Nel mondo antico secondo molte dottrine il Regno dei Morti si estendeva nello spazio compreso tra la terra e la luna .Esso era inteso come ubicato in quel punto dove il sole al tramonto scomparendo sotto l’ orizzonte sembrava scendere sottoterra e diventare quindi invisibile a tutti . Il sole nel suo ciclo giornaliero regolando l’ alternarsi del giorno e della notte e quindi anche quello della luce e delle tenebre venne quindi subito associato e messo in relazione al rapporto tra la vita e la morte .
Il regno dei morti non era quindi visto e collocato realmente nelle visceri della terra , ma considerato sotterraneo solo perché invisibile agli occhi . Il suo accesso che si trovava nei pressi del nostro Lago d’Averno non era quindi la porte di un impressionante sistema di caverne e cunicoli ma solo il punto di passaggio verso un’altra dimensione , invisibile e astrale che corrispondeva al cono d’ombra proiettato nel sottile gioco terra – sole quando questo al tramonto diventava invisibile all’orizzonte .
Le anime , second antichi culti , una volta lasciato il corpo tendono a raggiungere la Luna , Signora della vita e della morte , ma prima di poter giungere sulla superficie lunare sono destinate a vagare nelle spazio fra la terra e la luna e solo in occasione delle eclissi quando l’ombra della terra tocca quella della luna , esse , oramai purificate , possono finalmente essere accolte sulla luna . Successivamente , dopo un’ulteriore purificazione le anime elette , possono finalmente proseguire il loro viaggio verso il cielo attraverso la via lattea che appare appunto come un cerchio di uno splendore abbagliante perché è il luogo dove soggiornano le anime beate .
Questo tipo di culto relativo ala morte conteneva alla sua base la certezza che l’essere umano con la sua morte non cessi di esistere .Egli perde solo la sua parte materiale terrena , cioè il corpo ma non la sua anima che e’ al contrario immortale . Il corpo, in questo modo rappresenta il solo contenitore di qualcosa di astrale ed invisibile che sopravvive alla sua morte e al suo deterioramento . L’esistenza di queste dottrine per secoli ha tolto alla morte la sua drammaticità consentendo di affrontare con maggiore serenità agli uomini il momento del distacco dalla vita terrena al proprio corpo ed i vari culti misterici susseguitisi avevano quasi tutti in comune la certezza dell’immortalità dell’anima , che si prodigavano di trasmettere agli iniziati . Tutto questo ha portato nel corso dei secoli in molte civiltà , sopratutto quella ellenica , la convinzione che l’esistenza di un individuo possa proseguire dopo la sua morte e addirittura esserci la possibilità di instaurare un contatto ed un rapporto tra il mondo dei vivi e quello dei morti .
Gli antichi ellenici quindi come possiamo osservare avevano attraverso i loro riti pagani , un concetto dell’anima e del corpo molto diverso da quello della religione cattolica tramite la quale la salvezza dell’anima doveva passare necessariamente proprio attraverso la paura della morte .Essa , come quasi tutte le religioni , basano e hanno basato , la loro forza sulla paura della morte da parte dell’uomo e promettono attraverso un legame alla propria fede , anche se in modo diverso , la vita eterna , assicurando con questo legame religioso , la possibilità di ritrovare un domani coloro che amiamo : genitori , amici, fratelli , sorelle, mariti , mogli o figli , da cui ineluttabilmente l’esistenza terrena nel tempo ci separerà.
I nostri antenati greci non avevano invece paura della morte perchè convinti della immortalitò della loro anima trattenute nel cono d’ombra della terra presente ai confini della terra visibie , nello spazio compreso tra la terra e la luna.
N.B. Il filosofo Epicuro , che attraverso le sue due scuole presenti nella nostra città ha fortemente influito sul nostro modo di pensare e vivere , sosteneva addirittura che l’anima , formata di atomi di aria e fuoco , si disgrega anch’essa con la morte del corpo e voleva addirittura liberare l’uomo dal timore degli Dei .
La nostra città fondata dai greci e per lungo tempo indottrinata dai suoi culti e dal loro modo filosofico e sociale di pensare ha immediatamente adottato questa benevola filosofia della morte allacciando con le anime trattenute nel cono d’ ombra della terra un rapporto molto intenso . La devozione popolare per le anime del purgatorio si riferisce infatti proprio a quelle anime che dovendosi ancora purificare si trovano ancora in uno stato intermedio ( definito purgatorio dalla religione cristiana ) perché prigioniere del peso delle loro colpe , dei loro rimorsi e dei loro rimpianti .Esse sono ancora in attesa di distaccarsi da ciò che ancora le tiene legate alla materia e alla passata esperienza terrena .
A Napoli il culto di queste anime del purgatorio si è da sempre rivolto sopratutto alle anima abbandonate o pezzentelle , ovvero a dei morti la cui identità e’ sconosciuta ed i cui resti si conservano nelle cripte di alcune chiese cittadine ( Santa Maria delle Anime del Purgatorio ad Arco , San Pietro ad Aram o Sant’Agostino alla Zecca ) o nelle catacombe di San Gaudioso e nel cimitero delle Fontanelle . Si tratta in genere di alcuni resti di anonime persone morte di epidemie e pestilenze che nel corso dei secoli ha sconvolto la nostra città ma che spesso nella fantasia popolare erano persone sconosciute morte in miseria o in maniera violenta giustiziati o meglio ancora se decapitati .
Il culto nasce intorno ai crani dei poveri morti ( cape di morto ) che come in tutte le culture arcaiche e’ sempre stato considerato il resto corporeo più importante . Esso infatti ha sempre rappresentato in queste culture la sede del pensiero , della memoria e del potere personale del defunto ovvero la sua vera personalità . Non dimentichiamo infatti che molti popoli usavano in passato conservare le teste dei nemici uccisi in battaglia non tanto per considerarle come semplici trofei ma piuttosto come strumento per accrescere il potere personale .Questo perché il possesso del teschio consentiva la capacità di assorbire il valore ed il potere dell’anime di quell’individuo in vita . Il teschio è quindi in assoluto la parte migliore del corpo di un defunto con cui intrattenere un vero e proprio rapporto e a cui rivolgersi per un aiuto o sostegno.
Il culto di queste anime ‘” pezzentelle ” , ancor oggi limitatamente praticato , è una porta rituale tra il mondo dei vivi e dei morti: i morti chiedono ai vivi una preghiera e i vivi, perlopiù donne, si rivolgono alle anime abbandonate che fanno da tramite tra la vita terrena e quella ultraterrena. Il limite tra la fede , tradizioni popolari e la superstizione è sottile, ma i devoti sentono più vicini a loro le anime pezzentelle di umili origini nelle quali ritrovano comuni miserie, sofferenze e solitudini.
Il culto consisteva nell’usanza di adottare ” una capuzzella” , ossia di scegliere il teschio di un anonimo defunto e prendersene cura proteggendolo talvolta in una piccola e rudimentale bacheca in legno e vetro ed onorarlo con devozione continua e amorevole. L’ adottante la puliva e la lucidava, la poneva su un fazzoletto ricamato ed infine, durante visite periodiche, le offriva lumini, fiori e preghiere in modo da “A refriscare ll’anime d’o priatorio”. Poi la circondava con un rosario e la adagiava su un cuscino, ornato di pizzi e ricami . Solo dopo questo rituale pare che l’anima purgante apparisse in sogno , richiedendo “refrisco” ( cioè preghiere e cure per essere sollevata dalla sofferenza) e svelando la sua storia personale.
A questo punto finalmente si poteva chiedere la…… sospirata grazia.
Se la capuzzella iniziava a sudare, significava che si stava adoprando per intercessioni a favore del devoto o per concedergli la grazia ( in realtà essi spesso trasudavano per l’alto tasso di umidità della cava in cui erno conservate ) . A questo punto l’animella entrava a fare parte della famiglia e veniva custodita in un tempietto di marmo o di legno, in una teca di vetro, a volte pure in una semplice scatola metallica di biscotti , sui quali si incidevano il nome dell’adottante e l’anno di ricevimento della grazia. Se però non venivano esaudite le richieste, quali guarigioni, matrimoni, o vincite al lotto, il devoto poteva rimpiazzare la capuzzella con un’altra, nella speranza che si rivelasse più benevola. Se il teschio non sudava, significava che l’anima pezzentella era in uno stato di sofferenza ed impossibilitata ad elargire grazie, quindi bisognava confidare in entità celesti più potenti.
La sospirata grazia è come vedete , la vera grande filosofia napoletana , poichè nella sua concezione egli ritiene che le anime dei morti svolgono un ruolo importante in quanto possono influire sull’ esistenza dei vivi . Le anime dei morti , infatti ,vengono viste come entità spirituali a cui potersi rivolgere con familiarità ma anche con dovuto rispetto per chiedere grazie ed intercessioni , nonchè per ottenere guarigioni , vincite al lotto ed altri favori , per cui esse vanno venerate quasi allo stesso modo dei santi ( la chiesa ad un certo punto preoccupata scese in campo e ne abolì il culto ).
Tutto questo rientra nella grande filosofia del popolo napoletano che con pari disinvoltura mostra una esuberante confidenza con la vita e una grande familiarità con la morte.
Il culto di queste anime purganti a Napoli si esprimeva quindi come abbiamo visto , proprio attraverso la parte più importante in vita di quell’individuo , quella che conservava ancora un certo potere e che addirittura era aumentato con il divenire della morte , Il defunto infatti , trovandosi in una condizione incorporea e non più limitato dalle leggi spazio-temporali proprie della realtà materiale e’ ora in grado anche di prevedere il futuro , di conoscere cose nascoste ed in qualche caso addirittura di intervenire nelle vicende umane . A lui e ‘ possibile chiedere ed ottenere grazie e previsioni per il futuro e magari ottenere in sogno qualche segno o indicazione . I sogni sono infatti sempre stati fin dai tempi degli oracoli una delle condizioni più idonee ad ottenere delle risposte e delle comunicazioni con figure di altre dimensioni siano essi degli Dei , dei Santi o anime di defunti .
Rappresentando il principale tipo di comunicazione fra i vivi ed i morti , questo sistema , nasconde comunque un altro tipo di problema . Accade infatti spesso che i messaggi avvenuti in sogno siano poco chiari , oscuri o espressi in forme criptiche e simboliche .
Nel mondo antico , questa interpretazione di messaggi e previsioni spettava per competenza a sacerdoti ed oracoli oppure a maghi ed indovini . Essi dotati di forte ispirazione erano in grado di decodificare strani sogni e simboli dando un senso logico e profetico al messaggio divino . I più autorevoli personaggi in tal senso furono per quasi oltre un millennio gli oracoli greci e tra questi l’oracolo più famoso fu quello di Apollo a Delfi, che si trovava in prossimita’ di una struttura di forma grosso modo conica detta omphalos (ombelico) che si credeva segnasse il centro della Terra.
Esso era visitato da circa 35.000 persone al giorno che approdavano al sito da ogni parte del Mediterraneo . Questi si sottoponevano ai procedimenti di purificazione alla fonte Castalia facendo offerte ad Apollo ed ad altri Dei mentre salivano per la Via Sacra (costeggiata da circa 4000 statuette votive ), il monte Parnaso sino al tempio dell’Oracolo. In questo luogo presiedeva per tutti i giorni dell’anno, una sacerdotessa spesso seduta su un tripode aureo ( considerato il sedile rituale di Apollo ) oppure semplicemente posizionata in piedi all’ingresso della caverna . Essa posseduta dal Dio , rappresentava la voce di Apollo che parlando attraverso la sua sacerdotessa era capace di dare responsi rispondendo alle domande di re o di uomini comuni impartendo ordini circa i siti dove stabilire nuove colonie (come fece per l’attuale Istambul e Napoli ), decretava quali nazioni fossero amiche, quali leggi imporre, quali fossero le cause di epidemie o di carestie, quali fossero i nuovi culti o le forme commerciali o musicali o artistiche migliori.
La sacerdotessa prima di stabilire il contatto col Dio si bagnava in una fonte sacra, bevendo alla sua acqua limpida. Il contatto veniva poi stabilito tenendo in mano un ramo di alloro . Dopo aver inalato il fumo di foglie di alloro bruciate o forse addirittura masticate , incominciavano a dare ininterrottamente risposte alle varie domande in maniera immediata e senza alcuna pausa riflessiva parlando con la bocca delirante e con vari contorcimenti del corpo .
Le sacerdotesse erano in genere semplici ragazze di campagna senza alcun requisito particolare e le trances in cui cadevano , sarebbero secondo recenti studi state invece reali e indotte dai vapori che salivano da una sorta di solfatara al di sotto del pavimento della caverna. Secondo un’altra ipotesi invece nell’alloro potrebbero essere presenti sostanze allucinogene .
In altri oracoli , le pizie per allucinazione , sentivano invece la voce degli Dei nel vento che frusciava fra le sue foglie di un’ enorme quercia sacra ( oracolo di Zeus a Dodona ) .
Altri oracoli ,certamente in possesso di doti eccezionali ma sprovvisti di qualsiasi veste istituzionale, sentendo di essere possedute da un dio , vivevano in solitudine, in venerati santuari di montagna che erano stati costruiti appositamente per loro, o in caverne tufacee sotterranee in prossimita’ del mare o laghi , come la grande Sibilla Cumana.
Le Sibille ( o Pizie ) erano sacerdotesse vergini con il dono della profezia che si trovavano ovunque esistesse il culto di Apollo.
Il suo culto partito dall’Asia Minore , raggiunse le colonie italiche e successivamente anche Roma .
I principali luoghi di culto oracolare furono quelli di Delfo , dell’Africa e di Cuma .
Ogni luogo di culto di Apollo aveva la sua Pizia che si differenziava nel nome per tradizione
Tutti gli scrittori dell’antichita ‘ sono d’accordo nell’ammettere che le Sibille siano realmente esistite ma discordavano intorno al loro numero .
Platone nel Fedro accenna ad una sola , l’Eritrea .
Solino ed Ausonio ne citano invece tre : ‘Eritrea , la Sardica e la Cumea.
Eliano ne conta quattro : l’Eritrea, la Sardica , l’Egizia e la Samia.
Varone ne elenca invece dodici : l’Eritrea , la Delfica , la Caldea , la Frigia , la Persica , l’Ebraica , l’Egizia , la Libica , la Cumana , l’Ellespontica , la Tiburtina e la Sardica .
Feneci infine ne aggiunse altre due : l’Europea e la Tiburtina .
Tre di esse erano italiane : la Frigia , la Cumea e la Tiburtina .
La importante fu quella Cumana che inizialmente si chiamava Cumea .
Oltre a questa sacerdotesse , anche altre donne reputate indovine e profetesse furono chiamate Sibille come : Cassandra ( figlia di Priamo ) , Campusia , Colofonia , Manto ( figlia del famoso indovino Tebano in Tessaglia ) , Elissa , Carmenta , Fauna o Fatua ( adorata sotto il nome di Dea Bona ) e la regina Saba ( ebbe fama di Sibilla presso gli ebrei ).
Ad esse come agli oracoli di famose sacerdotesse , veniva chiesto di prendere decisioni su questioni di varia importanza . Le loro risposte erano cosi’ pervase di fervore morale che persino i primi Padri della Chiesa e gli ebrei ellenistici si inchinarono ad esse come a profetesse di livello pari a quello dei profeti dell’Antico Testamento. La Chiesa cristiana antica, in particolare, ne uso’ le profezie (spesso dei falsi) per dare un sostegno alla propria autenticita’ divina. Ancora un millennio dopo, in Vaticano, quattro sibille furono dipinte in posizioni prominenti, sul soffitto della Cappella Sistina, da Michelangelo.
Tanta fu la fama e la devozione per le Sibille che ogni anno i rappresentanti di tutti i popoli affrontavano lunghi e pericolosi viaggi per poterle consultare . I volti delle Sibille furono scolpiti sui marmi , incisi sui metalli , intarsiati sui legni , dipinti sulle tele e sulle pareti .
Le profezie delle Sibille venivano operate in uno stato di trance mediatico e mentre erano in trance certamente non potevano trascrivere ” le loro profezie che venivano invece interpretate e trascritte per opera delle sacerdotesse presenti al rito .
I sacerdoti che assistevano ai riti sacri delle veggenti , raccoglievano i reconditi messaggi delle Pizie e abbellendoli e depurandoli li trascrivevano nei famosi libri sibillini .
Sorsero cosi’ diversi libri di profezie che circolavano nei templi dedicati ad Apollo che servivano sopratutto a sostituire le sacerdotesse li’ dove non potevano essere presenti . I più ‘ famosi di questi libri furono certamente quelli della Sibilla Cumana giunti fino a Roma nel gravoso destino di governare i grandi eventi della potente citta’.
Le sacerdotesse , durante il rito preparatorio mettevano in bocca foglie di lauro , cioe’ una pianta che se masticata a lungo ha il potere di favorire una sorte di trance ipnotica . Inoltre alcune condizioni locali , come ad esempio i fumi di anidride carbonica presenti presso il il lago di Averno , potevano indurre fenomeni di intossicazione tali da causare stati temporanei di euforia psicotica.
L’ alternativa al classico vaticinio consisteva nella ” scrittura su foglie “.
La scrittura su foglie era legato all’ dell’interpretazione dei segni ed in particolare all’interpretazione dei tagli presenti sulle foglie masticate , che venivano letti allo stesso modo dei visceri degli animali o dei segni nel cielo .
A Cuma , la Sibilla ricorreva ad entrambi i modi per proporre i propri vaticini , uno per mezzo del tradizionale responso su foglie , l’altro in uno stato di trance furioso mentre era invasa . E’ per questo che Enea chiedera’ alla Sibilla di esternare il proprio responso a voce e non su foglie che facilmente il vento puo’ sconvolgere .
Di tutti i libri attribuite alle Sibille di Apollo nelle varie aree del mondo , i più’ importanti furono quelli della Sibilla Cumana custoditi all’interno del Campidoglio a Roma .Questi libri , detti sibillini e tanto celebri nella storia di Roma contenevano i grandi destini dell ‘alma citta’( Fata Urbis Romae ).
La leggenda racconta che la Sibilla Cumana si reco’ personalmente da Tarquinio il Superbo e offri’ in cambio di trecento monete d’oro i nove libri che contenevano tutte le profezie .
Davanti al rifiuto del re , la vecchia sacerdotessa brucio’ tre dei nove libri e chiese ancora al re la stessa somma di denaro stavolta per i rimanenti sei libri .
All’ennesimo rifiuto di Tarquinio , la Sibilla diede nuovamente alle fiamme tre dei rimanenti libri e chiese lo stesso prezzo .
A quel punto il re , impressionato da questo gesto e timoroso di vedere distrutti per sempre gli ultimi manoscritti , diede alla Sibilla quanto richiesto e custodi’ gelosamente gli scritti.
Si racconta che fossero scritti su figlie di palma , parte in versi e parte in geroglifici simbolici , ed erano custoditi dentro una cassa di pietra da due sacerdoti il cui numero fu successivamente portato a quindici.
Solo ai sacerdoti era concesso la facolta’ di prendere i libri dalla cassa e la loro consultazione avveniva in occasione di terremoti , pestilenze , inondazioni , guerre o prodigi strani che facevano intravedere i segni di un grosso cambiamento o di un imminente catastrofe per lo stato.
I sacerdoti , accompagnati da schiavi che conoscevano il greco , leggevano quindi le profezie e le interpretavano attraverso una serie di rituali rimasti sconosciuti .
La consultazione suggeriva gli atti da compiere per modificare il corso degli eventi e le cerimonie ed appare quindi ovvio come ” il potere dei libri ‘ fosse enorme .
Sapientemente manipolati e interpretati potevano dare addirittura indirizzi politici .
Al popolo non era dato vedere i libri , pena il supplizio destinato ai parricidi cioe’ cuciti vivi in un sacco di cuoio e gettati in mare .
Quando nell’83 un grande incendio distrusse i libri custoditi nel Campidoglio si apri’ una fase incerta della politica romana e poco tempo dopo venne dato incarico ad una apposita commissione( che giro’ attraverso tutti i templi della Grecia e dell’Asia Minore) , di ricostruire i libri perduti alla ricerca delle originarie profezie .
La commissione , di chiara matrice politica , provvide quindi a ricostruire i libri oracolari che sancirono da quel momento in poi il potere divino di Giulio Cesare , di Antonio e di Ottaviano .Da quel momento in poi infatti l’Impero trovera’ la propria conferma nelle antiche profezie .
( Ottaviano fece stralciare quasi duemila profezie non in linea con il suo nuovo corso politico )
Sotto il regno di Nerone i libri bruciarono nuovamente e furono nuovamente ricostruiti .
Sotto il regno di Giuliano bruciarono di nuovo e furono per la terza volta raccolti e stavolta rinchiusi in casse dorate e alloggiate sotto la base del tempio di Apollo Palatino dove stettero fino al 450 D. C. per poi essere raccolti e posti ancora una volta in Campidoglio dove vennero consultati fino al VI secolo .
Nella tradizione popolare napoletana ancora oggi molte persone sembrano avere un rapporto privilegiato nel contatto con gli spiriti dei defunti ed altre entità del mondo invisibile . In primo luogo i cosiddetti “ assistiti “ variamente definiti come “ Santoni o Diavulilli “ a seconda della natura degli spiriti con cui sono in contatto o dai quali sono posseduti . Questi assistiti a Napoli per tradizione devono essere sempre e soli 72 , un numero molto importante nelle tradizioni esoteriche sopratutto se rapportato alla dottrina dei cicli Cosmici . Il numero 72 e ‘ infatti l’ unità di misura per i calcoli relativi alla precessione degli equinozi e , quindi , al succedersi dei Cicli dell’ umanità . Nella cabala ebraica esistono 72 nomi divini e 72 nomi angelici e 72 sono gli spiriti elencati in un famoso testo di magia in circolazione f”in dal medioevo chiamato Clavicole di Salomone “.
Ma il numero 72 e’ anche uno dei simboli fondamentali della tradizione esoterica magica che appare ben presente anche nella composizione del Pentagono stellato . Il numero 72 divide infatti la circonferenza in cinque parti uguali e gli angoli del pentagono regolare che si viene a formare misurano giusto 72 gradi .
Questi “ assistiti “ sono persone che in genere fin dalla loro adolescenza , manifestano una marcata “ diversità “ , un aspetto emaciato , un singolare modo di esprimersi e degli atteggiamenti eccentrici e bizzarri . Questa diversità e’ il segno di una sorta di vocazione che viene a svilupparsi dopo la pubertà in seguito ad una malattia o in seguito ad una profonda crisi . Esse in seguito a questo evento , sembra che sviluppino secondo credenza popolare , dei poteri magici entrando in contatto con delle entità sovrannaturali . Egli sviluppa quindi il potere di entrare in contatto con gli spiriti, e grazie alla loro assistenza acquista la facoltà di conoscere in anticipo i numeri vincenti, che dona a suo piacimento.
Le connotazioni magico-sacrali di questa figura hanno portato il popolino ad assegnargli la denominazione di “Santone” ; ma poichè nel sincretismo magico-religioso popolare gli spiriti possono essere anche gli spiriti cattivi, cui l’assistito tende ad assumere altresì anche tratti diabolici (“Diavolillo”), anche se non necessariamente è collegato con la stregoneria. L’assistito “ha le parole mancanti del battesimo”, ossia, a causa di un errore “tecnico” (una parola dimenticata e/o saltata dal prete o dal padrino durante il battesimo) non ha potuto recidere del tutto il suo legame col mondo irredento.
L’assistito veste generalmente in maniera eccentrica , contemplativa e distratta, come chi non cura le cose di questo mondo. Nel suo fisico magro e pallido egli porta inoltre i segni delle notti insonni, agitate dalla paura e dai maltrattamenti degli spiriti e da altre allucinazioni.. La gente comune percependo la loro anormalità o eccentricità e sopratutto la loro facoltà di parlare cogli spiriti, nutre nei loro confronti rispetto facendone delle figure credute perchè dotate di prestigio. Essi vengono cercati, circuiti, corteggiati da folle di “credenti” o “patiti”, e ad essi si fanno regali e si offre denaro per ottenere i numeri.
A tal proposito per far ben capire il fenomeno mi piace riportarvi quanto scritto dalla grande scrittrice Matilde Serao, la fondatrice del quotidiano Il Mattino, nel suo capolavoro “Il Ventre di Napoli”:
«Talvolta i giuocatori delusi bastonano l’assistito, poi gli chiedono perdono. Anche i monaci hanno le visioni. Ve n’era uno famoso, a Marano presso Napoli: vi andava la gente in pellegrinaggio. Un altro giovane, era al convento di San Martino: anche famoso. Talvolta i giuocatori sequestrano il monaco, lo battono, lo torturano. Uno ne morì. Prima di spirare, pronunziò dei numeri: li giuocarono, uscirono, mezza Napoli vinse al lotto, poiché un giornale aveva riportati questi numeri».
Egli comunque in genere svolge la sua professione a casa, ma non di rado si reca nei bar o nelle case dei clienti per guadagnare di più. Per ingannare i clienti ed i gestori dei locali che gli concedono lo spazio, fa credere di avere poteri sovrannaturali; ciò a volte porta i clienti stessi a richiedere d’oltranza anche qualcosa di diverso, come tentare di fare innamorare qualcuno o guarire da gravi malattie.
Nel caso degli ‘ assistiti “ napoletani , questi poteri acquisiti di preveggenza , sono volti in genere , quasi esclusivamente ad indovinare i numeri al lotto o leggere il futuro attraverso cartomanzia . A tal proposito mi sembra giusto ricordare che il numero 72 al lotto secondo la cabala numerica significa “ la meraviglia “ che esprime proprio l’ attonito stupore di chi si trovi improvvisamente in contatto con una manifestazione soprannaturale .
La figura dell’Assistito , se ci fate caso , sembra avere qualche tratto in comune con quella dello Sciamano . Lo sciamano, infatti , generalmente di sesso maschile, è essenzialmente un medium, un portavoce degli spiriti nel cui mondo entra al momento fin dall’adolescenza manifestando singolari modi di esprimersi ed atteggianti eccentrici molto diversi dalle comuni persone caratterizzati da strani sogni e visioni
.Nelle società tribali lo sciamano è una figura molto importante che media tra mondo invisibile e mondo fisico. Spesso viene identificato sin dall’infanzia come una persona diversa, che più delle volte passa il tempo con le donne, vestendosi anche da donna.
La psiche sciamanica è spesso androgina, ovvero maschile e femminile insieme, e la visione della realtà non appare ordinaria, ma in uno stato di coscienza alterato.
I principali suoi compiti sono la guarigione e la divinazione, ottenute mediante la possessione spiritica o il trasferimento dell’anima dello sciamano fino al cielo o agli inferi ( esistono resoconti di resurrezioni miracolose operate da sciamani che, recandosi fino alla terra dei morti, ne riportano lo spirito del defunto) . Inoltre, lo sciamano officia riti di passaggio: propizia la stagione della caccia e svolge funzione di psicopompo guidando nell’aldilà le anime dei morti. Gli sciamani occupano una posizione sociale ed economica elevata, specialmente se diventano famosi come guaritori.
Oltre che agli assistiti , una certa familiarità con i numeri ed eventualmente anche con il mondo degli spiriti a Napoli e’ sempre stata attribuita anche a personaggi come il Monaco , l’eremita , il venditore ambulante della smorfia ed infine ai cosiddetti “ Femminielli “ , persone caratterizzate da una natura “ ambivalente o intermedia “ e quindi particolarmente adatta alla mediazione fra livelli di realtà diversi .
Egli assumendo un ruolo quasi sacerdotale , ha rappresentato nel corso dei secoli la voce degli Dei e degli spiriti a noi vicini .Non a caso , a tal proposito , i sacerdoti di Cibele, così come i ministri del culto della Madre nell’area mediterranea, erano eunuchi. In loro e solo in loro, gli dei trovavano il tramite per far ascoltare ai devoti la loro voce. I suoi riti, finalizzati alla fecondità e alla sua celebrazione, erano sottratti a ogni regola del vivere quotidiano secondo la regola del tempo di ferie relativo alla celebrazione dei Saturnalia il cui esempio e’ ancora vivo nel pellegrinaggio in Irpinia della muta dei femmineilli a Montevergine .
I Saturnalia era un periodo di feste che ai tempi degli antichi romani si tenevano alla fine di ogni dicembre per una settimana ( tra il 17 ed il 24 dicembre ) – Essi festeggiavano la figura di Saturno, il dio dell’Età dell’Oro la cui ultima dimora secondo la leggenda fu proprio il Lazio. Per onorare il dio, poi sovrapposto sincreticamente al ‘greco’ Crono, padre e nemico di Zeus-Giove, si svolgevano le feste a lui dedicate secondo lo strano copione di svolgere durante tutto il periodo della ferie il contrario di quanto fatto in maniera ordinaria . Durante quei giorni, la gente si scambiava i ruoli: ad esempio i padroni servivano gli schiavi . Durante le feste si allestivano grandi banchetti, con canti, danze e finanche orge, per ricordare l’opulenza dell’età dell’oro , inoltre era concesso agli schiavi di banchettare e di poter prendere in giro i padroni (certo l’avrebbero pagata successivamente…), secondo la logica del capovolgimento sociale.
A capo di tutto il senso della festa, vi era la sospensione del tempo ordinario e l’entrata in un tempo diverso, differente e, sopratutto capovolto rispetto a quello quotidiano. Perciò si onorava il dio lasciando la consueta dimensione umana, entrando nel tempo di ferie.
La continenza nel mangiare e nel bere, perciò, poteva (e doveva) essere accantonata. Il rispetto delle convenzioni sociali andava immediatamente sospeso, capovolgendo i diritti e doveri di casta: un modo eccezionale, questo, per lasciar sfiatare e decantare l’accumulo delle tensioni e curare l’armonia tra le componenti delle comunità.
I Saturnalia o Saturnali, erano incredibilmente le feste romane più attese dell’anno, perché esprimevano per ogni cittadino il desiderio di liberarsi dalle leggi per ritornare al caos primordiale . Esse rappresentavano una vera e propria valvola di sfogo per tutti , un modo per uscire per qualche giorno dai soliti schemi , un modo concesso dalle autorità costituita per essere folli una volta all’anno .Tutto questo questo per una sorta di funzione catartica attribuita alla ‘follia’, all’‘uscire fuori dagli schemi’, che favoriva una sorta di liberazione corale, che l’autorità costituita era consapevole di non poter reprimere per tutto l’anno e i Saturnali, dunque, fungevano da valvola di sfogo.
Le feste prendevano come già detto , il nome dal dio Saturno, corrispondente del greco Crono e padre di Giove/Zeus, che si riteneva imperasse durante la mitica “età dell’oro”, quando sulla terra regnavano pace e abbondanza; per questo i suoi festeggiamenti, affinché fossero di buon auspicio, avvenivano durante la parte dell’anno in cui cadeva il solstizio d’inverno e in cui si attendeva – in un momento ‘buio’ come dicembre – la ‘rinascita’ della natura. Non è un caso che queste celebrazioni facevano da preludio al “dies natalis Solis Invicti” (giorno di nascita del Sole Invincibile), che cadeva il 25 dicembre, e che in epoca cristiana coincideranno con l’Avvento.
Il Dio Mitra , molto venerato nel mondo militare romano , veniva festeggiato nel giorno in cui oggi festeggiamo la nascita di gesu’ : il 25 dicembre . Egli al termine del suo operato , a soli 33 anni con l ‘ aiuto del sole , venne poi assurto in cielo , da dove continuava a proteggere gli esseri umani .
VI RICORDA QUALCOSA TUTTO QUESTO ?
Tra le cose vietate che rientravano in quelle lecite al tempo dei Saturnalia c’era il gioco d’azzardo. Perciò a dicembre si poteva, onorando piamente il dio, fare tutto quello che in altri mesi era considerato quantomeno disdiscevole. Il gioco d’azzardo fortemente proibito durante il resto dell’anno, era originariamente un atto rituale in stretta connessione con la funzione rinnovatrice di Saturno il quale distribuiva le sorti agli uomini per il nuovo anno; in tal modo la fortuna del giocatore non era dovuta al caso ma al volere della divinità”.
Ma non è tutto perché il gioco, come in (quasi) tutte le culture della storia, nasce come pratica religiosa se non addirittura magica ma finisce, poi, come sappiamo , per diventare una pratica (quando non un vizio) umana , come accaduto a Napoli dove la tradizione che, oggi, sopravvive legata alla divinizzazione e al culto della Cabala nella tombola di ogni natale napoletano viene vista come la rievocazione delle antiche feste dedicate a Saturno .
Il funzionamento del gioco è noto a tutti . Chi tiene il banco, anzi il cartellone, estrae dal panariello i numeri che i giocatori cercano sulle cartelle che hanno acquistato prima che l’estrazione abbia inizio. Chi sarà fortunato, centrerà i premi: l’ambo (due numeri usciti tra quelli segnati sulla stessa riga), il terno, la quaterna, la cinquina fino all’ambitissima tombola. Nella versione che si è imposta nel corso del tempo, chi regge il tabellone partecipa egli stesso al gioco.
Ma ogni numero ha sempre avuto un suo misterioso significato ad esso correlato e per svelare questi misteri serviva un interprete . Qualcuno che proprio perché “ ambivalente o intermedia “ avesse una mano guidata dagli Dei ed essere nello stesso tempo capace di parlare con persone defunte . Un sacerdote di antichi oracoli …. capace al momento stesso di svelare significati nascosti dietro a eventi accaduti nella vita quotidiana o legati ad episodi particolari .. ma anche capace , su richiesta , di trarre dai vari sogni i corrispondenti numeri da giocare al lotto .
Il “femminéllo”, in quanto maschio omosessuale con espressività marcatamente femminile era ed e’ ancora oggi , la figura che meglio si adattava a questo ruolo divenendo in questo modo un’identità culturale e sociale molto peculiare e storicamente ancorata nel tessuto urbano napoletano. ’Il ruolo sacerdotale del “femminiello”, quale voce degli dei o del mondo ultraterreno divenne quindi sacra e rispettabile . Essa era ed e’ ancora oggi la figura che che distruibisce le sorti per l’anno nuovo tramite le famose tombole “scostumate”, che caratterizza il Natale culturale a Napoli e dintorni.
La sua figura ha sempre goduto nella tradizione campana, una posizione relativamente privilegiata grazie anche alla sua partecipazione ad alcune manifestazioni folkloristiche a volte anche di ambito religioso come la “Candelora al Santuario di Montevergine ad Avellino” oppure la “Tammurriata” alla festa della Madonna dell’Arco. In queste si celebra una famosa leggenda, risalente al XIII secolo, che racconta dell’ intervento miracoloso della Madonna per liberare due amanti omosessuali, legati a un albero tra lastre di ghiaccio . Da allora essi si recano iogni anno il 2 febbraio , (40 giorni dopo la nascita di Cristo ) in pellegrinaggio sul monte per chiedere la benedizione di Mamma Schiavona.
La leggenda narra che sul monte Partenio ( dal greco pàrthenos ossia vergine.) , come anticamente si chiamava l’attuale monte , esisteva un tempio dedicato a Cibele dove pare che anche il poeta Virgilio vi si recasse per onorarla e chiederle grazie per i suoi malanni. La dea pagana aveva nei suoi cortei di adoratori sia uomini che donne chiamati coribanti guidati da sacerdoti ermafroditi chiamati arcigalli che, al suono di tamburi a cornice, cantavano e ballavano danze ipnotiche per raggiungere l’estasi che li avvicinava al divino.
La Chiesa ha attribuito a questo giorno ( 2 febbraio ) il nome di Candelora, per indicare la festa della luce, dal latino candelorum, benedizione delle candele. Dalle prime luci dell’alba centinaia di pellegrini e tutto il popolo locale , accorre in massa al santuario di Montevergine per omaggiare la grande Mamma Schiavona, la Madonna nera.
Un giorno tanto atteso che apre il ciclo delle feste mariane, il giorno ideale per partecipare a centinaia di tammurriate davanti all’antico luogo di culto che molti secoli prima ospitava un tempio dedicato a Cibele la grande madre degli dei.
La tradizione, vuole che le candele benedette in questo giorno posseggano dei poteri straordinari. Esse vanno conservate a casa e verranno accese durante l’anno in momenti particolari in cui si sentirà il bisogno dell’aiuto divino: in situazioni di grave pericolo, per placare l’ira della natura durante il mare in burrasca o violenti nubifragi, durante l’assenza di una persona cara, o per la richiesta di assistenza per una persona malata o moribonda.
Il “femminéllo”, nonostante il trucco pesante, l’abbigliamento non propriamente raffinato, le movenze e le tonalità caricaturali, è una figura molto rispettata nella nostra città , sopratutto nei quartieri popolari , dove il terzo sesso è sempre stato non solo tollerato ma rispettato nel suo ruolo e mostrato senza pudore. Egli facendo parte del tessuto sociale cittadino e’ addirittura considerato una persona che porta fortuna. Per questa ragione è invalso l’uso (sempre nei quartieri popolari) di mettergli in braccio il bimbo appena nato e scattargli la foto; oppure farlo partecipare a giochi di società quali la tombola.
La popolarità di cui gode ha sempre fatto sì che la sua presenza fosse necessaria in alcune manifestazioni tradizionali, tra queste, la più conosciuta è la tombola Vajassa (detta scostumata) in cui la figura del Femminiello è deputata all’estrazione del numero come portafortuna nella buona riuscita del gioco natalizio. Questa rituale estrazione dei numeri della Tombola costituisce senz’altro una delle più caratteristica espressioni della tradizione popolare napoletana . In questa , Il panariello spinto dalla mano degli dei o chi per esso , esprime attraverso la figura del femminiello che, a sua volta, utilizza il codice della Smorfia, le storie dai numeri che escono .
La tradizione della “ Tombola Vajassa” ,esiste ( e resiste ) da secoli nei quartieri popolari di Napoli . Ad essa possano partecipare esclusivamente donne e/o femminielli. Il gioco avviene generalmente in un “basso”, e fino a qualche anno fa gli uomini potevano assistere al gioco purché essi restassero rigorosamente alla porta o a guardare dalla finestra senza accedere in alcun modo nella stanza dove si svolgeva la tombola ( oggi comunque in alcune Tombole Vajassa possono partecipare anche gli uomini ).
Il gioco procede in modo rumoroso, sboccato, canzonatorio. Generalmente è il femminiello che tira a sorte i numeri proclamandoli ad alta voce secondo il significato della smorfia napoletana . Il numero sorteggiato può anche non essere annunciato in modo palese; infatti, basandosi sulla smorfia napoletana, al posto del numero egli può semplicemente dire il suo significato più diffuso e risaputo, che i presenti immancabilmente conoscono ed intendono.
Il divertimento della tombolata con i femminielli è dato proprio dalla “smorfia”: infatti, man mano che i numeri escono, il femmenèlla concatena in una sequenza logica e cronologica i relativi significati, creando una storia che si forma dalla casualità del sorteggio e dalla sua fantasia : è un “evento” che il femmenèlla ricorda man mano che esso si sviluppa e che viene commentato rumorosamente con divertimento o con finto scalpore dagli stessi femminielli e soprattutto dalle donne presenti al gioco. Il linguaggio utilizzato in questa spettacolarizzazione del gioco della tombola , è quanto di più fantasioso e colorito si riesce a immaginare, senza alcun pelo sulla lingua e ovviamente senza limiti alla fantasia ma soprattutto alla volgarità …. ma i doppi sensi e le continue allusioni sessuali rimangono . Il bravo Femminiello riesce comunque a farlo senza mai scadere nel volgare esprimendosi in un dialetto napoletano che risulta comprensibile a tutti, perfino dai tanti stranieri oggi sempre più presenti .
Tra gli altri riti celebrati dai femminielli, famosi sono anche quelli dello Spusalizio mascolino, la Covata dei femminielli e la Figliata dei femminielli.
Nel primo, due femminielli si uniscono a nozze in forma privata, poi i novelli consorti si ritiravano in camera dove consumavano il matrimonio.
Con la Covata, mentre la donna partorisce, il marito mima a sua volta il parto, imitando le doglie con pianti e grida e ricevendo per questo tutte le attenzioni normalmente riservate alla partoriente. Col tempo il femminiello sostituisce il marito e, con la sua presunta carica di positività, è di buon auspicio alla neo mamma e al neonato.
Il cosiddetto rito della “figliata dei femmenelli” invece consiste nella simulazione, dietro un velo, del parto da parte dei femmenelli, con tanto di doglie ed è oggi considerato un rito apotropaico di buon auspicio.