L’antico Palazzo Mastelloni,che si si trova nalle nostra città in piazza Carità. risale nella sua storia a tempi molto antichi.
Grazie alla famosa mappa cartografica Lafrery, si hanno infatti testimonianze della sua presenza già nel 1566 e sappiamo con certezza che esso all’epoca esso era di proprietà di molteplici persone tra cui anche i Mastellone, principi di Salza Irpina.
Nel 1732 a causa di un terremoto in città, l’intera struttura del palzazzo fu compromessa e danneggiata. A quel punto Pietro Paolo Mastellone, console dell’Arte della Seta, decise di intervenire acquistando tutta la struttura , per ristrutturala e abbellirla .
Per riportare in vitail palazzo egli decise quindi di affidare i lavori a Nicola Tagliacozzi Canale (in un primo momento erano stati attribuiti a Ferdinando Sanfelice), che realizzò la scala interna a doppia spirale ellittica aperta nel cortile composta da due rampe laterali simmetriche e curve.
CURIOSITA’: Il Tagliacozzi Canale era famoso per i suoi apparati da festa e fu l’inventore col Sanfelice delle scale aperte.
Il pezzo forte del bel palazzo resta comunque certamente rappresentato dalla bellissima scala che resta uno dei pochi esempi napoletani di scala ellittica che si diparte con due rampe simmetriche da un basamento rialzato in piperno. L’effetto scenografico della scala è determinato da un arco centrale di fondale e due laterali sotto cui passano le rampe e la volta a spicchi, che racchiudono lo spazio sostenendo il ballatoio superiore.
La mano dell’architetto Nicola Tagliacozzi Canale e del suo stile si percepisce comunque fin dal portale decorato da una rosta mistilinea, ( attribuita erroneamente al marmista Nicola Ghetti ) .
Di grande interre architettonicoappaiono anche l’evidente differenza che i vari piani , se ben osservate , mostrano tra di loro, poiché i superiori sono dotati di ballatoi ad arco unito ribassato dinanzi a tre piccole volte.
Il monumentale palazzo venne completata nela sua ristrutturazione nel 1736, quando si aggiunse la pavimentazione in piperno a tutti i gradini.
N.B. In seguito, però, fu migliorata in proporzioni grazie a una serie di lavori a tutta la struttura del palazzo. Tra questi a beneficiare delle migliorie , fu sopratutto il vestibolo d’ingresso poiché gli furono donati una volta a vela e due unghie laterali, con rosoni con anelli per legare i cavalli ancora presenti oggi. Dal vestibolo d’ingresso, si accede al cortile quadrato fiancheggiato da stretti vestiboli laterali a volta.
Al primo piano abitò in affitto in questo palazzo, insieme al marito Andrea Sanfelice,
la noboldonna Luisa Sanfelice , una patriota napoletana molto nota, ( nata Maria Luisa Fortunata de Molina, figlia di Pedro de Molina), che per Il suo coinvolgimento nelle vicende della Repubblica Napoletana la portò a venire arrestata direttamente all’interno della sua abitazione di piazza Carità, per poi finire giustiziata salendo al patibolo.
Curiosita’: Eleonora de Foseca Pimentel, sposò nel 1778 in uno sfortunato matrimonio un generale dell’esercito napoletano, di nome Pasquale Tria De Solis. dal quale si separò otto anni dopo in seguito ad alcune percosse legate alla violenza del marito, che le feceo interrompere una seconda gravidanza.
N.B il primo bambiono che ebbe Eleonora morì purtroppo a soli 11 anni ed il suo corpo fu seppellito nella chiesa di San Carlo alle Mortelle .
Nella immediata vicinanza del palazzo al civico 97 di vico San Liborio, si trova localizzata la sede parrocchiale dell’antica chiesa di San Liborio sopravvissuto agli smembramenti epocali delle Soppressioni che la separarono definitivamente dalla giurisdizione del complesso monastico di Santa Maria della Carità alla quale appartenne per lungo tempo e che come sappiamo fu fondata, verso la metà del XVI secolo da un’ Arciconfraternita intenta alla cura dei poveri e degli infermi .
La chiesa di San Liborio custodiva un tempo varie opere di modesta fattura, tra cui il santo titolare sull’altare maggiore opera di Paolo De Matteis e sculture che oggi non esistono più in quanto al loro posto sono state allocate sculture di nessun valore artistico se non ad uso piamente devozionale. Quindi gli ambienti della struttura non conservano più alcuna opere d’arte, se non forse il sepolcro del vescovo della diocesi di Muro Lucano, Angelo Acerno morto nel 1724 ed il solo l’altare maggiore che è ancora del Settecento, con qualche aggiunta laterale appartenente al secolo successivo.
Nel 1957 la chiesa fu chiusa e sconsacrata perché pericolante, mentre la cura parrocchiale tornò nella sede originaria, in Santa Maria della Carità. Da allora quest’ultima è individuata anche come parrocchia di San Liborio alla Carità.
CURIOSITA’: Secondo alcuni racconti popolari, in questa chiesa dedicata a San Liborio vi si praticava l’usanza di un’antica tradizione ogg scomparsa . Nel suo interno le donne dopo essere state benedette, iniziavano una forsennata e simbolica pulizia dell’intera chiesa pregando san Liborio, chiedendogli la guarigione dalle malattie del fegato e dai calcoli renali, probabilmente dovuti alla smodata dieta a base di fritture all’epoca in gra uso.
Le donne, terminata poi la pulizia, proseguivano la loro affannosa “scopata” anche nelle vie limitrofe, e nei vicoli contigui , nonché nella popolare piazza della Pignasecca adibita a mercato. Un gesto simbolico, di liberazione. Ma non tutti lo comprendevano; facile pensare al ludibrio dei maschietti che seguivano le signore, provocandole con allusioni e commenti a sfondo sessuale.