In tutte le case napoletane nel giorno di Natale al centro della tavola non manca mai la zuppiera con la minestra maritata . Si tratta di uno di quei piatti che necessita per la sua preparazione di un lungo cerimoniale che va dall’acquisto delle verdure alla selezione delle carni .

Prima dell’avvento dei maccheroni conditi con la salsa di pomodoro la minestra maritata era sicuramente fin in dal seicento l piatto più diffuso della tradizione gastronomica napoletana  e per la ricchezza degli ingredienti in esso contenuto era sopratutto considerato un piatto invernale , capace di riscaldare in quanto ricco, grasso e molto saporito .

La  menesta maretata  , intorno al cinquecento ed al seicento è  stato il piatto simbolo dei napoletani mangiafoglie dove però le foglie in questo caso non venivano consumate da sole ma felicemente maritate con tante forme di carni che non erano altro che poveri ritagli della lavorazione ( salsiccie di vario tipo , sopressate, pancetta, prosciutto, muso di vitello, piede di porco, parte dei genitali della strofa, gallina paesana, carne secca,  e persino un orecchio ).

La carne preferita inizialmente un tempo era la salsiccia napolitana secca fatta con carne di ed interiora di maiale  scarto oggi difficilmente reperibile in macelleria .In una cucina povera , la minestra era prevalentemente fatta di sole verdure e condita con povera sugna . Solo nei giorni di festa si poteva aggiungere un salame all’insieme di verdure .In tempi di maggior benessere a tutto questo si aggiungeva spesso un osso di prosciutto ed un pezzo di caciocavallo secco ; più raramente carne di gallina o di cappone o una fetta di verrina ( una parte dell’organo genitale femminile ) . Le verdure preferite erano invece le ” torzelle ( cavoli che crescono in alcune zone dell’entroterra campano ) e la cicoria di campagna  oggi sostituita  da scarole e cavoli perchè  quasi introvabile .

La parola maritata deriva dal fatto che la carne e la verdura si amalgano ( si maritano, si sposano ) perfettamente nel piatto. Al sublime matrimonio oggi partecipano da un lato le verdure ( bietole, cicorie, cime di rapa, cavolo cappuccio) e dall’altro carni povere come cotene di maiale ben grasse, tracchie,un osso di prosciutto, salsiccie e lardo a volontà. Ovviamente non bisogna trascurare di insaporire il tutto con sale e vari odori tra cui il prezzemolo . Non a caso a Napoli si usa dire solitamente ” pe n’aceno ‘e sale se perde ‘a menesta” quando per non fare un piccolo ultimo sacrificio si manda in rovina tutto il lavoro fatto e ” chillo è petrusino ogne menesta ” riferito al prezzemolo che come sapete si  mette abitualmente in ogni minestra .

Per far riuscire bene questo matrimonio , tutti questi ingredienti devono essere faticosamente cercati e selezionati con cura ed a Napoli chi normalmente si dedica alla preparazione di questa gustosa pietanza non manca poi di decantarne la bontà .della sua menesta ‘mmaretata certamente migliore di tutte le altre assaggiate ( sopratutto suocere e vicini di casa ). Ma come tutti i matrimoni quando è andato è andato !  Un amore quando è finito anche se riprovi a rinnovarlo ha oramai perso tutta  la sua purezza proprio come la minestra scaldata che oramai ha perso il suo sapore . In città per intendere una situazione ormai passata, che si vuol far rivivere ma che non ha più il valore di un tempo si suol dire ” A menesta scarfata nun è mai bona “.

Con il passare del tempo il  consumo  della menesta ‘mmaretata è diventato sempre più raro fino ad essere relegato quasi esclusivamente a piatto di tradizione nel pranzo del 26 dicembre .

La  sua ricetta  ha un’origine piuttosto antica: alcune tracce di un piatto simile a questo si ritrovano infatti  addirittura in un  testo di letteratura gastronomica del periodo romano ,  il “De re conquinaria” di  Marco Gavio Apicio  ma secondo molti sembrerebbe giunto a Napoli solo con la dominazione spagnola  : in Spagna, infatti, esiste una zuppa chiamata Olla Potrida, una ricetta della tradizione iberica che richiama per gli ingredienti impiegati la minestra maritata: si presenta infatti come un minestrone molto sostanzioso e ricco di diversi pezzi di carne e spezie.

A Napoli invece Veniva chiamata anche pignato grassa , una parola appunto di origini spagnole che deriva da Olla Podrida .

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