La chiesa di Santa Maria in Portico è una delle piu’ belle chiese barocche di Napoli ; sorge
fra via Martucci e la Riviera di Chiaia.
Anticamente l’intera zona sede della chiesa era occupato dal parco del Palazzo degli Orsini duchi di Gravina, che fu poi donato ai frati lucchesi affinché vi costruissero un convento e una chiesa dedicata alla Madonna.
La facciata è opera di Cosimo Fanzago, ma fu ricostruita quasi fedelmente nel 1862; esso presenta una facciata a colori vivaci opera di Angelo Guglielminelli, articolata su due ordini, separati da colonne e culminanti in un timpano triangolare.
La chiesa è sormontata da una cupola mosaicata in stile napoletano, che aggiunge grazia al’insieme già armonico di linee curve e sinuose.
All’interno essa custodisce l’Annunciazione, di Fabrizio Santafede e l’Assunta di Paolo de Matteis e altri tesori d’arte attribuiti a Giovan Battista Beinaschi e a Fedele Fischetti.
La chiesa venne edificata nel 1632 per volere della nobildonna Felicia Maria Orsini, duchessa di Gravina .
La nobildonna nata a metà degli anni Settanta del Cinquecento, sposò a dodici anni don Pietro Gaetani di Roma, duca di Sermoneta, anche lui giovanissimo, appena tredicenne.
Rimasta vedova a 34 anni e senza prole, decise di ritirarsi in clausura e si ritirò nel monastero romano di Santa Francesca romana, vicino alla chiesa di Santa Maria in Portico dell’ordine dei padri lucchesi , che custodiva un ‘immagine che veniva venerata della vergine (considerata prodigiosa ) alla quale lei fu presto devota .
L’immagine consisteva in una tavoletta di 26 per 20 centimetri che secondo la tradizione era apparsa nel 524 a santa Galla,( vedova del console Valerio ) ucciso da Teodorico nel portico attiguo alla casa della Santa .
Nel 1627 la duchessa tornò a Napoli per occuparsi delle proprietà di famiglia, essendone rimasta la sola erede dopo la morte dell’unico fratello.
Per la stima e simpatia che negli anni romani aveva acquisito verso l’Ordine dei Padri Lucchesi e per la devozione che nutriva verso l’immagine di santa Maria in Portico, la duchessa decise di donare a questi religiosi il palazzo dove era nata trasformandolo in un convento con annessa chiesa che intitolò a Santa Maria in Portico in ricordo di quella romana . Il complesso dedicato alla santa , fu affidato ai padri Lucchesi con il compito di introdurre in Napoli il culto di santa Maria in Portico.
Il tempio fu aperto al culto alla fine del 1633. Un’immagine sacra simile a quella venerata a Roma si vedeva nel muro dietro l’altare maggiore, proprio nel punto che corrispondeva alla camera in cui la duchessa era nata che nel frattempo per i suoi meriti fu affiliata all’ordine.
La duchessa poi fece dipingere un’altra immagine, più preziosa, che nel 1638 fu trasportata in solenne processione dalla chiesa di Santa Brigida, alla nuova chiesa di Chiaia.
Nel testamento dispose che il palazzo dove abitava, un grande edificio che aveva acquistato dopo aver trasformato quello abitato in chiesa, alla sua morte fosse destinato a ospitare il noviziato dell’Ordine dei Lucchesi.
La duchessa morì il 2 febbraio 1647 e un anno prima aveva donato ai Padri Lucchesi il resto delle sue proprietà . La duchessa possedeva a Napoli palazzi e vastissimi terreni con boschi , uliveti , vigne e piante di frutto che dalla Riviera di Chiaia salivano fino al Vomero e alla sua morte quindi apparteneva a Santa Maria in Portico e ai padri Lucchesi , tutto il territorio che dal collegio si estendeva fin sopra il Vomero, senza alcuna interruzione, la cui parte alta sarà poi trasformata nell’attuale villa Floridiana, in villa Lucia e parco Grifeo.
I Padri, per riconoscenza, oltre a seppellirla in una cripta sotto la cupola della chiesa da lei voluta, le eressero un busto all’entrata del collegio e ne fecero dipingere un ritratto a olio che ora si trova nella piccola casa ecclesiale rimasta ai religiosi dopo gli espropri.
Nel ritratto la Gravina veniva raffigurata vestita da oblata di santa Francesca romana, mentre sostiene l’immagine di santa Maria in Portico, vicino alla pianta della chiesa.
Nel corso della Repubblica partenopea del 1799 i Padri Lucchesi dovettero sborsare a favore di Ferdinando IV, che raccoglieva i soldi per preparare la difesa contro i Francesi, 5.000 ducati, impegnandosi a versargliene altri 1.000 ogni anno. Per fare ciò si ridussero a vendere arredi sacri d’argento e altre cose. Successivamente dovettero versare 500 ducati anche ai Giacobini, che avevano imposto alla città un prestito forzoso.
Nell’Ottocento la Congregazione della Madre di Dio dei padri Lucchesi, come tutti gli altri ordini religiosi, subì gli espropri dei beni e a loro fu lasciato  solo il collegio usato come dimora dei religiosi, con due giardini e la Chiesa.

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