La città di Napoli con il suo splendido golfo mostra la sua parte piu’ caratteristica .
Il suo invidiabile lungomare visto da mare lascia senza fiato , quasi a reclamare in tono fiero a tutto il globo ,il ruolo di citta’ piu’ bella del mondo .
La costa partenopea e’una bellezza naturalistica senza eguali e sicuramente il panorama piu’ ammirato al mondo .
Se possedete una barca o un gommone e vi trovate nel golfo di Napoli non potete sottrarvi di vivere la forte emozione che la costa di Napoli offre ai suoi naviganti .
Se non possedete una barca vi consigliamo di recarvi a Coroglio e noleggiare un gommone o una barca . Oppure usufruite dei giri turistici o di una minicrociera organizzata, e non mancate di godervi una passeggiata nel tratto di costa tra Bagnoli e Castel Dell’Ovo .
Con la recente istituzione del Bateau Mouche è oramai possibile e gradevolissimo godere di queste meraviglie , partendo dall’imbarco Ali Lauro di Mergellina .
Partiamo quindi per un viaggio nel golfo delle meraviglie :
Il nostro viaggio parte al largo di Bagnoli : qui conviene sostare per un po e osservare i luoghi che ci circondano : ci troviamo all’estemita occidentale di Posillipo e di fronte a noi possiamo ammirare l’area di Bagnoli ; se ci guardiamo intorno da qui possiamo ammirare in lontananza le isole di Procida e Ischia .
Bagnoli sorge ai piedi dello spettacolare Parco Virgiliano , nato come Parco delle Rimembranze negli anni del fascismo , per commemorare i caduti della guerra .
Il Parco e’ caratterizzato da belle terrazze che si affacciano sul golfo che fanno del luogo la piu’ estesa area panoramica della citta’ .
Bagnoli , un tempo famosa per le sue terme , e’ stata negli anni passati devastata dagli impianti industriali dell’ ex area Italsider ,l’industria siderurgica che per anni ha deturpato l’ambiente . Nel 1993 lo stabilimento e’ stato dismesso e da allora si e’ in attesa di una promessa radicale bonifica per una totale riconversione turistica e culturale del luogo .
L’ unica parte delle strutture della immensa fabbrica recuperata ad oggi, riguarda il polo della ” Citta’ delle scienze ” un vero esempio di Archeologia Industriale .
Ponendoci con alle nostre spalle l’isolotto di Nisida , alla nostra destra possiamo visualizzare la spiaggia di Coroglio , Pozzuoli, il Monte di Procida e la costa Flegrea .
Quello che maggiormente risalta invece per la sua bellezza e’ la splendida Nisida incredibilmente chiusa al pubblico ……. il motivo ? …. un bene negato alla comunita’, ai napoletani ( a tutti ? o esclusivo di pochi eletti ? ) e al turismo in generale .
L’ isolotto di Nisida e’ oggi collegato alla terraferma da un lungo pontile ( dal 1936 ) e le uniche costruzioni gialle immerse nel verde sono l’Istituto penale per minorenni e un presidio militare , mentre l’insenatura sottostante è Porto Paone.
Lasciando alla nostra sinistra Nisida, l’isola “che non c’è”, giungiamo nella baia di Trentaremi recentemente inserita nel ” Parco sommerso della Gaiola ” , un’area protetta che si estende fino a Marechiaro , considerata riserva naturale in cui e’ vietato ormeggiare .
Sui suoi fondali è possibile osservare i resti di porti, ninfei e peschiere attualmente sommersi a causa del lento sprofondamento della crosta terrestre (bradisismo). Tutti questi sono in gran parte afferenti alla Villa Imperiale di Pausilypon, affiancata dai resti dell’imponente Teatro del I secolo a.C., appartenuti al liberto romano Publio Vedio Pollione e oggi parte del Parco archeologico di Posillipo.
Il Parco sommerso di Gaiola ha anche una notevole importanza biologica per l’insediamento in pochi ettari di mare di numerose comunità biologiche marine tipiche del Mediterraneo.
Alzando lo sguardo verso la punta del promontorio di Coroglio possiamo scorgere i resti della famosa Villa del Pausilypon.
La Villa imperiale di Pausilypon, detta anche Villa di Pollione, era un villa tanto grande che Ovidio la paragono’ ad una citta’ mentre Plunio Seneca e Svetonio la descrissero particolarmente lussuosa , con piscine e vasche dove venivano allevate murene che si cibavano di schiavi infedeli e ribelli .
La sua costruzione risale al I secolo a. C. e si estendeva dal promontorio di Trentaremi alla Gaiola e fu lasciata da Publio Vedio Pollione in eredita’ all’ Imperatore Augusto .
Con Augusto la gia’ splendida villa del ricco ma crudele Pollione prese il nome di Pausilypum , cioe’ lo stesso nome dato dai greci all’intera collina .
Il primitivo nucleo fu quindi ampliato ancora di più ed adeguato alle nuove esigenze di residenza augustea , dando vita ad un complesso di varie strutture di Otium , distribuite scenograficamente dalla collina fino al mare .
Al complesso archeologico-ambientale della Villa Pausillypon si accede attraverso l’imponente Grotta di Seiano ,aperta dall’architetto Lucio Cocceio Aucto nel primo secolo a.C. che si trova nei pressi dell’ultimo tornante di Coroglio .Si tratta di un traforo di epoca romana lungo più di 700m che invitano ad ammirare un vasto vallone , luogo meraviglioso e panoramico che racchiude parte delle antiche vestigia della villa del Pausilypon , i resti del magnifico teatro all’aperto , un Odeon , un tempietto e verso il mare gli avanzi di uno stadio , di un acquedotto , di una piscina e qualche rudere della cosiddetta Scuola di Virgilio dove secondo leggende medievali il poeta -mago insegnava arti magiche, creando pozioni ed eseguendo riti magici; proprio queste pozioni finirono per inquinare lo specchio d’acqua intorno alla Gaiola finendo per gettare secondo antichi detti un potente maleficio su tutti coloro che vi si trattenevano per molto tempo.
L’ isolotto della Gaiola , anticamente collegato all terraferma , faceva parte della villa di Pausilypon ; in questo luogo sorgeva probabilmente un piccolo tempio dedicato a Venere , dove i naviganti venivano a raccomandarsi prima di iniziare i loro viaggi , tanto che questo scoglio era chiamato Euplea , appunto uno dei nomi della Dea.
Il nome deriva dalle numerose cavita’ che troviamo nel tratto di costa ( dal latino cavea e cioe’ piccole grotte , quindi in forma dialettale caviola e poi Gaiola ).
L’isolotto , secondo molti , appare dominato o infestato da una maledizione o jettatura ,e i napoletani gia’ di per se ‘ un tantino superstiziosi temono questo posto che considerano quanto meno un luogo di sfortuna ; a tal proposito sembra che una teoria pagana avrebbe individuato proprio nella fine del paganesimo la causa della maledizione che aleggia intorno al luogo , in quanto la dea Euplea sarebbe adirata con i profanatori del luogo sacro.
Secondo altri il luogo e’ vittima di un maleficio di Virgilio ,infatti poco lontano da qui altri ruderi romani che sono volgarmente chiamati ‘ a casa del mago ‘ avvalorano l ‘ipotesi che qui il grande poeta dai poteri magici avesse avuto dimora ed una scuola . La tradizione popolare colloca infatti la scuola di Virgilio proprio nei pressi della Gaiola ( dal latino Caveola , piccola grotta ) , un rudere affondato oggi nel mare .
Sull’isola della Gaiola si trova una villa ( chiamata Villa Paratore) comunemente riconosciuta come jellata,. Una incredible serie di avvenimenti avversi accaduti , e collegati sopratututto a chi acquista quella proprietà, hanno negli anni alimentato la leggenda che i vari proprietari o muoiono per cause non naturali, oppure dopo un po vanno in rovina.
Il motivo ?
Probabilmente per la presenza di un misterioso affresco raffigurante una gorgone adirata, ritovata nel luogo nel 1960
La villa che oggi noi vediamo abbandonata al degrado nel bellissimo tratto di costa ,venne fatta edificare su quel promontorio nel 1820 dall’archeologo Guglielmo Bechi non solo come potete facilmente immaginare per godere dello splendido panorama marino , ma perchè da bravo archeologo, egli aveva saputo individuare in quel terreno numerosissimi resti di un’antica presenza romana. Quando morì, il suo terreno passò nelle mani diell’imprenditore della Società Italiana di Piscicultura Luigi Negri, che lo acquistò dalla figlia di Guglielmo Bechi.
Il Negri, aveva una florida attività fondata sul traffico in berche da pesca e acquistata la villa nel 1874 , decise di ampliare la piccola la villa sull’isola della Gajola, Nel ristrutturare l’immobile , come il suo predecessore ritrovarono numerosi antiche resti romani, ma dopo un pò di tempo la sua società cominciò a non andare più bene e presto andò in rovina,.
Dopo il suo fallimento egli decise quindi di sbarazzarsi del ’isola e la villa vendendola all’ammiraglio Nelson Foley cognato di Conan Doyle (l’inventore di Sherlock Holmes), Egli agli inizi del ‘900 comandava le navi della Hawthorn-Guppy (uno stabilimento meccanico, con annessocantiere navale che impiegava una forza lavoro di circa 600 operai ) . ed incredibilmente una delle sue navi, nel 1911 si schiantò su una secca proprio vicino all’isola di Gajola. Si racconta che il capitano di Vascello marchese Gaspare Albenga, per far ammirare la costa alla marchesa Boccardi Doria mentre era impegnata nella rischiosa manovra dell’inchino, di fronte al golfo ,forse distratto dalla bellezza della nobildonna , fece incagliare l’incrociatore corazzato San Giorgio sulla secca della Cavallara, proprio in prossimità della Gaiola.
Dopo questo episodio avvenne una vendita lampo ad una società svizzera tra i cui proprietari vi era un certo Otto Gruenback e Han Braun. Ora ci potete anche non credere ma dovete sapere che nel 1926 la villa era collegata alla terraferma da una rudimentale teleferica. In una notte di tempesta il cavo si spezzò mentre la moglie di Hans Braun stava rientrando sull’isola. La donna venne rapita dal mare e sparì. Il marito Hans Braun fu talmente scosso dalla vicenda che qualche tempo dopo aver fatto ritorno in Germania decise di suicicarsi ( secondo alcuni lo svizzero Hans Braun venne addirittura ritrovato morto avvolto in un tappetto ).
Dopo questa tragedia la villa dopo aver assistito nel 1931 all’annegamento di un’intero collegio di orfanelli del collegio Ascarelli-Tropeano , portati in barca nelle vicinanze dell’isola per una gita ,la villa ricominciando a portar sfortuna a chi la possedeva , stavolta si accanì contro il nuovo proprietario Otto Grunback, che morì d’infarto proprio durante un suo soggiorno nella villa. La stessa sorte toccò anche all’industriale farmaceutico Maurice-Yves Sandoz, proprietario negli anni 50 della villa, che morì suicida in manicomio, dopo essere impazzito quando gli riferirono che la sua società era in bancarotta. Non era vero, ma lui non lo seppe mai.
Dopo questa tragedia la villa dopo aver assistito nel 1931 all’annegamento di un’intero collegio di orfanelli portati in barca nelle vicinanze dell’isola per una gita , ricominciaando a portar sfortuna a chi la possedeva , stavolta si accanì contro il nuovo proprietario Otto Grunback, che morì d’infarto proprio durante un suo soggiorno nella villa. La stessa sorte toccò anche all’industriale farmaceutico Maurice-Yves Sandoz, proprietario negli anni 50 della villa, che morì suicida in manicomio, dopo essere impazzito quando gli riferirono che la sua società era in bancarotta. Non era vero, ma lui non lo seppe mai.
In rovina ci andò invece per davvero il proprietario successivo, Paul Karl Langheim. Ma in quel caso la villa c’entrò poco. Il ricco industriale dell’acciaio fece tutto da solo, scialacquando enormi cifre in festini senza freni sulle rive del mare di Posillipo. Una rovina autofinanziata, insomma, in piena coerenza con la storia della villa in cui viveva . La moglie Pasqualina Ortomeno morì poco tempo dopo in un incidente stradale.
Ad acquistare la villa dopo Langheim fu l’Avvocato Gianni Agnelli. A lui non capitò nulla (anche perchè si dice la maledizione colpisca chi abita villa Gajola per un certo periodo di tempo). L’avvocato visse poco quella villa. C’è chi pensa però che quella sparuta presenza sia bastata per procurargli la rottura di una gamba e la terribile morte del figlio Edoardo.
Stessa sorte per Jean Paul Getty I, miliardario attivo nel campo del petrolio. Nel 1968, pochi anni dopo aver acquistato la villa, una banda di sequestratori. appartenenti alla ‘ndrangheta gli rapì il il nipote, Paul Getty III. Il riscatto era altissimo ma per le finanze del miliardario non impossibile. Dopo aver recapitato ai sequestratori il suo netto “no”, il nonno ricevette l’orecchio di suo nipote (la famiglia Getty pagò un riscatto di 17 milioni di dollari).
Nel 1978: la villa della Gajola viene acquistata da Ninì Grappone, al secolo, Gianpasquale. Il miliardario si mise in testa di costruire un ponte retrattile che collegasse la Gajola con la terraferma, a forma di cannocchiale. Risultato ? Ricchezze sfumate in poco tempo, fallimento della compagnia,di assicuarazione Lloyd Centauro, nel 1978 , arresto per bancarotta fraudolenta, ed il cappio dei creditori,
L’ennesima vendita della Gajola o meglio della “gorgona ”
Nel 1910 la villa fu poi venduta al senatore della Repubblica Giuseppe Paratore . Egli nel rimuovere una tela anti-umidità sistemata dal vecchio proprietario Norman Douglas, il Paratore scoprì un affresco sul muro, terrificante. Si trattava di un’enorme volto, molto espressivo, a metà tra il sofferente ed il minaccioso, probabilmente una Gorgone (datata II secolo d.C., a detta di un esperto dell’epoca).
Giuseppe Paratore non ne ebbe affatto un’impressione positiva, tant’è che dispose subito fosse murata. Suo nipote Antonio Segre, però, riuscì a fotografarla prima che andasse persa per sempre tra le mura della villa.
N.B. Dai ritrovamenti effettuati durante gli scavi iniziati nel 1820, effettivamente risultavano pezzi di affreschi quadrangolari staccati di netto. La Gorgone potrebbe essere uno di quelli.
Era lei la Gorgone rsponsabile di tutta quella sfortuna ?
Nella tradizione greca dipingere Medusa, o esporne una rappresentazione tridimensionale aiutava la casa ad essere protetta dai malefici,ma qualcosa è andato storto
Si tratta dei dispetti della dea Venere che adirata con i profanatori del luogo sacro dove un tempo vi era il suo Tempio o di potenti malefici legate a pozioni magiche gettate in questo fspecchio d’acqua intorno alla Gaiola del mago Virgilio che tenendo qui la sua scuola voleva tenere lontano tutti coloro che vi si trattenevano per molto tempo?
O forse è solo colpa di quell’eremita che all’inizio dello stesso secolo abitava indisturbato su quell’isola ed i pescatori gli portavano da mangiare. Persino la marina militare sembrava succube del suo fascino. O meglio, intimorita dai suoi poteri. Lo chiamavano “Lo Stregone” e secondo i marinai del luogo appartiene ad antiche leggende . Si racconti che di tanto in tanto. abiti da secoli sull’isola maledetta ….egli Virgilio , riappare nel tempo per rivedere la sua Napoli e vuole che nessuno abiti sul suo isolotto .
A tal proposito va menzionato anche il fatto che al senatore Paratore subentrò come proprietario il cosiddetto “Re del Grano” quel Franco Ambrosio in grado di dominare il mercato americano, ma che coinvolto in uno scandalo giudiziario . ridusse poi all’osso tutte le ricchezze accumulate in un vita. La notte del 15 aprile 2009 lui e sua moglie furono barbaramente trucidati da tre rumeni.
N.B .Il piccolo isolotto, , è ascritto anche negli annali della storia. Sulle sue coste infatti si schiantò il sommergibile Giacinto Pullino, che comportò la cattura del tenente di vascello Nazario Sauro, che trovò così la morte.
Messa all’asta, l’isola diventa definitivamente proprietà della Regione Campania, che in questa maniera spera di porre fine, o forse è più corretto dire “sospendere” la maledizione.
Lasciato alle spalle l’ isolotto della Gaiola , eccoci giunti nel piccolo borgo di Marechiaro ,, un caratteristico villaggio di pescatori convertito al turismo gastroeconomico e balneare . Qui troviamo la famosa ‘ fenestrella e Marechiaro ‘ resa celebre dai versi di Salvatore Di Giacomo nel 1885.
Gli scogli di Marechiaro ebbero ed hanno tutt’ora grande fama ; il suo nome pare derivi dal latino mare planum ( dove il mare e’calmo ), divenuto poi in dialetto napoletano mare chiaro e quindi Marechiaro .
Tra gli scogli , possiamo notare dei resti archeologici denominati ” casa degli spiriti ” ( da cui spesso ci si tuffava in mare nella nostra giovane eta’ ) . Risalgono al al I secolo a. C. e fanno parte di un Ninfeo ( ambiente sacro dedicato ad una ninfa ) .
Fu chiamata Domus praestigiarum cioe’ casa delle stregonerie e secondo la leggenda popolare la casa e’ abitata da spiriti e fantasmi antichi . Ne sono testimoni i vecchi pescatori e marinai di Marechiaro , secondo cui di notte attorno alla villa e’ solito ascoltare un dolce lamento proveniente da una figura luminosa che suona la cetra . Accostandosi i marinai giurano di aver sentito invocare poesie da questa figura e che l’ abbiano riportate in versi latini pur ignorando la lingua e i poemi . ( VIRGILIO ? )
La cronaca locale ci riporta invece ad un episodio : un tempo fa proprio nei ruderi del palazzo , un gruppo di falsari avevano impiantato una zecca clandestina per coniare monete false in oro e argento. Per nascondere il loro operato illegale e notturno , questi signori avevano escogitato un piano per allontanare eventuali curiosi fingendo che il luogo fosse infestato da spiriti e fantasmi .Posero quindi dei teli bianche alle finestre illuminati dal retro da torce bianche per simulare i bagliori e sprigionavano dei fumi per dare un’illusione spettrale .
La cosa non ando’ per le lunghe e i falsari vennero presto catturati e arrestati .
Lasciamo alla nostra sinistra lo scoglio affiorante, noto con il nome di Pietra salata, resti ormai sommersi di una villa marittima che si protendeva in mare grazie a costruzioni artificiali (dei suoi porticati si sono recentemente recuperate alcune colonne), e ammiriamo Villa Barracco, anche nota come Villa Emma.
Villa Barracco merita una citazione a parte in quanto la tradizione la vuole come dimora di Lady Hamilton ,Emma Lyon , consorte dell’ambasciatore d’Inghilterra Sir William Hamilton e amante dell’eroe britannico ( non certo di Napoli dove mostro’ di essere uomo poco onorevole ) delle guerre napoleoniche ammiraglio Nelson .( nonche’ amica e consigliera della regina Carolina )
Emma in realta’e la figlia del marchese Marignoli , proprietario nell’800 dell ‘edificio che per la sua posizione era stato investito nei secoli precedenti del titolo di ‘ palazzo delle cannonate ‘.
Continuando a navigare sotto costa veniamo subito attratti dalla bella bianca costruzione
chiamata Villa Rosebery e attuale residenza napoletana del Presidente della Repubblica . Villa Rosebery fu cosi’ chiamata dal nome dell’ultimo proprietario inglese Lord Rosebery (che l’aveva celebrata con l’espressione ‘ ho visto in essa il paradiso ‘) .
Ritiratosi a vita privata, Lord Rosebery rese la villa un’oasi di tranquillità accessibile solo a selezionati amici e studiosi, finché nel 1909 decise di donare la proprietà al governo inglese, per via delle ingenti spese di manutenzione e della sua ripresa dell’attività politica. Villa Rosebery divenne così una sede di rappresentanza e villeggiatura per gli ambasciatori inglesi in Italia, ma nel 1932 venne donata allo Stato italiano che la adibì a residenza estiva della famiglia reale. Nel 1934 la principessa Maria José, moglie di Umberto di Savoia, vi diede alla luce la primogenita Maria Pia, e da quel momento la villa fu ribattezzata “Villa Maria Pia”.( senza grande successo ) Dal giugno 1944, durante la luogotenenza del figlio Umberto, Vittorio Emanuele III e la Regina Elena si trasferirono a Villa Maria Pia. La coppia reale visse nella residenza partenopea finché Vittorio Emanuele III non firmò l’atto di abdicazione a favore del figlio Umberto il 9 maggio 1946 prima di partire per l’esilio. Requisita provvisoriamente dagli Alleati, la villa riprese il nome di Villa Rosebery e fu dapprima concessa all’Accademia Aeronautica, per poi entrare, a partire dal 1957, nel novero delle residenze in dotazione al Presidente della Repubblica Italiana.
La Villa con il suo parco di oltre 66 mila metri quadrati e’ oggi quindi proprieta’ del demanio dello stato e residenza ufficiale a Napoli del Presidente della Repubblica .
Continuando a navigare incontriamo nella piccola insenatura di riva fiorita , alle soglie del piccolo borgo di Giuseppe a mare , in tutto il suo fascino la bella Villa Volpicelli , neogotica con finestre bifore e torri di guardia merlate .( con il nome di “Villa Palladini” e’ stata utilizzata come location nella famosa soap opera Rai “ Un posto al Sole”. )
La villa, tra le più belle di Posillipo è particolarmente interessante anche per il suo giardino nascosto da un muro di cinta, disteso verso il mare.
Appena superata la torre della villa, si apre davanti a voi la Baia del Cenito ed e’ giunto il momento di apprezzare l’originale Villa Gallotti, una villa con un muraglione in tufo, dotato di merli e scalette di collegamento con la riva e al quale è attaccato un piccolo molo.
Poco piu’ innanzi possiamo ammirare dopo il porticciolo,( al cui interno c’è una sorgente d’acqua frizzante), Villa Pierce, nota anche come Villa Lauro .
In questa residenza si rifugiò per un breve periodo Giuseppe Garibaldi, ormai vecchio e infermo.
Continuando la nostra bella passeggiata non possiamo mancare di notare la ‘ Villa Roccaromana ‘ , perche’ caratterizzata dalla presenza di una pagoda orientaleggiante e poco piu’ avanti , di colore rosso Villa Pavoncelli, nata dall’ex casino del duca di Frisia, e poi acquistata dai conti Pavoncelli a fine secolo.
Di colore giallo invece si riconosce l’Ospizio Marino, divenuto nel 1833 un ricovero per la gente di mare.
Poco distante ” la Villa della Grotta di San Giovanni, ” è una delle più belle e suggestive ville di Posillipo che domina il verde del promontorio perforato dalla grande grotta di San Giovanni, una delle cavità del sottosuolo di Napoli lunga ben ottantasei metri.
La villa apparteneva alle proprietà della marchesa di Salza che nel 1863 ne fece dono al marchese de Gibot, un membro della famiglia dei d’Angiò di Francia, che la acquistò per la sua giovane innamorata ammalata di tisi.
Il nobile fece di tutto per curarla e decise quindi di trasferirla a Napoli dove avrebbe senz’altro trovato un clima adatto per alleviare le sue sofferenze .
Alla morte della donna la villa in questione rimase invenduta per circa cinquant’anni per via del prezzo richiesto troppo elevato. Per scoraggiare eventuali acquirenti pare che siano state divulgate anche voci sulla presenza di spiriti, da qui appunto la sua seconda denominazione Villa degli Spiriti.
Ma eccoci poi di fronte all’ edificio che piu’ di ogni altro suscita mistero e fascino : il bel
Palazzo Donn’Anna a picco sul mare , la cui storia tra misteri e leggende si intreccia con l’affascinante figura di Anna Carafa che lo abito’ e gli diede il nome.
. Le origini del palazzo risalgono alla fine del 1600 quando venne costruito da donna Anna Carafa, consorte del viceré Ramiro Núñez de Guzmán, duca di Medina de las Torres. Il progetto fu commissionato al più importante architetto della città di quel periodo, Cosimo Fanzago, che nel 1642 lo pensò secondo i canoni classici
Il Fanzago non riuscì a portare il palazzo al suo compimento per la morte di Donn’Anna. L’edificio rimasto incompiuto assunse cosi’ lo spettacolare fascino di una rovina antica .
Ancora oggi molti considerano il palazzo preda di una stato di abbandono e degrado ignorando che esso è soltanto incompiuto e non è in rovina: Non è forse questo il suo fascino?
Il palazzo fu inizialmente di proprieta’ dei principi Carafa di Stigliano e quindi di Anna Carafa ( da qui palazzo donn’Anna ) . La bella donna volle fortemente per se la piccola reggia sul mare ma accessibile da terra dove si rinchiuse quando il destino la lascio’ unica erede della famiglia sino alla morte .
Fu da sempre luogo di feste e di sollazzi per la gente patrizia specie durante il periodo vicereale quando tutta la nobiltà’ spagnola , accorreva alle magnifiche feste che Donn’Anna Carafa teneva nella grande sala del palazzo che si ergeva maestoso sul mare.
Il palazzo nel corso del tempo ha portato ad una sovrapposizione della bella Anna Carafa con la regina Giovanna .
Una sovrapposizione dovuta alla leggenda creatasi intorno al palazzo che ha condotto tra queste stanze la celebre Giovanna.
La regina Giovanna era una persona colta , raffinata prudente , gentile d’animo e di grande fascino , una donna certamente fuori dal comune e che Boccaccio non esito’ a definire ” gloria non solo delle donne ma anche dei re ).
Senza negare la poca castigatezza amorosa di Giovanna , che del resto e’ provata dai quattro mariti e dai numerosi amanti ,le leggende sulla sregolatezza della regina ,hanno confuso la figura della regina Giovanna con quella della nipote Giovanna , la sorella di re Ladislao , che fu regina con il nome di Giovanna II , della quale sappiamo che fu perfida , crudele , istigatrice di guerre e donna dai facili costumi .
I sotterranei del palazzo sono infestati secondo leggenda del popolo ,dalle urla degli amanti della nobile Anna Carafa , trucidati dopo i rapporti amorosi o quelli degli amanti della bella regina Giovanna ? Sappiamo solo che il misterioso palazzo e’ stato da sempre luogo ideale per illeciti incontri amorosi grazie certamente anche alla posizione e l’architettura stessa dell’edificio con tante segrete sale . Il poter accedere per acqua e per terra , rendevano agevoli le ingegnose e studiate infedelta’ e galanti tradimenti delle nobili dame . Quindi numerosi furono allora gli scandali , le risse , e i duelli dei prodi amanti e mariti cavalieri .
Un fantasma pare aleggi ancora oggi nell’affascinamte misterioso palazzo supportato dai suoni inquietanti che si odono provocati dall’ingrangersi delle onde del mare sugli scogli delle segrete : pare che siano quelli di Donna Mercede de las Torres , nipote spagnola di Donna Anna Carafa di Medina Coeli sparita senza lasciare tracce perche colpevole di aver scelto come amante Gaetano di Casapesenna e di aver scatenato cosi’ la gelosia dell’altra vera amante del giovane Casapenna , la bella potente duchessa Donn’Anna Carafa , moglie del duca di Medina .
Superato il glorioso Circolo Nautico Posillipo, ben visibile per l’enorme scogliera che lo circonda e per il verde e rosso dei colori sociali, lasciamo la collina di Posillipo e arriviamo a Mergellina , non senza aver prima volto uno sguardo al celebre Bagno Elena , uno dei piu’ vecchi ed esclusivi lidi della citta.
Mergellina la si riconosce per la folla che la anima a tutte le ore del giorno e della notte; la caratterizzano la Fontana del Sebeto, la Villa del Sannazaro e la famosa chiesa di Santa Maria del Parto di antica memoria .
La Chiesa di Santa Maria del Parto a Mergellina fu costruita agli inizi del secolo XVI da Jacopo Sannazzaro ( notissimo poeta ed umanista ) . Il nome fu voluto dallo stesso Sannazzaro in riferimento al al suo scritto Partus Virginis .
Il terreno , sul quale il poeta costrui’ anche una torre e la sua casa gli fu donato nel 1499 dal re Federico d’Aragona tanto che sia il sovrano che il poeta vennero raffigurati sulla facciata della chiesa. All’interno dell’edificio e’ oggi venerata la Vergine , protettrice delle partorienti ; un luogo deputato per secoli ad accogliere le fanciulle in preghiera che si rivolgevano alla Madonna per avere la grazia di un figlio .
Nel 1529 , Jacopo Sannazzaro , sentendo vicina la morte , dono’ la casa , il terreno , e la chiesa ed un annesso convento , ai frati Serviti o servi di Maria , dettando anche precise volonta’ sulla propria tomba che volle fosse ornata da soggetti profani e strane decorazioni , tra cui un teschio cornuto , due amorini , le armi ed il suo stemma , oltre ad un’iscrizione che fu dettata da Pietro Bembo .
L’ interno della chiesa contiene la tomba del cardinale Carafa che pero’non custodisce i suoi resti , essendo egli poi morto a Roma .
All ‘interno della chiesa vi e’ inoltre un quadro di Leonardo da Pistoia raffigurante San Michele che da sempre e’ considerato come il ” diavolo di Mergellina ” poiche’ rappresenta un giovane bellissimo che calpesta un demonio dalla testa di una donna ; una leggenda vuole che questa tela sarebbe l’allegoria della vittoria sulla tentazione del vescovo di Ariano Diomede di Carafa , divenuto in seguito Cardinale , del quale si sarebbe innamorata Vittoria d’Avalos , aristocratica dama napoletana , novizia per qualche anno del convento di Sant’Arcangelo a Baiano , a Forcella, noto per ‘ l’allegra condotta delle varie consorelle .
Vittoria d’Avalos si invaghi’ del giovane Diomede Carafa e per vincerne il cuore si rivolse alla fattucchiera Alamanna affinche’ le procurasse un filtro d’amore.
Una volta ottenuto il filtro , la fanciulla confeziono’ con esso delle saporite zeppulelle che offri’ in dono al prelato .
Inizio ‘ cosi’ la passione e il desiderio per la bella Vittoria , di cui Diomede non riusciva a capirne la ragione fino a quando incomincio’ a sospettare di essere rimasto vittima di un sortilegio e deciso a porvi rimedio si rivolse ad un suo amico frate esperto in cose occulte .
Il frate fa dipingere da Leonardo Grazia , detto da Pistoia un quadro in cui San Michele ( di cui lui era devoto ) trafigge un demone con le fattezze di Vittoria e lo cosparge di acqua Santa e uno speciale balsamo preparato per l’occasione contro l’incantesimo.
L’ opera che pare abbia compiuto il miracolo , mostra la seguente ‘iscrizione : Fecit victoriam alleluia . ( vittoria allude chiaramente al nome della fanciulla ).
L’episodio ha dato vita nel corso dei secoli al detto popolare ” si bella e ‘ nfama comme o riavule e Margellina .”
Superate il porticciolo Turistico di Mergellina la costa corre prima lungo Via Caracciolo, prosegue in Via Partenope dopo Piazza Vittoria e arriva dritto al Castel dell’Ovo.
Via Caracciolo corre parallelamente alla Villa Comunale (già Villa Reale), parco cittadino realizzato da Carlo Vanvitelli alla fine del 700 su disposizione del re Ferdinando .
Il giardino , creato dinanzi alla riviera di Chiaia era inizialmente destinato alla sola aristocrazia napoletana per il ” Real Passeggio” ed era vietato ai poveri , ai servitori ed alle persone malvestite .
Un luogo di ritrovo e di divertimento per la nobiltà’ napoletana che fu talmente entusiasta della Villa da chiamarla pomposamente la ” Tuglieria ” in ricordo dei celebri giardini francesi Tuilieres a Parigi , fatti costruire da Luigi XIV.
La riviera di Chiaia e’ il tratto di strada che va da Piazza Vittoria a Piazza della Repubblica
Il suo nome , come quello dell’intero quartiere , deriva da platja , ” spiaggia ” in catalano e risale alla dominazione aragonese .
Ancora oggi conserva il nome di Riviera di Chiaja ( laddove Chiaja e’ una corruzione napoletana di playa ).
Originariamente la strada , si apriva sulla spiaggia del litoraneo di Napoli , mentre oggi dopo la colata di cemento , costeggia il lato interno della Villa Comunale .
Di seguito potete ammirare Piazza della Vittoria e una volta costeggiate Via Partenope, sarete proprio dinanzi a una dei panorami più famosi di Napoli, il Castel dell’Ovo con le sue massicce mura tufacee.
Il suo nome deriva da un’antica leggenda secondo la quale il poeta latino Virgilio – che nel medioevo era considerato anche un mago – nascose nelle segrete dell’edificio un uovo magico ( L’ATHANOR ) che mantenesse in piedi l’intera fortezza. La sua rottura avrebbe provocato non solo il crollo del castello, ma anche la distruzione della città .
Il castello sorge sull’isolotto di tufo di Megaride (dal greco “Megaris”), propaggine naturale del monte Echia, che era unito alla terraferma da un sottile istmo di roccia.
Si ritiene che questo sia stato sul finire delIX secolo a. c. il punto d’approdo di navigatori provenienti da Rodi , che qui crearono appunto una colonia commerciale ; si trattava di mercanti e viaggiatori che avevano bisogno di un punto di appoggio per le loro lunghe imprese marinare e commerciali . Piu’ tardi intorno al VII secolo a.c. furono i coloni greci provenienti da Eubea a fondare prima PITHECUSA ( oggi Lacco ameno di Ischia ) e poi Cuma, a far sorgere il primo nucleo urbano sempre nell’area a valle di Pizzofalcone, sulle sponde del fiume Sebeto che chiamarono Parthenope .
Quindi fondarono a poca distanza un’altra citta’, nella zona pianeggiante , che fu chiamata Neapolis , in contrapposizione a Palepolis ( citta’ vecchia ) che si ergeva sulla collina di Pizzofalcone.
Si tratto’ in effetti di una nuova zona urbana , a poca distanza dalla prima costituendo con questa una sola polis ( il cui confine era il fiume Sebeto ).
E proprio vicino alla foce di quel corso d’acqua celebre nell’antichita’ ed oggi praticamente scomparso sotto il cemento, si vuole che i Cumani abbiano trovato altre genti ed un particolare culto , quello di una sirena, che dara’ il nome alla citta’: PARTHENOPE.
La sirena si chiamava Partenope , dal greco ” “vergine” . Essa affranta per non aver saputo ammaliare con il suo canto l’eroe Ulisse ( che aveva dato ascolto ai consigli di Circe ), si getto’ dall’isola ( i Galli o Capri ) ed il suo cadavere fini’ trasportato dalle onde sull’isolotto di Megaride dando luogo al culto di Partenope che fu vivo per secoli.
L’isolotto fu l’ultimo tratto a mare ( la dipendenza ) nel I secolo a.C. della splendida villa del Patrizio romano Lucio Licinio Lucullo conosciuta come Oppidum lucullianum che secondo antica tradizione si estendeva da Pizzofalcone al mare comprendendo anche il Monte Echia . La villa passo’ alla storia per lo sfarzo delle sue dimore e dei suoi giardini e dei ricchi banchetti che si tenevano definiti ancora oggi ” Luculliani “.
La leggenda popolare inoltre , vuole il castello , teatro , delle avventure della regina Giovanna che qui avrebbe fatto buttare a mare o cadere in oscuri trabocchetti i suoi occasionali amanti.
Sotto le mura del castello c’è il Borgo Marinari, costruito nell’800 e inizialmente destinato a ospitare le famiglie dei pescatori e le loro imbarcazioni . Il Borgo Marinari fu voluto dal re Ferdinando IV sul finire dell’Ottocento per dare nuove case a quei pescatori colpiti da una mareggiata che aveva distrutto il porticciolo di Santa Lucia .
Lasciato il borgo , troviamo ad ornare il pittoresco tratto del lungomare , la fontana dell’Immacolatella , scolpita da Pietro Bernini e dal Naccherino , cosi’ chiamata dalla sua precedente ubicazione presso la stazione marittima dell ‘ Immacolatella.
Alle spalle si può vedere la zona di Santa Lucia un tempo il vero lungomare della città . Con i lavori ottocenteschi che tolsero a via Santa Lucia il suo antico assetto di lungomare , a rimanere intatto fu alle sue spalle il solo borgo arroccato di pescatori che porta il nome di Pallonetto di Santa Lucia , ed e’ costituito da un fitto dedalo di vicoli e di supportici che salgono verso la zona di Monte di Dio, così chiamata in omaggio ai tanti conventi che affollavano la zona .
L’ intera area rappresenta la collina di Pizzofalcone , dove fu fondata l’antica città di Partenope nel VIII secolo a.c. La collina di Pizzofalcone, insieme all’isolotto di Megaride, rappresenta il residuo dell’antico cratere del Monte Echia dove ebbe sede la sontuosa villa di Lucullo, i cui giardini e dipendenze giungevano fino al mare.
Questa zona è osservabile dal mare e si trova dove vediamo in alto quel grosso edificio di color rosa che è la Scuola Militare della Nunziatella ,uno dei più antichi istituti di formazione militare del mondo sorto su un preesistente antico convento gesuitico di cui resta nel suo interno la sola splendida chiesa barocca dedicata alla Santissima Annunziata.