Antonio Genovesi (1713-1769) è stato un grande innovatore della cultura e della scienza, esponente perfetto di quella generazione di studiosi che hanno aperto le strade della modernità con moderazione e decisione. Un illuminista moderato, lo potremmo definire, primo nel mondo a tenere una cattedra di economia, primo a insegnare in lingua italiana e non in latino, visse tra Salerno e Napoli e contribuì a fondare appunto una disciplina che, secondo i dettami di Adam Smith, doveva portare ricchezza e benessere nei Regni.
Nato nel 1723 a Castiglione del Genovesi in provincia di Salerno, da famiglia molto modesta Antonio Genovesi, è stato il primo grande studioso nel mondo a tenere una cattedra di economia, ed il primo, di una grande generazione di studiosi ad insegnare in lingua italiana e non in latino,
Dotato di un grande amore e passione verso gli studi, egli dopo un apprendistato privato in provincia, arrivò al seminario di Salerno dove si laureò e prese i voti sacerdotali.
N.B: All’epoca questo era l’unica maniera per aggirare l’insormontabile barriera che separava i poveri dall’istruzione. Se un ragazzo proveniva da una famiglia non agiata , pur avendo grande entusiasmo e capacità per gli studi, i genitori non avevano tanta scelta per assecondarne la propensione se non avviarli alla vita ecclesiastica .
Nel 1737 divenne docente di retorica presso il seminario di Salerno.
L’anno successivo venne ordinato sacerdote e, grazie a 600 ducati ricevuti in eredità da uno zio, si trasferì a Napoli , dove entrò in contatto con i fermenti innovatori particolarmente legati a Gian Battista Vico, di cui fu allievo e dal quale nel 1741 ereditò la cattedra di Etica all’Università.
Frequentando la sede universitaria andava comunque maturando ogni giorno sempre di più in lui l’avversione per le disquisizioni accademiche, così avulse dai problemi concreti della società, e preferì sempre più dedicarsi alla “cultura delle cose”, cioè a quelle discipline pratiche, quali la fisica e l’agraria, che potevano favorire il progresso, attraverso l’autonomia della ragione e con l’affermazione della libertà.
Stanco dei problemi metafisici e filosofici, passò quindi ad insegnare Economia Politica e dal 1754, divenne titolare di una cattedra di Economia (“Commercio e Meccanica”), istituita appositamente per lui.
Questo fu certamente un momento unico nella storia universitaria e culturale della nostra citta’.
Per la prima volta in Italia e in Europa, una cattedra universitaria veniva infatti dedicata all’insegnamento delle discipline economiche.
Ma questo non era ancora nulla se pensiamo che questa fu anche la prima cattedra assegnata per pubblico concorso escludendo i membri del clero regolare, e la prima ad imporre l’obbligo di tenere le lezioni in Italiano.
N.B. Le sue famose lezioni di commercio e di di economia civile in due volumi (1766 e 1767),che costituirono il il corpus del corso universitario svolto da Genovesi, furono tradotti in moltissime lingue e racchiudono la summa della sua riflessione sui temi economici.
Egii visse in un’epoca in cui a Napolii era scoppiata la polemica antigesuitica e si reclamava l’autonomia dello Stato dalla Chiesa.
N.B. Genovesi esaltò il lavoro produttivo come potere di sviluppo per il bene dei singoli e della società, contrapponendolo alle rendite parassitarie ed all’eccessivo numero di ecclesiastici e di avvocati. E per far questo non poteva far altro che propugnare l’autonomia dello Stato da ogni ingerenza del Papa.
Re Carlo di Borbone , accompagnata nella sua riforma illuministica da suo fedele consigliere e segretario di Stato Tanucci, nel rafforzare l’indipendenza del nuovo regno, istituìi nuovi rapporti fra stato e Chiesa che vennero sanciti in un concordato fatto nel 1741 la cui applicazione però andò ben oltre quanto avesse auspicato la Santa Sede. Tanucci si impegnò infatti molto per affermare lo stato laico sulla chiesa che tentava continuamente di comprimere il potere statale . Egli di fatto lo fece tassando i beni ecclesiastici, riducendo notevolmente il numero degli ecclesiastici e la costruzione di nuovi conventi , monasteri ed altri pii edifici ed eliminando una serie ed esagerato numero di strani diritti acquisiti dalla chiesa . Per capire questo basta pensare all’abuso del diritto di asilo che vedeva le chiese piene di delinquenti che venivano sottratti alla giustizie statale e gli abusi del clero che in possesso di immunità commettevano illeciti non punibili . Inoltre gli ecclesiastici godevano del diritto di esenzione fiscale.
Il re ed il suo ministro tra i loro vari interessanti provvedimenti tentarono di introdurre nell’intero regno ( Napoli e Sicilia insieme ) una lingua italiana comune in luogo di quella latina e spagnola latino . Questo atto, apparentemente insignificante doveva servire a fornire un carattere “nazionale” al nuovo regno ma come potete ben immaginare fu osteggiato in molte sue parti sopratutto dai baroni siciliani .
Il Genovesi da questo punto di vista , risultò essere uno dei piu importanti personaggi di quella riforma illuminista che all’ poca permeava nel regno e andava mettendo in discussione i cardini della vecchia società, provocando quella che fu una delle maggiori rivoluzioni culturali della storia.
Il Genovesi usò infatti sempre l’italiano nei suoi corsi, indipendentemente dall’obbligo statutario, così come scrisse la maggior parte dei suoi trattati in Italiano. I suoi scritti, raccolti con il titolo “Lezioni di commercio o sia di economia civile”, pubblicati nel 1765, furono uno dei primi testi in cui si discuteva su come disciplinare l’economia come scienza autonoma.
N.B, In quel periodo in tutta Europa ed anche a Napoli ma venivano messe a punto le teorie libertarie, nei circoli culturali europei spirava il vento del relativismo anti-dogmatico e si avvertiva l’urgente necessità di poter esprimere una critica libera, senza il pericolo di finire al rogo.
Antonio Genovesi visse anche nella medesima epoca dello scozzese filosofo ed economista Adam Smith , considerato da tutti, in maniera universale, il padre dell’economia politica moderna e ne condivise non sola la critica del mondo feudale ma anche la convinzione che il mercato avrebbe contribuito alla costruzione di un mondo più egualitario e più libero.
CURIOSITA’: Lo scozzese economista Adam Smith in un suo famoso libro, scritto ed elaborato in circa dieci anni (dal 1764 e il 1776), intitolato ” La Ricchezza delle Nazioni”, analizzò le cause della crescita economica e il modo con il quale la ricchezza si produce e si distribuisce tra le classi sociali, arrivando alla conclusione che la ricchezza è prodotta attraverso il lavoro e può essere accresciuta grazie al miglioramento tecnico. Secondo il grande economista è il lavoro stesso a determinare il valore di scambio di un bene, dando vita alla cosiddetta teoria del bene-lavoro. Un concetto che ad alcuni oggi potrebbe apparire ovvio ma che va valutato nell’ottica del periodo in cui Smith ha vissuto. Egli viveva a metà del ‘700 e tale teoria in quel tempo era in netto contrasto con il pensiero degli economisti fisiocratici, i quali ritenevano che la ricchezza fosse generata in natura. Adam Smith era invece convinto che il mercato, grazie alla concorrenza, fosse in grado di auto regolare e redistribuire autonomamente il valore, annullando gli squilibri e stabilizzando l’ordine sociale. Secondo Smith, squilibri ed ingiustizie sociali non sono storture strutturali del sistema capitalistico, come hanno poi teorizzato Karl Marx e J.M. Keynes, ma derivano dalla scarsa concorrenzialità dei mercati e da una condizione di partenza non omogenea degli attore della produzione e del mercato.
A lui si deve indubbiamentel’enorme ed innegabile merito di aver avviato la ricerca e il dibattito sul valore e la sua distribuzione fra le diverse classi sociali,e viene oggi non solo ricordato come il teorico del libero mercato ma anche l’ispiratore del liberismo moderno, ideologia che non prevede l’intervento dello Stato nei rapporti economici e sociali di una nazione.
Il suo pensiero mirabilmente descritto nel suo libro , era frutto di una ragionata gestazione avvenuta anche in occasione dei suoi tanti incontri avvenuti con personaggi del calibro di Voltaire o economisti come il fisiocratico Quesnay, allora punta di diamante della neonata scienza economica . In ragione di questi suoi scritti Antonio Genovesi viene ancora ggi ricodato e celebrato come un grande innovatore della cultura e della scienza e da molti considerato uno degli ispiratori degli ideali che, sul finire del secolo, portarono poi alla rivoluzione francese.
Adam Smith sviluppò il suo lavoro con l’obiettivo di individuare le cause e gli effetti della crescita della ricchezza di tante nazioni europee. La rivoluzione industriale infatti aveva provocato un esodo dalle campagne e un forte sviluppo delle città: i contadini, comprese donne e bambini, lasciavano le terre che avevano coltivato per generazioni per lavorare nelle industrie nascenti. Un lavoro senza dubbio più duro e faticoso, ma anche più remunerativo.
Smith si interroga quindi sul segreto di questa nuova e nascente ricchezza, e trova la risposta in due componenti fondamentali: il lavoro e la tecnica.
Ora mentre Smith aveva una visione pessimistica dell’uomo improntata all’individualismo degli interessi (il bene comune è affidato alla “mano invisibile” del mercato), Genovesi era invece convinto che la persona fosse l’equilibrio di due forze: quelle dell’interesse per sé e della solidarietà sociale; il soggetto gli appariva come una realtà relazionale fatta per la reciprocità. Di qui la sua idea di mercato come “mutua assistenza”, una intuizione originale che oggi sta vivendo una nuova giovinezza.
Le Lezioni genovesiane sono infatti l’approdo moderno di una visione non riduttivista della scienza economica che, anche a costo di indebolire la propria incisività analitica, accetta di oltrepassare i propri confini all’interno di un più ampio discorso sulla vita civile e sul mercato, visto come espressione delle leggi che regolano la società e che non possono prescindere dalla considerazione delle virtù civili e del Bene comune. Non stupisce dunque che, nel pieno di una crisi devastante dell’economia neoliberista di mercato, il messaggio di Genovesi risulti oggi ancora più attuale che nel Settecento.
L’economia secondo Genovesi aveva la finalità della “pubblica felicità”, capace cioè di far progredire gli individui e le nazioni attraverso riforme politico-sociali condotte in maniera razionale e scientifica.Egli insomma con un pensiero “illuminato”ma sviluppato e concepito nella Napoli di Carlo di Borbone, praticamente anticipava concezioni di economia politica ancor oggi dibattute.
Il Genovesi, memore del suo passato,vedeva nell’istruzione popolare un fattore determinante di progresso civile ( considerazione che oggi appare scontata, ma che non lo era nel ‘700, dove la cultura era appannaggio esclusivo dell’aristocrazia e del clero)., e per questo motivo nei suoi scritti, prese nettamente posizione a favore della distinzione tra potere civile e potere ecclesiastico. Sostenne, (fatto rivoluzionario per l’epoca ) che la Chiesa è infallibile soltanto in materia di fede mentre non lo era in tema di studi visto che consentiva solo lo studio dei classici e del latino. Cosi facendo infatti le scienze e l’economia, erano delle perfette sconosciute meterie in un’epoca in cui la ricchezza delle nazioni passa attraverso gli investimenti in istruzione, nella riforma della proprietà agraria e e sul protezionismo nei commerci e nell’industria.
Nelle sue lezioni egli sosteneva infatti che per superare la piaga dell’arretratezza e favorire il benessere, era sopratutto fondamentale diffondere l’istruzione a tutti, soprattutto nelle scienze e nelle arti., e lo stato per tale motivo, deve concretamente schierarsi per coloro che lavorano e producono, attraverso riforme della proprietà fondiaria, interventi sul credito, sui dazi doganali e sulla politica monetaria.
Genovesi considerò quindi la nuova scienza economica come costituita non solo da elementi mercantili, ma anche civili, storici, filosofici e culturali, e quindi rappresentare per l’epoca un grande innovatore della cultura e della scienza, nonchè un esponente perfetto di quella generazione di studiosi che hanno aperto le strade della modernità con moderazione e decisione.Per concludere, possiamo con certezza affermare che Antonio Genovesi può essere a ragione considerato uno dei fondatori della moderna scienza economica., nonostante egli da pensatore napoletano cominciò a occuparsi quasi esclusivamente di economia, etica e antropologia solo negli ultimi quindici anni della sua vita. Primo in Europa a ricoprire una cattedra di Economia (istituita a Napoli nel 1754), poté diffondere il proprio magistero non solo in Italia ma in tutto il contesto illuminista.
Morì a Napoli il 22 settembre 1769. La salma fu sepolta nella Chiesa del convento di Sant’Eramo Nuovo. Oggi a Napoli resta un liceo classico a lui dedicato, nella zona del Gesù Nuovo.
NOTE A PARTE :
Prima della rivoluzione industriale e delle fabbriche, l’uomo si sosteneva grazie all’agricoltura. C’erano poi i commercianti, che nel corso dei secoli avevano accumulato ingenti capitali, che servirono a finanziaria la successiva rivoluzione industriale. Infine, l’economia si sorreggeva anche grazie al lavoro commissionato da nobili e clero. Il fatto che l’agricoltura fosse al centro della vita economica, rendeva l’uomo fortemente assoggettato alla natura, costringendolo anche a chiedere al “Cielo” che i raccolti fossero abbondanti e non ci fossero calamità. Da questo punto di vista, la prosperità era quindi fortemente legata a Dio e alla Natura.
Quando le macchine, inventate dall’uomo, fecero il loro ingresso nel panorama delle relazioni economiche e sociali, “il lavoro dell’uomo grazie alle tecnologia e alla sua divisione diventa fonte potentissima di valore economico”, come afferma Smith nel suo libro.
La rivoluzione, dunque, non è solo economica, ma anche e soprattutto culturale: sono l’uomo e il suo lavoro, ora, ad essere il cento e la fonte del valore. Le innovazioni tecnologiche sono un amplificazione della produttività del lavoro e l’uomo, con le sue scoperte tecniche, si scopre onnipotente, relegando Natura e Provvidenza ad un ruolo secondario.
CURIOSITA’: : Nel 1976, George Stigler, economista della scuola di Chicago e alfiere del pensiero neo-liberale, introdusse il banchetto organizzato in occasione del bicentenario dalla pubblicazione de La Ricchezza delle Nazioni di Adam Smith con queste parole: “Vi porto i saluti di Adam Smith, che è vivo e vegeto e abita a Chicago”. Questa semplice battuta segnò, per i decenni a seguire, un fraintendimento, se vogliamo, del pensiero di chi è giustamente considerato il padre dell’economia politica moderna. Nel quartier generale dell’ortodossia neoclassica, infatti, benedetta dall’auctoritas per eccellenza, fu avallata un’interpretazione che noi definiremo ideologica dell’autore de La Ricchezza delle Nazioni.
Da quel momento perr decenni, i corsi di microeconomia si sono fondati e si fondano sull’unica citazione che quasi ogni studente alle prime armi con l’economia conosce dell’economista scozzese:
“Non è dalla benevolenza del macellaio, del birraio o del fornaio che ci aspettiamo il nostro pranzo, ma dalla cura che essi hanno per il proprio interesse. Non ci rivolgiamo alla loro umanità ma al loro interesse personale”.
La citazione è utilizzata come fondamento dell’idea di un’economia di mercato in grado di autoregolarsi. L’eterogenesi dei fini si serve dell’interesse individuale come di una molla capace da sola di determinare l’aumento della ricchezza e, insieme, il benessere della collettività. Quest’unica frase, diventata il mantra del pensiero neo-liberista, ha ispirato le politiche economiche degli anni ’80, dalla Thatcher in Inghilterra a Reagan negli USA.
Tali politiche, basate sull’idea che unico compito dello stato, paradossalmente, sia di fare di tutto per rendersi inutile e per rimuovere ogni ostacolo alla libera concorrenza, possono essere sintetizzate nel celebre motto della Lady di Ferro: “no such thing as society” (da un’intervista rilasciata nel 1987).