Come oramai a tutti noto , la nostra città’ fu nel 700 una grande capitale musicale e proseguì in questo suo primato per tutto il secolo successivo, quando grandi compositori del melodramma nazionale furono presenti come autori di nuove opere e direttori artistici del real Teatro San Carlo . 

 Parliamo di musicisti del calibro di V. Bellini, G. Rossini , G.Verdi  ed in particolare di un noto compositore di origini bergamasche : Gaetano Donizetti.

Il grande maestro pur essendo nato a Bergamo il 29 novembre 1797 e poi morto sempre a Bergamo l’8 aprile 1848 ,  ha infatti legato indissolubilmente il suo nome alla città dove tra un viaggio e l’altro , facendo spesso ritorno a Napoli , trascorse ben sedici, densissimi lunghi anni della sua vita .

N.B. Nella nostra città , cambio’ tre case e scrisse 50 opere, destinandone ben 29 ai soli Reali Teatri cittadini (il San Carlo, il Fondo e il Nuovo). Assume inoltre la direzione musicale degli stessi teatri, e insegno ‘ composizione e contropunto al Conservatorio. 

Considerato nella storia musicale italiana uno tra i più celebri operisti dell’Ottocento , egli non fu un figlio d’arte . Nacque infatti come quinto figlio da una famiglia di umile condizione e molto povera . Suo padre lavorava come guardiano al Monte  dei Pegni mentre la madre faceva la tessitrice .

Egli si avvicinò alla musica solo perché  da piccolo alla sola tenera età di 7 anni , fu ammesso a frequentare la scuola caritevole ( attuale Conservatorio ) di Bergamo dove tenevano lezioni musicali Johan Simon Mayr, Francesco Solari e Antonio Gonzales . 

In questa scuola studiando musica divenne ben presto allievo prediletto del maestro Mayr che dapprima ne curo la formazione e successivamente valutandone anche i grandi progressi lo affido’ a Bologna alle cure di Stanislao Mattei . 

Sempre Mayr intuendo il suo notevole talento gli procurò la prima scrittura per un’opera al Teatro San Luca di Venezia .

Conclusa la breve esperienza veneziana il compositore fu dapprima a Roma, presso l’impresario Paterni, come sostituto di Mayr e successivamente a Napoli dove godendo  della fortuna dell’ incontro col potentissimo impresario Domenico Barbaja, appena separatosi dal suo più clamoroso e riuscito investimento che faceva capo a Gioacchino Rossini.

CURIOSITA’: La “fuga” di  Rossini  da Napoli conta su retroscena passionali: per sette anni il compositore pesarese si era infatti trovato a condividere con Barbaja (già disposto a offrirgli, oltre a un cospicuo compenso monetario, vitto e alloggio nelle sue lussuose dimore) le grazie della medesima amante, la cantante spagnola Isabella Colbran. Nel febbraio del ’22 il triangolo si spezza: Rossini e la fatalona Colbran decidono di partire alla volta di Vienna. Durante il viaggio fanno sosta a Bologna e si sposano grazie ad una dispensa ottenuta dal cardinale Oppizzoni , poiche vi era  in corso in periodo di Quaresima dove la chiesa cattolica vietava di celebrare le nozze. 

Isabella Colbran era figlia del  violinista spagnolo Giovanni Colbran. Egli abbandonò la Spagna nei primi anni dell’800 per avviare alla carriera teatrale la figlia Isabella, dotata di un talemto eccezzionale Dopo essersi dapprima recato in  in Francia, decise poi di stabilirsi  in Italia dove nel  1812 aveva acquistato  dal Collegio di Spagna una villa a Castenaso, vicino a Bologna, lasciata poi in eredità a Isabella, che vi abitò fino alla morte.

La villa, venduta nel 1851, fu distrutta da un incendio durante la Seconda Guerra Mondiale ed oggi restano solamente il pozzo e le colonne del cancello d’entrata.

La sua prima esibizione italiana di Isabella Colibran ,avvenne a Bologna nell’aprile 1807 , dove ella si impose come attrice , interprete e cantante di grande talento .Nel 1806 venne  infatti nomnata membro dell’Accademia Filarmonica di Bologna   e dopo aver effettuato alcune tournèe a Venezia e a Roma divenne poi la prima donna del Teatro San Carlo di Napoli   dove qualche anno dopo conobbe  Gioacchino Rossini , più giovane di lei Da quel momento fu .grande attrice ed interprete raffinata, ma anche indiscussa protagonista musa  di molte altre opere serie italiane di  Gioacchino Rossini.

Dopo il sodalizio personale e artistico coronato con il matrimonio preesso il santuario della Beata Vergine del Pilar di Castenaso ,Isabella decise di  ritirarsi  dalle scene e seguire il marito a Parigi per poi rientrare con lui a  Bologna nel 1873  Purtroppo, il matrimonio entrò in crisi e la coppia si separò.

Domenico  Barbaja, intanto non si perse d’animo e col consueto istinto impresariale,che lo caratterizzava , pensò subito di  consolarsi puntando sul giovane bergamasco.

Quando  Donizetti parte alla conquista del suo destino napoletano, è un giovanotto baciato dalla buona sorte. Fisicamente dotato di bell’aspetto , affascinante nel suo modo di fare, godeva fama  di essere un uomo molto sensuale come testimoniava  sua vasta galleria di amanti (cantanti come Giuseppina Merola, Almerida Granchi, Giuseppina Strepponi; aristocratiche come Zélie de Coussy, Giuseppina Appiani e Sofia di Lowenstein), Vantava inoltre di avere  un carattere estremamente  generoso, come rivelerà ampiamente quando, divenuto famoso, si dimostrerà sempre magnanimo e privo di invidia verso colleghi come Bellini e Verdi.

Musicalmente era inoltre considerato già da tutti  dotatissimo: e considerato un operista di fama. grazie alla sua Zoraide di Granata rappresentata a Roma .

Firma con Barbaja quindi un contratto in cui s’ impegna a scrivere quattro opere all’ anno per tre anni:(la sua prolificità è pari solo a quella dei conigli, commenterà sprezzante Heine). 

Da questa nuova collaborazione nasce così, in maggio, la prima opera napoletana di Donizetti, La zingara, in scena al Nuovo con un successo sancìto da 52 repliche. 

Al suo esordio  il 12 maggio del 1822  in sala era presente anche Vincenzo Bellini che rimase ammirato dalla scrittura contrappuntistica del Donizetti  ma che in seguito non ricambiò la stima profonda che Donizetti invece aveva per lui.

CURIOSITA’ : La stima fra Bellini e Donizetti non fu affatto reciproca: il primo non risparmiò critiche feroci al secondo, che invece ammirò sempre la musica del catanese. Donizetti  infatti alla morte del famoso musicista ne scrisse la messa da requiem che venne eseguita per la prima volta nella Basilica di Santa Maria Maggiore .

L’inizio di questa epoca  napoletana non sempre portò a Donizetti grandi successi .Tra  alti e bassi periodi di successo, egli in questo periodo compone a raffica, numerose opere senza pausa  né ripensamentie e sopratutto non sempre con gli stessi esiti: sospinto da un morboso furore iper-produttivo , la sua  produzione fu talvolta un po’ convenzionale .

In quel periodo , condizionato anche dal suo matrimonio con la delicata diciannovenne romana Virginia Vasselli, aumentato in lui il bisogno di guadagnare danaro per il giusto sostegno quotidiano , scrisse e di tutto, anche  decine e decine di canzoni, a decine.

CURIOSITA’: Il compositore  ebbe molte amicizie tra i mecenati dei più pregiati salotti partenopei del tempo. Ecco perché pur lombardo di nascita, gli furono richieste nuove canzoni alla napoletana che riecheggiassero nelle feste e nelle sale della città. Per dovere compositivo e per evitare di incrinare i rapporti amicali con i signori del tempo, Donizetti lasciò diverse arie da camera con testo napoletano accontentando così i suoi ammiratori e sostenitori.

In città , questa cosa faceva invidia a molti compositori sopratutto di origine napoletana che mal vedevano un bergamasco essere il maggior compositore a ricevere committenze in città , per cui in quel periodo  incominciarono a circolare in tutta la città caricature di Gaetano che scriveva musica con due mani in simultanea.

Gaetano , invece spinto  dall’urgenza del guadagno, in un’ epoca che non conosceva i diritti d’ autore,  era   ben conscio delle esigenze di un mercato famelico di  una città di 400.000 abitanti come Napoli che all’epoca ospitava  300 spettacoli all’ anno. Per r un operista era quindi indispensabile, pena l’ emarginazione dal circuito, produrre molto e in fretta, magari ricalcando l’ universale e vincente modello rossiniano, e rischiò di conseguenza a volte, un appiattimento di “genere” che fece coniare dai suoi detrattori in suo onore l’ epiteto di “Dozzinetti”.

Ma a dispetto dei suoi tanti detrattori egli invece ha scritto alcune delle  più famose arie napoletane di sempre .Il famosissimo brano “Te voglio bene assaje” , uno dei classici della tradizione musicale napoletana è infatti legato proprio al suo nome .Pare infatti che fosse stato proprio lo stesso Raffaele Sacco a darsi delle arie mettendo in giro la voce che sarebbe stato il maestro Donizetti ad aver musicato le sue parole,

N.B. In realtà il brano  attribuita al compositore bergamasco,a mio parere  fu invece composto da due napoletani  per la kermesse canora tenutasi durante la festa di Piedigrotta nel settembre 1839. Filippo Campanella ne scrisse la musica e un ottico, Raffaele Sacco, ne compose invece il famosissimo testo.

Le più famose arie napoletane di Gaetano Donizettisono invece  “Me voglio fa’ ‘casa”.  “Lu tradimiento” e “La conocchia” .

Dal 1830 in poi arrivano invece  gli anni del trionfo, Egli infatti liberatosi definitivamente della   sudditanza rossiniana, incominciò  ad  affermae in pieno tutta la  sua espressione drammaticaed il suo genio musicale . Nascono cosi alle scene opere come Anna Bolena, L’ elisir d’ amore, Lucrezia Borgia (tre titoli che debuttano a Milano), Maria Stuarda, Lucia di Lammermoor e  Roberto Devereux.

A Napoli, in una casa di Via Corsea, crea la sua gloriosa Lucia di Lammermoor in 40 giorni di lavoro sfrenato, attraversa con baldanza quattro devastanti epidemie di colera senza farsi contaminare ,e divenne direttore artistico del Teatro San Carlo dove  presentò ben diciassette opere in prima esecuzione, fra cui il suo capolavoro, la Lucia di Lammermoor. La prima della Lucia, su versi di Salvatore Cammarano   fu un trionfo. Il  vero capolavoro di Donizetti.

 

 

 

 

 

 

 

 

CURIOSITA’: Donizetti ottenne la  direzione artistica del teatro San Carlo dal 1822 al 1838 – ma per lui  possiamo dire che fu un ripego  in quanto in realtà egli avrebbe voluto la carica di direttore dell’allora Conservatorio San Pietro a Majellache rappresentava il suo vero sogno. 

.Da qui in poi la vita professionale di Donizetti proseguì a gonfie vele, anche se non mancarono i dolori  intrecciati a vicende familiari che  spesso  avvennero proprio nei momenti di maggior gloria e successo.  L’anno seguente il Belisario fu applaudito alla Fenice , ma l’anno fu funestato dalla morte del padre, della madre e della seconda figlia. Due anni dopo sarebbero mancate anche la terza figlia e la moglie, che morì di colera il 30 luglio 1837.

Dopo la perdita dei tre bambini mai nati o appena nati dall’ adorata moglie Virginia, la quale, dopo l’ ultima maternità , muore a soli 28 anni facendolo precipitare nella più cupa disperazione (“Tutto ho perduto… Per chi lavoro dunque?”, scrive al cognato Antonio), egli decise di lasciare Napoli. 

A far pendere definitivamente la decisione furono oltre i suoi problemi familiari , sopratutto  la censura per la sua opera il POLIUTO composta nel 1838 per il San Carlo  su cui però si abbatte un odioso divieto di censura che ne impedì la rappresentazione (alla fine non andò in scena, e fu rappresentato solo dopo la morte del compositore) e la mancata nomina a direttore del conservatorio  San Pietro Majella che lui si aspettava (  cui era direttore effettivo) che venne invece affidato  a  Mercadante.

Gaetano deluso da tutto questo decise quindi di lasciare Napoli e partire per la Francia rispondendo all’ invito ricevuto  da Gioacchino Rossini di scrivere  un’opera per il Theatre de la Comedie Italienne di Parigi .Confermati  nei suoi propositi nell’ottobre del 1838 egli era già a Parigi  .

N.B. Gaetano Donizetti , grazie al suo primo  grande successo ottenuto al Teatro Carcano di Milano con la sua opera  Anna Bolena, dove mostrò a tutti la sua  piena maturità artistica, era finalmente  conosciuto ed apprezzato anche fuori dai confini italiani e ormai innalzato al ruolo di operista italiano più rappresentato del tempo.

CURIOSITA’ :  Dopo il successo dell’Anna Bolena , Mayr che aveva sempre creduto in lui ,gli si rivolse chiamandolo “maestro”. Il rapporto di affetto e stima tra i due compositori rimase saldo fino alla morte.

In quegli anni le sue opere furono rappresentate ovunque, sia in traduzione sia in lingua originale, presso il Théâtre des Italiens. Scrisse La figlia del reggimento , che esordì all’Opera -comique  nel febbraio del 1840, e preparò una versione francese del Poliuto intitolata Les martyrs.

L’ambiente parigino, dove si era temporaneamente trasferito, fu certo foriero di successi e di entusiasmi, ma non scevro di difficoltà e frizioni, soprattutto con l’apparato teatrale e operistico del luogo.

L’anno seguente scrisse La favorita, riciclando pagine di un’opera mai conclusa: L’ange du Nisida. Ricevette anche l’importante nomina a cavaliere dell’Ordine di san Silvestro dal papa Gregorio XVI  . Ma fu l’invito del Rossini a dirigere l’esecuzione dello  Stabat Mater  a Bologna l’avvenimento più significativo. Dopo questo evento egli infatti  grazie a una raccomandazione per Metternich fatta  v da Rossini stesso, Donizetti partì alla volta di Vienna  dove il 19 maggio presentò la  Linda di Chamounix e  ricopreì poi l’ incarico di direttore musicale della stagione italiana, adoperandosi per diffondere le opere di Verdi.

Furono questi i suoi ulrimi anni di gran fervore artistico prima che la sifilide di cui era affetto pigliasse il sopravvento : rimaneggiò il Don Pasquale si occupò della rappresentazione francese della Linda di Chamounix , terminò la Maria di Rohan e mise in opera  il Don Sebastien, che riscosse grande successo a Parigi,

Gli ultimi trionfi del 1845 si accompagnarono al totale tracollo fisico del compositore . La sifilide , frurro della sua vita dissoluta negli anni trascorsi a Parigi, era ormai avanzata nelle sua fase più grave . Essa comportando  dei grossi danni vascolari cerebrali lo portava  talvolta totalmente a disconnettere e considerare da molti affetto da pazzia :  aveva lo sguardo spento, forti emicranie ed un carattere chiuso e diffidente, segnato da manie di persecuzione. L’infezione, dovuta alla sifilide, costrinse così Donizetti alla vita vegetativa nel manicomio d’Ivry -sur-seine , dove fu rinchiuso con l’inganno dal nipote, il quale gli fece credere che il manicomio fosse un albergo e un soggiorno momentaneo. Uscì solo qualche mese prima della morte, grazie all’impegno degli amici che lo riportarono a Bergamo, nel Plazzo Basoni Scotti , dove morì nel1848  ; la sua attuale tomba dopo molte peripezie e riesumazioni si attualmente  nella Basilica di Santa Maria Maggiore  a Bergamo,nel monumento funebre  a lui dedicato   scolpito da Vincenzo Vela   nel 1855, che si trova  accanto a quello del compositore tedesco e maestro di Donizetti, Simon Mayr.

CURIOSITA’: La salma del povero Donozetti ha dovuto dapprima subire una prima autopsia per appurare le cause della sua morte e successivamente una seconda ulteriore autopsia durante la quale non fu però rinvenuta la calotta cranica del corpo del musicista .Le indagini poi eseguite  portarono al ritrovamento della calotta cranica a Nembo  , presso un nipote erede del dottor Gerolamo Carchen, presente all’autopsia del 1848 e che aveva presumibilmente sottratto il cranio del musicista complice la disattenzione dei suoi colleghi.[

Il reperto venne dapprima collocato nella Biblioteca Angelo Mai e successivamente nel Museo Donizettiano a lui dedicato .. Nel 1875 i resti del compositore furono traslati dal cimitero di Valtesse dpve erano in origine sepolti alla Basilica di Santa Maria Maggiore dove   solo il 26 luglio 1951 vennero raggiunti dalla  calotta cranica che venne finalmente anch’essa  posta nella tomba, così da ricomporre l’intera salma del musicista.

 

 

 

 

 

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