Nel 1631 si verificò un’ importante eruzione del Vesuvio che investì molti paesi e molti casali fuori dalle mura della città. Fu questo un avvenimento che spinse buona parte della popolazione di quei paesi, rimasta senza casa e lavoro , a trovare rifugio nella capitale. Si è calcolato che a cercare riparo in città furono più di 44.000 senzatetto, che contribuì così ad aumentare la di per se già elevata densità abitativa in città che si concentrò particolarmente in alcuni noti rioni storici già da tempo sofferenti dal punto di vista igienico-sanitario rendendoli così maggiormente esposti a gravi rischi di malattie.
La popolazione arrivò a raggiungere in quegli anni ,il numero esorbitante di 450 mila abitanti che erano tutti rinchiusi disordinatamente nel limitato perimetro delle mura , per via del vigente divieto di edificare al di fuori di esse da parte del governo spagnolo che in tal modo pensava di poter meglio controllare le continue ribellioni del popolo.
Ad un certo punto la città era affollatissima ed il perimetro abitativo non più capace di contenere un così elevato numero dei suoi abitanti . I suoi vari rioni apparivano oramai densamente affollati , e tutta la città non possedeva ancora un adeguato sistema fognario.La città non poteva contare su riserve sufficienti d’acqua e questo valeva ancora di più per la periferia ed i suoi casali che non erano serviti adeguatamente dagli acquedotti.
La città attraversava in quel periodo uno dei periodi più tristi della sua storia, divenuta una colonia spagnola ed il popolo era schiacciato dal peso delle tasse e dalla politica di autorità sanguinarie che portarono carestie, miserie, sopraffazione e inquisizione .
Fu pertanto anche un periodo storico di grandi fermenti rivoluzionari che finirono per sfociare nel 1647 ,nella grande rivolta capeggiata da Masaniello che portò la città a vivere momenti molto intensi e drammatici che mandarono al patibolo centinaia e centinaia di presunti ribelli.
In questo clima, già di per sé molto difficile, il morbo pestilenziale rappresentò il colpo di grazia. Le precarie condizioni igieniche unite a fattori quali l’elevato numero di animali e il cattivo stato delle strade contribuirono a facilitare la diffusione del contagio portato dalle navi sarde.
Somme considerevoli vennero spese per comprare medicinali, quali aceto e verderame per disinfettare tutto ciò che veniva toccato, sedie per trasportare gli ammalati e tela per fabbricare cappucci e lenzuola.
Furono istituite per i trasgressori. misure drastiche come la pena di morte.
La gente vagava senza meta per quella è ormai una città fantasma. I lattanti infettati dal morbo lasciati per strada, i bambini, rimasti orfani e senza assistenza, abbandonati al loro destino fatto di poche speranze di sopravvivenza. Molti, per porre fine alle loro sofferenze, si gettarono a capofitto dalle alture, nei pozzi, e dai tetti dei palazzi. La gente era terrorizzata dal morbo e molti presi da pazzia si calava nelle cisterne credendo che l’acqua fresca li preservasse dal male .Coloro che avevano ancora la forza abbandonarono la capitale nell’illusione di trovare ricovero nelle altre città del regno, per vedersi però respinti alle porte dalla spietata sorveglianza imposta dalle disposizioni vicereali.
Terribile la scritta posta sulla lapide che faceva da sigillo Tempore pestis 1656 – Non aperietur .
Il bilancio finale, fu raccapricciante. provocando 250.000 morti su un totale di 450.000 abitanti rappresentando senza ombra di dubbio, la più grande tragedia nella storia della nostra città .