Questo celebre brano è tratto dall’opera teatrale “L’ultimo scugnizzo” del 1932 dove Viviani ci racconta le vicende di un giovane di strada di nome  Ntonio , che ha voglia di cambiare il suo destino. Abbandonate le cattive compagnie, egli si trova lavoro presso un avvocato ed è pronto a sposare la sua compagna Maria in attesa di un bambino, facendo di essa una donna onesta e scongiurando il pericolo che nasca un altro figlio di N.N. col destino già “segnato nelle carte”.

Il giovane Ntonio porta la sua esperienza di strada nel mondo dell’avvocato, gli risolve casi intricati e complicazioni familiari e, mentre sembra andare tutto per il meglio nella vita dell’ex scugnizzo ormai praticante legale, il figlio atteso purtroppo muore prematuramente. 

La dura batosta riporta il protagonista verso la sua vecchia vita fatta di espedienti, fino a finire ingiustamente incarcerato.

Il messaggio che arriva è questo: non esiste redenzione, non v’è mutamento sociale possibile per gli umili, condannati a vivere eternamente negli stenti.

La rumba degli scugnizzi è una scena ambientata  nel quartiere Montesanto in Vico lepri ai Ventaglieri  nei pressi della casa dell’avvocato Razzulli presso cui l’ex scugnizzo è impiegato, quando la sua vita sembra ancora poter essere cambiata.

La scena incastonata, come una gemma, nel finale del secondo atto, nello slargo sotto il costone tufaceo di corso Vittorio Emanuele, dove attualmente insiste  il Parco urbano dei Ventaglieri, è uno scatenato ballo che gli amici d’infanzia e Ntonio improvvisano  per rievocare la loro infanzia vissuta in strada. 

CURIOSITA’ : La rumba, prima danza latino-americana, nasce nell’isola di Cuba dalle fusioni delle musicalità tribali degli ex schiavi africani con le sonorità andaluse del flamenco. Il ritmo sincopato è dato dagli strumenti di facile reperibilità come tamburi di latta, claves (bastoncini di legno) e maracas (in origine zucche svuotate riempite di semi e pietrisco).

Le nuove sonorità del brano scritto da Viviani, arrivano a Napoli grazie ai marinai dei bastimenti intercontinentali . Grazie al loro ritmo frenetico e alla forte valenza erorica esse  si impongono subito nelle classi meno abbienti della città grazie alla similitudine con le musiche popolari nostrane.

Viviani, da attento osservatore del mondo degli ultimi, adotta immediatamente la  muscalità della rumba e la ripropone in una magnifica opera di sincretismo con la canzone napoletana,

Ne viene fuori un incredibile capolavoro fatto  di  ottanta versi liberatori come le urla dei venditori ambulanti, che magnificano la loro merce attraverso richiami antichi eseguiti in  uno studiato caos del mercato cittadino.

 Una vera e propria miniera d’oro per gli studiosi del lessico napoletano d’inizio Novecento.

 ‘A Rumba d’e Scugnizze (Musica e Testo di Raffaele Viviani)

Chesta è ‘a rumba d’ ‘e
scugnizze
ca s’abballa a tutte pizze.
Truove ‘e ddame, ‘mpizze ‘mpizze,
ca te fanno dduje carizze
pe te fá passá ‘e verrizze.
Strette ‘e mane, vase e frizze.
Pruove gusto e te ce avvizze,
cchiù te sfrine e cchiù t’appizze.
Comm’a tanta pire nizze,
te ne scinne a sghizze a sghizze,
fino a quanno nun scapizze.
Chest’è ‘a rumba d’ ‘e scugnizze.
Questa è la rumba degli
scugnizzi
che si balla dovunque.
Trovi subito le dame,
che ti fanno due carezze
per farti passare gli sfizi.
Strette di mano, baci e sollazzi.
Ci provi gusto e ti ci abitui,
più ti sfreni e più ti ecciti.
Come tante pere mature,
ti afflosci a schizzi a schizzi,
fino a quando non cadi.
Questa è la rumba degli scugnizzi.
‘O rilorgio, mo capisco,
pecché ‘o cerco e nun ‘o trovo.
Steva appiso.
E’ ghiuto ô ffrisco:
c’è rimasto sulo ‘o chiuovo.
L’orologio, ora capisco,
perchè lo cerco e non lo trovo.
Stava appeso.
E’ andato al fresco:
è rimasto solo il chiodo.
‘O chiuovo i’ tengo.
Bell’ ‘e ‘ammere.
Scarole ricce p’ ‘a ‘nzalata.
Fenócchie.
‘O spassatiempo1.
Mo t’ ‘e ccoglio e mo t’ ‘e vvengo.
Gué, ll’aglie.
Il chiodo ce l’ho.
Belli i gamberi.
Scarole ricce per l’insalata.
Finocchi.
lo spassatiempo1.
Ora te li colgo e ora te li vendo.
Ohè, l’aglio.
Chesta è ‘a rumba d’ ‘e
scugnizze.
Assettáteve, assettáteve.
Ca s’abballa a tutte pizze.
‘O quadrillo2 e ‘a figurella!
Truove ‘e ddame, ‘mpizze ‘mpizze.
‘O mastrillo e ‘a rattacasa.
ca te fanno dduje carizze.
Quant’è bello ‘o battilocchio3.
Pruove gusto e te ce avvizze.
Pe chi tene ‘a moglie pazza.
Cchiù te sfrine e cchiù t’appizze.
Quatto sorde, ‘o fenucchietto.
Questa è la rumba degli
scugnizzi.
Sedetevi, sedetevi
Qui si balla dovunque.
Il quadrillo2 e il santino!
Trovi subito le dame
La trappola per topi e la grattugia.
che ti fanno due carezze.
Com’è buona la pizza fritta3.
Ci provi gusto e ti ci abitui.
Per chi ha la moglie pazza.
Più ti sfreni e più ti ecciti.
Quattro soldi, il battipanni.
Comm’a tanta pire nizze,
te ne scinne a sghizze a sghizze,
fin’a quanno nun scapizze.
Chesta è ‘a rumba d’ ‘e scugnizze!
Come tante pere mature
ti afflosci a schizzi a schizzi,
fino a quando non cadi!
Questa è la rumba degli scugnizzi!
Puparuole e aulive.
Magnáteve ‘o cocco, magnáteve ‘o cocco.
Rrobba vecchia.
Pallune p’ ‘allésse, pallune p’ ‘allésse.
‘E mellune chine ‘e fuoco.
‘Na bona marenna, ‘na bona marenna.
Cotogne.
Gelati, gelati, gelati, gelati.
Conciatièlle.
‘A pizza cu ‘alice, ‘a pizza cu ‘alice.
Furno ‘e campagna.
‘E lazze p’ ‘e scarpe, ‘e lazze p’ ‘e scarpe.
D’ ‘o ciardino, tutte secche.
‘A capa d’ ‘o purpo, ‘a capa d’ ‘o purpo!
‘O Roma.
Peperoni e olive.
Mangiatevi il cocco, mangiatevi il cocco.
Roba vecchia.
Castagne da lessare, castagne da lessare.
I meloni pieni di fuoco.
Una buona merenda, una buona merenda.
Mele cotogne.
Gelati, gelati, gelati, gelati.
Aggiustatore di padelle.
La pizza con le alici, la pizza con le alici.
Forno di campagna.
I lacci per le scarpe, i lacci per le scarpe.
Del giardino, tutte secche.
La testa del polpo, la testa del polpo.
Il Roma.
Chella bella Mamma d’ ‘o
Cármene
v’ ‘o ppava:
nun mm’ ‘o ppòzzo faticá.
Quella bella Madonna del
Carmine
ve lo paga:
Non me lo posso lavorare.
E’ bellella ‘a paparella.
Accattateve ‘e piatte.
Seje tuvaglie cinche lire.
‘N’ata pianta p’ ‘o salotto.
Nocelline americane.
Tengo ‘o ggrano p’ ‘a pastiera.
Pacchianè’4, chi s’ ‘o ppenzava?
Tiene chistu campo ‘e fave.
Cicchignacco ‘int’â butteglia5.
‘O zi’ monaco ‘mbriacone6!
‘O vveleno p’ ‘e scarrafune!
‘A dummeneca addó t’ ‘a faje?
E’ graziosa la paperetta.
Compratevi i piatti.
Sei tovaglie cinque lire.
Un’altra pianta per il salotto.
Noccioline americane.
Ho il grano per la pastiera.
Pacchianella4, chi l’avrebbe pensato?
Hai un bel fondoschiena.
Cicchignacco nella bottiglia5.
Il monaco ubriacone6!
Il veleno per gli scarafaggi!
La domenica che luogo frequenti?
Comm’a tanta pire nizze,
te ne scinne a sghizze a sghizze,
fino a quanno nun scapizze.
Chest’è ‘a rumba d’ ‘e scugnizze!
Come tante pere mature
ti afflosci a schizzi a schizzi,
fino a quando non cadi.
Questa è la rumba degli scugnizzi!

1 Lo “spassatiempo” era un ambulante che vendeva fichi secchi, noci, noccioline, mandorle, datteri e lupini. Il nome deriva dal fatto che, una volta, l’aprire o lo sbucciare la frutta secca era definito un divertimento o un passatempo, offerto agli avventori proprio con il grido “accattateve ‘o spasso”.

 2 Reliquario della Madonna dei 7 veli di Gerusalemme, con il quale le cosiddette Monache di casa leggevano o il presente ignoto o il futuro attraverso delle immagini, a volte anche animate. Vi si rivolgevano aoprattutto le donne che avevano i congiunti lontani.

 3 La parola “battilocchio” deriva dal francese “battant l’oeil”, termine usato per un copricapo femminile che ricadeva sugli occhi. In napoletano viene usato metaforicamente come appellativo per un persona che dà l’impressione di essere sempre poco sveglia e confusa, proprio perchè chi indossa questo capo d’abbigliamento è costretto a non vedere bene. Ma, nell’evoluzione della lingua, “battilocchio” ha assunto anche un altro significato (che è quello usato in questa circostanza) con cui si indica la pizza fritta non farcita. 

4 Il termine “Pacchianella” indica una contadina vestita con gli abiti tradizionali.

 5 Il “cicchignacco” era un oggetto contenuto dentro una bottiglietta piena d’acqua, al quale era impresso a piacimento un movimento.

 6 L’espressione indica una persona amante del vino, spesso alticcia. La figura del monaco risale ad un’epoca in cui molte diocesi e strutture religiose erano proprietarie di terreni e vigneti, sparsi in tutta l’area vesuviana, in cui veniva prodotto il Lacryma Christi. La lavorazione dei campi, la vendemmia e la produzione del vino erano affidate al popolo, ma la curia si riservava di controllare la qualità della prodotto finito inviando un monaco che, probabilmente, eccedeva spesso nella quantità di assaggi.

CURIOSITA’  :Finita la rumba, proseguendo nell’azione scenica, l’autore inserisce il personaggio di un vecchio signore che dal balcone di casa sua richiama gli amici festanti appellandoli dispregiativamente “scugnizzi”. Sicura metafora della società borghese pronta a redarguire il popolo felice. Il protagonista Ntonio gli risponde per le rime, citando l’allora bizzarro sessuologo  e chirurgo Sergej Voronoff ,molto famoso negli anni ventiper il suo controverso metodo di ringiovanimento maschile, consistente nell’innesto di testicoli di scimmia.

La magnifica raccolta di urla del mercato composta da Raffaele Viviani è un concentrato di umanità, di allegria, di popolo. L’aurore  in questo bellissimo brano non solo recupera il significato nominalistico della parola ma ne crea altre, attraverso l’onomatopea, per riuscire a farsi comprendere anche da chi, non conoscendo la lingua, ne capisce tuttavia il senso.

La rumba scugnizza è un grande esempio del virtuosismo metrico e verbale dell’Autore stabiese. La composizione libera dei versi serve infatti a riprodurre l’innumerevole pluralità di presenze e voci nel mercato. La rima è senza schema fisso (sono presenti sia rime baciate o consonanze all’interno di un verso). Numerose sono anche le figure retoriche: che servono come espediente usato per aumentare e la musicalità e lo studiato caos del mercato cittadino.

 Grazie al suo enorme successo,ottenuto  questo brano è stato inserito nel repertorio di numerosi interpreti tra cui segnaliamo Sergio Bruni, Roberto Murolo, Renzo Arbore e l’Oechestra Italiana,   Massimo Ranieri. e sopratutto La Nuoca Compagnia di Canto Popollare .

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