Luca Giordano, nato a Napoli il 18 Ottobre 1634, fu un grande pittore barocco italiano.

Venne avviato all’arte dal padre Antonio studiando, ancora tredicenne, presso lo studio di Jusepe de Ribera, di cui fu apprendista per quasi dieci anni.
Si interessò in seguito alle opere di Paolo Veronese dal quale assimilò la leggerezza, la luminosità dell’affresco e l’intensità dei colori.
Molto interessato alle realizzazioni dei pittori famosi, si recò a Roma ove collaborò con Pietro da Cortona e visitò Bologna, Parma e Venezia per meglio conoscere l’arte ed i suoi maggiori esponenti nelle varie città.

Particolarmente importante per la crescita artistica del pittore napoletano fu comunque l’incontro con Mattia Preti, grazie al quale abbracciò in toto lo stile barocco.

Tra un viaggio e l’altro, in giro per l’Italia, Giordano però non riuscì mai a trascorrere troppi mesi lontano da Napoli, dove ogni volta tornava con un animo più esperto e creativo.
Egli realizzò la sua prima opera nel 1651: un San Luca per la chiesa di Santa Marta, situata tra l’incrocio di via Benedetto Croce e via San Sebastiano.
Sempre a Napoli affrescò la navata e la cupola della chiesa di san Gregorio Armeno e di santa Brigida, la decorazione di S. Pietro ad Aram, quella di S. Teresa a Chiaia e le numerose tele che lasciò nella chiesa dei Girolamini.

Egli però non dipingeva solo opere sacre, ma alternava dipinti sulle pareti di complessi religiosi a lavori realizzati per privati collezionisti italiani, fiamminghi o spagnoli.

Nella città partenopea, ormai settantenne, realizzò il suo ultimo grande capolavoro: il Trionfo di Giuditta, sul soffitto della Cappella del Tesoro della Certosa di San Martino. Una leggenda narra che Giordano dipinse la monumentale opera in un unico giorno. Il dipinto rappresenta uno delle massime rappresentazioni dell’arte barocca.
Intorno alla metà del XVII secolo, era considerato l’artista più famoso di Napoli.
Fu soprannominato  anche Luca Fa-Presto per la velocità con cui eseguiva i dipinti, tanto che secondo alcuni era perfino in grado di dipingere con entrambe le mani contemporaneamente.

Lo strano soprannome probabilmente gli fu dato quando da piccolo dipinse da solo degli angioletti su di una parete della Chiesa di Santa Maria la Nova, a Napoli.

La  curiosa storia racconta che chi  doveva dipinge quegli angioletti, nel 1642, era considerato come un pittore piuttosto lento e incerto nel suo mestiere. Tanto è vero che anche quel giorno, non sapendo precisamente come portare a termine quegli angioletti, egli pensò di ricorrere all’aiuto di un altro artista. Uscì quindi dalla Chiesa lasciando sul posto il figlio di dieci anni. Rimasto solo, il fanciullo non ebbe esitazione. Salì sul palco, prese i pennelli e, in men che non si dica, completò gli angioletti.

Gli riuscirono così belli che non solo il padre, ma molti altri furono colti da “stupor grande” alla vista dell’affresco.
Fu forse da allora che Luca Giordano fu chiamato, scherzosamente, con il soprannome di “Luca fa presto”. Quello che è certo, però, è che pochi pittori al mondo seppero creare tanti prodigiosi dipinti con la sua stessa velocità.
Sembra che la sua fantasia non avesse freni: immaginare l’opera e crearla era un tutt’uno.  La sua straordinaria qualità nel dipingere e la velocità con cui in maniera naturale svolgeva la sua arte hanno lasciato nel tempo sulla sua figura una serie di divertenti piccoli racconti :  Ad esempio, un giorno il pittore stava dipingendo nel suo studio un grande quadro dell’Ultima Cena. Era già l’ora del pranzo e i familiari lo chiamarono a tavola. “Mangiate, mangiare pure voi” rispose Luca “vi raggiungo subito. Non mi restano da dipingere che sei apostoli…”.

Un’altro piccola storia invece riguarda  quella volta che  il Viceré di Napoli e alcuni padri Gesuiti , andarono da Luca per vedere il quadro di San Francesco Saverio, commissionato da tempo al pittore. La tela del quadro era però ancora tutta bianca. Il Viceré si adirò: “domani è la festa del Santo e il quadro deve essere pronto”Per domani, eccellenza, è vero” – rispose calmo Luca- “e per domani sarà pronto”.

Infatti nella notte lui fece il quadro. Il Viceré stupito disse “questo pittore o è un angelo o è il Diavolo”.
Però, non bisogna pensare che l’unico merito di Luca Giordano sia stato quello di dipingere in fretta. La sua pittura è anche ricca, piena di ispirazione e di poesia. Grande ammiratore del Caravaggio, del Tiziano e di altri sommi maestri, rimaneva ore in ammirazione di tutte le loro opere.

In tutta la sua vita realizzò più di tremila dipinti che lo resero uno dei più acclamati e prolifici artisti del Seicento. I soggetti da lui dipinti variano dai temi religiosi alla mitologia.

Ha dipinto in numerose chiese e palazzi in giro per l’Italia: a Venezia nella chiesa della Salute, a Padova in S. Giustina e a Firenze decorò il soffitto del salone di palazzo Medici-Riccardi.

Nel 1692 venne invitato da Carlo II in Spagna, a Madrid, dove realizzò il ciclo di affreschi all’Escorial (considerati i suoi migliori lavori del periodo), al Cason di Buen Retiro, nella Sagrestia della Cattedrale di Toledo e nel Monastero di Nostra Signora di Guadalupe.

Oggi al Museo del Prado a Madrid, sono conservati ben 50 quadri, dipinti in Spagna, che testimoniano la sua instancabile energia.
Molti suoi affreschi in Italia, sono stati purtroppo distrutti o danneggiati durante Seconda Guerra Mondiale, come per esempio “Il grande ciclo di San Benedetto” nell’abbazia di Montecassino che fu interamente distrutto.

Luca Giordano morì a Napoli il 3 gennaio 1705 a ben 73 anni.

Le sue spoglie riposano nella Chiesa di Santa Brigida dove venne sepolto , il 13 gennaio 1705, come ci ricorda una lapide posta nel cappellone di sinistra .

 

Sono tantissimi gli affreschi realizzati da Luca Giordano nella nostra città .Egli amava molto  il suo lavoro e le sue opere riscuotevano un successo straordinario, tanto che i lavori che venivano commissionati allo stesso aumentavano giorno dopo giorno, e questo fino alla sua morte

Una produzione artistica sempre rinnovata: era questo il punto di forza dell’arte del tanto apprezzato pittore, il quale amava i contrasti forti, come nelle tele della Chiesa di Santa Maria Egiziaca a Forcella e nella Chiesa dei Girolamini.
Una delle opere più apprezzate resta Il Trionfo di Giuditta. Un affresco eseguito tra il 1703 e il 1704 sulla volta della cappella del Tesoro Nuovo della Certosa di San Martino a Napoli. Un vero e proprio capolavoro della più alta forma della pittura barocca italiana.
Non bisogna comunque sottovalutare il bellissimo affresco della navata  nella  Chiesa di San Gregorio Armeno,  la volta  della Chiesa dell’Abbazia di Montecassino,  e la cupola della Chiesa di Santa Brigida .
Una produzione artistica sempre rinnovata: era questo il punto di forza dell’arte del tanto apprezzato pittore, il quale amava i contrasti forti, come nelle tele della Chiesa di Santa Maria Egiziaca a Forcella e nella Chiesa dei Girolamini. Ma, una delle opere più apprezzate resta Il Trionfo di Giuditta.
Un affresco eseguito tra il 1703 e il 1704 sulla volta della cappella del Tesoro Nuovo della Certosa di San Martino a Napoli. Un vero e proprio capolavoro della più alta forma della pittura barocca italiana.
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