava Cuma, visto l’accrescersi della popolarità e del consenso che Aristodemo con le sue idee anti “aristocratiche ” riscuoteva tra la gente incominciò a contrastarlo per limitare la sua crescita politica, , ma lui forte del conenso popolare ,chiese ed ottenne, l’appoggio dei cittadini aventi diritto al voto. Le doti militari rivelate da Aristodemo mostrate in quella battaglia nelle file della cavalleria, indussero i cittadini a eleggerlo alle cariche più importantie e ad inviarlo successivamente come capo delle forze alleate in aiuto dei Romani in guerra con i Tirreni, che volevano riportare Tarquinio il Superbo al potere.
Gli aristocratici, temendo infatti che lui potesse strumentalizzare con il suo carisma una svolta autoritaria, nel tentativo di disfarsene gli affidarono una nuova missione contro gli Etruschi. Questa volta, augurandosi più la sconfitta che la vittoria. Gli affidarorno infatti il comando di una spedizione pessimamente organizzata nella speranza di sbarazzarsene
Aristodemo, pur cosciente del fatto che l’intento era quello di eliminarlo, accetta il compito e lo esegue nel modo migliore e a capo di un gruppo di appena duemila uomini, e di ufficiali non selezionati dalle scuole militari, bensì tra gli elementi peggiori del démos, e con appena dieci navi tra le più malridotte.conseguì malgrado tutto la vittoria..
Il governo ottenne cosi un totale effetto contrario politico contro Aristodemo .
Fu questa una battaglia decisiva per Arisodemo per incomnciare ad avere il consenso del popolo . A Cuma infatti molti cittadini erano scontenti del governo oligarchico della hippomachia, grosse frange della popolazione vivevano in condizioni di minorità, e grandi sacche di povertà erano presenti sia nei livelli più bassi che in quello stesso dei ceti di livello trierarchico. Erano quindi presenti tutti i fattori di un popolo scontento pronto a seguire chiunque fosse capace di agire contro l’oligarchia vigente in città e Arisodeme da bravo stratega mise in comune i doni aricini da lui ricevuti degli etruschi sconfitti come avrebbe invece potuto fare,. Egli divise quindi il suo bottino di guerra della battaglia vinta con tutti gli altri in maniera tale che i suoi uomini non tornavano a casa a mani vuote.
Questo evento fu decisivo per l‟ascesa politica di Aristodemo che in quell’occasione fece una grande mossa strategica, Aristodemo si guadagno in quel modo modo il favore definitivo dell’esercito, ma come vedremo amche del popolo.
Il suo inaspettato ritorno vittorioso dalla battaglia di Aricia del 505 a. C. unitamente alle sue continue aperture democratiche nei confronti del popolo, gli consegnarano in breve tempo il consenso assoluto su Cuma. Aristidemo, per superare le sempre più forti resistenze della classe politica incominciò ad effetuare una grande battaglia politica contro la classe piu potente della città.
Egli in un perfetto percorso di demagogia-strategia-tirannide incominciò a mettere in discussione l’allora vigente costituzione che prevedeva una classe dirigente di potenti e ricchi aristocratici al governo scelti in base al censo . Si trattava di un’oligarchia aristocratica dove chi era al governo aveva potere, case, terre, schiavi, oro, argento, ricchezze , beni materiali, merci e denaro , ma sopratutto doveva avere come condizione base per essere al governo ilil privilegio della nascita che si accompagnava a quello della ricchezza: bisognava essere nobili e contemporaneamente ricchi.
Aristodemo si contrapponeva a tutto questo e prometteva al popolo l’uguale possibilità di prendere parola nelle pubbliche assemblee ( isegoria) e quello di farlo liberamente per quello che riguarda i contenuti ( parresia ).
Praticamente si opponeva a quella vigente vecchia costituzione di Caronda, dando inizio ad alcuni cardini fondamentali della vera demograzia greca nella sua prerogativa di libertà e uguaglianza, istituìtuendo una prima vera oligarchia democratica che dava piu spazio ai strati emergenti delle popolazioni sottraendoli ai ricchi aristocratici .
Dopo la vittoria Aristodemo utilizza il successo e i doni degli Anicini per acquistarsi l’appoggio dei soldati e dei prigionieri e procurarsi la collaborazione di un gruppo di congiurati per il colpodi stato, che si attua subito dopo il ritorno a Cuma: uccisione di tutti gli aristocratici presenti nella Bulè; occupazione dell’acropoli, degli arsenali, dei porti e dei luoghi fortificati; liberazione e armamento dei condannati a morte presenti nelle carceri; formazione di una guardia. Segue la convocazione dell’assemblea, la giustificazione del proprio operato,le promesse di democrazia, di libertà e di eguaglianza, l’abolizione dei debiti e la redistribuzione delle terre. Quindi dopo la nomina a stratego con pieni poteri, si passa: alla consacrazione delle armi agli dei e conseguente generale disarmo dei cittadini; all’uccisione di molti e nobili cittadini che si erano sottratti a quest’obbligo e alla definitiva costituzione di una guardia del corpo di 2000 uomini, in cui confluiscono i suoi complici, gli schiavi che hanno ucciso i loro padroni subito dopo liberati, diseredati e mercenari scelti tra i barbari più feroci. Segue l’eliminazione delle statue dei suoi avversari e la loro sostituzione colle proprie; la confisca dell’oro e dell’argento trovato nelle case degli avversari uccisi; la consegna di case, terre e beni dei defunti agli schiavi uccisori dei loro padroni, ai quali viene pure concesso e talvolta imposto con la forza di sposare mogli e figlie degli avversari uccisi.
A convincere le masse e portarle quindi dalla sue parti furono le sue grandi doti oratorie con le quali lanciò forti calunnie contro i potenti, ma anche l’uccisione dei più ricchi, la confisca delle loro sostanze e l’arruolamento dei mercenari,. Dopo aver esautorato gli aristocratici dai posti di comando e cacciato gli stessi in esilio fuori dalla città , accentrò tutti i poteri nelle sue mani dichiarandosi unica autorità di Cuma .
N.B. Un antico cittadino greco allora non poteva svolgere una attiva funzione propositiva e decisionale se non avesse raggiunto almeno i trent anni: occorre immaginare allora un intervallo di una decina d anni almeno tra i giovanili exploits el’inizio della carriera politica vera e propria di Aristodemo .
Da quel momento governano Cuma, attuò nel periodo della sua tirrania, una forte politica sociale, ridistribuendo le terre ed abolendo i debiti da interesse. Il demos venne liberato dalla dipendenza verso l’aristocrazia, assumendo sempre maggior autonomia economica e sociale. Aristodemo durante il suo periodo di governo diede origine ad un’attività di demagogo fatta di provvedimenti graditi al popolo, di accuse ai dunatòi di appropriazione dei beni comuni e di personali elargizioni ai poveri, che lo resero temibile per i capi dell’aristocrazia,
Durante il suo governo effettuo’ opere di bonifica delle zone paludose circostanti, creando maggiori spazi per l’agricoltura che fece acquisire a Cuma nuovi terreni produttivi ,destinati a famiglie non aristocratiche che permise alla città di esportare all’ingrosso grosse quantità di grano che nsieme alla grande presenza di oro e argento accumulato dalle case aristocratiche sequestrate rese Cuma una delle più fiorenti e ricche colonie greche nel Mediterraneo.
I Cumani e gli Etruschi, da quel momento animati dalle stesse ambizioni di dominio e di crescita per anni furono in guerra e dopo tante battaglie gli Etruschi furono definitivamente battuti in un epico scontro a mare che sancì la definitiva supremazia greca sul territorio campano.
Il successo dei cumani in questa battaglia dipese quasi completamente da Siracusa anche se quello che storicamente ottenne i maggiori vantaggi da questa battaglia fu Aristodemo che fece in modo da imprimere un nuovo corso alla politica della sua città. divenendo il tiranno di Cuma.
Il vero vincitore della battaglia fu infatti il tiranno di Siracusa ,Gerone che come sostengono alcune fonti (soprattutto lo storico Diodoro) videro i cumani avere solo un ruolo di subordine rispetto a Siracusa; ancora oggi non sappiamo con certezza, se alla battaglia fossero presenti navi cumane , poiché la propaganda siracusana e l’oblio generalizzato delle fonti non ha consentito uno studio concreto e definito in tal senso.
Sappiamo invece con certezza che Gerone ricevette a Siracusa la richiesta di aiuto da parte dei Cumani , che pensando bene di porre una volta per tutte fine all’espansione etrusca verso il sud delle penisola pensarono di assestare un duro colpo agli etruschi , inviando ai cumani in loro aiuto una adeguata flotta di triremi , comandata da abili navigatori i quali ottennero insieme ai locali la vittoria, liberano i Cumani e se ne tornarono a Siracusa: tutto quindi comincia e finisce a Siracusa, tutto dipende dalla decisione del tiranno e dall’iniziativa dei suoi ufficiali; ai Cumani tocca solo chiedere aiuto, collaborare con i suoi uomini ed essere da loro liberati dalla paura.
CURIOSITA’:A seguito dell’importante vittoria Ierone fece offerta presso il santuario di Zeus a Olimpia il di alcuni elmi. Di questo oggi ne sono giunti a noi solo tre, due possiamo ammirarli presso il Museo di Olimpia ed uno invece al British Museum ( denominato elmo)
Fu una data storica ed importante (474 a.C.) per la storia della nostra città ,poichè i cumani, alleati con il tiranno di Siracusa Serone, vincendo questa battaglia contro gli etruschi ripresero il tranquillo dominio della zona e decidendo di espandersi iniziarono ad ad edificare una nuova più grande città per avere il pieno controllo di tutto il golfo e dei suoi traffici.
Fondarono quindi qualche anno dopo ( circa due anni ) nel 472 a.C. a poca distanza da quel vecchio primo impianto urbanistico a suo tempo perso, Palepoli, dal lato opposto del fiume ,nella zona pianeggiante, un’altra citta’, che fu chiamata Neapolis, ” la città nuova..
La piccola Partenope, che si ergeva sulla collina di Pizzofalcone, divenne così di conseguenza la città vecchia cioè Palepolis (un semplice sobborgo della nuova grande città ).
Si tratto’ in effetti di una nuova zona urbana, a poca distanza dalla prima costituendo con questa una sola polis il cui confine era il fiume Sebeto.
QUINDI DICIAMOLO PER UN’ ENNESIMA VOLTA ..
Napoli oggi non può festeggiare i 2500 anni perché fufondata nel VIII sec a.c. dai Cumani ( greci ) con il nome di Partenope, poi due secoli dopo sempre i cumani la rifondarono con il nome Neapolis , ma non nel 475 a.C . Essa avvenne infatti all’incirca qualche anno dopo il 474 a.C
Ovviamente con questa vittoria, i sicelioti di Siracusa prendevano sempre più potere nel Mediterraneo, incominciando ad assumere sempre più importanza anche fuori dalla Sicilia, in ambito magnogreco soprattutto. Una conseguenza in tal senso fu l’occupazione di Pitecusa (Ischia) per un breve periodo subito dopo la battaglia e, in seguito alla caduta della tirannide dei Dinomenidi, la doppia spedizione punitiva contro i pirati etruschi del 454-453 a.C. verso l’Etruria meridionale e l’isola d’Elba.
Cuma, dal canto suo, nonostante fosse comunque la vincitrice, non ne uscì rafforzata e il suo ruolo subordinato nei fatti lo conferma. La città, soprattutto dal punto di vista economico, perse progressivamente importanza nei decenni a venire, a tutto vantaggio della sua sub-colonia di Neapolis, che ne raccolse l’eredità e il prestigio. Questa crisi storico-politica giunse al termine solo nel 421 a.C., quando la città cadde nelle mani dei Sanniti.
N.B. Anche per le città dell’Etruria campana la battaglia segnò inesorabilmente un declino progressivo; ormai isolate dal resto dei centri etruschi e dalle principali rotte commerciali, caddero una dopo l’altra nelle mani dei Sanniti. Capua fu conquistata nel 424 a.C. Le città dell’Etruria propria meridionale, invece, furono tagliate definitivamente fuori dalle vie di traffico del Tirreno meridionale e furono costrette a ricercare nuovi sbocchi a nord e nell’entroterra, in cui, nel frattempo, prosperavano le città dell’Etruria propria settentrionale e dell’Etruria padana.
ARTICOLO SCRITTO DA ANTONIO CIVETTA