Al nucleo trecentesco del complesso si giunge percorrendo il vico Donnaregina ( al quale si accede da via Duomo ).
Il complesso in origine occupava una grande insula della vecchia citta’ greco-romana dove si insedio’ nel 780 un convento di monache basiliane e successivamente monache benedettine che lo intitolarono a Santa Maria . Nel corso del secolo XIII passo alle regole delle clarisse . Sotto Carlo d’Angio il monastero fu adibito a prigione per i nobili avversi alla casa regnante . Danneggiato da un terremoto , venne ricostruito grazie alle donazioni della regina Maria di’ Ungheria qui sepolta. Nel XVI secolo fu aggiunto un nuovo chiostro e nel XVII venne costruita una seconda chiesa chiamata Donnaregina Nuova , in origine accessibile direttamente da quella più’ antica tramite ambienti nei piani superiori degli spazi absidali , riservati alle monache e quindi alla zona di clausura . I due edifici che inizialmente comunicavano tra di loro , furono poi divisi in seguito ai lavori di restauro del 1928-34. L’ampliamento di Via Duomo nel 1860 richiese l’ abbattimento di una parte del complesso conventuale . Il convento venne poi soppresso nel 1861 e la chiesa passo’ al comune di Napoli .che nell’allora figura del sindaco Labriola  pensò bene di destinarla a deposito di spazzini. La cosa suscitò grande reazione nel mondo intellettuale napoletano e solo grazie alle loro dimostranze , (primi fra tutti la nota rivista NAPOLI NOBILISSIMA )si riuscì dopo lungo discutere a far fare marcia indietro ad un consiglio comunale tanto ….colto.

In seguito ad una decisione del comune di Napoli vi fu aperto tra il 1892 ed il 1902 il Museo della Citta’ e dal 1899 ospito’ la sede dell’ Accademia Pontaniana .
La chiesa, così come la vediamo oggi, (su largo Donnaregina ,di fronte al palazzo Arcivecovile ) è il frutto del restauro operato tra il 1928 e il 1934, dagli imponenti lavori operati da Gino Chierici con l’ intento di ripristinare l’ antico aspetto della chiesa trecentesca; Un restauro che se ci ha restituito uno dei più affascinanti monumenti gotici della città, ha di fatto operato la separazione in due strutture, la chiesa “vecchia” e quella “nuova”, che storicamente non ha mai avuto motivo d’esistere. Infatti la chiesa nuova nasce inglobando le strutture della chiesa vecchia, come è accaduto spesso in molti complessi conventuali di grandi dimensioni.
Si tratta quindi , in realta’ di due chiese addossate e intitolate a Santa Maria Donnaregina: la vecchia (gotica) e la nuova (barocca), che appaiono unite per le absidi tra le quali un tempo si apriva un percorso oggi non piu’esistente .
La notizia più antica che possediamo sulla presenza di un insediamento religioso in questa zona della città, quasi a ridosso della cinta muraria e’ datata al 780 e riguarda il convento di monache di San Pietro del Monte di Donna Regina. Il toponimo fa riferimento alla piccola altura che forse prendeva il nome di Donna Regina da quello della proprietaria del terreno.
Le suore del monastero di San Pietro erano basiliane e tali rimasero fino all’inizio del IX secolo quando divennero benedettine;contemporaneamente il titolo del complesso mutava in quello di Santa Maria; Controversa è la data di passaggio dalla regola benedettina a quella francescana; pare che fu papa Gregorio IX a dare alle monache napoletane il permesso di vivere secondo la Regola delle Clarisse, adottata nel 1237.
Anni dopo, a causa dei gravi danni subiti nel terremoto del 1293, la regina Maria d’Ungheria, moglie di Carlo II e vicina alle clarisse, decise la ricostruzione del complesso dalle fondamenta, un evento di fondamentale importanza nella storia del complesso, anche perché, come è stato giustamente notato, “trattandosi di una delle poche chiese delle clarisse costruita in Italia ex novo e con ampia disponibilità di mezzi, Santa Maria di Donnaregina rappresenta ovviamente un monumento d’eccezione”.
La regina nel 1307 provvide alla ricostruzione della chiesa in stile gotico, donando all’ordine gioielli e rendite provenienti dalla vendita di vino greco prodotto nei possedimenti reali di Somma.
Le tappe della ricostruzione trovano riscontro nei documenti: nel 1298 Anselotto de Lumiriaco, tesoriere della sovrana, pagò quaranta once d’oro per le spese del dormitorio e nel 1307 vennero devoluti al convento tutti i proventi ottenuti dalla vendita del “vino greco” ottenuto dalla coltivazione di un terreno di proprietà della regina nei pressi di Somma.
La regina decise pure che alla sua morte, che avvenne nel 1323, fosse sepolta nella chiesa e dispose che il suo sepolcro, realizzato dallo scultore senese Tino di Camaino e da Gagliardo Primario, fosse posto in questo luogo sacro : Lo scultore arrivato a Napoli nel 1324, un anno dopo la morte di Maria, realizzò un magnifico monumento, con un baldacchino gotico, la regina distesa su un sarcofago retto da virtù che presenta i suoi figli sotto archetti . La celebre tomba, ultimata nel 1326, è tra le opere più importanti di Tino di Camaino.
La regina Maria di’ Ungheria moglie di Carlo II d’Angiò, fu madre del francescano Ludovico e di Roberto, re di Napoli al posto del fratello Ludovico destinato a divenire vescovo di Tolosa e santo nel 1317. Essa era molto legata a questa chiesa e alle clarisse che vi dimoravano al punto che alla sua morte , il monastero veniva ricordato nel testamento  come bene ereditario principale alle  suore clarisse da parte della sovrana.
Nella chiesa si entra dalla maestosa scalinata della chiesa barocca: il biglietto d’ingresso al Museo è d’obbligo anche se si vuole visitare solo la chiesa vecchia (visita permessa solo se accompagnati…). E’ questa, del resto, la vera attrazione del complesso: costruita per il convento delle Clarisse, risale agli inizi del XIV secolo e conserva architetture e opere di grande interesse: su tutte il sepolcro della regina Maria d’Ungheria, opera magistrale di Tino di Camaino (1326).
La chiesa di Santa Maria Donnaregina Vecchia si trova alle spalle di Santa Maria Donnaregina Nuova , quest’ ultima costruita nel seicento con lo scopo di sostituire quella vecchia ; . All ‘ interno della chiesa vecchia e’ conservato il più’ grande ed uno dei piu’importanti cicli di affreschi del XIV secolo a Napoli; sulla parete sinistra della navata della chiesa e’ collocato il monumento sepolcrale di Maria d’Ungheria , opera dello scultore senese Tino di Camaino . Di fronte al monumento funebre si apre la cappella Loffredo con preziosi affreschi trecenteschi .
La chiesa trecentesca è divisa in tre navate da colonne ottagonali con profonde cappelle laterali ed e’ coperta dal soffitto ligneo cassettonato, ornato al centro con un rilievo raffigurante la Incoronazione della Vergine, opera di Pietro Belverte, databile ai primi del ‘500. La navata  centrale è conclusa dopo l’arco trionfale da un’abside luminosissima e poiché la destinazione a chiesa conventuale imponeva la creazione di un coro per le clarisse, questo fu posto di fronte all’abside al di sopra dell’altar maggiore insolitamente profondo ed esteso sul retro fino a una parete ornata da uno dei primi affreschi di Francesco Solimena ( vita di San Francesco ) cosi’ come la grande scena frontale che raffigura il miracolo delle rose ed i santi Andrea, Gennaro e Bartolomeo , sopra la porta che un tempo portava al complesso vecchio .
Il coro delle Clarisse è decorato con il più vasto ciclo di affreschi trecenteschi oggi superstite a Napoli,( attribuito alla scuola di Pietro Cavallini ) gravemente alterato nella cromia per i danni causati da un incendio nel 1390 o 1391 ( un fulmine colpì la chiesa provocando un grave incendio che distrusse il tetto ).Da questo punto possiamo considerare l’edificio composto da quattro parti, ciascuna destinata a ospitare un particolare gruppo di fedeli: i laici sotto la galleria delle monache, nelle quattro campate della chiesa in prossimità dell’ingresso; la regina e la sua cerchia immediata, quando era presente, nella zona adiacente all’abside, fiancheggiata dalle alte finestre ogivali (dove oggi la tomba di Maria continua a rievocare la sua presenza), il clero nell’abside, alla quale si accedeva da due portali, uno a est e l’altro a ovest, e infine, naturalmente, il coro delle monache al di sopra”.
La facciata seicentesca della chiesa di Santa Maria di Donnaregina prospetta su un’ampia piazza che si apre lungo il Decumano superiore. La piazza, tra le poche esistenti nel nucleo più antico del centro storico di Napoli, deve la sua origine proprio alla costruzione della chiesa; le Clarisse infatti, decisa la costruzione di un tempio più ampio e moderno, demolirono gli edifici acquisiti per l’occasione lasciando, tra l’antica strada e la facciata della chiesa, uno spazio libero che in seguito fu ampliato verso oriente dal cardinale Ascanio Filomarino nell’ambito dei lavori di ammodernamento del Palazzo arcivescovile. La scenografica scalinata che sale all’ingresso della chiesa tra i cui architetti risulta esserci  Giovan Giacomo Conforto , è stata costruita nel XVIII secolo .
La facciata della chiesa non prospetta direttamente sulla strada, come spesso in molti complessi monastici napoletani di fondazione angioina (San Domenico Maggiore, Santa Chiara, Sant’Antonio Abate), ma su una corte ed è ornata dallo stemma della regina committente.
La facciata venne costruita fra gli ultimi mesi del 1625 e la prima metà del 1626 ; il portale marmoreo è opera più tarda, del 1647, di Bernardino Landini. I lavori furono conclusi nel 1626 con eccezione della cupola, costruita nel 1654; la chiesa fu consacrata nel 1669. Nel 1771, come ricorda l’epigrafe, venne realizzato il portale d’ingresso al monastero che si apre lungo il vico Donnaregina
Nel suo interno , a navata unica , nella  volta si possono ammirare affreschi di francesco De Benedectis , nella cupola gli affreschi raffiguranti il Paradiso di Agostono Beltrani.
L’altare maggiore e’ opera di Giovanni Ragozzino e Giovanni di Filippo : ai lati due grandi dipinti di Luca Giordano ( le nozze di Cana e la moltiplicazione dei pani e dei pesci ) considerate le sue ultime opere. Il bel polittico cinquecentesco risulta essere di autore  ignoto . Alla parete destra troviamo invece una Madonna dele grazie di Paolo De Matteis mentre verso l’abside si trova un affresco del Solimena.

Nel 1603 le monache di Donnaregina che erano insediate nel  convento furono coinvolte in un grosso scandalo che fece molto clamore in città. Successe infatti che una suora terziaria francescana di nome Giulia Di Matteo , attorniata da un gran numero di prelati e nobili diede vita ad una vera e propria piccola setta che andava teorizzando ( solo teoria ? ) contrariamente a quanto sosteneva la chiesa ufficiale , il dono del sesso come più diretta espressione della carità e dell’unione col divino.                                                                                                                                                 La setta ebbe ben presto un gran numero di adepti raggiungendo numeri impressionanti .Aderirono ad essa principi , principesse, buona parte della nobiltà locale ,oltre duecento suore e frati , buona parte della corte spagnola ed ovviamente tutte le monache di Donnaregina .             L’ ardita setta fu stroncata ed eliminata con l’accusa di eresia dal Tribunale dell’inquisizione nel 1615.
Altro episodio di rilievo di cui fu protagonista il complesso e le monache fu il loro litigio con le vicine suore di San Giuseppe dei Ruffi . Grandi accese discussioni e dispute legali  accompagnarono infatti  i lavori di ampliamento e ristrutturazione funzionale del complesso, con l’arcivescovo per l’ampliamento della piazza e con le suore Agostiniane del vicino convento di San Giuseppe dei Ruffi prospettante sul lato occidentale della attuale via Duomo a causa della progettata costruzione di un nuovo campanile in sostituzione del vecchio, scomodo da utilizzare e in grave dissesto statico. La costruzione venne iniziata nel 1681, ma le suore di San Giuseppe dei Ruffi fecero ricorso ai tribunali competenti ottenendo ragione e costringendo le Clarisse a rinunciare al progetto.

Il complesso ha successivamente dovuto subire dei grossi lavori di trasformazione .
Parte del complesso conventuale fu di fatto interessato dai lavori di demolizione necessari per l’ampliamento di via Duomo; il confronto tra la pianta disegnata da Luigi Marchese (1804) e la pianta Schiavoni (1877) permette di valutare la grande trasformazione subita dall’insula di Donnaregina.
Nel febbraio del 1861 il monastero venne soppresso e le Clarisse furono costrette a trasferirsi nei monasteri di Santa Chiara e di Santa Maria Donnalbina.
All’ interno della chiesa ha sede IL MUSEO DIOCESANO di Napoli che presenta una ricca collezione di arte sacra .

sepolcro-regina

 

220px-donnareginavecchianavata 225px-donnareginavecchia 4739-donnaregina_nuova chiesa-donnaregina-nuova-altare

don-reg don-regin donna-regi donna-regina donnaregina_nuova donnaregina_vecchia

chiesa-donnaregina-nuova-altare

donna-regi donna-regina

  • 5011
  • 0