Palazzo Penne, nei pressi di Largo Banchi Nuovi, ha una “storia” molto particolare.
Antonio Penne, segretario di Re di Napoli Ladislao nel 1409, era un uomo molto potente a corte al punto che gli venne concesso di essere sepolto, insieme alla sua famiglia, nella chiesa di Santa Chiara, privilegio allora riservato solo ai membri della famiglia reale.
Egli abitò nel grandioso palazzo Penne fatto costruire dal celebre Antonio Baboccio di Piperno che probabilmente era anche il loro architetto di famiglia visto che costruì anche il sepolcro Penna nella Basilica di Santa Chiara ( privilegio raro visto che era luogo sepolcrale esclusivo della nobiltà angioina )
L’edificio, enorme, aveva nel cortile, delle scuderie che potevano ospitare quaranta cavalli e sei carrozze. Sulla facciata e sul portale sono incisi numerosi simboli che testimoniano tanto la religiosità quanto la scaramantica superstizione di questo alto dignitario di corte. Sul portale due mani tengono un lungo nastro su cui è incisa una frase del poeta latino Marziale che allontana il malocchio : ‘ Avi Ducis Vultu Sinec Auspicis Isca Libenten Omnibus Invideas Nemo Tibi ‘.
Tu che non volti la faccia e non guardi volentieri questo ( palazzo ) o invidioso, invidia pure tutti, (perchè) nessuno invidia te .
Ovviamente sono anche incisi il giglio, simbolo della dinastia reale e la piuma, simbolo della famiglia Penne.
Il palazzo secondo la leggenda fu costruito in una sola notte e dal diavolo in persona, al quale Antonio Penne chiese aiuto, firmando con lui un patto col sangue.
Il Penne si era fortemente innamorato di una ragazza e fatto follie pur di possederla.
La fanciulla già corteggiata da altri e fortemente indecisa tra i suoi tanti pretendenti, impose delle condizioni impossibili e promesso che lo avrebbe sposato se fosse riuscito a costruire un sontuoso palazzo in una sola notte.
Fu così che Antonio Penne, per riuscire nell’impresa, chiese aiuto al diavolo, il quale naturalmente pretese in cambio la sua anima con tanto di contratto scritto. C’era una clausola però: Penne avrebbe ceduto la sua anima solo se il demonio avesse contato tutti i chicchi di grano che egli avrebbe sparso nel cortile del palazzo da costruire.
A palazzo costruito, fu il momento della “prova”. Penne sparse nel cortile grano, ma anche pece: i chicchi di grano si attaccavano alle mani del demonio e questi non riusciva a contare. A quel punto il protagonista si fece il segno della croce, e questo gesto aprì una voragine nella quale il diavolo sprofondò. Un pozzo ora chiuso, ma ancora visibile a chi visita l’antico e meraviglioso palazzo rinascimentale Partenopeo.
Le cose alla fine andarono male però anche al potente Antonio Penne , visto che la donna amata all’ultimo momento si tirò indietro e sposò un altro uomo con il quale si era già precedentemente impegnata .
Un’altra storia racconta invece che il potente uomo di corte , entrato in rapporti molto intimi con la sorella del re , la futura regina Giovanne II , chiese ed ottenne dalla stessa il permesso di poter costruire un elegante palazzo con un maestoso porticato ricco di statue ed un magnifico giardino arricchito da fontane e giochi d’acqua.
La storia del Palazzo , forse per la presenza di quel diavolo imprigionato nel pozzo , non è stata poi nel corso del tempo assai felice .
Alla morte del proprietario iniziale , il nobile Antonio Penne , il palazzo passò infatti di mano in mano a vari personaggi fino a quando il principe Marco Antonio Capuano , nel XVI secolo non lo perse addirittura per un debito di gioco .
Passato poi in mano ai padri comaschi che lo acquistaro fu da essi trasformato in un noviziato , mentre dopo l’abolizione degli ordini religiosi , l’edificio fu infine venduto alla fine del settecento a Teodoro Monticelli , un illustre vulcanologo appartenente all’ordine dei frati celestini .
Teodoro Monticelli dovette anche lui , almeno inizialmente subire il maleficio del diavolo in quanto cadde in disgrazia durante i moti rivoluzionare del 1799 . Egli infatti , grazie alle sue dimostrate simpatie rivoluzionarie fu condannato a scontare dieci anni di carcere nell’isola di Favignana dove però ebbe modo di dedicarsi attivamente a numerosi sudi naturalistci grazie anche alla intercessione del comandante dell’isola .
Egli , si racconta che si appassionò talmente tanto ai suoi studi scientifici che quando un giorno finalmente ebbe l’occasione di fuggire dal carcere , tramite alcuni patrioti sbarcati sull’isola , rifiutò l’occasione avuta , dedicendo di rimanere sull’isola per continuare i suoi studi .
Grazie a questi sudi egli divenne in seguito uno dei più grandi esperti di vulcanologia e mineralogia dei suoi tempi e grazia a lui il nostro Museo di mineralogia si ritrova oggi una bellissima collezione di di pietre preziose .Quando infatti egli , tornò finalmente in libertà grazie grazie all’intervento del suo amico papa Pio VII, ritornato a Napoli ,utilizzo Palazzo Penne come sua dimore portandoci la sua biblioteca e la sua importante collezione di pitre , parte delle quali sono poi sono state donate al Museo Mineralogico della nostra città .
CURIOSITA’ : Il Real Museo Mineralogico , primo istituto nel suo genere non solo in Italia , ma in tutto il mondo , fu istituito nel 1801 per volontà del re Ferdinando IV ed aveva come sua sede l’ex Biblioteca del Collegio Massimo dei Gesuiti .