La Chiesa di Sant’ Eframo Vecchio è una chiesa antichissima di Napoli ubicata nel centro storico della città, in Via Macedonia .
Essa fu fondata nel XVI secolo nel luogo in cui sorgeva precedentemente un’antica catacomba del V secolo nella quale vennero sepolti i resti di Sant’Efebo (poi corrotto in Eframo) , vescovo di Napoli , insieme a quelli di San Massimo e San Fortunato nel XII secolo (santi a cui è dedicata la chiesa insieme a Sant’Eframo). (L’attiguo convento è stato il primo fondato dai frati Cappuccini di Napoli nel Regno ).
A fondarla fu nel 1530 fra’ Ludovico da Fossombrone, giunto in città con referenze firmate Vittoria Colonna marchesa di Pescara indirizzate a Maria Lorenza Longo , la famosa nobildonna che fondò l’ospedale degli Incurabili . L’edificio venne poi donato nello stesso anno , dal vescovo di Napoli Vincenzo Carafa, ai frati Cappuccini presenti nel vicini Borgo di Sant’Antonio , per permettere loro di continuare le attività caritatevoli che portavano avanti con successo aiutando l’Ospedale degli Incurabili.
N.B. I frati cappuccini, guidati da Ludovico da Fossombrone, giunsero a Napoli nel 1529. Furono accolti da Maria Longo, fondatrice della Casa Santa di Santa Maria del Popolo, in una sua proprietà al Borgo Sant’Antonio Abate e iniziarono la loro opera assistendo gli ammalati nell’Ospedale degli Incurabili.
I frati Cappuccini a Napoli si davano molto da fare nell’aiutare i più poveri e nello svolgere assistenza ai malati ed l’allora Vescovo di Napoli , Vincenzo Carafa , per premiare la loro generosa opera , assegnò ai frati una chiesetta ricavata nel tufo , già dedicata a Sant’Efebo, su di una collina circondata da boschi e dirupi. Il piccolo tempio era stato scavato nel tufo, con accanto una casetta con piano terra e primo piano. I cappuccini presero possesso dell’immobile nonostante l’umidità ed il pericolo rappresentato dalle acque torrenziali che durante i temporali, da Capodimonte, investivano il luogo.
Nel 1531, s’iniziò l’edificazione del convento con strutture povere e semplici e si fabbricarono celle umili ed anguste per i frati al di sopra della volta della chiesetta nelle cui fondamenta , nel 1540, furono scoperte delle antiche catacombe cristiane che erano servite da luogo di preghiera e cimitero ai fedeli. Tra il 1558 e la fine del secolo decimo sesto, furono donate ai cappuccini terre situate nei pressi del convento, che ampliò la sua proprietà e formò l’orto, la selva ed i giardini.
Nei secoli XVI e XVII, furono eseguite varie opere di fabbrica, ma la vera ristrutturazione dell’intero edificio definitiva avvenne solo nel secolo XVIII. Nel 1725, infatti a causa di alcuni problemi strutturali, che facevano rischiare il crollo dell’edificio , si resero necessari profondi lavori di ristrutturazione e di consolidamento che durarono ben quindici anni. Fu aggiunta in questa circostanza anche la biblioteca mentre nel 1745, quando vennero anche rifatti i muri perimetrali danneggiati dalle alluvioni, venne anche innalzato uno splendido campanile maiolicato.
Per la realizzazione delle opere contribuirono i fedeli con le loro numerose donazioni , ma soprattutto il Municipio di Napoli ed i Banchi pubblici napoletani, progenitori del Banco di Napoli.
Nel 1762, la chiesa fu abbellita con balaustrate lignee alle cappelle laterali e all’altare maggiore ,che fu ricostruito nel 1773, da Giuseppe Salemme. Nel 1774, per rendere più accogliente la strada che dalla chiesa di Sant’ Antonio Abate portava a Sant’Eframo Vecchio, i frati piantarono ai lati della stessa alberi di alto fusto. Nel 1776, furono realizzati lavori di muratura e stucco per la facciata della chiesa, per l’icona dell’altare maggiore e per le sei cappelle. Nel medesimo anno al mattonaro Cristofaro Barberio fu commissionata la realizzazione del pavimento maiolicato dell’intera chiesa.
Per molti anni non furono necessari lavori di grande rilevanza al complesso monastico, nonostante i disastrosi terremoti del 1794 e del 1805. Nel 1837 fu costruita la piccola cappella a destra dell’atrio della chiesa e nel 1842 il muro perimetrale confinante con il Moiariello. Dal 1844 al 1850 furono necessari lavori di ristrutturazione alla chiesa nella quale fu realizzato il pavimento di gusto orientale, che ancora oggi si ammira.
Nel 1865 il convento fu soppresso. e il complesso acquistato da un privato. Questi lo rivendette nel 1887 alle Monache delle Trentatrè che lo ridonarono ai frati cappuccini, permettendo loro di ritornare all’inizio del XX secolo.
Il convento oggi , immerso nel verde, occupa buona parte di una collinetta con un orto, vari giardini ed un boschetto, bel tenuti ed accoglienti. L’ampia fabbrica conventuale è improntata alla semplicità cappuccina.Il chiostro, i terrazzi, i corridoi e le celle, spogli del superfluo non hanno valore artistico, ma sono stati sufficienti per secoli ai bisogni dei frati. Meritevole di nota è il refettorio che, oltre ad essere arredato con tavoli e panche in noce, custodisce un quadro del secolo XX del pittore Grasso, rappresentante la Cena dei discepoli di Emmaus. In altri locali , posti in vicinananza del refettorio sono conservati altri quadri di ottima fattura raffiguranti San Francesco in Estasi, la Natività e la Deposizione.
L’interno della chiesa presenta una navata unica con tre cappelle per lato dove sono collocate delle belle sculture lignee del 1600 . Alle spalle del pregevole altare maggiore in marmi policromi del 1700 vi è una nicchia che accoglie il simulacro della Madonna del Brasile; al di sopra di essa è collocata la tela di Giacomo Cestaro raffigurante I Santi Eframo, Fortunato e Massimo, mentre ai lati si ammirano la Natività e la Morte di San Giuseppe, che son delle belle tele settecentesche di incerta attribuzione come il San Francesco che per umiltà rinunzia al sacerdozio sulla volta.
Dietro il presbiterio si trova un Vescovo dormiente, scultura marmorea cinquecentesca, forse proveniente dalla tomba del santo (la catacomba, luogo originario della sepoltura di Eframo, è stata rinvenuta nel 1931).
La sacrestia conserva degli arredi lignei e una tela di Nicola Maria Rossi del 1727 , la Madonna con il Bambino e San Giovannino.
Il Coro si presenta come una struttura molto semplice realizzata nella seconda metà del secolo XVIII. Alle pareti quattro quadri ovali di buona fattura, raffiguranti San Francesco, San Pietro con il gallo e le chiavi ,la Maddalena penitente e Sant’Elisabetta d’Ungheria.
Le catacombe presenti , scoperte alla fine del Cinquecento, furono murate dai frati per timore che quei luoghi di meditazione e di preghiera sarebbero stati meta continua di pellegrini.
Nel 1931, il famoso padre Bellucci, venuto a conoscenza di queste catacombe decise di iniziare dei scavi sistematici che portarono alla luce l’antico complesso cimiteriale .Nelle grotte sono visibili un affresco ancora in buone condizioni, raffigurante tre Santi e una statua di stucco di San Gennaro.
CURIOSITA’ : Il complesso, viene identificato con il nome “vecchio” per distinguerlo dal convento di Sant’Eframo Nuovo presso la Chiesa dell’Immacolata Concezione che si trova in via Salvator Rosa.
In questa zona inoltre esisteva il cosiddetto cimitero delle cetrangolelle (termine utilizzato dai napoletani per indicare i cedri, un tempo presenti in questa zona), luogo sconsacrato che riceveva le spoglie di prostitute, atei o scomunicati.